N. 149 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 aprile 2013
Ordinanza del 15 aprile 2013 emessa dal Tribunale di Camerino nel procedimento civile promosso da Mancinelli Elena ed altri contro Ministero della giustizia.. Ordinamento giudiziario - Delega legislativa per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza - Conferimento al Governo mediante disposizione inserita nella legge di conversione del decreto-legge n. 138 del 2011 - Denunciata eterogeneita' della delega rispetto alle norme contenute nel decreto-legge convertito - Alterazione dell'omogeneita' di fondo della normativa urgente nonche' del legame tra decretazione d'urgenza e potere di conversione - Inosservanza della procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera, prevista per i disegni di legge di delegazione legislativa - Mancato esame da parte della Commissione referente - Violazione dell'iter ordinario di formazione legislativa nonche' dell'iter previsto per la decretazione d'urgenza. - Legge 14 settembre 2011, n. 148 (che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138), art. 1, comma 2. - Costituzione, artt. 70, 72, commi primo e quarto, e 77, comma secondo.(GU n.26 del 26-6-2013 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato sul reclamo proposto e depositato in data 26 febbraio 2013 per conto di Mancinelli Elena + 18, osserva quanto segue. a) La domanda cautelare. Gli atti in contestazione. I ricorrenti agiscono contro il Ministero della Giustizia, contro la Corte d'Appello di Ancona e contro la Procura Generale della Repubblica, per l'accertamento e la declaratoria dell'illegittimita' e/o inefficacia e/o nullita' e/o annullabilita', previa sospensione, inaudita altera parte: dell'accordo sindacale siglato presso il Ministero della Giustizia in data 9 ottobre 2012; della Circolare del Ministero di Giustizia n. 5116 del 15 ottobre 2012, diramata dalla Corte d'Appello di Ancona e dalla Procura Generale della Repubblica di Ancona prot. n. 2980/2012; dell'interpello distrettuale del 17 ottobre 2012, finalizzato alla redistribuzione del personale «perdente posto» ed alla copertura dei posti vacanti nel distretto della Corte d'Appello di Ancona in funzione della riorganizzazione degli uffici giudiziari di cui alla legge 14 settembre 2011, n. 148. Si sostiene nel ricorso che tutti i ricorrenti prestano la loro attivita' lavorativa presso gli uffici del Tribunale di Camerino con la qualifica specificata a fianco ad ogni nominativo. Con la legge 14 settembre 2011, n. 148 e' stato convertito con modifiche il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Orbene, il comma 2 dell'art. l di detta legge di conversione, e' stato (in modo costituzionalmente illegittimo, ad avviso dei ricorrenti) introdotto ex novo non gia' nel corpo del decreto-legge convertito, con modificazioni, ma con una disposizione del tutto nuova, che aggiungendosi, a quella che convertiva in legge il decreto-legge, ha, nel contempo, anche delegato il Governo a legiferare in materia di c.d. «geografia giudiziaria», instaurando, quindi, un anomalo triplo rapporto Governo - Parlamento - Governo). La delega conferita dalla legge di conversione n. 148 del 2011 e' stata attuata con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148, e con il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 156, recante la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148. Ebbene, con il primo dei citati decreti, entrato in vigore il 13 settembre 2012 (art. 1l, comma 1), e' stata prevista la soppressione (con decorrenza dal 13 settembre 2013: art. 11 comma 2) dei tribunali ordinari, delle sezioni distaccate e delle procure della Repubblica (art. 1), indicati nella tabella A allegata al decreto. Per i Giudici di Pace aventi sede nelle stesse province il termine e' di dodici mesi. Successivamente ai provvedimenti sopra citati, in data 9 ottobre 2012, viene siglato presso il Ministero della Giustizia un accordo sindacale che all'art. 1 disciplina le procedure relative al trasferimento del personale conseguente alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie di cui all'art. 1 co. 2 della legge 14 settembre 2011. Tale accordo prevede un interpello distrettuale rivolto a tutto il personale assegnato in pianta organica agli uffici giudiziari soppressi del distretto. Con circolare del Ministero di Giustizia n. 5116 del 15 ottobre 2012, diramata dalla Corte d'Appello di Ancona e dalla Procura Generale della Repubblica di Ancona prot. n. 2980 del 17 ottobre 2012), si invitano il Presidente della Corte d'Appello di Ancona e il Procuratore Generale della Repubblica di Ancona ad indire, congiuntamente, nell'ambito del distretto, un interpello tra tutto il personale in servizio negli Uffici interessati alla soppressione per la presentazione della domanda di trasferimento per i posti vacanti negli uffici di cui all'allegato elenco, secondo le modalita' ed i criteri di cui all'accordo sulla mobilita' interna del personale siglato in data 9 ottobre 2012 con le OOSS (destinatari dell'interpello sono tutti i dipendenti di ruolo che sono assegnati in pianta organica negli uffici soppressi). Con nota del 17 ottobre 2012, prot. n. 2980, il Presidente della Corte d'Appello ed il Procuratore Generale davano seguito al contenuto della Circolare sopra citata, pubblicando i posti vacanti e dando termine fino al 5 novembre 2012 per la presentazione delle istanze. 