N. 272 SENTENZA 7 - 22 luglio 2010

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Telecomunicazioni  -  Norme  della  Regione  Toscana  in  materia  di
  impianti  di  radiocomunicazione  -  Imposizione   ai   richiedenti
  l'autorizzazione all'installazione o alla modifica  degli  impianti
  di telefonia mobile nonche' ai titolari degli impianti fissi per la
  telefonia  mobile  e  ai  concessionari  per   radiodiffusione   di
  programmi radiofonici e televisivi a  carattere  commerciale  degli
  oneri  relativi   allo   svolgimento   dei   controlli   effettuati
  dall'ARPAT,     rispettivamente,     all'atto     del      rilascio
  dell'autorizzazione e nell'ambito delle sue funzioni di vigilanza e
  controllo -  Eccezione  di  inammissibilita'  della  questione  per
  sopravvenuta inefficacia delle norme censurate - Reiezione. 
- Legge della Regione Toscana 6 aprile 2000, n. 54, artt. 6, 7, comma
  6, e 9, comma 6. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, commi primo  e  terzo;  direttiva  del
  Parlamento europeo e del Consiglio 7  marzo  2002,  n.  2002/21/CE;
  d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, artt. 4 e 93. 
Telecomunicazioni  -  Norme  della  Regione  Toscana  in  materia  di
  impianti  di  radiocomunicazione  -  Imposizione   ai   richiedenti
  l'autorizzazione all'installazione o alla modifica  degli  impianti
  di telefonia mobile nonche' ai titolari degli impianti fissi per la
  telefonia  mobile  e  ai  concessionari  per   radiodiffusione   di
  programmi radiofonici e televisivi a  carattere  commerciale  degli
  oneri  relativi   allo   svolgimento   dei   controlli   effettuati
  dall'ARPAT,     rispettivamente,     all'atto     del      rilascio
  dell'autorizzazione e nell'ambito delle sue funzioni di vigilanza e
  controllo  -  Violazione  del  divieto,  previsto  dal  legislatore
  statale per tutte le pubbliche  amministrazioni,  di  imporre,  per
  l'impianto di reti o per l'esercizio dei servizi  di  comunicazione
  elettronica, oneri o canoni che non siano  stabiliti  per  legge  -
  Illegittimita' costituzionale - Assorbimento delle altre censure. 
- Legge della Regione Toscana 6 aprile 2000, n. 54, artt. 7, comma 6,
  e 9, comma 6. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma; d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259,
  artt. 4 e 93 (Costituzione, artt. 3 e 117, primo  comma;  direttiva
  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  7   marzo   2002,   n.
  2002/21/CE). 
Telecomunicazioni   -   Regolamento   del   Comune   di   Pisa    per
  l'installazione, il monitoraggio e la localizzazione degli impianti
  di telefonia mobile - Imposizione ai relativi titolari degli  oneri
  concernenti le verifiche e i controlli degli  impianti  radio  base
  della  telefonia  mobile  esistenti  sul  territorio   comunale   -
  Denunciata  violazione  del  principio  di   uguaglianza,   nonche'
  asserito contrasto con la normativa comunitaria in tema  di  tutela
  della concorrenza e  con  il  divieto,  stabilito  dal  legislatore
  statale per tutte le pubbliche amministrazioni, di imporre oneri  o
  canoni  non  previsti   dalla   disciplina   nazionale   -   Natura
  regolamentare  della  norma  censurata,  come  tale  sottratta   al
  sindacato di costituzionalita' - Inammissibilita' della questione. 
- Regolamento del Comune di Pisa approvato con delibera del Consiglio
  comunale del 2 dicembre 2003, n. 104, art. 19. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, commi primo  e  terzo;  direttiva  del
  Parlamento europeo e del Consiglio 7  marzo  2002,  n.  2002/21/CE;
  d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, artt. 4 e 93. 
Telecomunicazioni  -  Norme  della  Regione  Toscana  in  materia  di
  impianti di radiocomunicazione - Funzioni comunali  -  Attribuzione
  ai comuni della funzione di vigilanza e di controllo secondo quanto
  previsto dall'art. 9  della  legge  regionale  n.  54  del  2000  -
  Denunciata  violazione  del  principio  di   uguaglianza,   nonche'
  asserito contrasto con la normativa comunitaria in tema  di  tutela
  della concorrenza e  con  il  divieto,  stabilito  dal  legislatore
  statale per tutte le pubbliche amministrazioni, di imporre oneri  o
  canoni  non  previsti  dalla  disciplina  nazionale  -  Difetto  di
  rilevanza  nel  giudizio  principale   -   Inammissibilita'   della
  questione. 
- Legge della Regione Toscana 6 aprile 2000, n. 54, art. 6. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, commi primo  e  terzo;  direttiva  del
  Parlamento europeo e del Consiglio 7  marzo  2002,  n.  2002/21/CE;
  d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259, artt. 4 e 93. 
(GU n.30 del 28-7-2010 )
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente: Francesco AMIRANTE; 
Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI,  Sabino
  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe   TESAURO,   Paolo   Maria
  NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI; 
ha pronunciato la seguente 
 
                              Sentenza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 6,  7,  comma
6, e 9, comma 6, della legge della Regione Toscana 6 aprile 2000,  n.
