N. 644 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 maggio 1998

                                N. 644
  Ordinanza emessa il 26 maggio 1998 dal tribunale di sorveglianza per
 la  Corte  d'appello  di  Torino nel procedimento di sorveglianza nei
 confronti di Parisi Salvatore
 Ordinamento  penitenziario  -  Misure  alternative  alla   detenzione
    concesse   al   collaboratore  di  giustizia  ammesso  a  speciale
    programma di protezione - Lamentata revocabilita' nell'ipotesi  di
    cessazione del programma per cause indipendenti dalla condotta del
    collaboratore  e  qualora  la  pena residua non rientri nei limiti
    ordinari di ammissione al beneficio  -  Lesione  dei  principi  di
    eguaglianza,  della  finalita' rieducativa della pena - Violazione
    del principio di inviolabilita' della liberta' personale.
 (D.-L. 15 gennaio 1991, n. 8, art. 13-ter,  convertito  in  legge  15
    marzo 1991, n. 82).
 (Cost., artt. 3, 13, secondo comma, e 27, terzo comma).
(GU n.38 del 23-9-1998 )
                     IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
   Ha  emesso  la  seguente ordinanza nel procedimento di sorveglianza
 relativo alla revoca di  affidamento  in  prova  all'udienza  del  26
 maggio  1998,  nei confronti di Parisi Salvatore, nato il 15 novembre
 1954 a Catania,  in espiazione della pena di anni 19, mesi 7 e giorni
 16 di reclusione inflittagli  con  provvedimento  di  cumulo  del  20
 dicembre  1994  della  procura  generale  della Repubblica di Torino;
 difeso dall'avv.  di fiducia Savino Bracco del Foro di Torino.
   Visto il parere del procuratore generale;
   Visti gli atti del procedimento di sorveglianza sopra specificato;
   Verificata,  preliminarmente,  la  regolarita'  delle comunicazioni
 relative ai  prescritti  avvisi  al  rappresentante  del  procuratore
 generale, all'interessato e al difensore;
   Considerate  le  risultanze  delle  documentazioni acquisite, delle
 investigazioni e degli accertamenti svolti, della trattazione e della
 discussione di cui al separato processo verbale;
   Che il procuratore generale ed il difensore hanno concluso come  in
 atti,  richiedendo  rispettivamente  che venga sollevata eccezione di
 legittimita' costituzionale e che non  venga  revocato  il  beneficio
 (ovvero in subordine associandosi all'eccezione);
                             O s s e r v a
   In  data  14  luglio  1992  nel  proc. n. 2861/1992 il tribunale di
 sorveglianza di Torino concedeva al condannato  Parisi  Salvatore  il
 beneficio  dell'affidamento  in  prova  affinche'  lo stesso espiasse
 nella predetta forma alternativa la pena di anni 25  determinata  con
 provvedimento di cumulo n. 119/1991 RES emesso dalla procura generale
 della Repubblica di Catania.
   Cio'  in  quanto  all'epoca  il  condannato  fruiva  dello speciale
 programma  di  protezione  a  lui  accordato   con   delibera   della
 commissione  centrale  presso  il  Ministero  degli  interni ai sensi
 dell'art.  10  della  legge  15  marzo  1991,  n.  82,   sottoscritto
 successivamente dall'interessato in data 30 aprile 1992.
   Tale  misura  cosi' concessa veniva successivamente estesa anche al
 cumulo sopravvenuto in data 24 luglio 1992 ed a quello successivo del
 16 dicembre 1993, emessi entrambi dalla procura generale  di  Torino,
 con  ordinanza  dello  stesso  tribunale di sorveglianza di Torino in
 data 4 agosto 1982 e 15 marzo 1994 nel procedimento  di  sorveglianza
 n. 2861/1992 reg. gen.