2) Le doglianze mosse dai ricorrenti. 2.1 Ad avviso dei ricorrenti la Circolare del Ministero di Giustizia n. 5116 del 15 ottobre 2012, a firma del Direttore Generale e della Formazione, diramata alle Corti d'Appello, e' palesemente ingiusta ed infondata per i seguenti motivi. Il dettato dei decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 7 settembre 2012 prevede, quanto al primo, all'art. 6 co. VI, che il personale amministrativo assegnato agli uffici giudiziari e alle sezioni distaccate soppressi entra di diritto a far parte dell'organico dei Tribunali e delle Procure della Repubblica presso il Tribunale presso cui sono trasferite le funzioni, anche in sovrannumero riassorbibile con le successive vacanze. Il secondo decreto, all'art. 4 co. 2, prevede che con decreto del Ministro della Giustizia il personale amministrativo in servizio presso gli Uffici soppressi del Giudice di Pace viene riassegnato in misura non inferiore al 50% alla sede di Tribunale o di Procura limitrofa e, nella restante parte, all'ufficio del giudice di pace presso il quale sono trasferite le relative competenze. Viceversa, si sostiene, i provvedimenti che si impugnano, in palese violazione del dettato legislativo, prevedono uno spostamento forzoso sul territorio nazionale dei ricorrenti perdenti posto, i quali, invece, in virtu' dei decreti legislativi citati hanno diritto ad essere riassegnati, anche in soprannumero, alle sedi accorpanti le competenze di quelle soppresse. In pratica i ricorrenti sostengono l'illegittimita' dei provvedimenti impugnati, invocando come parametro della stessa proprio i d.lg. n. 155 e 156 del 2012. Ne', sostengono, puo' considerarsi atto particolarmente favorevole ai dipendenti l'interpello nella parte in cui amplia la possibilita' di scelta del luogo di trasferimento, posto che la richiesta di trasferimento da parte di un dipendente puo' essere sempre avanzata ex CCNL, a prescindere da una circolare che pretende cosi' di aggirare il contenuto del decreto citato. 2.2 Il secondo motivo di censura invocato dai ricorrenti riguarda il fatto che la circolare sopra richiamata applica un accordo sindacale del 9 ottobre 2012. Orbene, tale accordo risulta essere (secondo i ricorrenti) in evidente contrasto con un Accordo precedente sulla mobilita' del personale giudiziario del 27 marzo 2007 il quale, all'art. 2 n. 1, prevede espressamente che nel bando sono indicati i posti vacanti da coprire mediante trasferimento del personale in servizio. Nei provvedimenti oggetto del presente giudizio, invece, si sostiene, non sono affatto indicati tutti posti vacanti realmente disponibili da poter riassegnare in sede di interpello, ma solo quelli discrezionalmente individuati dall'amministrazione centrale. Non risultano inoltre inseriti neppure i posti non coperti delle sedi soppresse. La confusione di cui sono permeati gli atti impugnati risulta ancor piu' evidente, sostengono i ricorrenti, laddove la mancata indicazione dei posti non coperti delle sedi soppresse implica una rappresentazione della realta' non corrispondente al vero: i posti offerti sono inferiori a quelli reali, con la probabile conseguenza che i posti non conteggiati vadano definitivamente persi dalla pianta organica frutto dell'interpello, con perdita di occupazione. Ad avviso dei ricorrenti, tale grave esito della inopinata manovra, non deve far tacere, comunque, sul fatto che indicare meno posti vacanti vuol dire anche generare errori e confusione nei dipendenti, i quali devono operare la scelta nei tempi strettissimi concessi dell'interpello. Ed ancora si sottolinea che tanto l'accordo quanto la circolare, di fatto, impediscono ai dipendenti «perdenti posto» di scegliere una sede diversa da quella del distretto di appartenenza ma, in realta', piu' vicina tanto all'ufficio soppresso quanto alla residenza, restringendo al solo distretto di appartenenza la possibilita' di scelta. Parimenti, tali meccanismi non consentono l'assegnazione in soprannumero alla sede per la quale si presenta domanda di trasferimento «se non utilmente collocati in graduatoria», in totale spregio della norma richiamata (si sostiene). Ci si chiede a questo punto, dai ricorrenti, che fine faranno i dipendenti in esubero, costretti forse anche a spostarsi sull'intero territorio nazionale nonostante i posti vacanti e a rischio sparizione. L'accordo sindacale del 9 ottobre 2012, appare illegittimo perche', tra l'altro, non viene prevista alcuna forma di ristoro sotto il profilo economico per i trasferimenti. Si sottolinea, infine, che vi era un accordo sindacale del 27 marzo 2007 circa la mobilita' interna del personale