54 (Disciplina  in  materia  di  impianti  di  radiocomunicazione)  e
dell'art. 19 del Regolamento del Comune di Pisa per  l'installazione,
il monitoraggio e  la  localizzazione  degli  impianti  di  telefonia
mobile, approvato con delibera del Consiglio comunale del 2  dicembre
2003, n.  104,  promosso  dal  Tribunale  di  Pisa  nel  procedimento
vertente tra la H3G s.p.a. e  la  S.E.PI.  −  Societa'  Entrate  Pisa
s.p.a. con ordinanza del 3  ottobre  2008,  iscritta  al  n.  30  del
registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 6, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visti l'atto di costituzione della H3G s.p.a. nonche'  l'atto  di
intervento della Regione Toscana; 
    Udito nell'udienza pubblica del 7 luglio 2010 il Giudice relatore
Alfonso Quaranta; 
    Uditi gli avvocati Claudia Zhara Buda per la H3G s.p.a.  e  Lucia
Bora per la Regione Toscana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Il Tribunale ordinario di Pisa, con l'ordinanza indicata  in
epigrafe, ha sollevato - in riferimento agli articoli 3 e 117,  commi
primo  e  terzo,  della  Costituzione  -  questione  di  legittimita'
costituzionale degli articoli 6, «comma 6», 7, comma 6, e 9, comma 6,
della legge della Regione Toscana 6 aprile 2000, n. 54 (Disciplina in
materia  di  impianti  di  radiocomunicazione)  e  dell'art.  19  del
Regolamento del Comune di Pisa per l'installazione, il monitoraggio e
la localizzazione degli impianti di telefonia mobile,  approvato  con
delibera del Consiglio comunale del 2 dicembre 2003, n. 104. 
    1.1. - Il remittente  premette,  in  punto  di  fatto,  di  dover
decidere in ordine  all'opposizione  proposta  dalla  societa'  "H3G"
s.p.a. avverso l'ingiunzione emessa dalla societa' "S.E.PI."  s.p.a.,
avente ad oggetto il  pagamento  di  «oneri  per  lo  svolgimento  di
controlli ARPAT sugli impianti di telefonia mobile». In  particolare,
si sottolinea nell'ordinanza di rimessione, la societa' opponente  ha
chiesto l'annullamento, previa sospensione  dell'efficacia,  di  tale
ingiunzione - emessa ai sensi degli artt. 6, comma 6, 7, comma  6,  e
9, comma 6, della legge della  Regione  Toscana  n.  54  del  2000  e
dell'art. 19 del gia' citato Regolamento del Comune di  Pisa  n.  104
del 2003 - per «violazione della normativa nazionale  in  materia  di
comunicazioni elettroniche e  di  prevenzione  del  rischio  connesso
all'esposizione alle radiazioni elettromagnetiche». 
    Ai sensi, infatti, dell'art. 93 del decreto legislativo 1° agosto
2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), norma che da'
attuazione - come sottolineato dalla parte ricorrente nel giudizio  a
quo - a talune direttive comunitarie, le «pubbliche  amministrazioni,
le Regioni,  le  Provincie  ed  i  Comuni  non  possono  imporre  per
l'impianto di reti o per l'esercizio  dei  servizi  di  comunicazione
elettronica, oneri e canoni che non siano stabiliti per legge». 
    1.2.  -  Tanto  premesso,  il  giudice  remittente  -  non  senza
osservare che, «in riferimento all'art. 93» del  d.lgs.  n.  259  del
2003,  la  parte  opponente  nel  giudizio  principale   ha   chiesto
sollevarsi questione  di  legittimita'  costituzionale  dei  predetti
artt. 6, «comma 6», 7, comma 6, e 9, comma 6, della  legge  regionale
n. 54 del 2000, per  violazione  degli  artt.  3,  41  e  117,  della
Costituzione - rammenta che sul contenuto del predetto  art.  93  del
Codice delle comunicazioni elettroniche si e' gia' espressa la  Corte
costituzionale con la sentenza n. 336 del 2005. 
    In particolare, e' stato affermato che «la disposizione in  esame
deve ritenersi espressione di un principio  fondamentale,  in  quanto
persegue  la  finalita'  di  garantire  a  tutti  gli  operatori   un
trattamento uniforme e non discriminatorio, attraverso la  previsione
del divieto di porre a carico degli stessi oneri  o  canoni».  Si  e'
anche precisato che, in mancanza  di  un  tale  principio,  «ciascuna
Regione potrebbe liberamente prevedere obblighi "pecuniari" a  carico
dei  soggetti  operanti  sul  proprio  territorio,  con  il  rischio,
appunto, di una ingiustificata discriminazione rispetto ad  operatori
di altre Regioni, per i quali, in ipotesi, tali  obblighi  potrebbero
non essere imposti», concludendosi, pertanto, «che la finalita' della
norma e' anche quella di "tutela della concorrenza",  sub  specie  di
garanzia di parita' di trattamento e di misure volte a non ostacolare
l'ingresso di nuovi soggetti nel settore»  (cosi',  testualmente,  la
sentenza n. 336 del 2005, ma e' richiamata anche la sentenza  n.  450
del 2006). 
    Sulla base di tali rilievi,  il  giudice  a  quo  reputa  che  la
Regione Toscana, con le norme censurate, abbia violato gli art.  4  e
93 del d.lgs. n. 259 del 2003,  stabilendo  che  gli  oneri  relativi
all'effettuazione di verifiche e controlli «degli impianti radio base
della telefonia mobile esistenti sul proprio territorio sono posti  a
carico dei titolari di detti impianti». Ed invero,  se  il  primo  di
tali  articoli  «si  mette  in  linea  con  i   dettami   comunitari,
realizzando  l'obiettivo  della  liberalizzazione  e  semplificazione
delle procedure anche al fine di garantire l'attuazione delle  regole
della concorrenza» (e' richiamata, in particolare, la  direttiva  del
Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002,  n.  2002/21/CE,
che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di
comunicazione elettronica), il secondo si colloca nel novero di  quei
«principi fondamentali», la cui  «determinazione,  nelle  materie  di
legislazione concorrente, e' riservata allo Stato». 
