N. 49 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 agosto 1997
N. 49 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1 agosto 1997 (della regione Puglia) Sanita' pubblica - Disposizioni urgenti in materia di attivita' libero-professionale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale - Individuazione delle caratteristiche dell'attivita' e disciplina dell'opzione tra professione intramuraria ed extramuraria - Emanazione di linee guida per l'organizzazione dell'attivita' intramuraria - Adozione mediante decreti del Ministro della sanita' - Omessa previsione circa adeguate forme di concertazione con le regioni - Mancata osservanza dei requisiti formali e sostanziali per l'esercizio dell'attivita' di indirizzo e coordinamento statale - Lesione delle competenze regionali in materia di assistenza sanitaria - Richiamo alle decisioni della Corte costituzionale nn. 177/1988, 242/1989, 70/1981, 355/1993, 113/1994 e 18/1997. (D.-L. 20 giugno 1997, n. 175, artt. 1 e 4). (Cost., artt. 117 e 118; legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 8; legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 5; d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 4; legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 8).(GU n.40 del 1-10-1997 )
Ricorso della Regione Puglia, in persona del presidente della Giunta regionale pro-tempore, autorizzato con delibera di Giunta regionale n. 4243 del 18 luglio 1997, rappresentata e difesa, come da mandato a margine del presente atto, dal prof. avv. Aldo Loiodice e dal prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliata in Roma, via T. Taramelli 22, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del d.-l. 20 giugno 1997, n. 175, recante "disposizioni urgenti in materia di attivita' libero professionale della dirigenza sanitaria del servizio sanitario nazionale", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 144, del 23 giugno 1997. F a t t o La legge finanziaria 23 dicembre 1996, n. 662, ha dettato una nuova disciplina dell'attivita' libero professionale del personale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale, stabilendo, in particolare, all'art. 1, comma 5, l'incompatibilita' tra la libera professione intramuraria e quella extramuraria e il divieto di svolgere la libera professione esterna in strutture private accreditate anche solo parzialmente. I commi successivi hanno disposto a carico dei direttori generali delle USL e delle Aziende, la attivazione e organizzazione, di intesa con le regioni, della attivita' libero professionale, nell'ambito della ristrutturazione della rete ospedaliera (comma 8); l'integrazione da parte delle regioni dei programmi di edilizia sanitaria (comma 9); l'opzione, da parte dei sanitari operanti in strutture che abbiano organizzato e attivato la libera professione intramuraria, tra la libera professione intramuraria e quella extramuraria, con durata dell'opzione, nel secondo caso di tre anni, entro il 31 marzo 1997 (comma 10); l'opzione da parte dei sanitari operanti in strutture che non abbiano organizzato e attivato la libera professione entro trenta giorni dalla comunicazione dei direttori generali alle regioni circa le strutture attivate e gli operatori addetti, (comma 11); il riconoscimento di un trattamento economico aggiuntivo al personale che abbia optato per la professione intramurale (comma 12); la previsione, infine, di un decreto del Ministro della sanita', da adottare entro il 28 febbraio 1997, per stabilire "i termini per l'attuazione dei commi 8, 11 e 12, le modalita' per il controllo del rispetto delle disposizioni sulla incompatibilita', nonche' la disciplina dei consulti e delle consulenze" (comma 14). Sul fondamento dell'art. 1, comma 14, legge n. 662/1996 il Ministro della Sanita' ha adottato, in data 28 febbraio 1997, un decreto recante "Attivita' libero professionale e incompatibilita' del personale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale". In data 9 giugno 1997, con ordinanza n. 1626/1997, il TAR Lazio, Sez. 1 bis, su ricorso di alcune federazioni di medici e della regione Lombardia, sospendeva in via cautelare l'efficacia del decreto con la seguente motivazione: "Ritenuto che l'art. 1, comma 14, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha conferito al Ministro della sanita' un potere di decretazione per disciplinare singoli e limitati aspetti attuativi della normativa relativa all'attivita' libero-professionale e all'incompatibilita' del personale della dirigenza sanitaria del servizio sanitario nazionale; Considerato che il decreto impugnato pone, invece, una disciplina di ordine generale regolante aspetti ed attivita' che esulano dall'attribuzione di legge e che toccano anche competenze proprie delle regioni; Considerato pertanto che il ricorso appare, ad una prima delibazione fondato e che non e' consentito, per la natura e l'impostazione dell'atto, delimitare gli effetti della sospensiva a singole parti del decreto, attesa anche l'inscindibilita' del complesso delle sue disposizioni". In data 20 giugno 1997 il Consiglio dei Ministri, con l'intento di riempire il