giudiziario. Tale accordo e' stato sottoscritto da tutte le organizzazioni sindacali piu' rappresentative, cosa che non e' accaduta per l'accordo sindacale del 9 ottobre 2012. L'accordo sindacale del 27 marzo 2007, prevedeva, tra l'altro, la facolta' di scelta di 3 uffici dove essere trasferiti. L'interpello non comprende tutte le sedi ma solo quelle che l'Amministrazione decide di mettere a disposizione. Non sarebbe stato disposto, inoltre, un interpello nazionale contestualmente a quello distrettuale. Cio' sarebbe fonte di grave disparita' in relazione al fatto che una delle finalita' dell'interpello e' quella di stabilizzare il personale distaccato; e tale personale e' stato distaccato in deroga alle vigenti norme contrattuali che disciplinano la mobilita'. 2.3 Altro effetto assai negativo di tale manovra e' (secondo i ricorrenti) la realizzata stabilizzazione nel posto occupato del personale distaccato a vario titolo, in deroga a qualsiasi norma di legge nonche' alle specifiche previsioni nell'accordo integrativo sulla mobilita' del personale giudiziario del 27 marzo 2007, gia' richiamato. Lamentano i ricorrenti che tali posti, occupati con procedure a volte dubbie, non sono stati inseriti nella pubblicazione dell'interpello e quindi sottratti alla disponibilita' dei «perdenti posto» degli uffici soppressi che hanno fatto, tra l'altro, regolare concorso. Ne' d'altronde viene consentita al personale «perdente posto» una mobilita' esterna, cio' verso altri Enti. Il disposto dell'art. 11 dell'accordo sindacale del 9 ottobre 2012 presenta percio' anche un evidente vizio di legittimita' costituzionale, nel momento in cui introduce una vistosa disparita' di trattamento tra coloro che stabilizzandosi nella sede dove sono distaccati, non sono sottoposti ad alcuna mobilita' territoriale, e coloro i quali, come i ricorrenti, sol perche' appartenenti ad uffici soppressi rischiano trasferimenti in uffici posti a notevole distanza da quelli di provenienza e dalla loro residenza. La violazione dell'art. 3 della Costituzione risulterebbe, allora, in tutta la sua evidenza. 3) Il periculum in mora. I ricorrenti osservano, sul periculum in mora, che il breve termine concesso (quindici giorni) per la presentazione delle domande e le decisioni che devono adottarsi entro il 30 novembre 2012, comporta il rischio concreto che, in caso di inottemperanza, il dipendente venga privato delle possibilita' di scegliere la sede e quindi venga trasferito chissa' dove con gli inevitabili disagi consequenziali. Tale rischio apparirebbe ancor piu' evidente se si considera che, diversamente da quanto previsto del decreto legislativo in termini di trasferimento alla sede accorpante anche del personale in esubero, gli atti impugnati (circolare) dispongono che i dipendenti in esubero siano soggetti a mobilita' su tutto il territorio nazionale. Addirittura, nella premessa all'accordo si prevede che il personale «perdente posto» possa essere destinato ad altro ufficio nell'ambito del distretto ove vi siano posti vacanti, anticipatamente rispetto ai trasferimenti automatici disposti dalla legge. E cio', oltre a costituire un esercizio anticipato della delega, comporta in maniera del tutto evidente un grave pregiudizio nei confronti degli attuali ricorrenti, tutti soggetti a tale provvedimento. Da cio' consegue che i ricorrenti, residenti a Camerino o nei comuni limitrofi da sempre ed in maniera stabile, in servizio presso il Tribunale di Camerino ormai da decenni, vedrebbero sconvolta la loro esistenza e quella delle loro famiglie in maniera irreparabile da una diversa collocazione sul territorio nazionale, causa inoltre di un danno economico grave ed irreparabile. 4) Le eccezioni in via subordinata (cenno). In via subordinata i ricorrenti sollevano eccezioni di illegittimita' costituzionale ed istanza di remissione degli atti alla Corte costituzionale. Secondo la loro prospettazione, i ricorrenti domandano infatti l'annullamento dei provvedimenti impugnati, previa loro preliminare sospensiva, perche' illegittimi, essendo in contrasto con il d. lg. n. 155 del 2012, e con l'ordinamento giudiziario, oltre che con la relativa legge delega n. 148/2011 di conversione del d. 1. n. 138/2011. Ai fini della decisione di merito, tuttavia, essendo a loro avviso le questioni sicuramente rilevanti nel caso in esame, i ricorrenti propongono incidentalmente le questioni di legittimita' costituzionale, sotto diversi profili, illustrati nel ricorso. 5) La decisione del primo giudice (in sintesi). 