N. 217 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 marzo 1990
N. 217 Ordinanza emessa il 12 marzo 1990 dal tribunale per i minorenni di Roma nel procedimento penale a carico di Mancini Patrizio ed altro Processo penale - Nuovo codice - Imputato minorenne - Reato punibile con l'ergastolo - Sospensione del procedimento per valutazione della personalita' del minore - Omessa previsione - Irragionevole disparita' di disciplina rispetto a situazioni sostanzialmente analoghe o socialmente piu' pericolose. Processo penale - Nuovo codice - Imputati minorenni - Sospensione del procedimento per valutazione della personalita' del minore - Impugnazione nel merito - Omessa previsione - Violazione del diritto di difesa per l'imputato - Limitazione dell'esercizio dell'azione penale del p.m. Processo penale - Nuovo codice - Imputati minorenni - Reato punibile con l'ergastolo - Sospensione del procedimento per valutazione della personalita' del minore - Dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della prova - Mancata previsione nella legge delega - Contrasto con i principi e i criteri direttivi posti dal potere delegante. (D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, artt. 28, terzo comma, e 29; d.l. 28 luglio 1989, n. 272, art. 30). (Cost., artt. 3, 24, 70, 76 e 112).(GU n.19 del 9-5-1990 )
IL TRIBUNALE PER I MINORENNI All'udienza dibattimentale del 12 marzo 1990 nel procedimento n. 124/1989 r.g. nei confronti di Mancini Patrizio e Belardi Fabrizio imputati come in atti. Premesso che all'udienza del 7 novembre 1989 su richiesta del difensore del Mancini di applicazione dell'istituto di cui all'art. 28 del d.P.R. n. 448/1988, nulla opponendo le altre parti, il collegio investiva i servizi sociali del compito di elaborare un progetto ai sensi dell'art. 27 del d.-l. 28 luglio 1989, n. 272, al fine di eventualmente disporre la sospensione del processo. Rilevato che alla successiva udienza del 15 gennaio 1990 il difensore di parte civile eccepiva l'inapplicabilita' dell'istituto al caso di specie trattandosi di reato (omicidio aggravato) punito con la pena dell'ergastolo; Rilevato altresi' che il p.m. alla stessa udienza chiedeva a questo t.m. di sollevare questione di legittimita' costituzionale dei seguenti articoli di legge: 1) art. 28, primo comma, del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, e art. 30 del d.-l. 28 luglio 1989, n. 272, con riferimento agli artt. 70, 76, 24, 27 e 112 della Costituzione nella parte in cui escludono il p.m. e la difesa dell'imputato dalla partecipazione all'elaborazione di sospendere il processo; 2) art. 28, terzo comma, del d.P.R. n. 448/1988 e 30 del d.-l. n. 272/1989 con riferimento agli artt. 70, 76, 24 e 112 della Costituzione nella parte in cui escludono l'impugnazione nel merito dell'ordinanza di sospensione; 3) art. 28, quarto comma, del d.P.R. n. 448/1988 e 30 del d.-l. n. 272/1989 con riferimento agli artt. 70, 76, 24 e 112 della Costituzione nella parte in cui riservano al solo imputato e solo in caso di richiesta da parte dello stesso di giudizio abbreviato o immediato il potere di opporsi alla suddetta ordinanza di sospensione in modo vincolante per il giudice; 4) art. 29 del d.P.R. n. 448/1988 e 30 del d.-l. n. 272/1989 con riferimento agli artt. 70, 76, 24, 27 e 112 della Costituzione nella parte in cui introducono nell'ordinamento una nuova causa di estinzione del reato. Rilevato che devono ritenersi manifestamente non fondate le questioni prospettate in ordine al primo comma dell'art. 28 nonche' al terzo comma dello stesso articolo con riferimento all'asserita, violazione dell'art. 27 cosi' come da ordinanza in data odierna in atti. Considerato che le rimanenti questioni di costituzionalita' sollevate dal p.m. appaiono rilevanti in quanto questo t.m. deve sciogliere la riserva sull'applicabilita' dell'istituto e conseguentemente sull'emissione o meno dell'ordinanza di sospensione del processo. Considerato infine che l'eccezione prospettata dalla parte civile configura un'autonoma questione di costituzionalita' dell'art. 28, primo comma, del d.P.R. n. 448/1988 e 30 del d.