   Gli   atti   venivano  successivamente  trasmessi,  per  competenza
 territoriale esclusiva, al tribunale  di  sorveglianza  di  Roma,  il
 quale in data 13 giugno 1995 aveva disposto ai sensi dell'art. 15-bis
 o.p.  la  prosecuzione  ulteriore  dell'affidamento in relazione alla
 condanna emessa (con condanna ad ulteriori anni uno di reclusione, in
 continuazione con le precedenti) dalla Corte di assise di appello  di
 Torino in data 30 novembre 1994.
   In  data  23  gennaio  1998  veniva  notificata  la data di udienza
 camerale per la discussione  di  procedimento  di  revoca  (9750/1997
 r.g.)  della  misura,  sin  a  quel  momento regolarmente svoltasi, a
 seguito della revoca - incolpevole - del programma di protezione  sin
 ad allora accordato.
   La  difesa  del  condannato eccepiva peraltro in quella sede che la
 competenza originaria era del tribunale di sorveglianza di Torino,  e
 che  percio'  gli  atti  dovevano essere trasmessi nuovamente in tale
 sede, a  seguito  della  cessazione  del  presupposto  di  competenza
 territoriale  esclusiva,  ovvero  del  programma  di protezione ormai
 revocato e che aveva perso efficacia in data 22 novembre 1996.
   Tale prospettazione era accolta dal tribunale  di  sorveglianza  di
 Roma,  e  conseguentemente  si instaurava il presente procedimento di
 recova avanti al tribunale di sorveglianza di Torino.
   Deve anzitutto precisarsi che, come noto, tale  misura  eccezionale
 di  affidamento era stata deliberata dal tribunale di sorveglianza di
 Torino ai sensi dell'art. 13-ter della legge n. 82 del 1991 in deroga
 alle vigenti disposizioni riguardanti i limiti di pena (art.   4-ter,
 comma  1,  o.p.): poiche' il Parisi risultava essere appunto titolare
 dello speciale programma di protezione definito dall'art.   10  della
 legge 15 marzo 1991, n. 82.
   L'attuale  fine  pena  del soggetto risulta infatti essere fissato,
 salvi gli effetti della  liberazione  anticipata  di  cui  lo  stesso
 potra'  ancora  fruire  tenuto  conto anche dell'assoluta regolarita'
 della sua condotta almeno fino alla data attuale (cfr.  comunicazioni
 del servizio centrale di protezione del marzo 1997 in atti e nota del
 questore di Torino in data 14 marzo 1998).
   All'udienza  fissata  in  camera  di  consiglio  innanzi all'organo
 collegiale, la difesa del Parisi invocava la  decisione  di  non  far
 luogo a revoca del beneficio, imponendo al magistrato di sorveglianza
 di  eventualmente  modificare,  nel  senso richiesto dal detenuto, le
 disposizioni inerenti la misura e comunque dia a sostegno della  tesi
 favorevole alla prosecuzione della misura.
   Cio'  in  quanto,  ad  avviso  della  difesa  e  pur in assenza del
 revocato programma di protezione, il disposto dell'art. 5 del d.m. 24
 novembre 1994, n. 687, contenente le disposizioni  regolamentari  per
 la   formulazione   dei   programmi   di   protezione  a  favore  dei
 collaboratori  di  giustizia  e  l'esecuzione   degli   stessi,   che
 testualmente  recita  (comma 9): "Salva la facolta' della commissione
 di richiedere all'autorita' competente di procedere  al  riesame  dei
 provvedimenti  emessi  a  norma  dell'art.    13-ter  della legge, la
 modifica o la revoca  dello  speciale  programma  di  protezione  non
 produce  effetti  sui provvedimenti medesimi ...", permane uno spazio
 interpretativo da parte del tribunale di sorveglianza di decidere  la
 prosecuzione  dell'attuale  regime  di  espiazione  della  pena nello
 speciale regime alternativo alla detenzione, alla luce dell'ulteriore
 disposizione regolamentare contenuta nel d.m. 24  novembre  1994,  n.
 687, in cui si afferma che "la revoca del programma di protezione non
 produce  effetto  sui  provvedimenti  e  sulla  applicabilita'  delle
 disposizioni dell'art. 147-bis del d.-l.  28  luglio  1989,  n.  217,
 recante  norme  di  attuzione e coordinamento e transitorie del nuovo
 codice di procedura penale".