5.1 Il primo giudice ha ritenuto non condivisibili le argomentazioni prospettate dai ricorrenti in ordine alla illegittimita' della Circolare del Ministero di Giustizia n. 5116 del 15 ottobre 2012 a firma del Direttore Generale e della Formazione, diramata alle Corti d'Appello. A suo avviso, benche' i decreti legislativi n. 155 e n. 156 del 7 settembre 2012 prevedano rispettivamente che il personale amministrativo assegnato agli uffici giudiziari e alle sezioni distaccate soppressi entra di diritto a far parte dell'organico dei Tribunali e delle Procure della Repubblica presso il Tribunale presso cui sono trasferite le funzioni, anche in soprannumero riassorbibile con le successive vacanze e che con decreto del Ministro della Giustizia il personale amministrativo in servizio presso gli Uffici soppressi del Giudice di Pace viene riassegnato in misura non inferiore al 50% alla sede di Tribunale o di Procura limitrofa e nella restante parte, all'ufficio del giudice di pace presso il quale sono trasferite le relative competenze, tuttavia i provvedimenti impugnati non prevedono uno spostamento forzoso sul territorio nazionale dei ricorrenti «perdenti posto». Essi offrono piuttosto agli stessi una ulteriore possibilita' di trasferimento, in aggiunta a quella di essere riassegnati, anche in soprannumero, alle sedi accorpanti le competenze di quelle soppresse. Tale interpretazione sarebbe confermata dagli stessi resistenti, allorche' evidenziano che gli interpelli distrettuali hanno come unica finalita' quella di tutelare gli interessi personali e familiari dei dipendenti interessati alla soppressione degli uffici, offrendo loro la possibilita' di scegliere una sede piu' gradita, se ed in quanto lo desiderino, rispetto a quella ove saranno automaticamente destinati, per espressa previsione di legge, in alcun modo condizionabile dall'amministrazione con provvedimenti di organizzazione datoriale (premessa dell'accordo sindacale del 9 ottobre 2012 e nota del Direttore Generale del Personale del 15 ottobre 2012). Quanto al precedente accordo sulla mobilita' del personale giudiziario del 27 marzo 2007, esso all'art. 2, n. 1, prevedeva che nel bando sono indicati i posti vacanti da coprire mediante trasferimento del personale in servizio. Tale accordo disciplina la pubblicazione in ambito nazionale dei posti vacanti che l'amministrazione pubblica periodicamente per assicurare la mobilita' del personale. Dunque, tale accordo non si pone in contrasto con l'accordo sindacale del 9 ottobre 2012, in base al quale sono stati pubblicati dei posti vacanti e che si pone nel quadro delle iniziative finalizzate a ridurre i disagi dei dipendenti perdenti posto nell'ambito della revisione delle circoscrizioni giudiziarie; e' stato dunque concordato di procedere al riassetto organizzativo degli uffici giudiziari di natura straordinaria, sulla base di criteri oggettivi consacrati nelle direttive impartite dal Capo Dipartimento O.G. l'11 ottobre 2012. Inoltre, l'amministrazione resistente ha evidenziato che sono stati resi disponibili i posti vacanti esistenti negli organici degli uffici giudiziari accorpanti, includendo anche i posti occupati dal personale distaccato a vario titolo presso altro ufficio giudiziario. Non appare sussistere, osserva il primo giudice, un obbligo per l'amministrazione di mettere a concorso tutti i posti vacanti esistenti nell'organico dei singoli uffici, trattandosi piuttosto di una scelta discrezionale insindacabile da parte del giudice. L'accordo e la circolare offrono una ulteriore chance ai dipendenti perdenti posto, i quali potranno aderirvi solo allorche' confacente alle esigenze degli stessi: tale soluzione non si contrappone alla assegnazione in soprannumero alla sede accorpante, allorche' non si effettui tale scelta. Osservava ancora il primo giudice che non avrebbe avuto senso pubblicare i posti vacanti presso gli uffici che sarebbero stati soppressi, e che rientra nell'ambito della insindacabile discrezionalita' amministrativa anche prevedere l'ipotesi di mobilita' esterna, cioe' verso altri Enti; che l'interpello va interpretato come una ulteriore chance, rispetto al trasferimento automatico, a cui aderire solo allorche' sussista un effettivo vantaggio per il dipendente, senza che cio' pregiudichi il trasferimento automatico. In tale prospettiva non doveva essere prevista alcuna forma di ristoro, per il trasferimento, infatti non contemplata dall'accordo sindacale del 9 ottobre 2012. Quindi il primo giudice ha rigettato la domanda relativa alla dichiarazione di illegittimita' del provvedimenti impugnati. 5.2 Con riferimento all'eccezione di illegittimita' costituzionale e all'istanza di remissione degli atti alla Corte costituzionale, il primo giudice ha ritenuto non rilevanti le questioni di costituzionalita' sollevate dai ricorrenti. Ha osservato che oggetto del presente procedimento non e' ne' il trasferimento presso la sede accorpante, ne' la soppressione del Tribunale di Camerino, ma l'eventuale illegittimita' dell'interpello emesso in conseguenza dell'accordo sindacale del 9 ottobre 2012 e della circolare del 15 ottobre 2012, per l'eventuale contrasto con il d. lg. n. 155/12 che, all'art. 5, c. 6, prevede il riassorbimento del personale, anche in soprannumero, nella sede accorpante. La questione di legittimita' costituzionale eccepita dai ricorrenti non avrebbe alcun rilievo nel presente giudizio, in quanto essa riguarderebbe norme diverse da quelle coinvolte nel presente procedimento, che presuppongono scelte di carattere