N. 48 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 luglio 1997
N. 48 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 10 luglio 1997 (del commissario dello Stato per la regione siciliana) Edilizia e urbanistica - Edilizia residenziale - Regione siciliana - Alloggi realizzati per sopperire a esigenze urgenti, anche in relazione a pubbliche calamita', ai sensi dell'art. 3, legge n. 457 del 1978 - Mutamento della destinazione d'uso in edilizia economica e popolare - Previsione di assegnazione di tali alloggi agli attuali occupanti, in possesso dei requisiti di legge - Contrasto con i principi e le finalita' di cui alla predetta legge n. 457 del 1978 e al d.P.R. n. 1035 del 1972, contenente i criteri per le assegnazioni - Lesione del principio di eguaglianza - Violazione dei limiti posti dall'attivita' legislativa regionale in materia - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 16 del 1992. Edilizia e urbanistica - Edilizia residenziale - Regione siciliana - Interventi a favore delle cooperative edilizie - Entita' dei finanziamenti - Nuovi criteri di determinazione introdotti con norma autoqualificantesi di interpretazione autentica dell'art. 22, legge regionale n. 22 del 1996 - Possibilita' di commisurare il finanziamento al limite massimo di intervento, piu' le eventuali maggiorazioni di legge - Irragionevolezza - Lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Violazione dell'obbligo di copertura finanziaria per nuove e maggiori spese - Richiamo alle decisioni della Corte costituzionale n. 15/1995, 12/1987, 37/1961, 135/1968. (Disegno di legge 25 giugno 1997, n. 279, artt. 18 e 21). (Legge 5 agosto 1978, n. 457, art. 3, comma primo, lett. q); d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035; statuto regione Sicilia artt. 14 e 17; Cost., artt. 3, 81, comma quarto, e 97).(GU n.40 del 1-10-1997 )
L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 25 giugno 1997, ha approvato il disegno di legge n. 279 dal titolo "Nuove norme per accelerare il raggiungimento degli scopi sociali delle cooperative edilizie e l'utilizzo delle agevolazioni creditizie. Disposizioni in materia di edilizia economica e popolare" pervenuto a questo commissario dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il successivo 28 giugno 1997. Il disegno di legge, nella sua stesura originaria, era stato concepito allo scopo di trovare soluzione alla situazione di stasi nei procedimenti relativi alla erogazione dei finanziamenti alle cooperative edilizie, nonche' alla assegnazione alle medesime da parte dei comuni delle aree da destinare alla realizzazione di alloggi sociali, contribuendo cosi' al rilancio dell'edilizia. Il testo giunto al voto definitivo dell'Assemblea regionale si presenta, invero, assai piu' complesso dato che, secondo la non molto ortodossa prassi piu' volte rilevata, nel corso della discussione vi sono stati inseriti numerosi emendamenti, alcuni dei quali estranei alla finalita' del disegno di legge proposto dal governo e dalla commissione di merito, che ne hanno non di poco ampliato la portata. Fra questi, particolari perplessita' dal punto di vista della legittimita' costituzionale suscita quello di cui all'art. 18, che di seguito si trascrive: "Assegnazione degli alloggi di cui all'art. 3 della legge 5 agosto 1978, n. 457. 1. - La destinazione degli alloggi costruiti ai sensi dell'art. 3, lett. q), della legge 5 agosto 1978, n. 457, e' mutata in edilizia economica e popolare e gli alloggi sono assegnati agli attuali occupanti in possesso dei requisiti di legge". La formulazione della norma teste' riportata fornisce chiaro indizio circa l'intento del legislatore regionale che, mutando la destinazione d'uso degli alloggi, originariamente prevista per sopperire "alle esigenze piu' urgenti, anche in relazione a pubbliche calamita'", in quella ordinaria connessa alle finalita' dell'edilizia economica e popolare, ne dispone la assegnazione definitiva agli attuali occupanti, previa verifica del possesso dei necessari requisiti. Orbene, dal breve intervento illustrativo effettuato in aula si evince che gli alloggi in questione, realizzati ed assegnati, a quanto pare, in ossequio alle prescrizioni dell'art. 3, primo comma, lett. q), della legge n. 457/1978, avrebbero nel tempo perduto la loro configurazione originaria, atteso che essi sarebbero stati assegnati di anno in anno, da almeno un decennio, agli occupanti che per la stragrande maggioranza sarebbero in possesso dei requisiti di legge per fruire delle provvidenze in argomento. Si tratterebbe, pertanto, di conferire il crisma della legittimita' e quindi della definitivita' ad una "situazione di fatto" della quale, allo stato, non e' dato conoscere neppure le dimensioni. La disposizione censurata, che per il suo carattere di norma generale, "a regime", potrebbe costituire uno strumento per affrontare e risolvere situazioni analoghe in futuro, oltreche' per predeterminare le condizioni per la assegnazione in via definitiva di alloggi che si dovessero assegnare in via provvisoria, ai sensi del sopracitato art. 3, primo comma, lett. q), si pone in palese contrasto con i principi che assistono l'utilizzazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, di cui alla cennata legge 5 agosto 1978, n. 457, nonche' con la normativa relativa ai criteri per la assegnazione degli alloggi di edilizia