   Il rappresentante del pubblico ministero invece concludeva  per  la
 necessarieta'  della  revoca  della  misura  in  corso, allo scopo di
 rispettare il dettato normativo dell'art. 13-ter, legge  n.  91/1982,
 che  subordina l'espiazione di pena in forma alternativa da parte dei
 collaboratori,  fuori  dei  casi  ordinari  di  ammissibilita',  alla
 sottoposizione  allo  specifico  programma  di  protezione e ritenuta
 l'evidente rilevanza in caso di accoglimento di  questa  impostazione
 della  questione di costituzionalita', chiedeva che venisse sollevata
 l'eventuale questione di legittimita' costituzionale della norma  che
 impone la revoca, per difetto dei limiti di pena nel caso specifico.
   Al  termine  della  predetta  udienza  d'ufficio  e'  stata  quindi
 eccepita la seguente questione, in riferimento agli artt. 13-ter  del
 d.-l.  15 gennaio 1991 convertito in legge 15 marzo 1991, n. 82.
                             D i r i t t o
   Come gia' osservato in precedente ordinanza emessa da questo stesso
 tribunale in data 8 luglio 1998 (pres. Viglino, estensore Bonu, proc.
 n. 5351/1997, condannato Lazzari Giuseppe), l'art. 13-ter della legge
 15  marzo  1991,  n.  82, disciplina specificatamente l'ammissione ai
 benefici previsti dall'ordinamento penitenziario di  quei  condannati
 che, per la collaborazione prestata agli organi di giustizia, abbiano
 esigenze  impellenti  di  tutela  della  loro sicurezza e incolumita'
 personale tanto da  dovere  sottostare  ad  una  serie  di  misure  e
 accorgimenti  atti  a  realizzare  le  esigenze predette (lo speciale
 programma di protezione, appunto).
   La concessione a questi  soggetti  delle  misure  alternative  alla
 detenzione  od  equivalenti (permessi premio o lavoro all'esterno) e'
 ovviamente subordinata al preventivo  parere  dell'autorita'  che  ha
 predisposto il programma.
   Tutto  cio'  si  giustifica  in  vista  del  soddisfacimento  della
 primaria esigenza di  tutela  personale  dei  collaboratori,  poiche'
 anche   la   concessione  dei  benefici  esterni  senza  i  necessari
 accorgimenti sulle modalita'  di  fruizione  degli  stessi,  potrebbe
 esporre a rischi esiziali la sicurezza dei soggetti "speciali" che vi
 sono ammessi.
   Proprio  al  fine di garantirne la incolumita' personale, le misure
 predette possono  appunto  essere  concesse  anche  din  deroga  alle
 vigenti  disposizioni,  comprese  quelle  relative  al limite di pena
 previsti.
   La norma dell'art. 13-ter legge citata non si  pronuncia  in  alcun
 modo  invece  in  merito  alle  determinazioni da adottare in caso di
 revoca dello speciale programma di protezione.
   Non vi  sono  problematiche  particolari  nell'ipotesi  in  cui  il
 collaboratore abbia violato gli impegni assunti con la sottoscrizione
 dello  speciale  programma  di  protezione:  in questo caso la revoca
 della misura  alternativa  alla  detenzione  applicata  in  corso  di
 sottoposizione   alle  misure  speciali  di  tutela  personale  e  la
 conseguente riassociazione del condannato  al  regime  di  detenzione
 ordinario,   costituisce  la  conseguenza  della  trasgressione  agli
 obblighi imposti. Evidenzia che nel caso del sig. Parisi non si e' in
 alcun modo integrata.