politico operate dal Governo in ordine all'opportunita' di procedere alla soppressione del Tribunale di Camerino. La questione di legittimita' costituzionale potrebbe, ad avviso del primo giudice, assumere rilievo nel presente giudizio solo allorche' si consideri che demolendo l'intero impianto normativo venga meno anche la norma di cui si invoca l'applicazione e con essa la ragione stessa del contendere. Quindi, il primo giudice rigettava il ricorso, compensando le spese di lite. 6) Decisione. La rilevanza delle questioni di costituzionalita'. Sussiste il periculum in mora, per i motivi addotti dai ricorrenti. Esso, inoltre, e' ancor piu' corroborato dalla prossima efficacia di quelle modifiche della geografia giudiziaria che funge da presupposto degli atti impugnati. Il reclamo e' ammissibile, dato il suo carattere totalmente devolutivo; ed infatti i ricorrenti sostanzialmente ripropongono al collegio gli argomenti gia' vanamente proposti al primo giudice. Cio' posto, pero', e' facile intendere che nella sostanza innanzi tutto i ricorrenti sostengono l'illegittimita' dei provvedimenti impugnati, invocando come parametro della stessa proprio i d.lg. n. 155 e 156 del 2012. E' ugualmente agevole constatare che i provvedimenti impugnati trovano il loro presupposto nei decreti legislativi predetti, e quindi nell'art. 1 della l. n. 148 del 2011. Una volta risaliti ai decreti legislativi e all'art. 1 cit. (norme-parametro nel giudizio di legittimita' dei provvedimenti impugnati) ci si dovrebbe avviare al loro esame. Tuttavia, prima di scendere nell'esame di tali disposizioni di riferimento, occorre decidere se tali medesime disposizioni debbano essere mantenute o espunte dall'ordinamento in ragione della loro illegittimita' costituzionale. Infatti, il giudice non puo' procedere alla ricostruzione del quadro normativo del quale faccia parte una norma incostituzionale, che in quel quadro come tale non possa essere compresa. In cio' e' la rilevanza delle questioni di costituzionalita' (v. art. 23 della l. n. 87 del 1953, comma 2). Nel giudizio di costituzionalita', infatti, ai fini dell'apprezzamento della rilevanza, cio' che conta e' la valutazione che il remittente deve fare in ordine alla possibilita' che il procedimento pendente possa o meno essere definito indipendentemente dalla soluzione della questione sollevata (v. C. cost., n. 41 del 2011); e nel nostro caso, appunto, il procedimento non puo' essere definito (perche' in ordine logico la delibazione del giudice non puo' nemmeno iniziare) senza prima risolvere la questione di costituzionalita' delle norme - parametro. 7) La non manifesta infondatezza. 7.1 Stabilita la rilevanza della questione di costituzionalita', si tratta ora di esaminare se la stessa sia non manifestamente infondata (v. 1. cost. n. 1 del 1948, art. 1). Ebbene, nei limiti che seguono la questione di legittimita' costituzionale appare non manifestamente infondata, per i motivi che vengono esposti. Il primo comma dell'art. 1 della legge n. 148 del 2011 prevede che il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, e' convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla legge medesima. Il secondo comma prevede quindi che il Governo, anche ai fini del perseguimento delle finalita' di cui all'art. 9 del decreto-legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito, con mod. dalla legge 15 luglio 2011 n. 111, e' delegato ad adottare, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge, uno o piu' decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza. Orbene, la Corte costituzionale con sentenza n. 29 del 1995 ha chiarito i rapporti tra decreto-legge e legge di conversione. In quella sentenza la Corte affermo' il principio per cui la legge di conversione non ha efficacia sanante, ed il difetto dei presupposti della straordinaria necessita' ed urgenza concreta un vizio formale del procedimento normativo trasmissibile come tale alla stessa legge di conversione. Ivi si sostenne che la Corte costituzionale ha il potere di accertare la sussistenza in concreto dei presupposti della necessita' ed urgenza previsti dall'art. 77 Cost. per l'adozione dei decreti-legge, configurando l'eventuale mancanza di detti presupposti tanto un vizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge quanto un vizio «in procedendo» della legge di conversione (in senso analogo v. C. cost., n. 171 del 2007, n. 128 del 2008, n. 355 del 2010 e 22 del 2012). Nella sentenza n. 171 del 2007 la Corte delle leggi affermo' che i requisiti della straordinaria necessita' ed urgenza possono essere valutati (solo quando il difetto di tali presupposti sia evidente) per un profilo diverso da quello proprio del Parlamento in sede di conversione. Infatti, l'attribuzione al Governo della funzione legislativa ha carattere derogatorio ed e' quindi compito della Corte costituzionale tutelare l'assetto delle fonti primarie, verificando se il riparto delle competenze tra Parlamento e Governo sia stato eventualmente alterato. Quindi la legge di conversione