N. 34 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 1997
N. 34 Ordinanza emessa il 21 novembre 1997 dal giudice indagini preliminari presso il tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di Carano Giuseppe Reato in genere - Reato di false informazioni al pubblico ministero - Previsione di sospensione del procedimento fino alla definizione del giudizio nel corso del quale sono state assunte le informazioni - Disparita' di trattamento rispetto alla immediata procedibilita' prevista per reati analoghi (art. 378 del cod. pen.) - Lesione dei principi di inviolabilita' della liberta' personale e di obbligatorieta' dell'azione penale. (C.P., art. 371-bis). (Cost., artt. 2, 3, 13 e 112).(GU n.6 del 11-2-1998 )
IL GIUDICE PER LE INDAGIN PRELIMINARI Ha emesso la seguente ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per eccezione di incostituzionalita' (art. 371-bis - comma 2 c.p.p.). In data 7 novembre 1997, il pubblico ministero presso la procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli richiedeva a questo g.i.p. l'applicazione della misura cautelare in carcere nei confronti di Carano Giuseppe n. Casal di Principe (Caserta) l'8 maggio 1949 e ivi residente via Trapani n. 9, per il delitto di cui all'art. 371-bis c.p. perche', richiesto dal pubblico ministero di fornire informazioni ai fini delle indagini, rendeva dichiarazioni false e taceva in parte cio' che sapeva intorno ai fatti sui quali veniva sentito; in particolare dichiarava di essersi sentito con il Santoro per telefono fino ad una settimana prima della sua morte, mentre si accertava che lo stesso chiamava il Santoro la sera prima del suo omicidio; di non ricordarsi per quale motivo avesse telefonato al Santoro il giorno prima dell'omicidio, nonostante ricordasse il contenuto di altra telefonata effettuata la settimana prima sempre con il Santoro; nell'omettere di riferire quanto a sua conoscenza in relazione agli autori ed al movente dei delitti - contro ignoti - di cui ai capi che seguono: a) del delitto di cui agli artt. 110, 575 c.p. perche', in concorso tra loro, cagionavano la morte di Santoro Francesco, esplodendo contro la sua persona diversi colpi di arma da fuoco; b) del delitto di cui agli artt. 61 n. 2, 110 c.p., 10, 12, 14 legge n. 497/1974 perche', in concorso come sopra, al fine di eseguire il delitto sub a), portavano illegalmente in luogo pubblico una pistola del tipo e calibro imprecisati; in Melito il 10 luglio 1995; con un contegno reticente, concludendo la sua assunzione di informazioni del 10 maggio 1996 con un pianto prolungato, dopo avere dichiarato di non darsi alcuna spiegazione sulla morte del Santoro; nel rifiutare di indicare i reali rapporti tra il Santoro e tale "Settebotte" (Ruggiero Antonio) ed affermando solo di essergli capitato di sentire dal Santoro o da altri il nome di "Settebotte". In Napoli il 10 maggio 1996. Questo g.i.p. deduceva la illegittimita' costituzionale dell'art. 371-bis comma 2 c.p. nella sua attuale formulazione, cosi' come modificata dalla legge n. 332 dell'8 agosto 1995, laddove si stabilisce "ferma la immediata procedibilita' nel caso di rifiuto di informazioni, il procedimento penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere". Tale disposizione normativa rivela una manifesta irragionevolezza in quanto determina una diversita' di trattamento tra la fattispecie criminosa di cui all'art. 378 c.p. (favoreggiamento personale) e quella di cui all'art. 371-bis c.p. (false informazioni al pubblico ministero). Invero, non si vede perche', ove il reato di cui all'art. 378 sia commesso al cospetto della p.g. che dipende funzionalmente dal p.m., sia possibile la immediata procedibilita', e finanche l'arresto, mentre per il delitto di cui all'art. 371-bis c.p. non e' consentita la immediata procedibilita'. La manifesta irragionevolezza della normativa si evince anche dal rilievo che nella applicazione concreta della norma vi e' il pericolo di concreti contrasti tra giudicati penali, qualora l'imputato per il delitto di cui all'art. 371-bis c.p. sia assolto dal pretore, pur avendo reso dichiarazioni nel procedimento principale (ad es. per omicidio) che scagionavano l'imputato, che invece riporti condanna; viceversa si puo' anche ipotizzare il caso in cui l'imputato per il delitto di cui all'art. 371-bis c.p. sia condannato dal pretore e tuttavia le sue dichiarazioni trovino riscontro favorevole nel procedimento principale. Tale soluzione normativa e' densa di profili negativi, essendo innegabile che in tal modo si pone maggiore fiducia nelle indagini espletate dalla p.g., anziche' in quelle condotte personalmente dal p.m., da cui la p.g. dipende funzionalmente. Talora, rebus sic stantibus, potrebbe essere opportuno o forse anche necessario per il p.m. fare in modo che le indagini siano svolte esclusivamente dalla p.g. cosi' da potere liberamente agire, anche con provvedimenti restrittivi, ove ne ricorrano le condizioni, nei confronti di coloro che con un contegno omissivo, reticente e depistante non consentono od aggravano la ricerca della verita' processuale. Tutto cio' andrebbe ovviamente a detrimento delle stesse indagini e del loro esito processuale: sulle stesse verrebbe infatti a mancare un effettivo controllo e coordinamento da parte del p.m. organo di giustizia, facente parte dell'ordine giudiziario, in possesso di quella cultura giurisdizionale, che per diversita' di ruoli difetta nella p.g. Invero, imporre la sospensione del procedimento incidentale in presenza di persona informata sui fatti, la quale sia reticente, a meno che non sia assolutamente reticente, non solo crea un regime differenziato irragionevole rispetto a figure criminose aventi la medesima ratio e lo stesso bene giuridico da tutelare, ma costituisce anche una lesione, non da poco conto, alla essenziale funzione statuale, che e' quella di tutelare la collettivita' e di reprimere per cio' i reati, la cui