vuoto normativo creatosi a seguito della decisione del TAR Lazio e di attribuire un fondamento legislativo al decreto sospeso e ad eventuali ulteriori atti ministeriali in materia, adottava il decreto legge n. 175 recante "Disposizioni urgenti in materia di attivita' libero professionale della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale". In particolare il decreto-legge n. 175/1997, all'art. 1, attribuisce al Ministro della sanita' il compito di individuare le caratteristiche dell'attivita' libero professionale intramuraria, le categorie professionali e gli enti o soggetti destinatari di tale disciplina, l'opzione tra attivita' libero professionale intramuraria ed extramuraria, le modalita' per il controllo del rispetto delle disposizioni sull'incompatibilita', la disciplina delle consulenze e dei consulti; all'art. 4, primo comma, stabilisce che il Ministro della sanita', sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana le linee guida per l'organizzazione dell'attivita' libero professionale intramuraria. Successivamente all'emanazione del suddetto decreto il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 1284/1997, del 2 luglio 1997, respingeva l'appello proposto dal Ministro della Sanita' avverso l'ordinanza 1626/1997, con la quale il TAR Lazio aveva disposto la sospensione dell'efficacia del d.m. 28 febbraio 1997, con la seguente motivazione: "Considerato che il d.-l. 20 giugno 1997 n. 175, non sembra avere carattere interpretativo, per cui non esplica alcuna incidenza nei confronti del suddetto provvedimento impugnato in primo grado". Oltre ad essere privo di efficacia interpretativa rispetto al decreto del Ministro della sanita' 28 febbraio 1997, rispetto cioe' al passato, il decreto-legge n. 175/1997 risulta costituzionalmente illegittimo per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione in relazione all'art. 8 della legge n. 59/1997, all'art. 5 della legge n. 833/1978, all'art 4 del decreto legislativo n. 502/1992 e all'art. 1, comma 8 della legge n. 662/1996, nonche' ai principi fissati dalla giurisprudenza costituzionale. 1.1. - La competenza regionale in materia sanitaria, e in particolare in materia di organizzazione dell'attivita' libero professionale intramuraria non puo' in alcun modo essere revocata in dubbio. Gli artt. 5-7, 15-18, 22, 47 e 55 della legge di riforma, l'art. 35 del d.P.R. n. 761/1979 e lo stesso art. 4 del decreto legislativo n. 502/1992 definiscono con accurata completezza la sfera di competenze regionali, includendovi necessariamente l'assistenza ospedaliera e le strutture, divisioni e servizi, organizzativamente apprestate per erogarla, nonche' gli spazi necessari e le dotazioni di personale, ad inclusione dell'utilizzo di esse. Lo stesso art. 1, comma 8, della legge n. 662/1996 appare rispettoso del riparto costituzionale delle competenze: la legge chiede ai direttori generali delle USL di attivare ed organizzare l'attivita' libero-professionale "d'intesa con le regioni". In particolare l'attivazione e l'organizzazione dell'attivita' libero professionale dei medici, per la parte in cui incide sulle competenze regionali in materia ospedaliera e sanitaria e per la parte in cui riguarda la ristrutturazione della rete ospedaliera, e' compito che i direttori generali delle USL devono svolgere in collegamento (d'intesa) con le regioni, ad esse spettando - in ragione del riparto costituzionale di competenze - fornire direttive ed indicazioni sul versante organizzativo, nel rispetto della legislazione in materia. La competenza regionale in materia e' stata confermata da questa ecc.ma Corte con la sentenza n. 355/1993. Con tale sentenza, infatti, la Corte costituzionale, respingendo varie questioni di costituzionalita' dell'art. 4, comma 10, del decreto legislativo n. 502/1992, sollevate da numerose regioni, dopo aver riassunto la disciplina della libera professione intramuraria data dalle disposizioni contenute in quel comma, stabili' che: "Contrariamente a quanto suppongono le ricorrenti, tali disposizioni non interferiscono illegittimamente sulle loro competenze in materia di assistenza sanitaria, poiche' non sono norme di dettaglio. Queste ultime, infatti, cosi' possono qualificarsi in quanto richiedono un'attivita' di materiale esecuzione (v. sent. n. 177 del 1988) o in quanto precludono qualsiasi spazio per l'intervento della legge regionale (sent. n. 70 del 1981). Cio' non avviene nel caso di specie, nel quale alle regioni e' lasciata, nell'ambito della loro potesta' di organizzazione del servizio, tanto l'individuazione e la determinazione degli "spazi adeguati", quanto la fissazione, entro il limite minimo e massimo definito dallo Stato, della precisa percentuale dei posti letto da destinare alle camere a pagamento. Ne' e' inutile sottolineare, al fine di corroborare l'esclusione della loro quailficazione come norme di dettaglio, che le disposizioni impugnate disciplinano un punto rilevante nel nuovo sistema dell'assistenza, poiche' esse sono mosse dall'esigenza di garantire concretamente che i medici possano svolgere attivita' libero-professionale all'interno dell'ospedale, sia al fine di controbilanciare le nuove regole in materia di incompatibilita' nel settore medico (art. 4, comma 7, legge n. 412 del 1992), sia al fine di permettere che le aziende ospedaliere, dotate di piena autonomia finanziaria, possano effettivamente beneficiare di nuove entrate (art. 4, comma 7, lett. e), decreto legislativo n. 502 del 1992)". 