N. 33 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 aprile 1997

                                 N. 33
  Ricorso  per  questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 7 aprile 1997 (della regione autonoma della Sardegna)
 Finanza pubblica  allargata  -  Disposizioni  a  completamento  della
    manovra  di finanza pubblica per l'anno 1997 - Norme in materia di
    imposte sui redditi - Redditi sottoposti a tassazione  separata  -
    Obbligo  al versamento a titolo di acconto, di somma, nella misura
    del 20% - Riserva all'erario di tali  entrate  -  Conseguente  non
    ricomprensione  di  esse  nella base per il calcolo delle quote di
    compartecipazione regionale al gettito  delle  imposte  statali  -
    Lesione   dell'autonomia  finanziaria  della  regione  Sardegna  -
    Incidenza sul  principio  di  leale  collaborazione,  per  mancata
    acquisizione del parere regionale.
 (D.-L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 1, comma 3, e 7, convertito con
    modificazioni nella legge 28 febbraio 1997, n. 30).
 (Cost., artt. 116 e 119; Statuto regione Sardegna artt. 7, 8 e 54).
(GU n.23 del 4-6-1997 )
   Ricorso  della regione autonoma Sardegna, in persona del presidente
 della Giunta regionale  pro-tempore  on.le  dott.  Federico  Palomba,
 giusta  deliberazione  della  Giunta  regionale del 21 marzo 1997, n.
 11/35 rappresentata e difesa - in virtu' di  procura  a  margine  del
 presente  atto - dal prof. avv. Sergio Panunzio, presso il cui studio
 e' elettivamente domiciliata in Roma, piazza Borghese, n.  3;  contro
 la  Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona  deI Presidente
 del Consiglio in carica; per la dichiarazione di  incostituzionalita'
 degli  artt.  1,  comma  3  e  7, del d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669,
 convertito con modificazioni in legge 28 febbraio 1997, n. 30.
                               F a t t o
   Nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1 marzo 1997 e' stata pubblicata
 la legge 28 febbraio 1997, n. 30, recante la conversione in legge del
 d.-l. 31 dicembre 1996, n.  669  ("Disposizioni  urgenti  in  materia
 tributaria,  finanziaria e contabile a completamento della manovra di
 finanza pubblica per l'anno 1997").
   Il  decreto-legge  n.  669/1996  contiene,   fra   l'altro,   varie
 disposizioni in materia tributaria (contenute nel capo I: artt. 1-7),
 delle  quali  molte  dirette  ad  aumentare le entrate tributarie. In
 particolare l'art.  1  del  decreto-legge  in  questione  (intitolato
 "Disposizioni  in  materia  di imposte sui redditi") contiene diverse
 disposizioni dirette  ad  aumentare  il  gettito  delle  imposte  sui
 redditi;  ma  ai  fini  del  presente  ricorso  viene  soprattutto in
 evidenza un comma dell'art. 1 - precisamente il terzo -  che  di  per
 se'  non e' diretto ad aumentare il gettito delle imposte. Infatti il
 terzo comma dell'art.  1 del decreto-legge n. 669/1996 cosi'  dispone
 testualmente:
   "3.  -  Per  i  redditi  sottoposti  a  tassazione separata, di cui
 all'art.  16 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
 decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,  da
 indicare  nella  dichiarazione  dei redditi e non soggetti a ritenuta
 alla fonte, e' dovuto un  versamento,  a  titolo  di  acconto,  nella
 misura  del  20  per cento. Il versamento e' effettuato nei termini e
 con le modalita' previsti  per  quello  a  saldo  delle  imposte  sui
 redditi e si applica la disposizione recata dall'art. 6, comma 3, del
 d.-l.  31  maggio  1994, n. 330, convertito, con modificazioni, dalla
 legge 27 luglio 1994, n. 473, in materia di soprattasse per  l'omesso
 o ritardato versamento delle imposte dovute".
   Ancora  viene  in  evidenza  ai  fini del presente ricorso un'altro
 articolo del decreto-legge n. 669/1996 (siccome collegato al suddetto
 art. 1, comma 3), e cioe' l'art.  7  (intitolato  "Devoluzione  delle
 entrate e variazioni di bilancio"), il quale recita al comma 1:
   "1.  -  Le  entrate  derivanti  dal presente decreto sono riservate
 all'erario e concorrono alla copertura degli oneri  per  il  servizio
 del  debito  pubblico,  nonche'  alla  realizzazione  delle  linee di
 politica  economica  e  finanziaria  in  funzione  degli  impegni  di
 riequilibrio  del  bilancio  assunti in sede comunitaria. Con decreto
 del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro  del  tesoro,
 da  emanare  entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del
 presente decreto, sono definite, ove  necessarie,  le  modalita'  per
 l'attuazione del presente articolo".