economica e popolare contenuta nel d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035. L'art. 3 della citata legge n. 457/1978, infatti, nell'individuare i compiti del comitato per l'edilizia residenziale, prevede, alla lett. q) del primo comma, che il due per cento dei finanziamenti complessivi vengano, come sopra accennato, riservati per fronteggiare, con interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, esigenze urgenti ed imprevedibili, quali quelle derivanti da pubbliche calamita', conferendo allo stesso, nel secondo comma, la potesta' di determinarne i criteri e le modalita' di impiego. L'intervento disposto dalla norma regionale de qua, invece, dichiaratamente discostandosi dalla illustrata prescrizione, ne vanifica la finalita' sotto il profilo del mancato rispetto del principio ad essa sotteso e che consiste nella volonta' del legislatore nazionale di avere a disposizione una quota, seppure minima, del patrimonio pubblico per venire incontro alle esigenze di tutti i cittadini che a causa di eventi imprevisti si trovino nella necessita' temporanea di avere un alloggio. Ne', d'altronde, dalla discussione in aula e tantomeno dai chiarimenti forniti dall'amministrazione regionale, ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 488/1969, risulta l'intento del legislatore regionale di provvedere ad una sostituzione degli alloggi, cosi' distratti dallo scopo originario, con una corrispondente quota del patrimonio finanziario o immobiliare al fine di garantire il rispetto della disposizione nazionale richiamata. Riguardo ai beneficiari della norma regionale oggetto del presente gravame, non puo' farsi a meno di sottolineare come il riferimento al possesso dei requisiti di legge postula il rispetto di tutto il complesso di disposizioni che assistono la assegnazione di alloggi di edilizia residenziale. Anche ad ammettere, infatti, la sussistenza della legittimita' del titolo che in origine ha dato inizio alla occupazione degli alloggi in questione (la norma invero parla solo di una occupazione di fatto), sarebbe necessario verificare, in conseguenza del mutamento della natura degli immobili se la posizione degli attuali occupanti - aspiranti assegnatari defintivi - sia compatibile non soltanto con i requisiti previsti in astratto dalla normativa, ma anche con le legittime aspettative di tutti gli altri cittadini che parimenti aspirano alla assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica. Orbene, il beneficio disposto con la norma censurata, lungi dal contemperare le esigenze sociali dalle quali scaturisce l'occupazione degli alloggi in questione con il rispetto "sostanziale" della normativa vigente (come sostenuto dall'amministratore regionale in sede di chiarimenti richiesti dallo scrivente ex art. 3 decreto del Presidente della Repubblica n. 488/1969), si configura piuttosto come una sanatoria di situazioni illegittimamente protrattesi nel tempo, a tutto danno degli interessi legittimi di una ben individuata categoria di cittadini, che non essendosi in passato trovati in situazioni di emergenza non hanno potuto e non potrebbero piu' avere accesso agli alloggi medesimi. Da quanto appena esposto, immediatamente discende la violazione del principio di cui all'art. 3 della Costituzione, cui e' informata la legislazione nazionale in materia di criteri per la assegnazione di alloggi, ed al quale la regione siciliana, pure nell'esercizio della competenza legislativa ad essa spettante in forza degli artt. 14 e 17 dello statuto speciale, deve attenersi. A fronte della illegittimita' della procedura disposta ora dal legislatore regionale che, si ripete, intende sanare la occupazione abusiva - perche' e' venuto meno il titolo originario - degli alloggi in questione, si pone, infine, il richiamo con grande chiarezza operato da codesta ecc.ma Corte con la sentenza n. 16/1992 che, nel delineare in maniera esplicita la potesta' della regione siciliana a legiferare in subjecta materia, ha, di fatto, censurato ogni iniziativa che nell'intento di consolidare situazioni di fatto illegittime venga a ledere il diritto altrui ad una corretta gestione della cosa pubblica. Anche l'art. 21 del disegno di legge in esame, che di seguito si trascrive, da' adito a rilievi di legittimita' costituzionale, sotto il profilo del mancato rispetto dei principi di cu agli artt. 97 e 81, quarto comma della Costituzione: "Interpretazione autentica dell'art. 22 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 22. 1. - L'art. 22 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 22 deve intendersi nel senso che per gli alloggi il cui costo scatuerente dal quadro tecnico economico e' pari o superiore al limite massimo di intervento, l'entita' del finanziamento e' pari al limite massimo di intervento piu' le eventuali maggiorazioni di legge. 