N. 329 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 febbraio 1999
N. 329 Ordinanza emessa il 23 febbraio 1999 dal tribunale amministrativo regionale della Lombardia sul ricorso proposto da Magistroni Alessandra contro il comune di Milano Edilizia popolare, economica e sovvenzionata - Edilizia residenziale pubblica - Regione Lombardia - Decadenza dall'assegnazione di alloggio dell'assegnatario titolare di diritto di proprieta' o di diritto reale di godimento su immobili, ubicati in qualsiasi localita', produttivi di reddito pari all'ammontare del canone di locazione di cui alla legge sull'equo canone - Disparita' di trattamento tra assegnatari in base alla provenienza dei redditi Contrasto con la normativa statale in materia. (Legge regione Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91, artt. 2, comma 1, lettera d), e 22, comma 1, lettera e)). (Cost., artt. 3, 117 e 118).(GU n.23 del 9-6-1999 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2194/96 proposto da Magistroni Alessandra, rappresentata e difesa dall'avv.to C. Pascucci ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Milano, via Monte Rosa, 67; Contro il comune di Milano - sindaco pro-tempore - costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dalla Avvocatura comunale - con gli avvocati M.R. Surano, F. Garbin e R. Meroni ed elettivamente domiciliato presso gli uffici della Avvocatura civica in Milano, via Guastalla n. 8, per l'annullamento del provvedimento di decadenza alloggio n.p. atti 360619/5106/95 del 19 marzo 1996 Settore ERP; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Milano; Viste le memorie prodotte dalle parti costituite a sostegno delle proprie relative difese; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore, alla pubblica udienza del 23 febbraio 1999, il cons. Mario Mosconi; Udito, altresi', i patroni presenti delle parti; Trattenuto indi il ricorso in decisione e ritenuto poi in fatto e in diritto quanto segue; F a t t o La ricorrente, assegnataria di un alloggio popolare, contesta la legittimita' di una determinazione dei competenti uffici del comune di Milano che la dichiarano decaduta da tale medesima assegnazione, per essere proprietaria di un altro appartamento in Parma che assicura un reddito pari all'equo canone ex legge n. 392/1978 per un alloggio adeguato alle esigenze familiari. Si e' costituita in giudizio l'intimata amministrazione comunale che, ex adverso poi deducendo, ha concluso infine per il rigetto del ricorso. All'udienza del 23 febbraio 1999 la causa e' stata spedita a sentenza. D i r i t t o 1. - E' impugnato avanti questa 1 sezione del tribunale amministrativo regionale della Lombardia - con ricorso in termini notificato e depositato - il provvedimento del direttore del settore patrimonio E.R.P. e assegnazione alloggi del comune di Milano del 19 marzo 1996 n.p. atti 360619/5106/95 che decreta la decadenza dell'assegnazione di un alloggio della ricorrente. Il medesimo cosi' espone: il direttore del settore patrimonio E.R.P. e assegnazione alloggi, delegato dal sindaco e domiciliato per il suo incarico in via Pirelli n. 39. Accertato che la signora Magistroni Alessandra assegnataria in locazione dell'alloggio n. 43 di via Mar Jonio, 4, Milano, e' proprietaria di unita' immobiliari con un reddito da fabbricati per il 1994 di L. 14.450.000 superiore all'equo canone adeguato al nucleo familiare dell'assegnataria, che risulta composto da due persone; Atteso che il comune di Milano ha contestato alla sig.ra Magistroni Alessandra il fatto di cui sopra con raccomandata a mano del 24 novembre 1995, notificata il 13 dicembre 1995; Sentito il parere espresso in data 1 febbraio 1996 dalla Commissione di cui all'art. 6 legge regionale 5 dicembre 1983, n. 91: "La Commissione, esaminati gli atti; viste le note informative dell'istituto autonomo case popolari di Milano, lette le deduzioni inviate dall'assegnataria in data 27 dicembre 1995 e rilevato dalla documentazione reddituale prodotta che la stessa risulta titolare di redditi da fabbricati per un totale di L. 14.450.000, esprime parere favorevole alla decadenza dall'assegnazione ai sensi dell'art. 22, lettera e) in relazione all'art. 2, primo comma, punti c) e d) legge regionale n. 91/1983 e successive modificazioni ed integrazioni". In conformita' a detto parere. Ai sensi e per gli effetti dell'art. 22 della legge regionale 5 dicembre 1983, n. 91 e successive modificazioni e integrazioni, dichiara la decadenza dell'assegnazione