non sana i vizi del decreto. Pertanto, la carenza dei requisiti della necessita' ed urgenza si traduce, dopo l'intervento del Parlamento, in un vizio in procedendo della relativa legge (conf. C. cost., n. 128 del 2008). Il principio e' stato esteso, poi, con C. cost. n. 355 del 2010, anche agli emendamenti aggiunti in sede di conversione dal Parlamento. Con quest'ultima pronuncia la Corte si e' riservato il potere di verificare la sussistenza dei presupposti della necessita' ed urgenza anche riguardo agli emendamenti aggiunti in sede di conversione dal Parlamento, purche' questi siano omogenei rispetto al contenuto del decreto-legge convertito. Sono invece emendamenti eterogenei quelli totalmente estranei rispetto al decreto-legge ed ai presupposti di necessita' e di urgenza che lo hanno legittimato. A tale proposito la Corte delle leggi non si precluse il potere di intervenire e valutare la costituzionalita' dei siffatti emendamenti eterogenei. Si giunge cosi' alla sent. n. 22 del 2012, la quale ritenne l'incostituzionalita' di talune disposizioni aggiunte al testo del decreto-legge solo durante la fase della conversione. Alcuni principi di tale pronuncia debbono essere rimarcati: Innanzi tutto, l'art. 77, secondo comma, della Costituzione, impone il requisito dell'omogeneita' del decreto-legge. Da questo requisito si evince la necessaria omogeneita' della legge di conversione, anch'essa imposta dall'art. 77, secondo comma, Cost. Quindi, dalla consacrazione del principio della necessaria omogeneita' della legge di conversione rispetto al decreto-legge deriva, a seguire, l'incostituzionalita' delle norme introdotte in sede di conversione quando risultino del tutto eterogenee rispetto a quelle originariamente contenute nel decreto-legge. Il pilastro di tale successione argomentativa sta nel dire che solo quando sussistano i presupposti enunciati nel secondo comma dell'art. 77 Cost. e' consentito derogare al procedimento legislativo ordinario previsto dall'art. 72 della Carta fondamentale. Tornando piu' specificamente alla materia che ci occupa, occorre ora rilevare (proprio in relazione all'art. 77, comma 2, Cost.), che il decreto-legge n. 138 del 2011 vide la luce «ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento della spesa pubblica al fine di garantire la stabilita' del Paese con riferimento all'eccezionale situazione di crisi internazionale e di instabilita' dei mercati e per rispettare gli impegni assunti in sede di Unione Europea, nonche' di adottare misure dirette a favorire lo sviluppo e la competitivita' del Paese e il sostegno dell'occupazione». Esso avrebbe dovuto esternare e porre a proprio fondamento l'esistenza dei presupposti di cui all'art. 77, comma 2, Cost. anche in riferimento alla materia della «geografia giudiziaria». Si tratto' invece originariamente di una materia del tutto estranea, la quale venne introdotta solo successivamente, mediante l'approvazione parlamentare di un emendamento governativo proposto in sede di conversione del medesimo decreto-legge n. 138 del 2011. In altre parole, la disciplina contenuta nel secondo comma dell'art. 1 della legge 148 del 2011, in materia di nuova distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, e' stata introdotta per la prima volta in sede di conversione del decreto-legge, ed in quanto del tutto eterogenea rispetto al corpo del decreto-legge convertito, appare qualificabile come «norma intrusa», ovvero come norma che introduce una nuova disciplina (addirittura una delega al Governo a legiferare con successivi decreti legislativi in materia di riorganizzazione della distribuzione degli uffici giudiziari sul territorio) estranea all'insieme delle altre disposizioni normative che il primo comma dell'art. 1 provvedeva a convertire. Risulta quindi violata la norma costituzionale che autorizza l'adozione del decreto-legge nei soli casi di necessita' ed urgenza. 7.2 Sembrano pertinenti al caso che ci occupa i seguenti passaggi di C. cost., n. 22 del 2012. Infatti in questa pronuncia la Corte ribadiva, tra gli indici alla stregua dei quali verificare se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarieta' del caso di necessita' e d'urgenza di provvedere, l'evidente estraneita' della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui e' inserita (conf. C. cost. n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008). La giurisprudenza costituzionale collega quindi il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti fattuali di cui all'art. 77, secondo comma, Cost., ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico. La semplice immissione di una disposizione nel corpo di un decreto-legge oggettivamente o teleologicamente unitario non vale a trasmettere, per cio' solo, alla stessa il carattere di urgenza proprio delle altre disposizioni, legate tra loro dalla comunanza di oggetto o di finalita'. Ai sensi del secondo comma dell'art. 77 Cost., i presupposti per l'esercizio senza delega della