    1.3. - Pertanto, i predetti artt. 6, «comma 6», 7, comma 6, e  9,
comma 6, della legge regionale n. 54 del 2000, nonche' il gia' citato
art. 19 del Regolamento del Comune di Pisa n. 104 del 2003, sarebbero
costituzionalmente illegittimi per violazione degli artt.  3  e  117,
commi primo e terzo, Cost. 
    In particolare,  il  primo  di  tali  parametri  sarebbe  violato
giacche' la  disciplina  regionale  (e  comunale)  in  contestazione,
«imponendo per le attivita' inerenti al proprio  territorio  oneri  e
costi non previsti da altre Regioni, relativamente alle  verifiche  e
controlli  degli  impianti  radio-base»   delle   imprese   esercenti
l'attivita'  di  telefonia,   determinerebbe   «una   disparita'   di
trattamento tra operatori economici la cui attivita'  e'  distribuita
sul territorio nazionale». 
    Del pari, sarebbe violato anche  il  primo  comma  dell'art.  117
Cost., giacche' l'imposizione di oneri e  costi  non  contemplati  in
altre  Regioni  darebbe  luogo   ad   «un'alterazione   del   sistema
concorrenziale del mercato nazionale, in violazione  della  normativa
comunitaria», la quale, tra  l'altro,  prescrive  «che  le  procedure
previste per la concessione del diritto  di  installare  le  predette
infrastrutture   di   comunicazione   elettronica   debbano    essere
tempestive, non discriminatorie e trasparenti,  onde  assicurare  che
vigano  le  condizioni  necessarie  per  una  concorrenza  leale   ed
effettiva» (in tal senso  si  esprime  il  ventiduesimo  considerando
della direttiva 2002/21/CE). 
    Infine, la «deroga all'art. 93»  del  d.lgs.  n.  259  del  2003,
integrando una situazione  di  contrasto  «con  la  menzionata  norma
statale che esprime un principio fondamentale cui le  Regioni,  nella
materie di legislazione concorrente, non possono  derogare»,  darebbe
luogo anche alla violazione del terzo comma dell'art. 117 Cost. 
    1.4. - Ritenendo la questione non  manifestamente  infondata,  il
remittente osserva conclusivamente che la  stessa  risulta  rilevante
nel giudizio a quo, «atteso che alla luce del petitum e  della  causa
petendi  (annullamento   per   illegittimita'   dell'ingiunzione   di
pagamento opposta) e' necessaria  la  soluzione  della  questione  di
incostituzionalita'», non sussistendo le condizioni per «una  lettura
costituzionalmente orientata delle norme in discussione». 
    2. - E' intervenuta in giudizio la Regione Toscana,  con  memoria
depositata il  28  gennaio  2009,  chiedendo  che  la  questione  sia
dichiarata «inammissibile ed infondata». 
    3.- E' intervenuta in giudizio la societa' «H3G» s.p.a. con  atto
depositato in cancelleria il 2 marzo 2009. 
    3.1. - In limine, la societa' interveniente - nel  ricostruire  i
termini dell'iniziativa  assunta  nel  giudizio  principale,  nonche'
l'evoluzione legislativa intervenuta  in  materia  -  sottolinea  che
l'art. 93, comma  1,  del  d.lgs.  n.  259  del  2003,  «al  fine  di
promuovere ed agevolare l'installazione delle infrastrutture  per  le
telecomunicazioni», ha sancito che le «pubbliche Amministrazioni,  le
Regioni, le Province ed i Comuni non possono imporre, per  l'impianto
di reti o per l'esercizio dei servizi di  comunicazione  elettronica,
oneri o canoni che non siano stabiliti per legge». 
    Cio'  premesso,  la  societa'  interveniente  eccepisce,  in  via
preliminare, la non assoggettabilita'  del  Regolamento  comunale  al
sindacato   di   costituzionalita',   richiamando    quel    costante
orientamento della giurisprudenza della  Corte  che  esclude,  per  i
regolamenti amministrativi, la possibilita' del sindacato ex art. 134
Cost. 
    3.2. - In secondo luogo, viene eccepita  «l'inammissibilita'  del
giudizio» per sopravvenuta inefficacia delle  norme  contenute  nella
legge regionale n. 54 del 2000, in quanto incompatibili con il d.lgs.
n. 259 del 2003. 
    Si assume, infatti, che  la  necessaria  coerenza  tra  norme  di
principio e di dettaglio, operanti  nella  stessa  materia,  ha  come
conseguenza che «il mutamento delle prime non puo' non comportare  il
mutamento delle seconde». Si richiama, in merito,  la  giurisprudenza
costituzionale relativa all'art. 10 della legge 10 febbraio 1953,  n.
62 (Adeguamento delle leggi regionali alle leggi  della  Repubblica),
secondo cui,  «in  conseguenza  del  subentrare,  nella  legislazione
statale, di nuovi principi (espressi o  impliciti  che  siano),  bene
puo'  verificarsi  l'abrogazione  di  precedenti   norme   regionali»
(sentenza n. 40 del 1972). 
    La societa' interveniente richiama, a  conferma  dell'abrogazione
per sopravvenuta incompatibilita' di norme regionali di dettaglio  in
contrasto con norme statali di principio,  un  consolidato  indirizzo
della giurisprudenza sia di legittimita' che amministrativa. 
    3.3. ― E' solo, quindi, in via di subordine che la societa' «H3G»
s.p.a. ha chiesto  la  declaratoria  di  illegittimita'  delle  norme
regionali censurate, limitatamente, peraltro, agli artt. 7, comma  6,
e 9, comma 6, della legge regionale n. 54 del 2000. 
    Difatti, l'art. 6 - che si compone di un solo  comma,  diviso  in
quattro  lettere  (diversamente  da  quanto  indicato   dal   giudice
remittente,  che  censura  un  inesistente  comma  6)  -   disciplina
unicamente  le   funzioni   comunali,   nulla   disponendo,   invece,
«relativamente agli oneri per i controlli sanitari per  gli  impianti
di telefonia mobile». 