   Dal  combinato  disposto dell'art. 1, comma 3, e dell'art. 7, comma
 1, del decreto-legge n. 669/1996 sembra  dunque  evincersi  anche  le
 somme incassate dall'erario a titolo di acconto, ai sensi del comma 3
 dell'art.  1, rientrano nelle "entrate" riservate all'erario medesimo
 dal comma 1 dell'art. 7: entrate che, dunque, non entrano a  comporre
 la  base  per  il calcolo delle quote di compartecipazione al gettito
 delle imposte statali che - com'e' noto  -  costituiscono  una  delle
 principali  entrate  finanziarie delle regioni ad autonomia speciale,
 fra cui la ricorrente regione autonoma della Sardegna (secondo quanto
 per essa stabilito dall'art. 8 dello  statuto  speciale  che  -  alla
 lettera  a) - stabilisce che spettano alla regione i sette decimi del
 gettito delle imposte sul reddito delle persone fisiche e sul reddito
 delle persone giuridiche riscosse nel suo territorio).
   Che  poi  sia  questa  la  interpretazione  da  darsi alla suddetta
 disciplina del decreto-legge n. 669/1996  risulta  invero  confermato
 dalla   circostanza   che   (secondo  quanto  riferito  dagli  uffici
 periferici dell'amministrazione statale in Sardegna), a seguito della
 entrata in vigore del  decreto-legge  n.  669/1996,  nel  "Quadro  di
 classificazione  delle  entrate  dello  Stato 1997" (pubblicate dalla
 Ragioneria generale dello Stato - Sistema informativo,  e  redatto  a
 cura   dell'Ispettorato  generale  del  bilancio  e  dell'Ispettorato
 generale per i  servizi  speciali  e  la  meccanizzazione)  e'  stato
 aggiunto  un nuovo art. 23 al capitolo 1023 del bilancio dello Stato,
 intitolato "Versamenti in acconto per redditi sottoposti a tassazione
 separata da indicare nella dichiarazione dei redditi e non soggetti a
 ritenuta alla fonte (d.-l. 31 dicembre 1996, n.  669)": cio'  proprio
 per consentire allo Stato di contabilizzare separatamente le suddette
 entrate  e  cosi'  sottrarle  dalla  base  di  calcolo utilizzata per
 determinare la quota  del  gettito  dell'imposta  sul  reddito  delle
 persone  fisiche  di  spettanza  della  regione  ricorrente  ai sensi
 dell'art.  8 dello statuto speciale.
   Tale, dunque, essendo il  significato  della  disciplina  stabilita
 dagli  artt.  1, comma 3, e 7, comma 1, del decretolegge n. 669/1996,
 essa, nella parte in cui si applica anche alla regione autonoma della
 Sardegna,  e'  incostituzionale  e,  gravemente  lesiva   delle   sue
 competenze.    Onde  con  il  presente atto la regione autonoma della
 Sardegna la impugna, per i seguenti motivi di
                             D i r i t t o
   Violazione, da parte dell'art. 7, comma 1,  in  relazione  all'art.
 1,  comma  3,  del  decreto-legge  impugnato  n. 669/1996 delle norme
 costituzionali  relative  all'autonomia  finanziaria  della   regione
 Sardegna:  spec.    artt.  7,  8  e  54 dello statuto speciale (legge
 costituzionale 26 febbraio 1948 n. 3) e relative norme  d'attuazione,
 nonche'  artt. 116 e 119 della Costituzione. Violazione dell'art. 54,
 comma 4, statuto speciale e del principio di leale collaborazione.
   1. - In base alle norme costituzionali sopra  indicate  l'autonomia
 finanziaria   della   regione   Sardegna  (che  e'  l'imprescindibile
 presupposto dell'autonomo esercizio di tutte le  competenze  ad  essa
 costituzionalmente  attribuite)  si  fonda,  sotto  il  profilo delle
 entrate, sulla partecipazione  -  nella  misura  stabilita  da  norme
 costituzionali  -  al  gettito  dei  tributi  erariali  riscossi  nel
 territorio regionale. Tale partecipazione e' prevista e  disciplinata
 dall'art.  8  dello statuto speciale per la Sardegna (come sostituito
 dall'art. 1 della legge l3 aprile 1983, n. 122).
   In particolare l'art. 8, lett. a),  dello  statuto  stabilisce  che
 spettano  alla  regione  "sette  decimi del gettito delle imposte sul
 reddito delle persone fisiche e sul reddito delle persone  giuridiche
 riscosse nel territorio della regione".
