N. 413 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 1989- 14 giugno 1990
N. 413 Ordinanza emessa il 24 novembre 1989 (pervenuta alla Corte costituzionale il 14 giugno 1990) dal tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sul ricorso proposto da Lonati Sergio contro il comune di Ghedi. Regione Lombardia - Sport - Tiro a volo - Divieto di usare specie animali per l'esercizio del tiro a volo - Diversa disciplina contenuta nella legge quadro sulla caccia n. 968/1977 che vieta soltanto l'utilizzazione dei volatili selvatici, e non anche di quelli di allevamento, per l'esercizio del tiro a volo Violazione dei limiti della competenza regionale in materia di caccia. (Legge regione Lombardia 31 luglio 1978, n. 47, art. 37, lett. n); legge regione Lombardia 16 agosto 1988, n. 41, art. 28). (Cost., art. 117).(GU n.26 del 27-6-1990 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1273 del 1988 proposto da Lonati Sergio rappresentato e difeso dall'avv. Innocenzo Gorlani ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Brescia, via Romanino, 16, contro il comune di Ghedi in persona del sindaco pro-tempore, non costituitosi in giudizio, per l'annullamento del provv. ass. 19 ottobre 1988, n. 8357, di revoca autorizzazione per attivita' di tiro a volo su animali e denegato rinnovata licenza per l'anno 1989; Visto il ricorso notificato l'11 novembre 1988 e depositata il 21 novembre 1988, con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la pubblica udienza del 24 novembre 1989, la dott.ssa Silvia La Guardia; Udito, altresi', l'avv. Innocenzo Gorlani per il ricorrente; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Con ricorso in epigrafe Lonati Sergio, quale presidente della societa' di tiro a volo "Brescia Stand Ghedi" e gestore di un campo di tiro a volo di seconda categoria, impugna i provvedimenti del comune di Ghedi, entrambi datati 19 ottobre 1988, l'uno di revoca dell'autorizzazione rilasciata al ricorrente per l'anno 1988, limitatamente alla parte in cui questa consentiva l'attivita' di tiro a volo con l'uso di specie animali, ed il secondo denegativo della chiesta autorizzazione alla predetta attivita' per l'anno 1989. Precisato che ambedue i provvedimenti risultano fondati sulla disposizione della legge regionale lombarda n. 41 del 16 agosto 1988 che, nel modificare la lettera n) del primo comma dell'art. 37 della legge regionale 31 luglio 1978, n. 47, ha fatto divieto di "usare specie animali per tiro a volo" il ricorrente deduce, a fondamento della pretesa al relativo annullamento: 1) erronea applicazione di legge (art. 15 della disp. prel. al codice civile) e violazione dei principi in materia di abrogazione di norme contenute in leggi dello Stato, poiche' il comune avrebbe attribuito alla predetta norma una portata maggiore di quella che le sarebbe propria, intendendo cioe' il divieto in senso assoluto e non limitato al solo caso del tiro a volo su animali vivi effettuato come attivita' inerente all'esercizio della caccia e cio' in contrasto con l'art. 20, lettera q), della legge quadro n. 968/1977 che consentirebbe l'impiego di volatili di allevamento nelle manifestazioni sportive e non soltanto nelle attivita' propedeutiche all'esercizio venatorio; 2) illegittimita' costituzionale (subordinata) dell'art. 37 lettera n), della legge regionale n. 47/1978 come integrato con l.r. 16 agosto 1988, n. 41, in relazione all'art. 117 della Costituzione, poiche' la disposizione regionale, ove dovesse essere intesa quale preclusiva dell'uso di volatili anche in relazione ad attivita' sportive non connesse alla caccia, contrasterebbe con l'art. 117 della costituzione; 3) erronea applicazione di legge ed eccesso di potere per difetto di motivazione, in quanto la disposizione del predetto art. 37 lett. n), non potrebbe avere efficacia abrogativa diretta di un atto amministrativo (ossia dell'autorizzazione rilasciata per l'anno 1988) e poiche', comunque, non sarebbe ammissibile una revoca disposta con esclusivo riguardo alla lettera di una nuova norma ed a prescindere da qualsiasi ragione di opportunita'. Il comune di Ghedi non si e' costituito. Con ordinanza del 2 dicembre 1988, n. 630, la sezione accoglieva l'istanza incidentale di sospensione formulata dal ricorrente, limitatamente al provvedimento di revoca della licenza di tiro a volo per l'anno 1988. Il ricorso e' stato posto in decisione alla pubblica udienza del 24 novembre 1989. D I R I T T O I primi due motivi di ricorso sottopongono all'esame del Collegio la questione, unica ancorche' prospettata sotto un duplice profilo della interpretazione della norma regionale preclusiva dell'utilizzo di specie animali per l'attivita' di tiro a volo. L'alternativa che il ricorrente pone e' la seguente: a) l'art. 37 l. reg. n. 47/1978 come integrato dall'art. 28 l. r. 10 agosto 1988, n. 41, inserito nel contesto della disciplina della caccia, ha il significato di vietare l'uso di animali vivi per il tiro a volo solo in quanto esso in concreto configuri un'attivita' connessa e propedeutica a quella tipicamente venatoria (restando