    Quanto, invece, all'illegittimita'  costituzionale  dei  predetti
artt. 7, comma 6, e 9, comma 6, della legge regionale  della  Toscana
n. 54 del 2000, la societa' «H3G» s.p.a. richiama le  sentenze  della
Corte costituzionale n. 336 del 2005 e n. 450 del 2006, e  dunque  la
qualificazione   come   principio   fondamentale,    della    materia
«ordinamento delle comunicazione», di quello enunciato  dall'art.  93
del d.lgs. n. 259 del 2003, disatteso - a suo dire - dalla disciplina
regionale in esame. 
    4. - Con memoria depositata presso la cancelleria  il  16  giugno
2010, la Regione Toscana  ha  meglio  precisato  le  proprie  difese,
insistendo per la declaratoria  di  non  fondatezza  della  questione
sollevata. 
    4.1. - Ricostruito il complessivo quadro normativo nel  quale  si
inseriscono le disposizioni censurate, la difesa della Regione assume
che, «diversamente da quanto sostenuto dalla societa'  «H3G»  s.p.a.,
la legge regionale n. 54 del 2000 deve ritenersi tuttora in  vigore»,
nonche' «pienamente compatibile con  i  principi  fondamentali  posti
dalla legislazione statale nelle materie qui in argomento». 
    In particolare, sarebbe da escludere la violazione  dell'art.  93
del d.lgs. n. 259 del 2003. 
    Poiche' esso, infatti, si limita  soltanto  a  vietare  «oneri  o
canoni che non siano stabiliti per legge»,  senza  imporre  che  tale
legge  sia   statale,   tale   condizione   risulterebbe   senz'altro
soddisfatta dalla legge regionale n. 54 del 2000. 
    Del resto, la Corte costituzionale ha  affermato  -  prosegue  la
difesa regionale, richiamando la sentenza n. 350 del 2008 -  che  «le
disposizioni  del  Codice   delle   comunicazioni   intervengono   in
molteplici ambiti materiali, diversamente tra loro caratterizzati  in
relazione  al  riparto  della  competenza  legislativa  tra  Stato  e
Regioni»,  essendo  rinvenibili,  accanto  a  titoli   di   esclusiva
competenza statale e  di  competenza  ripartita,  «anche  materie  di
competenza   legislativa   residuale   delle   Regioni,   quali,   in
particolare, l'"industria" ed il "commercio"». 
    4.2. - Tanto premesso,  poiche'  «il  controllo  delle  emissioni
elettromagnetiche e'  un'attivita'  che  attiene  alla  tutela  della
salute, materia di competenza concorrente» e  considerato,  altresi',
che lo stesso d.lgs. n. 259 del  2003  fa  salvo  il  rispetto  della
normativa in materia di tutela dell'ambiente e della salute,  occorre
verificare - secondo  la  difesa  della  Regione  -  «quali  siano  i
principi fondamentali in materia di controllo sulle emissioni  e,  di
conseguenza, se questi principi  siano  stati  o  meno  correttamente
rispettati dalla normativa regionale impugnata». 
    In proposito, la difesa regionale rileva -  innanzitutto  -  come
gli stessi artt. 107, comma 6, e 185, comma 1, lettera b), del d.lgs.
n. 259 del 2003 prevedano oneri a carico degli esercenti i servizi di
comunicazione elettronica. 
    Sul punto, inoltre, la Regione Toscana osserva che l'art. 33  del
decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152  (Norme  in   materia
ambientale) non solo prevede che «le tariffe  per  la  copertura  dei
costi sopportati dall'autorita' competente per l'organizzazione e  lo
svolgimento delle attivita' istruttorie, di monitoraggio e  controllo
previste dal codice siano applicate  ai  proponenti»,  ma  stabilisce
anche che, per le stesse  finalita',  «le  Regioni  possono  definire
proprie modalita' di quantificazione e corresponsione degli oneri  da
porre in capo ai proponenti». 
    Parimenti, ai sensi del combinato disposto degli artt. 11,  comma
3, e 18 del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n.  59  (Attuazione
integrale  della  direttiva  96/61/CE  relativa  alla  prevenzione  e
riduzione integrate  dell'inquinamento),  le  «spese  occorrenti  per
effettuare i rilievi, gli accertamenti ed  i  sopralluoghi  necessari
per  l'istruttoria  delle   domande   di   autorizzazione   integrata
ambientale e per i successivi controlli previsti dall'art. 11,  comma
3, sono a carico del gestore». 
    E' lo stesso legislatore statale, dunque,  ad  ammettere  che  le
Regioni possano intervenire a disciplinare gli oneri  conseguenti  ai
controlli  effettuati  per  finalita'  di  tutela  della   salubrita'
ambientale. 
    Ne', d'altra  parte,  indicazioni  in  senso  contrario  sembrano
ricavabili - sempre secondo la difesa regionale - dalle  sentenze  n.
336 del 2005 e n. 450 del 2006 della Corte  costituzionale,  giacche'
le stesse avrebbero censurato  soltanto  la  scelta  del  legislatore
regionale «di stabilire la misura dei predetti oneri economici senza,
pero', prevedere alcun criterio di determinazione quantitativa  degli
stessi» (e' citata, in particolare, la  seconda  di  tali  sentenze).
Evenienza, questa, da escludere nel caso  di  specie,  giacche'  tali
criteri «sono quelli stabiliti dal tariffario ARPAT» ed  individuati,
oggi, dalla legge della  Regione  Toscana  22  giugno  2009,  n.  30,
recante «Nuova disciplina dell'Agenzia regionale  per  la  protezione
ambientale della Toscana (ARPAT)». 