potesta' legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo. L'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalita' del decreto spezza il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell'urgenza del provvedere ed i provvedimenti provvisori con forza di legge, di cui alla norma costituzionale citata. Il presupposto del caso straordinario di necessita' e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativa fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno. L'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) la' dove prescrive che il contenuto del decreto-legge deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo, pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimita' costituzionale, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento. La necessaria omogeneita' del decreto-legge, la cui interna coerenza va valutata in relazione all'apprezzamento politico, operato dal Governo e controllato dal Parlamento, del singolo caso straordinario di necessita' e urgenza, deve essere osservata dalla legge di conversione. Il principio della sostanziale omogeneita' delle norme contenute nella legge di conversione di un decreto-legge e' pienamente recepito dall'art. 96-bis, comma 7, del regolamento della Camera dei deputati, che dispone: «Il Presidente dichiara inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che non siano strettamente attinenti alla materia del decreto-legge». Sulla medesima linea si colloca la lettera inviata il 7 marzo 2011 dal Presidente del Senato ai Presidenti delle Commissioni parlamentari, nonche', per conoscenza, al Ministro per i rapporti con il Parlamento, in cui si esprime l'indirizzo di interpretare in modo particolarmente rigoroso, in sede di conversione di un decreto-legge, la norma dell'art. 97, comma 1, del regolamento, sulla improponibilita' di emendamenti estranei all'oggetto della discussione, ricordando in proposito il parere espresso dalla Giunta per il regolamento l'8 novembre 1984, richiamato, a sua volta, dalla circolare sull'istruttoria legislativa nelle Commissioni del 10 gennaio 1997. Peraltro, il suddetto principio della sostanziale omogeneita' delle norme contenute nella legge di conversione di un decreto-legge e' stato richiamato nel messaggio del 29 marzo 2002, con il quale il Presidente della Repubblica, ai sensi dell'art. 74 Cost., ha rinviato alle Camere il disegno di legge di conversione del decreto-legge 25 gennaio 2002, n. 4, e ribadito nella lettera del 22 febbraio 2011, inviata dal Capo dello Stato ai Presidenti delle Camere ed al Presidente del Consiglio dei ministri. La Corte costituzionale ritenne quindi che l'esclusione della possibilita' di inserire nella legge di conversione di un decreto-legge emendamenti del tutto estranei all'oggetto e alle finalita' del testo originario non risponda soltanto ad esigenze di buona tecnica normativa, ma sia imposta dallo stesso art. 77, secondo comma, Cost., che istituisce un nesso di interrelazione funzionale tra decreto-legge, formato dal Governo ed emanato dal Presidente della Repubblica, e legge di conversione, caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto a quello ordinario. In sintesi: l'elemento eterogeneo (come nel nostro caso) introdotto con la legge di conversione rileva anche sotto il profilo della violazione del procedimento legislativo. Infatti, innanzitutto, il disegno di legge di conversione del decreto-legge appartiene alla competenza riservata del Governo, che deve presentarlo alle Camere il giorno stesso dell'emanazione dell'atto normativo urgente. Anche i tempi del procedimento sono particolarmente rapidi, giacche' le Camere, anche se sciolte, sono convocate appositamente e si riuniscono entro cinque giorni. In coerenza con la necessaria accelerazione del procedimento, i regolamenti delle Camere prevedono norme specifiche, mirate a consentire la conversione in legge entro il termine costituzionale di sessanta giorni. Il Parlamento e' chiamato a convertire, o non, in legge un atto, unitariamente considerato, contenente disposizioni giudicate urgenti dal Governo per la natura stessa delle fattispecie regolate o per la finalita' che si intende perseguire. In definitiva, l'oggetto del decreto-legge tende a coincidere con quello della legge di conversione. Non si puo' tuttavia escludere che le Camere possano, nell'esercizio della propria ordinaria potesta' legislativa, apportare emendamenti al testo del decreto-legge, che valgano a modificare la disciplina normativa in esso contenuta, a seguito di valutazioni parlamentari difformi nel merito della disciplina, rispetto agli stessi oggetti o in vista delle medesime finalita'. Il testo puo' anche essere emendato per esigenze meramente tecniche o formali. Cio' che esorbita invece dalla sequenza tipica profilata dall'art. 77, secondo comma, Cost., e' l'alterazione dell'omogeneita' di fondo della normativa urgente, quale risulta dal testo originario, ove questo, a sua volta, possieda tale caratteristica. In definitiva, l'innesto nell'iter di conversione dell'ordinaria funzione legislativa