altrimenti consentito l'uso di animali di allevamento ad es. per autonome attivita' sportive); in tal caso il comune di Ghedi avrebbe erroneamente interpretato la norma predetta con cio' incorrendo nella violazione di legge denunciata con il primo motivo (in relazione all'art. 15 delle disp. prel. al cod. civ. ed ai principi in materia di abrogazione di norme contenute in leggi dello Stato); b) oppure l'art. 37 citato realmente vieta in termini assoluti e, dunque, a prescindere da un legame teleologico con l'esercizio venatorio e piu' in generale al di fuori della materia della caccia, l'impiego di specie animali per tiro a volo; ma allora la norma predetta dovrebbe ritenersi costituzionalmente illegittima siccome contrastante con l'art. 117 della Costituzione perche' esorbitante dei limiti di materia cola' fissati alla potesta' legislativa regionale, cosi' come denunciato in via subordinata con il secondo motivo. In ordine alla prima e preferita ipotesi ricostruttiva, il ricorrente specificamente deduce che l'art. 37 della l.r. n. 47/1978, sotto la rubrica "altri divieti" enuncierebbe svariati comportamenti vietati esclusivamente nella pratica venatoria e che pertanto risulterebbe illogico attribuire al divieto contenuto alla lett. n), una portata estesa anche oltre il campo delle attivita' tipiche o connesse alla caccia. Opinando diversamente - continua il ricorrente - si verrebbe, del resto, a trascurare il criterio ermeneutico che impone di dare una lettura delle norme regionali compatibile con le disposizioni della legge statale recante i principi generali della materia devoluta alla competenza regionale, nella specie si tratta della legge n. 968/1977 che all'art. 20 consentirebbe, secondo l'assunto del ricorrente, l'impiego di volatili di allevamento in manifestazioni sportive. Il collegio reputa scarsamente convincente l'interpretazione restrittiva dell'art. 37 citato offerta dal Lonati. In effetti, occorre osservare sotto un primo profilo che tra i divieti contemplati dall'art. 37 citato ne figurano alcuni relativi ad attivita' che non possono considerarsi connesse, se non in via indiretta od eventuale, all'esercizio della caccia: v. ad es. la lett. q) "commerciare o detenere per la vendita animali vivi al di fuori delle previsioni di cui ai precedenti artt. 34 e 35, nonche' commerciare o detenere per la vendita uccelli morti o parti di essi..." escluse alcune specie; ma v. anche lettere j) e o). Conseguentemente non si ravvisano ragioni di coerenza interna al medesimo art. 37 che escludano la possibilita' di ragionevolmente considerare quale assoluta la preclusione di cui alla lettera n) e viceversa inducano a considerare sottintesa una limitazione inespressa. Sotto altro versante, deve constatarsi che l'art. 20 lett. q), della soprarichiamata legge quadro sulla caccia, legge che pone principi a protezione dei soli volatili appartenenti alla fauna selvatica, si limita a vietare appunto l'uso di animali selvatici, senza tuttavia riconoscere a livello legislativo l'ammissibilita' dell'utilizzazione per competizioni sportive di uccelli di allevamento. Pertanto non pare si possa affermare che la lett. n), dell'art. 37 vieti il tiro a volo su animali vivi come attivita' connessa alla caccia, lasciando libero l'uso di tali animali nel tiro a volo inteso come autonoma attivita' sportiva (quasi che il carattere autonomo o complementare dell'attivita' di tiro a volo rispetto allo sport venatorio possa riconnettersi alla struttura sportiva organizzata per il tiro a volo stesso anziche' riferirsi ai singoli sportivi che di essa usufruiscono). In realta', la norma, ancorche' inserita in un contesto normativo (almeno tendenzialmente) circoscritto alla disciplina della caccia, regola in termini assolutamente generali e senza restrizione alcuna l'uso degli animali vivi per l'attivita' di tiro a volo, e lo vieta (probabilmente perche' ritenuto astrattamente o potenzialmente propedeutico alla caccia). Se cosi' e' - come ritiene il collegio - la prospettazione di cui al primo motivo e le censure a questa conseguenti sono da disattendere, mentre riveste decisivo rilievo, ai fini del giudizio, la questione sollevata con il secondo motivo, di legittimita' costituzionale della norma espressa dal predetto art. 37 lett. n), in relazione all'art. 117 della Costituzione. E', infatti, sulla base di quella disposizione che il comune di Ghedi ha adottato i contestati provvedimenti del 19 ottobre 1988, ove si richiama espressamente la disciplina sospetta di incostituzionalita' a giustificazione delle determinazioni assunte. E' vero che il ricorrente con un terzo motivo evidenzia ulteriori ragioni ritenute suscettibili di condurre all'accoglimento (parziale) del ricorso. Tuttavia, deve rilevarsi innanziatutto che tale motivo investe solamente uno dei provvedimenti impugnati (precisamente la revoca dell'autorizzazione rilasciata per il 1988 e non anche il diniego di rinnovo per l'anno 1989), onde la menzionata questione di legittimita' costituzionale rimane decisiva ai fini della pronuncia sulla piu' ampia pretesa in