    Infine, la  difesa  regionale  nega  «che  in  Toscana  si  operi
diversamente da quanto avviene nel resto del  territorio  nazionale».
Cita, al  riguardo,  le  scelte  compiute  nelle  Regioni  Lombardia,
Marche, Molise e Puglia e consistite nell'adozione di norme che -  in
sostanziale  applicazione  del  principio  cuius  commoda,  eius   et
incommoda - hanno posto «gli oneri dei controlli a carico dei gestori
degli impianti», cio' che, oltretutto, escluderebbe  che  «l'asserita
disparita' di  trattamento  e  violazione  della  concorrenza»  abbia
realmente «il rilievo lamentato». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Tribunale ordinario di Pisa ha sollevato - in riferimento
agli articoli 3 e 117, commi primo  e  terzo,  della  Costituzione  -
questione di legittimita' costituzionale degli articoli 6, «comma 6»,
7, comma 6, e 9, comma 6, della legge della Regione Toscana 6  aprile
2000, n. 54 (Disciplina in materia di impianti di radiocomunicazione)
e  dell'art.  19   del   Regolamento   del   Comune   di   Pisa   per
l'installazione, il monitoraggio e la localizzazione  degli  impianti
di telefonia mobile, approvato con delibera  del  Consiglio  comunale
del 2 dicembre 2003, n. 104. 
    1.1. - In particolare, il giudice  a  quo  assume  che  gli  atti
normativi in contestazione sarebbero  costituzionalmente  illegittimi
nello stabilire che gli oneri relativi all'effettuazione di verifiche
e  controlli  degli  impianti  radio  base  della  telefonia  mobile,
esistenti sul territorio della Regione Toscana (e in particolare  nel
Comune di Pisa), siano posti a carico dei titolari di detti impianti. 
    Tali  atti  derogherebbero  agli  artt.  4  e  93   del   decreto
legislativo 1°  agosto  2003,  n.  259  (Codice  delle  comunicazioni
elettroniche), atteso che, in  particolare,  il  secondo  dei  citati
articoli stabilisce che le «pubbliche amministrazioni, le Regioni, le
Province ed i Comuni non possono imporre per l'impianto di reti o per
l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, oneri e  canoni
che non siano  stabiliti  per  legge».  In  tal  modo  la  disciplina
regionale in  contestazione  (della  quale  il  Regolamento  comunale
censurato costituirebbe pedissequa  attuazione),  «imponendo  per  le
attivita' inerenti al proprio territorio oneri e costi  non  previsti
da altre Regioni, relativamente  alle  verifiche  e  controlli  degli
impianti radio-base», determinerebbe «una disparita'  di  trattamento
tra  operatori  economici  la  cui  attivita'  e'   distribuita   sul
territorio nazionale», donde la violazione dell'art. 3 Cost. 
    Sarebbero, inoltre, violati i commi primo e terzo  dell'art.  117
Cost. 
    Per un  verso,  infatti,  l'imposizione  di  oneri  e  costi  non
contemplati in altre Regioni darebbe  luogo  ad  «un'alterazione  del
sistema concorrenziale del mercato  nazionale,  in  violazione  della
normativa comunitaria», la quale,  tra  l'altro,  prescrive  «che  le
procedure previste per la concessione del diritto  di  installare  le
predette infrastrutture di comunicazione elettronica  debbano  essere
tempestive, non discriminatorie e trasparenti,  onde  assicurare  che
vigano  le  condizioni  necessarie  per  una  concorrenza  leale   ed
effettiva» (in tal senso dispone il ventiduesimo "considerando" della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 marzo 2002, n.
2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti  ed
i servizi di comunicazione elettronica). 
    Per   altro   verso,   la   disciplina   normativa   in    esame,
nell'introdurre una «deroga all'art. 93» del d.lgs. n. 259 del  2003,
si porrebbe in contrasto «con la menzionata norma statale che esprime
un  principio  fondamentale  cui  le  Regioni,   nella   materie   di
legislazione concorrente, non possono derogare». 
    2. - Cio' premesso, in via  preliminare  deve  essere  dichiarata
l'inammissibilita' della questione  di  legittimita'  costituzionale,
sia nella parte in cui investe l'art. 19 del Regolamento  del  Comune
di Pisa, approvato con delibera del Consiglio comunale del 2 dicembre
2003, n. 104, sia nella parte in cui ha ad  oggetto  l'art.  6  della
legge della Regione Toscana n. 54 del 2000. 
    2.1. - In relazione, difatti, alla censura che investe la  citata
disposizione regolamentare, questa Corte non puo' che  ribadire  come
essa costituisca «norma sottratta al sindacato di  costituzionalita'»
(ex multis, ordinanza n. 192 del 2010; nello stesso senso, da ultimo,
anche sentenza n. 58 del 2010 e ordinanza n. 59 del 2009). 
    2.2. - Quanto, invece, all'art. 6 della legge regionale in  esame
(censurato, peraltro, dal  Tribunale  rimettente  in  un  inesistente
«comma 6»), deve rilevarsi che  esso  si  limita  a  disciplinare  le
funzioni comunali in materia di impianti di  radiocomunicazione,  tra
le quali rilevano anche - lettera c) -  quelle  «di  vigilanza  e  di
controllo secondo quanto previsto dall'art. 9». 
    E',  pertanto,  soltanto  nell'art.  9   che   si   rinviene   la
disposizione che pone - al comma 6 - «a  carico  dei  titolari  degli
impianti fissi per la telefonia mobile, nonche' dei concessionari per
radiodiffusione di programmi radiofonici  e  televisivi  a  carattere
commerciale» gli «oneri  relativi  all'effettuazione  dei  controlli»
compiuti dall'ARPAT e «finalizzati a garantire: a)  il  rispetto  dei
limiti di esposizione e delle misure di cautela, di cui agli articoli
3 e 4 del decreto ministeriale n. 381 del 1998; b)  l'attuazione,  da
parte dei soggetti obbligati, delle azioni  di  risanamento  previste
dall'articolo  8;  c)   il   mantenimento   dei   parametri   tecnici
dell'impianto dichiarati dal gestore ai sensi dell'articolo 5,  comma
3» (cosi' testualmente, il comma 3 del medesimo art. 9). 