   Come  e'  evidente,  sia  per la regione Sardegna, sia per le altre
 regioni ad autonomia speciale (e per le province autonome di Trento e
 di Bolzano),  la cui autonomia finanziaria  si  fonda  essenzialmente
 sulla   partecipazione  a  tributi  erariali,  la  garanzia  di  tale
 autonomia sta, da un lato,  nella  impossibilita'  per  lo  Stato  di
 procedere   (unilateralmente)   alla  modificazione  delle  quote  di
 partecipazione regionale, se non attraverso  procedure  di  revisione
 costituzionale  o,  comunque,  basate  su intese fra Stato e regione;
 dall'altro nell'applicazione della quota regionale a tutto il gettito
 derivante dal tributo erariale.  Solo eccezionalmente  (ove  previsto
 da  norme  statutarie  o  d'attuazione)  puo'  essere  consentito che
 aumenti  di  gettito  (ma  appunto  si  deve  trattare  di   aumenti)
 conseguenti  a  modificazioni  legislative disposte dallo Stato siano
 riservate a questo, senza entrare nella quota di spettanza regionale.
   Tale  principio,  che  discende  direttamente   dalla   complessiva
 disciplina costituzionale della autonomia finanziaria della Sardegna,
 ed  analogamente  delle altre regioni a statuto speciale e province e
 autonome,  e'  stato  anche  espressamente  -  seppure  variamente  -
 formulato  in  varie  disposizioni di attuazione di statuti speciali.
 Cosi', ad esempio, l'art. 4, primo comma,    del  d.P.R.  23  gennaio
 1965,   n.   114   (recante  norme  d'attuazione  dello  statuto  del
 Friuli-Venezia Giulia); l'art.  2 comma primo, del d.P.R.  26  luglio
 1965,  n.  1074 (recante norme d'attuazione dello statuto siciliano);
 l'art.  8  del  d.P.R.  26  novembre  1981,  n.  690  (recante  norme
 d'attuazione  dello  statuto Valle d'Aosta); e l'art. 9, comma 1, del
 d.lgs. 16 marzo 1992, n.  268  (recante  norme  di  attuazione  dello
 statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige in materia di finanza
 regionale e provinciale), come da ultimo sostituito dall'art.  4  del
 d.lgs. 24 luglio 1996, n. 432.
   Quest'ultima  disposizione  (particolarmente  significativa perche'
 adottata alla luce della elaborazione e del chiarimento dei  principi
 nella  autonomia  finanziaria  delle  regioni  avutesi anche ad opera
 della giurisprudenza costituzionale degli ultimi decenni)  stabilisce
 che  puo'  essere  riservato  allo  Stato  "il  gettito  derivante da
 maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione  di  nuovi  tributi,  se
 destinato  per legge, per finalita' diverse da quelle di cui al comma
 6, dell'art.  10 e al comma 1, lett.  b),  dell  'art.  10-bis,  alla
 copertura,  ai  sensi  dell'art.  81  della  Costituzione,  di  nuove
 specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nele
 materie di competenza della regione o delle  province,  ivi  comprese
 quelle  relative a calamita' naturali", ma cio' purche' si tratti, in
 primo luogo, appunto di "nuovi" tributi  o  di    "maggiorazioni"  di
 tributi  preesistenti;  ed  inoltre  "purche'  (il  gettito)  risulti
 temporalmente delimitato  nonche'  contabilizzato  distintamente  nel
 bilancio statale e quindi quantificabile".
   Come  si  e'  detto,  la  giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte ha
 avuto occasione piu' volte di affrontare tali problemi  (per  esempio
 sentenze  nn. 47/1968, 49/1972, 61 e 87 del 1987, 362 e 363 del 1993,
 52/1994). Anche da tale giurisprudenza si evincono taluni principi  e
 criteri   che   valgono   a   garantire  il  rispetto  dell'autonomia
 finanziaria delle regioni ad autonomia speciale.  In  particolare  si
 evince  che  il  maggior  gettito  dei tributi erariali conseguente a
 modificazioni  della  relativa  disciplina  legislativa  puo'  essere
 riservato  allo  Stato  (e  quindi  sottratto alla quota di spettanza
 regionale) solo ove concorrano determinate condizioni. La prima, e la
 piu' importante, di tali condizioni e' che  la  riserva  erariale  si
 applichi  ad un "maggior gettito" risultante dalla introduzione di un
 tributo nuovo,  oppure  dalla  maggiorazione  delle  aliquote  di  un
 tributo gia' esistente.  Le condizioni ulteriori sono poi costituite:
     a)  dalla specificita' dello scopo, nel senso che la riserva allo
 Stato disposta dalla legge deve essere finalizzata alla copertura  di
 spese  che  abbiano  uno  scopo  particolare e ben determinato, e che
 rientrino nelle materie di competenza dello Stato (e non  gia'  delle
 regioni o delle province autonome);
     b)  alla  necessaria determinatezza anche temporale della riserva
 allo Stato stabilita dalla legge, nel senso che  essa  non  puo'  che
 avere  valore  di  disciplina  provvisoria,  anche  in  relazione  al
 carattere  eventualmente  contingente  della  spesa  statale  che  la
 riserva  e' destinata a finanziare (come nel caso di spese relative a
 calamita' naturali).