puo' certamente essere effettuato, per ragioni di economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione. Se tale legame viene interrotto, la violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost., non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessita' e urgenza per le norme eterogenee aggiunte, che, proprio per essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi a tali condizioni preliminari (v. C. cost. n. 355 del 2010), ma per l'uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalita' di procedura, allo scopo tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge. La Costituzione italiana disciplina, nelle loro grandi linee, i diversi procedimenti legislativi e pone limiti e regole, da specificarsi nei regolamenti parlamentari. Il rispetto delle norme costituzionali, che dettano tali limiti e regole, e' condizione di legittimita' costituzionale degli atti approvati, come la Corte costituzionale ha gia' affermato a partire dalla sentenza n. 9 del 1959, nella quale ha stabilito la propria competenza nel controllare se il processo formativo di una legge si e' compiuto in conformita' alle norme con le quali la Costituzione direttamente regola tale procedimento. Nel caso affrontato da C. cost. n. 22 del 2012, considerato che le norme impugnate in quel giudizio, inserite nel corso del procedimento di conversione del d.l. n. 225 del 2010, erano del tutto estranee alla materia e alle finalita' del medesimo, la Corte concludeva che le stesse erano costituzionalmente illegittime, per violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost. 7.3 Cio' posto, la norma «intrusa» (art. 1, comma 2, della l. n. 148 del 2011) non ha direttamente disciplinato la materia, dato che la riorganizzazione territoriale e' stata delegata al Governo. Cio' rende ancora piu' evidente quell'alterazione del procedimento legislativo censurata da C. cost. n. 22 del 2012. Infatti, l'art. 72, comma 4°, della Costituzione impone per i disegni di legge di delegazione legislativa il ricorso alla procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera che, ai sensi del 1° comma della norma, consiste nel previo esame in commissione (sede referente) e successivo passaggio in Aula, dove il disegno viene approvato articolo per articolo e con votazione finale. La delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari e' stata approvata in prima lettura dal Senato della Repubblica il 7 settembre 2011, durante l'iter del procedimento di conversione in legge del decreto-legge n. 138/2011. Il procedimento legislativo di conversione si e' poi concluso con la successiva deliberazione della Camera dei Deputati. Entrambi i passaggi parlamentari sono stati caratterizzati dal fatto che il Governo ha posto la questione di fiducia. Dal resoconto della seduta d'aula del Senato emerge che l'emendamento governativo sulla riorganizzazione territoriale delle circoscrizioni giudiziarie e' stato presentato in aula ed e' stato trasmesso per il parere alla commissione bilancio, per la valutazione degli aspetti di copertura finanziaria. E' del tutto mancato, dunque, il passaggio necessario dell'esame da parte della commissione referente. Si legge, infatti, nel predetto resoconto, che il Presidente della Commissione informava che durante la discussione in Assemblea del disegno di legge n. 2887, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, il Governo aveva presentato l'emendamento n. 1900, sul quale aveva posto la questione di fiducia. L'emendamento stesso e' stato trasmesso dal Presidente del Senato affinche', in relazione all'art. 81 della Costituzione e nel rispetto delle prerogative costituzionali del Governo, la commissione bilancio potesse informare l'assemblea circa i profili di copertura finanziaria. Dunque, la sequenza procedimentale delineata nella Costituzione (decreto-legge seguito da legge di conversione) e' stata sostituita con una sequenza diversa (decreto-legge, seguito da legge di conversione, seguita, a sua volta, da decreto legislativo delegato), inoltre, in una materia del tutto estranea al decreto convertito, ma riferita ad altro e diverso decreto gia' convertito con altra legge. Risultano dunque violati sia l'iter ordinario di formazione legislativa (artt. 70 e 72, primo e quarto comma, della Costituzione), sia l'iter previsto per la decretazione d'urgenza (art. 77, secondo comma, della Costituzione).
P.Q.M. 1) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma secondo, della legge 14 settembre 2011, n. 148 (in Gazzetta Ufficiale , 16 settembre, n. 216), recante Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo e delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, per contrasto con gli artt. 70, 72, primo e quarto comma, e 77, comma secondo, della Costituzione. 2) Sospende il presente procedimento e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 3) Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Manda alla Cancelleria in sede per quanto di competenza. Camerino, 3 aprile 2013 Il Presidente: Fusaro