dell'alloggio n. 43 di via Mar Jonio, 4 nei confronti della sig.ra Magistroni Alessandra con conseguente risoluzione di diritto del contratto di locazione, e per l'effetto intima alla sig.ra Magistroni Alessandra (nata il 26 marzo 1929 a Milano) di rilasciare l'alloggio sopra indicato libero e vuoto di cose e persone, anche interposte, entro e non oltre trenta giorni dalla notifica del presente decreto con avvertenza che, in difetto, si procedera' ad esecuzione forzata a norma di legge nei confronti di chiunque occupi l'alloggio, costituendo il presente atto titolo esecutivo non soggetto a graduazioni o proroghe. Entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla notifica del decreto e' ammesso ricorso avanti il tribunale amministrativo regionale, a norma della legge 6 dicembre 1971, n. 1034. 2. - Questi motivi di censura: a) erronea applicazione della legge regionale n. 91/1983, in quanto - scartata la fattispecie di cui al p.c. dell'art. 2 della stessa - per il p.d., attinente, in ipotesi, al caso di specie, non vi sarebberro le condizioni utili, poiche' non si terrebbe conto che la legge n. 359/1992, liberalizzando i canoni di locazione ha, di fatto, scompaginato i criteri di valutazione di cui sopra; infatti l'equo canone risulterebbe, ormai, superato e non piu' proponibile come parametro di riferimento ai fini de quibus. b) violazione di legge n. 91/1983, art. 21-22 della stessa, in quanto non sarebbero state acquisite le deduzioni della ricorrente ed in quanto il parere della competente Commissione sarebbe tardivo poiche' dato oltre i trenta giorni prescritti. c) infine si sostiene che le specifiche condizioni di famiglia non sarebbero state correttamente valutate ex art. 31, legge n. 104/1992. d) ove detti vizi non fossero rilevalibi viene, in subordine, sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22, secondo comma, lettera e) in connessione con l'art. 2, primo comma, lettera d) della legge regionale 5 dicembre 1993, n. 91 in relazione agli art. 3, 29 e 38 della Costituzione; cio' in quanto, tramite l'applicazione di tali articolati normativi regionali, si violerebbero i dettati canoni di uguaglianza, di ragionevolezza, di solidarieta' sociale, di non discriminazione e di valorizzazione della famiglia. 3. - In ordine al terzo motivo di doglianza di cui sub 2-c, si osserva che il richiamo all'art. 31 della legge n. 104/1992 e' inconferente data la funzione e la particolare ratio - all'evidenza desumibile - dal disposto contenuto nella stessa norma di legge evocata e dalla stessa legge. Quanto al fatto che la Commissione si sia riunita, in ritardo, e cio' con riguardo alla doglianza sub 2-b enunciata, questo, anche in teoria, non puo' essere stato che vantaggioso, sotto il profilo temporale, per la ricorrente stessa. Senza contare che, nella specie, il termine de quo appare meramente sollecitatorio. Infine, e per concludere in ordine a tale medesimo 2 capo di censura, risulta, per atti, che la ricorrente e' stata sentita e, a quanto dalla stessa enunciato, appare sufficientemente controdedotto. 4. - Residuano percio' in forma strumentale i prospettati sospetti di incostituzionalita' dell'art. 2, primo comma, lettera d) della legge regionale 5 dicembre 1983, n. 91 in connessione con l'art. 22, primo comma, lettera e) della medesima legge regionale. 4.1. - E se e' manifesta la infondatezza di rilievi mossi alla stregua degli artt. 29 e 38 della Costituzione, diversamente deve dedursi con riguardo all'art. 3 della medesima Costituzione, anche in relazione al vizio avanzato con il primo motivo. Mentre d'ufficio ci si muove con riguardo agli artt. 117 e 118 della stessa Costituzione. 4.2. - Si rileva, al riguardo che, col provvedimento impugnato, l'amministrazione comunale ha dichiarato la decadenza della ricorrente dall'assegnazione di un alloggio in Milano, con effetto della perdita del requisito per l'assegnazione previsto dall'art. 2, primo comma, lettera d), della legge regionale Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91, il quale dispone che possa concorrere all'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica "chi non sia titolare del diritto di proprieta' o di altri beni immobili, ubicati in qualsiasi localita', che consentano un reddito almeno pari all'ammontare del canone di locazione, determinato ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392, concernente ''Disciplina delle locazioni di immobili urbani e successive modificazioni e integrazioni'', di un alloggio adeguato con condizioni medie abitative, come definite al successivo secondo comma; l'ammontare di tale canone di locazione e' determinato dal comune in sede di indizione del bando di concorso in conformita' ai coefficienti di cui al successivo secondo comma". 