commissione minaccia lo svolgimento regolare della vita dei consociati. Sicche' tale norma (371-bis c.p.), laddove prevede la sospensione del procedimento, si pone in contrasto, tra l'altro, con i principi di cui agli artt. 2 e 13 della Costituzione, principi che sanciscono il compito della Repubblica di garantire i diritti inviolabili dell'uomo e la inviolabilita' della liberta' personale; e' evidente che siffatta azione di garanzia, da intendersi in una accezione dinamica, si puo' realizzare non solo riconoscendo i diritti inviolabili, ma anche ponendo in essere tutte le azioni, ivi compresa quella repressiva, con cui si tutela sia pure a posteriori il diritto leso. Impedendo l'azione repressiva ovvero limitandola fortemente in procedimenti accessori a quelli nei quali il diritto inviolabile alla vita viene inciso in maniera irreversibile (come nel caso di specie, trattandosi di omicidio volontario) si determina in taluni casi una sostanziale impunita' di coloro che ne sono autori, con conseguente venir meno della funzione statuale di garanzia, sia pure a posteriori e sotto il profilo repressivo. Ne si potrebbe affermare che comunque resta applicabile l'ipotesi criminosa di cui all'art. 378 c.p. poiche' la giurisprudenza (Tribunale di Ivrea sentenza n. 52 del 18 novembre 1994) ha affermato che esiste rapporto di specialita' (da valutarsi in concreto) tra i delitti di cui all'art. 371-bis e 378 c.p.: l'oggetto giuridico dei due reati e' infatti lo stesso (tutela della prontezza e fruttuosita' delle indagini preliminari); che inoltre la funzione di esimente di cui all'art. 376 c.p. e' vanificata dalla duplicazione dell'accusa; che nemmeno puo' sostenersi che il favoreggiamento e' delitto a dolo generico e che si da' concorso formale tra i delitti in questione qualora l'indagato renda false dichiarazioni al p.m. allo scopo di coprire la responsabilita' di taluno. Del resto sospendere il procedimento incidentale, relativo al teste reticente (rectius persona informata sui fatti), puo' comportare talvolta un esito infausto del procedimento principale, avente ad oggetto anche reati di notevole allarme sociale (stragi, omicidi ecc...), soprattutto in contesti sociali, nei quali predomina una cultura omertosa. D'altra parte anche per la fattispecie criminosa di cui all'art. 372 c.p. non e' prevista una disciplina cosi' farraginosa: anche qui non e' dato vedere come mai reati aventi la medesima oggettivita' giuridica siano disciplinati diversamente. Si osserva che la disposizione che si intende censurare e' in contrasto con l'art. 112 della Costituzione, poiche' costituisce notevole restrizione del precetto della obbligatorieta' dell'azione penale. Far dipendere il promuovimento dell'azione penale per il delitto di cui all'art. 371-bis c.p. dall'esito del procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni ritenute mendaci costituisce una indebita limitazione del principio della obbligatorieta' dell'azione penale, che non trova una giustificazione plausibile; obbligatorieta' da intendersi anche nel senso che l'azione penale sia esperita senza impedimenti di sorta e soprattutto senza impedimenti che non trovano fondamento nella tutela di beni giuridici altrettanto elevati, in ossequio al principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. Del resto il legislatore costituzionale ha voluto derogare alla regola generale posta dall'art. 112 della Costituzione con norma costituzionale, stabilendo nell'art. 68 della Costituzione il principio della insindacabilita' delle opinioni e dei voti dei membri del Parlamento nell'esercizio delle loro funzioni. Anzi nell'applicazione della norma che si intende censurare si lede, altresi', il principio della economia processuale in quanto si verifica una duplicazione dei processi, ben potendo invece le dichiarazioni reticenti, fornite dalla persona informata sui fatti, essere valutate nell'ambito del procedimento principale cui ineriscono. Infine il disposto normativo di cui si contesta la legittimita' costituzionale cozza contro il principio internazionale della speditezza dei processi, della necessita' che essi siano trattati entro un termine ragionevole (art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, ratificata con legge n. 848 del 1955), principio che oramai ha assunto una valenza costituzionale anche nell'ambito del nostro ordinamento: sospendere un procedimento avente ad oggetto falsita' testimoniali per un tempo indeterminato importa un allungamento irragionevole dei tempi processuali: sicche' tale norma si profila anche in contrasto con l'art. 10 della Costituzione secondo cui l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La questione giuridica prospettata e' rilevante poiche' l'esito del procedimento penale de quo dipende dalla possibilita' di interrogare l'indagato del delitto di cui all'art. 371-bis c.p. (Carano Giuseppe), il quale e' a conoscenza di numerose circostanze sul movente, sugli autori e sul contesto criminoso nel quale e' maturato l'omicidio, come evidenziato nella prima parte di questa richiesta. Tale questione non si rivela manifestamente infondata giacche' piu' dubbi, come prospettati innanzi, sussistono sulla legittimita' costituzionale della suindicata legge, con conseguente necessita' di sottoporla al vaglio della Corte costituzionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 371-bis c.p. con riferimento agli artt. 2, 3, 13, 112 della Costituzione nella parte in cui sospende la procedibilita' "fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere", con conseguente trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Dispone che l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti in causa, al p.m., nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri. La predetta ordinanza verra' comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Napoli, addi' 21 novembre 1997 Il giudice per le indagini preliminari: Gazulli 98C0074