   L'interpretazione dell'art. 13-ter, legge n. 81/1991 nel  senso  di
 ritenere, pur se non esplicitamente prevista, comunque ricompresa nel
 suo  disposto  la  revoca  della  misura  alternativa alla detenzione
 concessa in  corso  di  sottoposizione  allo  speciale  programma  di
 protezione,  nel caso in cui la cessazione dello stesso sia dipeso da
 violazioni  alle  regole  commesse  dal  collaboratore,  e'   infatti
 logicamente coerente con la ratio della norma.
   Nel  caso  invece,  tra  cui  rientra  quello  oggetto del presente
 procedimento all'esame del tribunale, che al  contrario  lo  speciale
 programma  di  protezione  nei  confronti del collaboratore sia stato
 revocato per ragioni non attinenti da un comportamento colpevole  del
 collaboratore  (per essere per esempio venuti meno la attualita' e la
 gravita' del pericolo che minaccia la sua incolumita' personale)  non
 sembra esservi invece una diretta ed esplicita risposta normativa.
   Ad  avviso  del tribunale infatti il dubbio interpretativo non puo'
 essere risolto dalla disposizione (invocata dalla  difesa)  contenuta
 nell'art.   5  del  regolamento  esecutivo  della  legge  n.  82/1991
 approvato con d.m. 24 novembre 1994,  n.  687,  che  prevede  la  non
 automatica   efficacia  della  revoca  dello  speciale  programma  di
 protezione sui provvedimenti emessi dal tribunale di sorveglianza  ai
 sensi dell'art.  13-ter della legge citata.
   Ci  si  trova  infatti  certamente di fronte ad una fonte normativa
 subordinata alla legge principale (art. 1, disposizioni  sulla  legge
 in  generale, capo I, delle fonti del diritto), che in alcun modo non
 preclude  l'autonoma  valutazione   da   parte   del   tribunale   di
 sorveglianza  sulla ammissibilita' della permanenza del collaboratore
 alla  fruizione  dei   benefici   in   caso   di   eventi   ulteriori
 (comportamenti   lesivi   delle   prescrizioni  inerenti  la  misura,
 sopravvenienza di nuovi titoli privativi della liberta'. modifica del
 luogo di esecuzione e quant'altro).
   Nel caso in esame in cui la  revoca  dello  speciale  programma  di
 protezione   avvenga  per  cause  non  imputabili  al  collaboratore,
 l'interpretazione  dell'art.   13-ter   citato,   nel   senso   della
 persistenza del regime in misura alternativa fuori dei limiti fissati
 dalla  legge  per  i  casi  ordinari,  appare  oggi in effetti legata
 inscindibilmente alla permanenza dello stesso programma di protezione
 (conformemente al  disposto  letterale  della  norma  che  cita  "Nei
 confronti  di  persone  ammesse allo speciale programma di protezione
 ..." e non recita "gia' ammesse" o "nei confronti  di  coloro  per  i
 quali la revoca del programma sia dipesa da cause incolpevoli").
   Essa  quindi  genererebbe  l'obbligo per il competente tribunale di
 sorveglianza di revocare la misura in corso qualora non permangano le
 ordinarie condizioni di ammissibilita' (limiti di  pena  inferiori  a
 tre  anni  di  pena detentiva), situazione attuale in cui si trova il
 sig. Parisi Salvatore.
   Questa interpretazione tuttavia suscita dubbi di conformita'  della
 disposizione  citata  ai principi dall'art. 27, terzo comma, 13, e 3,
 primo comma, e capoverso della Costituzione.
   Infatti nel disporre che la pena deve tendere alla rieducazione del
 condannato, la prima norma esclude che la stessa possa tramutarsi  in
 senso  peggiorativo o restrittivo per il condannato, senza che questo
 sia dipeso da violazione da parte  dello  stesso  degli  obblighi  di
 comportamento a lui imposti.