4.3. - Ma, esaminata la vicenda alla luce della deliberazione CIPE 13 marzo 1995, la sezione ritiene di dover proporre, come premesso, questione di costituzionalita' nei limiti della citata norma regionale, la quale estromette, appunto dall'alloggio soggetti che, indipendentemente dal reddito complessivo di cui godono, siano titolari, in qualsiasi localita' del territorio nazionale esterna all'ambito territoriale a cui si riferisce il bando, di immobili da cui sia ricavabile un reddito pari al canone di locazione di un alloggio adeguato alle loro esigenze abitative. 4.3.1. - Invero, con riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., appare non manifestamente infondato il dubbio sulla conformita' della legge regionale rispetto ai criteri generali fissati dallo Stato. La deliberazione CIPE di cui sopra (nella Gazzetta Ufficiale 27 maggio, n. 122), adottata ai sensi dell'art. 88 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e dell'art. 2, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 475, prende in considerazione, infatti, soltanto la "mancanza di titolarita' di diritti di proprieta', usufrutto, uso e abitazione su alloggio adeguato alle esigenze del nucleo familiare" (art. 3.1, lettera c) e non su qualunque alloggio, dovunque si trovi, o su qualunque immobile. 4.3.2. - In riferimento poi all'art. 3 Cost., appare di dubbia legittimita' costituzionale la citata norma regionale, in quanto, posto un limite di reddito come indice dello stato di bisogno per l'ammissione a certe prestazioni sociali, dovrebbe essere del tutto irrilevante il riferimento alla natura e alla provenienza del reddito. In base a tale principio e' stato giudicato costituzionalmente illegittimo in riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 43, comma 2, legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui, per l'ipotesi di redditi del genitore "a carico" non derivanti esclusivamente da pensione, stabiliva un limite ostativo al conseguimento del diritto agli assegni familiari, diverso da quello imposto per l'ipotesi di redditi provenienti solo da pensione (Corte cost. 14 gennaio 1986, n. 8). 4.3.3. - Se, inoltre, si ritenesse giustificato attribuire un'autonoma rilevanza al patrimonio da cui il reddito deriva, apparirebbe ancora di dubbia legittimita' costituzionale la norma regionale in esame, in quanto essa prende in considerazione soltanto i diritti reali su immobili e non altre componenti del patrimonio, come, ad esempio, depositi bancari, titoli azionari e obbligazioni, ecc., mentre la citata deliberazione del CIPE, ai fini del limite di reddito, equipara tutte le fonti di reddito, ad eccezione del lavoro dipendente, per cui prevede un abbattimento del 40% richiamando l'art. 21, primo comma, della legge n. 457 del 5 agosto 1978, sostituito dall'art. 2, d.-l. 23 gennaio 1982, n. 9. 4.3.4. - Infine la legge regionale appare di dubbia costituzionalita', ancora in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui continua a rinviare, per l'ammontare del reddito da immobili ritenuto sufficiente ad assicurare un'adeguata sistemazione abitativa, alla legge statale sull'equo canone, sostanzialmente superata dall'introduzione dei c.d. patti in deroga (art. 11 d.-l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1992, n. 359). Tanto annotato e come premesso, per la decisione del ricorso non puo' percio' prescindersi dalla pronuncia sulla questione di legittimita' della norma regionale su cui si fonda il provvedimento impugnato; conseguentemente si devono rimettere gli atti alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 23, 1 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 117 e 118 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma, lett. d) e dell'art. 22, primo comma, lett. e), della legge della regione Lombardia 5 dicembre 1983, n. 91; Sospende il giudizio; Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza di trasmissione sia notificata alle parti in causa e al presidente della giunta della regione Lombardia e sia comunicata al presidente del consiglio regionale. Cosi' deliberato in Milano nella Camera di consiglio del 23 febbraio 1999. Il presidente: Vacirca Il consigliere, relatore, estensore: Mosconi 99C0562