    L'art. 6,  lettera  c),  non  contiene,  dunque,  una  norma  che
disciplina  il  profilo  della  ripartizione  degli  oneri  economici
conseguenti ai controlli effettuati dall'ARPAT, sicche' essa -  oltre
a non porsi in contrasto, di per se', con l'art. 93 del d.lgs. n. 259
del 2003 - non viene neppure in rilievo nel giudizio a quo, che ha ad
oggetto l'impugnativa del provvedimento che ha ingiunto il  pagamento
di somme, tra l'altro, proprio per l'effettuazione di tali controlli. 
    La questione relativa all'art. 6 e', pertanto, inammissibile  per
difetto di rilevanza nel giudizio principale. 
    3. - La questione relativa agli artt. 7, comma 6, e 9,  comma  6,
della legge regionale in esame, oltre ad essere ammissibile, e' anche
fondata. 
    3.1.- In limine,  deve  essere  disattesa  l'eccezione  sollevata
dalla difesa della parte privata, intervenuta nel presente  giudizio,
secondo  cui  le  norme  censurate  dovrebbero   ritenersi   abrogate
tacitamente per  sopravvenuta  incompatibilita'  con  l'art.  93  del
d.lgs. n. 259 del 2003. 
    Sul punto e' necessario premettere che il «controllo sull'attuale
vigenza di una norma giuridica spetta  istituzionalmente  al  giudice
comune  e  precede  ogni  possibile  valutazione  sulla  legittimita'
costituzionale della medesima norma» (sentenza n. 222 del 2007). 
    Nel caso di specie, tuttavia, il Tribunale remittente, nel negare
che ricorrano  le  condizioni  per  «una  lettura  costituzionalmente
orientata delle norme in discussione», ha, di  fatto,  implicitamente
escluso la possibilita' - suggerita dalla difesa della parte  privata
- di risolvere il contrasto tra le disposizioni regionali e la citata
norma statale in applicazione dell'art. 10 della  legge  10  febbraio
1953, n. 62 (Adeguamento  delle  leggi  regionali  alle  leggi  della
Repubblica), cioe' ritenendo abrogate le  prime  per  sopravvenuta  e
diretta incompatibilita' con la seconda. 
    Anche nel caso in esame, quindi, come in quello in cui il giudice
a  quo  escluda  espressamente,  con  affermazione  non   palesemente
infondata, la ricorrenza di un fenomeno abrogativo, questa Corte  non
puo' che rilevare come «ragioni essenziali di certezza  del  diritto»
impongano, di fronte a un contrasto  tra  le  disposizioni  di  legge
regionale censurate e una successiva norma di principio  statale,  di
«dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle norme sottoposte al
proprio giudizio» (sentenza n. 153 del 1995). 
    3.2. - Tanto premesso, deve osservarsi che gli artt. 7, comma  6,
e 9, comma 6, della legge  della  Regione  Toscana  n.  54  del  2000
violano l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Sul punto, occorre rilevare, innanzitutto, che la  giurisprudenza
costituzionale ha ritenuto l'art. 93  del  d.lgs.  n.  259  del  2003
«espressione   di   un   principio   fondamentale»   della    materia
dell'ordinamento  delle  comunicazioni,  «in   quanto   persegue   la
finalita' di garantire a tutti gli operatori un trattamento  uniforme
e non discriminatorio, attraverso la previsione del divieto di  porre
a carico degli stessi oneri o canoni» (sentenza n. 336 del  2005,  in
particolare, punto 15.1. del Considerato in diritto). Su queste  basi
si e', dunque, precisato che, in «mancanza  di  un  tale  principio»,
ogni  singola  Regione  «potrebbe  liberamente   prevedere   obblighi
"pecuniari" a carico dei soggetti operanti  sul  proprio  territorio,
con  il  rischio,  appunto,  di  una  ingiustificata  discriminazione
rispetto ad operatori di altre Regioni, per i quali, in ipotesi, tali
obblighi potrebbero non essere imposti». In forza  di  tali  rilievi,
pertanto,  questa  Corte  e'  pervenuta  alla  conclusione  che   «la
finalita' della norma e' anche quella di "tutela della  concorrenza",
sub specie di garanzia di parita' di trattamento e di misure volte  a
non ostacolare l'ingresso di  nuovi  soggetti  nel  settore»  (ancora
sentenza n. 336 del 2005, punto 15.1. del Considerato in diritto). 
    Tali principi sono stati, inoltre, puntualizzati da questa  Corte
con la sentenza  n.  450  del  2006,  che  si  e'  pronunciata  sulla
legittimita' costituzionale,  per  violazione  dell'art.  117,  terzo
comma Cost., proprio in ragione dell'ipotizzato contrasto con  l'art.
93 del d.lgs. n. 259 del 2003, degli artt. 6, comma  4,  e  15  della
legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 4  novembre
2005,  n.   25,   recante   «Disciplina   per   l'installazione,   la
localizzazione  e  l'esercizio  di  stazioni  radioelettriche  e   di
strutture  di  radiotelecomunicazioni.   Modificazioni   alla   legge
regionale  6  aprile  1998,  n.  11  (Normativa  urbanistica   e   di
pianificazione territoriale della Valle d'Aosta), e abrogazione della
legge regionale 21 agosto 2000, n. 31». 