-l. n. 272/1989 con riferimento all'art. 3 della Costituzione nella parte in cui esclude l'applicabilita' dell'istituto ai reati puniti con l'ergastolo; OSSERVA IN DIRITTO In primo luogo appare evidente che la lettera dell'art. 28, primo comma, alla luce anche della normativa penale minorile sia processuale che sostanziale, non consente di applicare l'istituto in esame agli imputati di reato punito con la pena dell'ergastolo. Invero e' pacifico che quest'ultimo e' pena di natura e specie diversa dalla reclusione (v. artt. 17 e 22 del c.p.) e che lo stesso e' non solo teoricamente ma anche in concreto applicabile ai minori imputati di omicidio aggravato, laddove le aggravanti vengono considerate prevalenti sulla diminuente della minore eta' (v. Cass. sentenza 5901 del 12 maggio 1980). Di conseguenza se il legislatore avesse ritenuto applicabile la norma dell'art. 28 senza alcun limite, avrebbe dovuto menzionare espressamente l'ergastolo o, comunque, statuire che nella determinazione della pena doveva tenersi conto della diminuente della minore eta'. D'altra parte laddove si e' voluto dare a detta diminuente una incidena sulla pena in una fase anteriore al giudizio di comparazione proprio della pronuncia nel merito il legislatore lo ha detto espressamente - vedi art. 19, quinto comma, del d.P.R. n. 448/1988 che testulamente recita "Nella determinazione della pena agli effetti della applicazione delle misure cautelari si tiene conto, oltre che dei criteri indicati nell'art. 278, della diminuente della minore eta'" -. D'altra parte e' principio di ordine generale che quando il legislatore ha voluto dare rilievo ad una circostanza attenuante fuori dal contesto del giudice di comparazione ne ha fatto espressa menzione (v. art. 157, secondo comma, del c.p. e art. 278 del c.p.p.). Tale esclusione, a giudizio del collegio, si sostanzia in un contrasto con l'art. 3 della Costituzione infatti l'art. 28 del d.P.R. n. 448/1988 indica come finalita' dell'istituto, alla luce del criterio di cui alla lett. e) dell'art. 3 della legge delega, quella della necessita' per il giudice di "valutare la personalita' del minorenne" e ha come presupposto l'esistenza di un progetto cosi' come specificato dall'art. 27 del d.-l. n. 272/1989. Di conseguenza l'istituto e' destinato a trovare applicazione in situazioni, quali quelle oggetto del presente procedimento, in cui in concreto la dimenuente della minore eta' e' particolarmente incidente e non certo subvalente rispetto alle aggravanti. Ne consegue che, solo in forza di una astratta contestazione, magari anche gia' con evidenza non corrispondente al fatto, situazioni sostanzialmente analoghe (imputato di omicidio semplice e imputato di omicidio aggravato con subvalenza o inesistenza di fatto delle aggravanti) vengono ad essere diversamente regolate con violazione dell'art. 3 della Costituzione. A questo profilo di disparita' di trattamento deve aggiungersi poi il rilievo della non ragionevolezza della diversa disciplina dettata, quanto alla applicabilita' dell'istituto, nel caso in cui il reato per cui si procede sia punito con la reclusione ed il caso in cui la sanzione prevista sia l'ergastolo. La non ragionevolezza della scelta operata dal legislatore del 1988 trova un suo primo motivo nel fatto che la legge-delega (art. 3 lett. e) non ha posto alcun limite alla applicabilita' dell'istituto in ragione del tipo di reato contestato al minorenne. Un secondo, conseguenziale, motivo e' poi dato dalla incomprensibile inapplicabilita' dell'istituto a ipotesi di reato particolarmente gravi nelle quali l'accertamento in ordine alla personalita' del minore e' certamente piu' necessario, se non addirittura indispensabile, e puo' richiedere le modalita' ed i tempi previsti nell'istituto della sospensione del processo. Si pensi inoltre che l'istituto, nel sistema ora delineato, sarebbe in teoria applicabile all'omicidio da parte di un soggetto recidivo commesso in danno di un estraneo per i motivi piu' vari o non all'omicidio di uno dei due genitori con la conseguenza che, proprio in un caso pur abbastanza frequente in cui potrebbe essere utile e necessario valutare la personalita' del minore e dare una risposta adeguata ad un fatto che sebbene allarmante sotto il profilo sociale e' destinato a rimanere isolato ed e' carico di umana drammaticita', non troverebbe applicazione l'innovazione piu' significativa e coraggiosa del nuovo c.p.p. In ordine alle questioni sollevate dal p.m. appare non manifestamente infondata quella relativa all'art. 28, terzo comma, in relazione agli artt. 24 e 112 della Costituzione comportando infatti la norma sia una violazione del diritto di difesa sia una limitazione dell'esercizio dell'azione penale del p.m. Se e' vero che non costituisce vizio di costituzionalita' il non aver richiesto il preventivo consenso di entrambe le parti per le motivazioni di cui all'ordinanza di rigetto gia' menzionata, e' altresi' vero che la mancata previsione di una impugnativa nel merito dell'ordinanza di sospensione viola i diritti dell'una e dell'altra parte. Ne' puo' dirsi per l'imputato che egli sarebbe comunque garantito dalla possibilita' di impedire l'emissione dell'ordinanza nei suoi confronti attraverso il ricorso alla richiesta di giudizio abbreviato o di giudizio immediato. Invero nel primo caso l'imputato vedrebbe comunque sacrificati i suoi diritti di difesa trattandosi di un giudizio "allo stato degli atti" con conseguente impossibilita' per esempio di chiedere l'esclusione di un teste chiave. Il ricorso al giudizio immediato richiederebbe, dovendosi esperire la richiesta almeno tre giorni prima dell'udienza preliminare, una preventiva conoscenza dell'intenzione del giudice di applicare l'istituto in esame. D'altra parte risolvendosi l'ordinanza di sospensione in una limitazione anche pregnante della liberta' personale (vedi contenuto del progetto di cui all'art. 27 del d.