   2. - Alla luce delle precedenti considerazioni, e' allora  evidente
 la incostituzionalita' delle impugnate disposizioni del decreto-legge
 n. 669/1996.
   Infatti  la disciplina legislativa in questione e', in primo luogo,
 palesemente incostituzionale per il fatto che  la  riserva  a  favore
 dello  Stato stabilita dal combinato disposto degli artt. 1, comma 3,
 e 7, comma 1, del decreto-legge n. 669/1996  non  si  applica  ad  un
 maggior  gettito,  derivante dalla introduzione di un nuovo tributo o
 dalla maggiorazione della aliquota di un  tributo  esistente,  ma  si
 applica  invece  ad  una  quota del 20% gettito ordinario, costituita
 dall'acconto che deve essere versato ai sensi del comma  3  dell'art.
 1. In altri termini, la conseguenza della riserva in questione non e'
 gia' quella di precludere alla regione di partecipare pro-quota ad un
 maggior   gettito   (come   avviene  nei  casi  di  riserva  erariale
 costituzionalmente  legittimi   secondo   le   norme   statutarie   e
 d'attuazione,  e  la  gia'  citata  giurisprudenza  di codesta ecc.ma
 Corte), ma e'  invece  quella  di  ridurre  la  partecipazione  della
 regione  al  gettito  ordinario:    non un incremento, ma una perdita
 secca.
   Inoltre,   la   disciplina    legislativa    qui    impugnata    e'
 incostituzionale   perche'   essa   non   e'   neppure  temporalmente
 delimitata,  come  invece  essa  dovrebbe  essere   (secondo   quanto
 ricordato  in precedenza) per risultare costituzionalmente legittima.
 Infatti non solo la disposizione che stabilisce la riserva allo Stato
 (art. 7, comma 1), ma anche quelle che regolano il  nuovo  versamento
 in  acconto  (art.  1,  comma  3)  pongono una disciplina che nel suo
 complesso e' a tempo indeterminato.  Si tratta, cioe', di un  diverso
 e  definitivo assetto della disciplina relativa alla ripartizione fra
 Stato e regioni del gettito dell'IRPEF, che peraltro,  pur  lasciando
 formalmente  immutata  la  cifra della quota regionale indicata dallo
 statuto, ne deprime pero' le  corrispondenti  entrate,  riducendo  la
 base  di  calcolo  e  quindi  sottraendo alla regione una parte della
 quota del gettito ad essa spettante.  Ma  il  maggior  gettito  cosi'
 derivante   allo   Stato  non  e'  in  alcun  modo  configurato  come
 provvisorio della legge, o comunque tale  da  dovere  necessariamente
 cessare  una  volta  raggiunti  quei  sia  pur  generici obiettivi di
 riequilibrio di bilancio richiamati dal primo comma  dell'art.  7  in
 questione.
   3.  -  Sotto  un  ulteriore  e  concorrente  profilo  la disciplina
 legislativa impugnata risulta incompatibile con 1'art. 54,  comma  4,
 dello  statuto  speciale per la Sardegna ed anche con il principio di
 leale collaborazione fra Stato e regioni.
   Come  infatti  si  e'  visto,  non  sembra  dubbio  che - al di la'
 dell'aspetto  formale  e  letterale  -  le  disposizioni  legislative
 impugnate  modifichino  sostanzalmente  la disciplina statuaria della
 ripartizione  fra  Stato  e  regione  del  gettito  dell'IRPEF,  come
 stabilita  dall'art.  8,  lett.   a), dello statuto sardo. Ma proprio
 l'art. 54, comma 4, dello statuto,  facendo  applicazione  anche  del
 principio di leale collaborazione, stabilisce che le disposizioni del
 titolo  III dello statuto (in cui e' ricompreso l'art. 8) possono si'
 essere modificate dallo Stato con legge ordinaria, ma solo  dopo  che
 sia  stata  "sentita  la  regione".   Ma nel caso in questione nessun
 parere in merito e' stato richiesto alla  regione  Sardegna,  neppure
 nel  corso  della procedura di conversione in legge del decreto-legge
 n. 669/1996.
                                P. Q. M.
   Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del  presente
 ricorso,  dichiarare incostituzionale in parte qua gli artt. 1, comma
 3, e 7, comma 1, del d.-l. 31 dicembre 1996, n.  669,  convertito  in
 legge 28 febbraio 1997, n. 30.
     Roma, addi' 25 marzo 1997
                       Prof. avv. Sergio Panunzio
 97C0331