N. 213 ORDINANZA 6 - 18 giugno 2007
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Sentenza di proscioglimento - Appello del pubblico ministero - Preclusione (salvo nelle ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, se la nuova prova e' decisiva) - Sopravvenuta dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma censurata - Necessita' di riesame della rilevanza della questione - Restituzione degli atti al giudice rimettente. - Cod. proc. pen., art. 593, comma 2, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46. - Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 112.(GU n.25 del 27-6-2007 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), promosso con ordinanza del 13 giugno 2006 dalla Corte d'assise d'appello di Messina nel procedimento penale a carico di C. S.A., iscritta al n. 446 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 1ª serie speciale, edizione straordinaria, del 2 novembre 2006. Udito nella Camera di consiglio del 23 maggio 2007 il giudice relatore Giovanni Maria Flick. Ritenuto che la Corte d'assise d'appello di Messina ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui «preclude al pubblico ministero la possibilita' di appellare contro le sentenze di proscioglimento»; che il rimettente - chiamato a celebrare il giudizio d'appello a seguito dell'impugnazione proposta dal pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione - afferma che la questione proposta e' senza dubbio rilevante poiche', essendo entrata in vigore nelle more del procedimento la legge n. 46 del 2006 e non essendo state dedotte nuove prove, l'appello del pubblico ministero dovrebbe essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 10 della medesima legge; che il giudice a quo precisa che l'eccezione di incostituzionalita' formulata dal pubblico ministero in riferimento tanto alla disciplina transitoria recata dalla legge n. 46 del 2006 (in particolare, all'art. 10), quanto alla disciplina a regime, sotto il particolare profilo dei limiti all'appellabilita' delle sentenze di proscioglimento introdotti nei confronti dell'organo della pubblica accusa, e' da ritenere non manifestamente infondata solo riguardo a quest'ultima; che il rimettente lamenta la lesione degli artt. 3, 111, secondo comma, e 112 Cost.; che, in particolare, la disciplina censurata, privando il pubblico ministero e l'imputato della possibilita' di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento, solo apparentemente soddisferebbe l'esigenza di parita' garantita dall'art. 111 Cost., atteso che, per un verso, i limiti all'appello delle sentenze di proscioglimento assumono «preponderanza e rilievo centrale» solo per il pubblico ministero (poiche' gia' in precedenza all'imputato era inibito l'appello di sentenze di proscioglimento con formula piena) e che, per l'altro, solo l'organo della pubblica accusa ha interesse ad impugnare tali sentenze; che del tutto ininfluente sarebbe inoltre la previsione della possibilita' di appello nel caso previsto dall'art. 603, comma 2, cod. proc. pen., trattandosi di «ipotesi praticamente inattuabile» perche' legata alla sopravvenienza di prove decisive nel ristretto lasso temporale tra la pronuncia della sentenza di primo grado e la scadenza del termine per appellare; che sarebbe altresi' causa di un «rilevante squilibrio tra le parti» impedire al pubblico ministero l'appello in caso di esito assolutorio del giudizio di primo grado e consentire invece all'imputato di proporre appello in caso di sentenza di condanna; che tale disparita' non troverebbe giustificazione alcuna nella tutela di altri interessi costituzionalmente rilevanti (in particolare, ne' in esigenze di accelerazione dell'iter processuale ne' nella particolare posizione istituzionale del pubblico ministero); che la scelta legislativa sarebbe, inoltre, censurabile sul piano della ragionevolezza in quanto ha conservato in capo al pubblico ministero il potere di proporre appello avverso le sentenze di condanna; che, infine, il rimettente ritiene violato anche il principio di obbligatorieta' dell'azione penale: consapevole dell'orientamento della giurisprudenza costituzionale che, dopo la sentenza n. 177 del 1971, ha sempre negato che il potere di impugnazione del pubblico ministero costituisca estrinsecazione dell'azione penale, il giudice a quo invoca un mutamento di indirizzo da parte della Corte che tenga conto delle prerogative e delle attribuzioni istituzionali del pubblico ministero, come definite negli artt. 73 e 74 delle norme sull'ordinamento giudiziario e richiamate dagli artt. 102, 107, 108 e 112 Cost. Considerato che il dubbio di costituzionalita' sottoposto a questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica dell'art. 593 del codice di procedura penale ad opera dell'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, dell'appello delle sentenze dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero; che, successivamente all'ordinanza di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui, sostituendo l'art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova e' decisiva», e dell'art. 10, comma 2, della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui prevede che l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge e' dichiarato inammissibile»; che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono essere pertanto restituiti al giudice rimettente per un nuovo esame della rilevanza della questione.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Ordina la restituzione degli atti alla Corte d'assise d'appello di Messina. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2007. Il Presidente: Bile Il redattore: Flick Il cancelliere: Fruscella Depositata in cancelleria il 18 giugno 2007. Il cancelliere: Fruscella 07C0808