-l. n. 272/1989) e potendosi quindi, sotto tale profilo, equiparare nella sostanza ad una misura cautelare, costituisce violazione del diritto di difesa il non aver previsto l'immediata impugnativa nel merito del provvedimento. Diversamente, ma analogamente il p.m. non ha la possibilita' di concludere nel merito ne' di far valere, attraverso una impugnativa nel merito, il suo dissenso all'applicazione di un istituto che puo' comportare l'estinzione del reato. Per quanto sopra esposto la questione relativa all'art. 28, terzo comma, risulta di conseguenza assorbente di quella relativa all'art. 28, quarto comma, del d.P.R. n. 448/1988. Infine in ordine all'art. 29 del d.P.R. n. 448/1988 si rileva che esso e' in totale contrasto con la legge delega, la quale non ha assolutamente previsto che all'esito del periodo di sospensione il giudice potesse dichiarare estinto il reato. Il legislatore delegante, ha chiaramente e semplicemente disposto (art. 3 lett. e), della legge 16 febbraio 1987, n. 81) il "dovere del giudice di valutare la personalita' del minore sotto l'aspetto psichico, sociale e ambientale, anche ai fini dell'apprezzamento dei risultati degli interventi di sostegno disposti" e la "facolta' del giudice di sospendere il processo per un tempo determinato, nei casi suddetti". Nulla di piu'. Si potrebbe obiettare che la struttura della probation, non sufficientemente esplicita nella legge-delega, era ed e' nota alla cultura giuridica e alla prassi, per cui e' chiara l'intenzione del legislatore di conformarsi a tale cultura e a tale prassi. L'argomento, pure suggestivo, puo' essere facilmente messo nel nulla dalla semplice considerazione che il Governo non poteva e non puo' emanare norme aventi forza di legge (artt. 70 e 76 della Costituzione) al di fuori di una delega con determinazione di principi e criteri direttivi e per oggetti definiti. E, nelle specie, come si e' visto, la lett. e), non consentiva e non consente l'introduzione nel nostro ordinamento della nuova causa estintiva del reato dell'esito positivo della prova. Non ci si poteva e non ci si puo' rifare genericamente alla tradizione, alla cultura giuridica, alla prassi. Tradizione e cultura nella materia, del resto, in Italia, sono di diverso segno: illuminante in proposito e' il disegno di legge presentato alla Camera dei deputati il 29 aprile 1976 col n. 24567 (la precedente delega al Governo di emanare un nuovo testo di legge in materia di interventi penali relativi ai minori degli anni diciotto). Fra le direttive interessano l'istituto della probation la n. 10 e la n. 11, che qui mette conto trascrivere: 10: previsione di sospensione del procedimento, con ordinanza collegiale, per non piu' di un anno se l'imputato non si opponga quanto il reato - che potrebbe comportare il perdono giudiziale puo' ricondursi ad un ciclo temporale di disadattamento sociale e si ravvisa l'opportunita' di protezione e di sostegno; 11: al termine della sospensione (o anche prima se, a seguito di nuovo reato, si ritenga di non mantenerla), il minore sara' giudicato in un unico dibattimento, previa riunione di tutti i processi a suo carico. Potra' essere concesso un secondo perdono giudiziale e quel minore che, per la maturazione della sua personalita', si prevede si asterra' dal commettere ulteriori reati. Come si vede, in quel progetto si prevedeva la possibilita' per l'imputato di opporsi in ogni caso alla probation e, come conseguenza dell'esito positivo, un secondo perdono giudiziale. Appare pertanto evidente il contrasto di tale norma con gli artt. 70 e 76 della Costituzione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva questione di legittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 28 del d.P.R. n. 448/1988 e art. 30 del d.-l. n. 272/1989 nella parte in cui e' esclusa l'applicazione dell'istituto ai reati puniti con la pena dell'ergastolo per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 28, terzo comma, del d.P.R. n. 448/1988 e 30 del d.-l. n. 272/1989 nella parte in cui escludono l'impugnativa nel merito per contrasto con gli artt. 24 e 112 della Costituzione e degli artt. 29 del d.P.R. n. 448/1988 e 30 del d.-l. n. 272/1989 per contrasto con gli artt. 70 e 76 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il presente giudizio; Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Roma, addi' 12 marzo 1990 Il presidente: (firma illeggibile) 90C0510