N. 218 ORDINANZA 26 maggio - 3 giugno 1999
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati in genere - Corruzione per un atto d'ufficio - Abuso di ufficio - Trattamento sanzionatorio - Riferimento alla giurisprudenza costituzionale in materia (V. sent. nn. 249/1993, 254/1996, 78/1997 e 291/1998) Razionalita' dell'esclusione dell'accesso al regime delle sanzioni sostitutive - Discrezionalita' legislativa - Manifesta infondatezza. (Legge 24 novembre 1989, n. 689, art. 60). (Cost., artt. 3).(GU n.23 del 9-6-1999 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Renato GRANATA; Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 60 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 30 aprile 1998 dal Tribunale di Prato, iscritta al n. 636 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1998. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; udito nella camera di consiglio del 12 maggio 1999 il giudice relatore Giuliano Vassalli. Ritenuto che nel corso del dibattimento a carico di persone imputate del delitto di corruzione impropria (ex art. 318, primo comma, del codice penale), di fronte alla richiesta degli imputati ed al concomitante consenso del pubblico ministero di pronunciare sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti con sostituzione della pena detentiva con la pena della multa, previa sospensione del procedimento e rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60 della legge 24 novembre 1981, n. 689, il tribunale di Prato - premesso che non ricorrono le condizioni per l'applicabilita' dell'art. 129 del codice di procedura penale e che la "cornice giuridica della imputazione" deve ritenersi corretta - ha, con ordinanza del 30 aprile 1998, denunciato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, l'illegittimita' del detto art. 60 della legge n. 689 del 1981, nella parte in cui esclude dal regime delle sanzioni sostitutive il reato di cui all'art. 318 del codice penale; che, richiamate le sentenze costituzionali n. 249 del 1993, n. 254 del 1994 e n. 78 del 1997, il giudice a quo rileva che l'identica ratio decidendi dovrebbe ricevere applicazione con riferimento alla norma adesso denunciata, in presenza di un tertium comparationis quale il reato di abuso di ufficio nel testo dell'art. 323 del codice penale risultante dalla sua "novellazione" ad opera della legge 16 luglio 1997, n. 234, che, pur tutelando il medesimo bene giuridico (il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione), e' ammesso alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria non essendo ricompreso nell'elenco delle esclusioni oggettive di cui all'art. 60 della legge n. 689 del 1981; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata per l'impossibilita' di evocare i precedenti richiamati dal rimettente, considerata l'assenza di fattispecie analoghe trattate in maniera discordante, dato che un simile tipo di fattispecie non sarebbe, certo, rinvenibile nella previsione dell'art. 323 del codice penale che, nel testo "novellato" dalla legge n. 234 del 1997, oltre ad assumere carattere meramente residuale, ha subi'to un ridimensionamento quanto al trattamento sanzionatorio; inoltre la natura "contrattuale" del reato in ordine al quale si vorrebbe estendere il regime di accesso alle sanzioni sostitutive differenzierebbe profondamente tale delitto da quello previsto dall'art. 323 che contempla, invece, una unilaterale manifestazione antigiuridica da parte dell'autore del delitto stesso. Considerato che l'identica ratio decidendi delle sentenze indicate dal rimettente non e' riferibile alle censure di legittimita' ora dedotte, in quanto tali dichiarazioni di illegittimita' costituzionale (cosi' come quella pronunciata con sentenza n. 291 del 1998) scaturivano dall'esigenza di eliminare disparita' di trattamento - rilevabili attraverso tertia comparationis di volta in volta indicati - cosi' irragionevoli da risultare arbitrarie; che, invece, il tertium comparationis ora evocato anche in conseguenza della sostituzione dell' art. 323 del codice penale ad opera dell'art. 1 della legge 16 luglio 1997, n. 234, che, oltre a ridisegnare pressoche' integralmente il reato di abuso di ufficio, ne ha consistentemente ridimensionato il trattamento sanzionatorio rivela come l'esclusione dall'accesso al regime delle sanzioni sostitutive del reato di corruzione impropria antecedente mantenga una sua razionalita' secondo scelte legislative non sindacabili in questa sede perche' non arbitrarie, considerato le ipotesi comportamentali poste a confronto, non definibili come omogenee. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Prato con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1999. Il Presidente: Granata Il redattore: Vassalli Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 3 giugno 1999. Il direttore della cancelleria: Di Paola 99C0614