N. 602 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 febbraio 2007
Ordinanza emessa il 23 febbraio 2007 dalla Corte di appello di Palermo nel procedimento penale a carico di Di Marco Ciro Processo penale - Appello - Modifiche normative - Appello della parte civile contro la sentenza di proscioglimento - Preclusione - Violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza - Contrasto con il principio di parita' tra le parti - Lesione del principio di affidamento. - Legge 20 febbraio 2006, n. 46, art. 6, comma 1, lett. a), modificativo dell'art. 576 cod. proc. pen. - Costituzione, artt. 3 e 111. Processo penale - Appello - Modifiche normative - Disciplina transitoria - Applicabilita' delle nuove norme ai procedimenti in corso, anche con riguardo alla parte civile - Violazione del principio di uguaglianza e di ragionevolezza - Disparita' di trattamento tra chi ha intrapreso l'azione civile nella sede propria e chi ha optato per esercizio dell'azione civile nel processo penale - Contrasto con il principio di parita' tra le parti - Lesione del principio di affidamento. - Legge 20 febbraio 2006, n. 46, art. 10. - Costituzione, artt. 3 e 111.(GU n.35 del 12-9-2007 )
LA CORTE DI APPELLO Ha emesso la seguente ordinanza. Con sentenza emessa dal Tribunale in composizione monocratica di Palermo in data 13 maggio 2005 Di Marco Ciro e' stato assolto dal reato di lesioni colpose (art. 590 c.p.) perche' il fatto non sussiste. Avverso la detta sentenza proponevano appello il Procuratore generale della Repubblica e la difesa della parte civile costituita Micciche' Antonina, quest'ultima, per chiedere l'affermazione della responsabilita' civile del predetto imputato. All'udienza del 23 febbraio 2007 le parti hanno concluso chiedendo: il p.g. in riforma della sentenza impugnata, la condanna dell'imputato alla pena di giorni venti di reclusione ed Euro 110,00 di multa; la parte civile, la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni quantificati in Euro 60.000 o da liquidarsi in separata sede e il difensore dell'imputato, la conferma della sentenza impugnata. L'art. 576 c.p.p., nella sua attuale formulazione, prevede che «la parte civile puo' proporre impugnazione contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile e ai soli effetti della responsabilita' civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio». Detta norma, collocata nel Libro riguardante le disposizioni generali in materia di impugnazioni, non ne indica lo specifico mezzo, essendo venuto meno il richiamo al «mezzo previsto per il pubblico ministero» che, nella soppressa normativa, costituiva il solo elemento testuale legittimante il potere di appello della parte civile. Sia in virtu' di quanto previsto dall'art. 568 c.p.p., il quale - fissando in via generale il principio di tassativita' dei mezzi impugnazione - stabilisce che i provvedimenti del giudice possono essere impugnati solo dai soggetti e con i mezzi espressamente indicati, sia in forza delle disposizioni contenute nell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, le quali non consentono una interpretazione estensiva della legge che vada oltre il significato reso palese da quello proprio delle parole e dalla intenzione del Legislatore, si deve escludere che oggi la parte civile possa proporre appello avverso la sentenza che abbia prosciolto l'imputato. Osserva, ancora, la Corte che la nuova disciplina introdotta dalla menzionata legge n. 46/2006, ai sensi della norma transitoria di cui all'art. 10 ivi contenuta (che e' quella che viene in considerazione nel caso concreto), e' immediatamente applicabile ai processi in corso, con l'effetto di rendere immediatamente inammissibili anche gli appelli proposti dalla parte civile prima dell'entrata in vigore della legge modificatrice. Detta situazione, peraltro, non e' variata neanche in seguito alla sentenza n. 26/2007 emessa dalla Corte costituzionale, non essendo il Giudice delle leggi intervenuto nella parte della disposizione di cui all'art. 6 della legge n. 46/2006 che ha eliminato l'inciso «con il mezzo previsto per il pubblico ministero», gia' figurante nell'art. 576, comma 1 c.p.p. Reputa la Corte che la limitazione (rectius, l'eliminazione) del potere di appello riconosciuto dalle previgenti disposizioni processuali nei confronti della parte civile confligga sia con i principi di uguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, sia con i principi di parita' tra le parti processuali nello svolgimento del processo, sanciti dall'art. 111 Cost. Vulnerato e' anche il principio dell'affidamento. Se il danneggiato si puo' costituire parte civile e sfruttare tutte le potenzialita' che, al momento della sua costituzione, la legge gli mette a disposizione, il sistema crea una aspettativa - valevole anche nella materia processuale, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 525/2000 - a percorrere fino in fondo la via prescelta, anche allestendo reazioni capaci di elidere gli eventuali pregiudizi derivanti da taluni provvedimenti. Pertanto, una volta ammessa per il danneggiato la possibilita' di costituirsi parte civile, pur nel contesto di scelte, che, in un modo o nell'altro, possono ritornare di svantaggio, sancire la inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento appare una scelta che si presta ad obiezioni di irragionevolezza. Privare, infatti, la parte civile di ogni potere di impugnazione nel merito, equivale a costringerla a subire l'efficacia di giudicato della sentenza penale, pur in presenza di una scelta di innestare la sua pretesa di ristoro per i danni derivanti dalla commissione del reato, in un contesto processuale che conferiva alla parte civile il potere di appello. Senza considerare, inoltre, che la nuova disciplina transitoria introduce anche una disparita' di trattamento tra chi ha intrapreso l'azione civile nella sede propria e chi ha, invece, optato per l'esercizio dell'azione civile nel processo penale, essendo inibito a quest'ultimo - e non per sua determinazione - il diritto, riconosciuto invece al primo, di chiedere, con l'appello, un nuovo giudizio di merito che ribalti la pronunzia a lui favorevole. Anche sotto tale profilo, dunque, la nuova disciplina sembra non essere coerente con i richiamati principi costituzionali La questione e' rilevante nel presente procedimento perche' dal suo accoglimento dipende la tutela giurisdizionale della pretesa risarcitoria della parte civile.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6 comma 1, lettera a) e 10 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, per contrasto con gli artt. 3 e 111 della Costituzione nei termini e per le ragioni esposte in motivazione. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo il giudizio in corso. Dispone che la presente ordinanza venga notificata, a cura della cancelleria, al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Palermo addi', 23 febbraio 2007 Il Presidente: Luzio 07C1090