   Il collaboratore di giustizia che sia stato successivamente privato
 dello  speciale  programma  di protezione per ragioni non attinenti a
 sue responsabilita', non ha infatti in alcun modo violato il patto di
 collaborazione siglato con lo Stato  e  si  troverebbe  ingiustamente
 retrocesso ad espiare la pena in forma rigidamente restrittiva, senza
 che cio' sia dipeso dalla sua personale e consepevole condotta.  Tale
 soluzione   interpretativa  dell'art.  13-ter  citato  contrasterebbe
 inoltre anche con l'art. 13 della Carta costituzionale, che impone la
 limitazione della liberta' personale soltanto nei  modi  e  nei  casi
 previsti dalla legge.  Nell'imporre il ripristino della detenzione in
 forma  ordinaria  per  il  collaboratore incolpevole che non si trovi
 nelle condizioni per poter  beneficare  ordinariamente  delle  misure
 alternative,  l'art.    13-ter introdurrebbe una forma di limitazione
 della liberta' personale del tutto immotivata che lede  il  principio
 della  inviolabilita'  della stessa.   Non si ritiene per contro, che
 l'art.  13-ter,  legge  n.  82/1991   possa   incontrare   dubbi   di
 incostituzionalita'  anche  nell'ipotesi in cui venga interpretato in
 senso piu' favorevole al condannato, come osservato nella  precedente
 ordinanza  del  tribunale di sorveglianza di Torino, ma semplicemente
 urti contro un vincolo di gerarchia delle fonti normative  che  rende
 non  applicabile  (e  che  come tale imporrebbe la disapplicazione da
 parte dell'autorita' giudiziaria,  ai  sensi  dell'allegato  E  della
 legge  20  marzo  1865,  n.  2248)  un  provvedimento  amministrativo
 regolamentare  come quello di cui al d.m. 24 novembre 1994, art. 5) e
 conseguentemente  impossibile   nell'attuale   situazione   normativa
 operare  quel tipo di interpretazione piu' favorevole che ha invocato
 la difesa nella presente sede di procedimento di  sorveglianza.    E'
 stato sostenuto che la caduta del divieto di permanenza del beneficio
 eccezionale  concesso  ai  soggetti dotati di programma di protezione
 potrebbe   determinare   altri   profili   dubbio   di   legittimita'
 costituzionale,  in quanto finirebbe per causare delle ingiustificate
 disparita' di trattamento. Non sembra peraltro che si possa affermare
 che  ci  si  trovi  in  situazioni  personali   identiche   (detenuti
 collaboratori  riconosciuti  ex  art.  58-ter  o  per ammissione allo
 speciale programma  protettivo),  proprio  a  causa  dei  presupposti
 oggettivi  differenti  e  delle  differenti conseguenze di situazioni
 personali che ne sono scaturite e che quindi debba al  contrario  qui
 valere   il   principio  di  eguaglianza  non  meramente  formale  ma
 sostanziale ai sensi dell'art.  3 capoverso della  Costituzione,  che
 ben legittima il sia pur eccezionale trattamento dei collaboratori di
 giustizia  in presenza di diversita' di situazioni oggettive rispetto
 agli altri condannati e proprio grazie al contributo  eccezionale  da
 loro   dato   alla  giustizia,  obbiettivamente  e  inconfutabilmente
 riconosciuto da pronunce giudiziarie.
                                P. Q. M.
   Visti gli artt. 47-ter, 58-ter o.p., 13-ter, legge 15  marzo  1991,
 n. 82, 677 e segg. c.p.p., 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 13-ter  del  d.-l.  15  gennaio
 1991,  n.  8,  convertito in legge 15 marzo 1991, n. 82, in relazione
 degli  artt.  3,  27,  terzo  comma,  e  13,  secondo   comma   della
 Costituzione;
   Ordina  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte costituzionale e
 sospende  il  giudizio  in  corso  (procedimento  registrato  sub  n.
 2853/1998 r.g.  tribunale di sorveglianza di Torino);
   Dispone che, a cura della cancelleria, la presente venga notificata
 alle  parti del procedimento (difensore, interessato e rappresentante
 del pubblico ministero)  nonche'  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  e  venga  comunicata  ai  Presidenti  delle  due Camere del
 Parlamento.
   Cosi' deciso in Torino, in data 26 maggio 1998.
                      Il presidente est.: Vaudano
 98C1044