    In particolare,  con  tale  sentenza  si  e'  affermato  come  la
previsione da parte del legislatore  regionale  «di  oneri  economici
posti  a  carico  degli  operatori,  in  relazione  all'attivita'  di
consulenza  tecnica   svolta   dall'ARPA»,   sia   «suscettibile   di
determinare un trattamento discriminatorio e  non  uniforme  tra  gli
operatori del  settore,  con  conseguente  violazione  del  principio
fissato dal legislatore statale»  (cioe'  proprio  quello  desumibile
dall'art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003), con  la  conseguenza  della
illegittimita' costituzionale della censurata disciplina valdostana. 
    Nella medesima sentenza  e'  stato  anche  disatteso  l'argomento
svolto in quella sede dalla difesa regionale (secondo cui «gli  oneri
in esame altro non sarebbero che  corrispettivi  per  l'attivita'  di
consulenza svolta dall'ARPA in favore degli operatori  di  settore»),
osservandosi che l'ARPA  non  svolge  «una  attivita'  di  consulenza
liberamente   richiesta   dalle   parti,   bensi'    una    attivita'
autoritativamente prevista», ponendosi, difatti, il  parere  reso  da
tale ente come «un momento procedimentale obbligatorio», tale da  far
emergere «il carattere autoritativo ed impositivo  della  prestazione
pecuniaria stessa». 
    3.3. - Orbene, le suddette considerazioni valgono anche  per  gli
artt. 7, comma 6, e 9, comma 6, della legge della Regione Toscana  n.
54 del 2000 ora in esame. 
    In relazione, infatti, alla prima delle citate norme (che -  come
si e' detto  -  pone  «a  carico  dei  richiedenti  l'autorizzazione»
all'installazione od alla modifica degli impianti di telefonia mobile
gli  «oneri  relativi  allo  svolgimento  dei  controlli   effettuati
dall'ARPAT all'atto del rilascio dell'autorizzazione), la sentenza n.
450 del 2006 di questa Corte assume valore di  precedente  specifico,
giacche' anche le disposizioni allora  dichiarate  costituzionalmente
illegittime  riguardavano  proprio  le  spese  per   l'attivita'   di
consulenza tecnica  svolta  dall'ARPA  nell'ambito  dei  procedimenti
autorizzatori. 
    Ad analoga conclusione si deve  pervenire  anche  per  l'art.  9,
comma 6, della  stessa  legge  regionale,  che  pone  a  carico  «dei
titolari degli impianti fissi per la telefonia  mobile,  nonche'  dei
concessionari  per  radiodiffusione  di   programmi   radiofonici   e
televisivi   a   carattere   commerciale»    gli    oneri    relativi
all'effettuazione  dei  controlli,  compiuti  dall'ARPAT  nell'ambito
delle sue funzioni «di vigilanza e controllo». 
    A favore di  tale  esito  dello  scrutinio  di  costituzionalita'
depone, innanzitutto, la  formulazione  letterale  dell'art.  93  del
d.lgs. n. 259 del 2003, che stabilisce un divieto di  imposizione  di
oneri e canoni «per  l'impianto  di  reti»  e  «per  l'esercizio  dei
servizi di comunicazione elettronica»; formula che, nel suo carattere
generico, include anche la fattispecie contemplata dal predetto  art.
9, comma 6 (e non soltanto quella di cui al precedente art. 7,  comma
6), della legge regionale in esame. 
    Inoltre, se lo scopo del citato art. 93 e' quello di impedire che
le Regioni possano  «liberamente  prevedere  obblighi  "pecuniari"  a
carico dei soggetti operanti sul proprio territorio»  e,  dunque,  di
scongiurare  il  rischio  «di  una   ingiustificata   discriminazione
rispetto ad operatori di altre Regioni, per i quali, in ipotesi, tali
obblighi potrebbero non essere imposti»,  deve  rilevarsi  come  tale
esigenza  si  ponga,  nello  stesso  modo,  per  tutti  gli  obblighi
pecuniari,   siano   essi   imposti   in   occasione   del   rilascio
dell'autorizzazione ovvero previsti per interventi di vigilanza e  di
controllo che si rendano necessari nel corso  dello  svolgimento  del
servizio e che, dunque, siano inerenti al rapporto  instauratosi  con
l'amministrazione   proprio   in   forza    dell'originario    titolo
autorizzativo. 
    Ne', infine, puo' sottacersi la circostanza - messa in luce dalla
parte privata intervenuta nel presente giudizio  -  secondo  cui  gli
oneri di cui al citato art. 9,  comma  6,  si  presentano  del  tutto
«imprevedibili, in quanto non predeterminati, non  conosciuti  e  non
quantificabili in  anticipo  dai  gestori  di  telefonia  al  momento
dell'attivazione  degli  impianti»,  non  avendo  provveduto,   nella
specie, la  Giunta  regionale  ad  individuare  «tutte  le  modalita'
tecniche  e  procedurali  per  lo  svolgimento  dei   controlli»   in
questione. 
    Tale   circostanza    evidenzia,    vieppiu',    l'illegittimita'
costituzionale della norma  suddetta,  come  si  evince,  d'altronde,
anche dalla citata sentenza n. 450 del 2006. 
    Difatti,  alla  necessita'  di   pervenire   ad   una   pronuncia
caducatoria  delle   norme   regionali   valdostane,   sopra   meglio
identificate, non  e'  stata  estranea  la  considerazione  che  esse
demandavano  «alla  Giunta  regionale  di  stabilire  la  misura  dei
predetti oneri economici senza, pero', prevedere  alcun  criterio  di
determinazione quantitativa degli stessi». 
    4. - Neppure, d'altra parte,  ad  escludere  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale degli artt. 7, comma 6, e 9,  comma  6,
della legge regionale censurata,  possono  valere  i  rilievi  svolti
dalla difesa della Regione Toscana. 