giudizio. Inoltre, tale motivo e' chiaramente non pertinente nella parte in cui nega la valenza abrogatrice diretta della norma rammentata rispetto al precedente provvedimento amministrativo, giacche' l'amministrazione non ha inteso invocare o dichiarare un simile effetto giuridico, quanto piuttosto ha adottato proprie determinazioni tenendo conto del mutamento legislativo intervenuto; esso e' invece infondato nella parte in cui prospetta un vizio di eccesso di potere per difetto di motivazione che il collegio non ravvisa, trattandosi, nella specie, di un atto di ritiro collegato al riscontro della sopravvenuta carenza dei presupposti di fatto e di diritto necessari per il rilascio del titolo autorizzativo, nella parte relativa all'attivita' di tiro a volo su animali vivi, piuttosto che ad un mutato apprezzamento delle ragioni di opportunita' relative alla conduzione di quella attivita', ragioni comunque desumibili dalla stringata motivazione. Tanto precisato in ordine alla rilevanza della questione di costituzionalita' sopra delineata, deve osservarsi come questa ad avviso del collegio, non appaia manifestamente infondata. Invero, nella materia della caccia, in cui le regioni hanno potesta' legislativa, sono ricomprese le attivita' dirette all'abbattimento o alla cattura della selvaggina da effettuarsi nelle zone, nei periodi e nei modi previsti dalla legge, nonche' le attivita' connesse alla pratica venatoria, quali, ad esempio sono l'attivita' di ricerca delle prede con il cane, la preparazione del sito per l'appostamento e l'uso di richiami, vivi o meno, il porto di armi da caccia, l'ingresso per cacciare in fondi altrui ecc. L'ambito delle attribuzioni legislative regionali va definito pertanto in relazione al carattere oggettivo dell'attivita' che viene regolamentata e non pare possa ricomprendere anche l'attivita' di tiro a volo sportivo, che non e' un'attivita' naturalmente finalizzata al piu' agevole o proficuo esercizio della caccia e non puo' dunque qualificarsi quel effettivamente connessa alla pratica venatoria. Si tratta in effetti di un'attivita' sportiva del tutto autonoma sul piano oggettivo, che puo' essere svolta tanto nella forma del tiro a piattello che in qulla di tiro su volatili; e tale carattere di autonomia certo non viene meno nella eventualita' che alcuni dei soggetti dediti a tale sport possono praticarlo quale allenamento per la caccia. La regolamentazione dell'attivita' di tiro a volo sportivo non concerne ne' si coordina, pertanto, con la disciplina della caccia, ma involge, piuttosto, profili attinente all'ordine pubblico e alla pubblica sicurezza. A tale riguardo merita ad esempio rammentare che la direttiva del Ministero degli interni 20 marzo 1985, richiamata dal ricorrente, regoli alcuni aspetti dell'attivita' considerata (viene vietata l'effettuazione di gare e manifestazioni sportive di tiro a volo contro animali vivi) facendo esplicito riferimento all'art. 70 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Vengono in effetti, in rilievo, in sede di regolamentazione della attivita' di tiro a volo, esigenze di tutela della piu' ampia armonia sociale e di garanzia del rispetto dei sentimenti di pieta' o di moralita' collettiva, ossia di un ordine di valori di cui e' depositario esclusivo lo Stato. La tutela di tali beni fondamentali del singolo e della collettivita' e' riservata, come sottolinea la difesa del ricorrente, in via esclusiva alla legislazione statale, per inderogabili esigenze di uniformita' di disciplina su tutto il territorio nazionale. In relazione alla esposte considerazioni acquista dunque concretezza il dubbio che la regione Lombardia, nel porre il divieto di cui alla lettera n), dell'art. 37 della legge citata, abbia ecceduto dai limiti posti dall'art. 117 della Costituzione. Pertanto, a fronte di due possibili antitetiche interpretazioni della norma introdutta dall'art. 28 della legge regionale lombarda, 16 agosto 1988, n. 41, ad integrazione dell'articolo 37 della l.r. n. 47/1978 e di una qustione di incostituzionalita' che la sezione ritiene non manifestamente infondata, appare opportuno rimettere come auspicato dal ricorrente - la questione stessa, nei termini sopra delineati, all'esame della Corte costituzionale. La Corte, nella ipotesi condivida l'interpretazione dell'art. 37 lett. n) citata sopra esposta, vorra' valutare se la norma si ponga in contrasto con l'art. 117 della Costituzione, siccome travalicante la competenza legislativa regionale. Si impone, nel frattempo, la sospensione del giudizio di merito.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 37, lettera n), della legge regionale lombarda 31 luglio 1978, n. 47 come integrato dall'art. 28 l.r. 16 agosto 1988, n. 41, in riferimento all'art. 117 della Costituzione; Sospende il giudizio in corso; Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina, altresi', che, a cura della segreteria, copia della presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Brescia, nella camera di consiglio del 24 novembre 1989. Il presidente: INGRASSIA L'estensore: LA GUARDIA 90C0806