2. - Per gli alloggi il cui costo e' inferiore al limite massimo di intervento, l'entita' del finanziamento e' pari al costo complessivo scaturente dal quadro tecnico economico". La rubrica della disposizione predetta induce a valutarne la portata alla stregua dei canoni che assistono le norme di interpretazione autentica. Senonche' la norma oggetto dell'intervento chiarificatore e' a sua volta interpretativa di altra precedente disposizione; giova pertanto operare un raffronto tra tutte le norme prese in considerazione al fine di porre in evidenza il reale intento innovatore perseguito dal legislatore regionale con la previsione de qua. L'art. 131 della legge regionale n. 25/1992 aveva previsto che il limite massimo di intervento finanziario in favore delle cooperative a proprieta' indivisa stabilito con decreto dell'assessore regionale alla cooperazione, commercio, artigianato e pesca potesse essere applicato anche in favore di quelle cooperative che alla data di entrata in vigore dello stesso decreto (22 maggio 1992) non avessero ultimato i lavori. In sede di interpretazione autentica di detta previsione, l'art. 22 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 22 chiari' che la stessa agevolazione poteva essere corrisposta fino a coprire il cento per cento della spesa sostenuta ed andava applicata anche ai programmi costruttivi, realizzati dalle cooperative in regime di edilizia convenzionata e/o finanziate ai sensi del testo unico delle leggi sul Mezzogiorno. Con la norma ora approvata il legislatore interviene ancora sull'argomento introducendo elementi che, lungi dal chiarire i confini e le condizioni dell'intervento finanziario regionale in questione, lo rende ancora piu' oscuro e di difficile comprensione. Il fatto di prevedere la possibilita' di commisurare, comunque, il finanziamento al limite massimo di intervento "piu' le eventuali maggiorazioni di legge" fa supporre che l'intenzione del legislatore sia quella di accrescere la misura del finanziamento stesso senza, peraltro, fare riferimento alcuno alla quantificazione ed alla relativa necessaria copertura degli oneri derivantine. Da quanto precede, e tenuta anche presente la difficolta' di individuarne con chiarezza la portata, emerge che la disposizione in questione viene meno alla qualificazione che il legislatore ha voluto conferirle. Sul punto, codesta ecc.ma Corte con ormai consolidata giurisprudenza (da ultimo sentenza n. 15 del 1995) ha acclarato che non e' sufficiente, per considerare interpretativa una disposizione, che la stessa come tale si autoqualifichi e/o che sia formulata come d'interpretazione di una precedente norma. Si deve infatti verificare "che la qualificazione e la formulazione rispondano effettivamente ai caratteri propri di una legge interpretativa. Caratteri che sussistono quando, rimanendo immutato il tenore testuale della disposizione interpretativa, se ne chiarisca e precisi il significato o si privilegi, rendendola vincolante, una fra le tante interpretazioni possibili". Orbene, la norma censurata non appare corrispondere ad alcuno dei suddetti requisiti, atteso che non chiarisce, bensi' sembra rendere ancora piu' complicata ed ambigua la previsione originaria oltreche' di difficile applicazione, in palese violazione del principio di ragionevolezza che e' presupposto indispensabile per il buon andamento della pubblica amministrazione. Sotto questo profilo, la norma sembra anche non rispettare il valore costituzionale della certezza del diritto. Ma v'e' di piu', proprio l'ambiguita' e le diverse implicazioni possibili del complesso normativo che viene a determinarsi, mediante il collegamento logico e temporale dei tre interventi normativi originati dalla applicazione del decreto assessoriale del maggio 1992, supporta il convincimento che l'articolo oggetto del presente gravame contiene una novazione, consistente nella prevista possibilita' di aggiungere al finanziamento - che in quanto limite massimo di intervento avrebbe dovuto essere onnicomprensivo - "le eventuali maggiorazioni di legge". Detta novazione pero' e' censurabile per violazione dell'art. 81 della Costituzione, in quanto omette di quantificare l'onere finanziario, connesso alla erogazione delle maggiorazioni, e di indicare i mezzi con cui farvi fronte, neppure con riferimento al capitolo gia' esistente nel bilancio regionale al momento dell'approvazione e realizzazione del documento contabile (Corte costituzionale sentenza n. 26/1991). Il legislatore regionale pur approvando una nuova disciplina, i cui effetti non sembrano limitati ad un solo esercizio, non solo non ha avuto cura di indicare gli esercizi futuri su cui gravano le maggiori spese ma non ha rispettato neppure per l'anno in corso l'obbligo impostogli dall'art. 81 di individuare con puntuale rigorosita' le risorse necessarie (Corte costituzionale n. 12/1987, n. 37/1961, n. 135/1968).
P. Q. M. E con riserva di presentare memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto Vittorio Piraneo - Commissario dello Stato per la regione siciliana ai sensi dell'art. 28 dello statuto speciale, con il presente atto impugna i sottoelencati articoli del disegno di legge n. 279 dal titolo "Nuove norme per accelerare il raggiungimento degli scopi sociali delle cooperative edilizie e l'utilizzo delle agevolazioni creditizie. Disposizioni in materia di edilizia economica e popolare" approvato dall'A.R.S. nella seduta del 25 giugno 1997: art. 18, per violazione dell'art. 3, primo comma, lett. q), della legge n. 457/1978 e del decreto del Presidente della Repubblica n. 1035/1972, in relazione ai limiti posti dagli artt. 14 e 17 dello statuto speciale nonche' dell'art. 3 della Costituzione; art. 21, per violazione degli artt. 81, quarto comma e 97 della Costituzione. Palermo, addi' 2 luglio 1997 Il commissario dello Stato per la regione siciliana: prefetto Vittorio Piraneo 97C0841