    4.1. - Essa, innanzitutto, deduce che «la  legittima  imposizione
di oneri per i controlli» sarebbe «prevista anche dal d.lgs.  n.  259
del  2003».  Ai  sensi,  infatti,  dell'art.  107,  comma   6,   alla
dichiarazione    dell'interessato,    finalizzata     al     rilascio
dell'autorizzazione, devono essere  allegati,  tra  gli  altri,  «gli
attestati  dell'avvenuto  versamento  del  contributo  a  titolo   di
rimborso delle spese riguardanti l'attivita' di vigilanza e controllo
relativo al primo anno da  cui  decorre  l'autorizzazione  generale»;
analogamente, l'art. 185, comma 1, lettera b), del  medesimo  decreto
legislativo,   pone   a   carico   dei   titolari   delle    gestioni
radioelettriche  su  navi  un  «contributo  annuo  per  verifiche   e
controlli». 
    Nondimeno, tale circostanza non comporta - come ipotizzato  dalla
difesa regionale, in  particolare  nel  corso  della  discussione  in
udienza - alcuna antinomia con l'art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003. 
    Quest'ultima  norma,  infatti,  non  esclude   in   assoluto   la
possibilita' di imposizione di oneri o canoni per l'impianto di  reti
o  per  l'esercizio  dei  servizi   di   comunicazione   elettronica,
prescrivendo che essi debbano essere, in  ogni  caso,  stabiliti  per
atto legislativo, e dunque anche con lo  stesso  d.lgs.  n.  259  del
2003. 
    4.2. - La difesa regionale,  inoltre,  nell'evidenziare  che  «il
controllo  delle  emissioni  elettromagnetiche  e'  un'attivita'  che
attiene alla tutela della salute, materia di competenza  concorrente»
e che lo stesso decreto legislativo n.  259  del  2003  fa  salvo  il
rispetto della normativa in materia di tutela dell'ambiente  e  della
salute, ritiene di individuare, nella stessa legislazione statale, un
principio in  forza  del  quale  le  Regioni  avrebbero  liberta'  di
disciplinare anche il profilo attinente alla ripartizione degli oneri
economici conseguenti ai controlli effettuati per finalita' di tutela
della salubrita' ambientale. In particolare, sono citati, sul  punto,
l'art. 33 del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.  152  (Norme  in
materia ambientale), nonche' gli artt. 11, comma 3, e 18 del  decreto
legislativo 18 febbraio  2005,  n.  59  (Attuazione  integrale  della
direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione  e  riduzione  integrate
dell'inquinamento). 
    Nello svolgere simili rilievi, tuttavia, la difesa regionale  non
tiene conto della circostanza che, per le comunicazioni elettroniche,
il disposto dell'art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003 si pone come  lex
specialis non suscettibile di deroga,  dettando  una  disciplina  che
esclude, per gli operatori di quel settore, l'imposizioni di oneri  e
canoni che non siano previsti dalla legge statale. 
    4.3.   -   L'illegittimita'   costituzionale   delle    censurate
disposizioni regionali non puo' essere, infatti, neppure  esclusa  in
base al rilievo che il citato art. 93 si limiterebbe  a  sancire  una
riserva di legge per cosi' dire «generica»; cio' che,  pertanto,  non
precluderebbe un intervento delle Regioni, purche' esso sia  disposto
con atto legislativo. 
    Sul punto e' sufficiente osservare che la citata disposizione  ha
inteso riferirsi, con tutta evidenza, alla sola legge statale. 
    E' quanto si desume, in primo luogo,  dalla  circostanza  che  il
richiamo alla legge, contenuto in una norma dello Stato, deve  essere
interpretato - in assenza di ulteriori specificazioni -  come  rinvio
ad una fonte legislativa comunque di provenienza statale. 
    In  secondo  luogo,   l'accoglimento   dell'opzione   ermeneutica
suggerita dalla difesa regionale avrebbe come effetto di  contraddire
la stessa ratio legis, come individuata da questa  Corte  nella  gia'
citata sentenza n. 336 del 2005, e cioe'  evitare  che  ogni  Regione
possa  «liberamente  prevedere  obblighi  "pecuniari"  a  carico  dei
soggetti operanti sul proprio territorio, con il rischio, appunto, di
una ingiustificata discriminazione rispetto  ad  operatori  di  altre
Regioni, per i quali, in ipotesi, tali obblighi potrebbero non essere
imposti». 
    5. -  Sulla  scorta  delle  considerazioni  che  precedono  deve,
dunque, pervenirsi alla declaratoria di illegittimita' costituzionale
degli artt. 7, comma 6, e 9,  comma  6,  della  legge  della  Regione
Toscana n. 54 del 2000, per violazione dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost., con conseguente assorbimento delle altre censure. 
 
                          Per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale degli articoli 7,  comma
6, e 9, comma 6, della legge della Regione Toscana 6 aprile 2000,  n.
54 (Disciplina in materia di impianti di radiocomunicazione); 
    Dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'articolo 6 della  medesima  legge  della  Regione
Toscana n. 54 del 2000 e dell'articolo 19 del Regolamento del  Comune
di Pisa per l'installazione,  il  monitoraggio  e  la  localizzazione
degli impianti  di  telefonia  mobile,  approvato  con  delibera  del
Consiglio comunale del 2  dicembre  2003,  n.  104,  sollevata  -  in
riferimento agli articoli  3  e  117,  commi  primo  e  terzo,  della
Costituzione - dal  Tribunale  ordinario  di  Pisa,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2010. 
 
                       Il Presidente: Amirante 
 
 
                       Il redattore: Quaranta 
 
 
                      Il cancelliere: Di Paola 
 
    Depositata in cancelleria il 22 luglio 2010. 
 
              Il direttore della cancelleria: Di Paola