1.2. - D'altra parte, anche il decreto-legge n. 175/1997, adottando una disciplina differente per le materie di cui all'art. 1 e per quelle di cui all'art. 4, ha riconosciuto implicitamente la riconducibilita' delle stesse a competenze diverse: le prime (vale a dire, le caratteristiche dell'attivita' libero professionale intramuraria, le categorie professionali e gli enti o soggetti destinatari della disciplina dell'attivita' intramuraria, l'opzione tra attivita' libero professionale intramuraria ed extramuraria, le modalita' per il controllo del rispetto delle disposizioni sull'incompatibilita', la disciplina delle consulenze e dei consulti) di competenza statale; le seconde (l'organizzazione dell'attivita' libero professionale intramuraria) di competenza regionale. 1.3. - Nell'ordinamento costituzionale vigente lo Stato puo' fissare, principi, dare indirizzi, coordinare le attivita' regionali: cio' puo' farlo adottando atti di indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle regioni. Cosicche', una volta riconosciuta la competenza regionale per cio' che attiene agli aspetti organizzatori, l'incidenza statale su di essa puo' avvenire solo rispettando i requisiti formali e sostanziali dell'attivita' di indirizzo e coordinamento. Nel caso che ci interessa vengono invece violati tutti i requisiti. Ed infatti l'art. 4, nella parte in cui omette di richiedere la deliberazione del Consiglio dei Ministri per l'emanazione delle linee guida per l'organizzazione dell'attivita' libero professionale intramuraria e ritiene sufficiente a tal fine il decreto del Ministro della sanita', si pone in evidente contraddizione sia con la legge di riforma sanitaria sia con i principi piu' volte affermati da questa ecc.ma Corte costituzionale in materia di indirizzo e coordinamento. L'art. 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 dispone chiaramente che: "La funzione di indirizzo e coordinamento delle attivita' amministrative delle regioni in materia sanitaria ....... spetta allo Stato e viene esercitata, fuori dei casi in cui si provveda con legge, mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministro della sanita', sentito il Consiglio sanitario nazionale". La Corte, d'altra parte, nella sua giurisprudenza oltre ad aver sempre riconosciuto il fondamento costituzionale della c.d. funzione di indirizzo e coordinamento, ha avuto modo di individuare alcuni requisiti minimi, formali e sostanziali, al di sotto dei quali non e' possibile scendere per poter riconoscere la legittimita' costituzionale della disciplina dettata dalla legislazione ordinaria vigente in materia. In particolare la Corte, nel caso dell'esercizio di detta funzione in via amministrativa, oltre a richiedere, affinche' venga rispettato il principio di legalita' sostanziale, che l'atto di indirizzo e coordinamento trovi specifico fondamento su una norma di legge statale ha piu' volte affermato la necessita' che, in quanto atto di alta amministrazione, la deliberazione dello stesso spetti in ogni caso al Consiglio dei Ministri. La stessa Corte costituzionale, inoltre, nel ribadire in piu' occasioni il principio in base al quale unico organo attributario della competenza a deliberare gli atti di indirizzo e coordinamento e' da considerarsi il Consiglio dei Ministri (sentenza n. 242/1989), ha sempre conseguentemente statuito come in assenza di tale deliberazione l'atto di indirizzo e coordinamento risulti invasivo delle competenze regionali (sentenza n. 113/1994). Nel caso appena citato, la Corte costituzionale non ha temuto di annullare un pur importantissimo decreto ministeriale - in tema di inquinamento atmosferico nelle grandi citta' - avendo riconosciuto che "il decreto del Ministero dell'ambiente vuole essere, nella sua sostanza, espressione della funzione governativa di indirizzo e coordinamento. Tende a soddisfare esigenze unitarie, condiziona e pone limiti all'esplicazione delle competenze proprie di soggetti dotati di autonomia. Avendo tale caratterizzazione, l'atto deve essere adottato... con deliberazione del Consiglio dei Ministri". 1.4. - La necessita' della deliberazione del Consiglio dei Ministri non puo', inoltre ritenersi esclusa alla luce della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 59/1997 in materia. L'art. 8, comma 5, della legge n. 59/1997 ha effettivamente disposto l'abrogazione dell'art. 2, comma 3, lettera d) della legge 23 agosto 1988, n. 400, che prevedeva la sottoposizione alla deliberazione del Consiglio dei Ministri degli atti di indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle regioni. Da tale abrogazione, tuttavia, non puo' certo dedursi il venir meno dell'obbligatorieta' della deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il comma 5 dell'art. 8, infatti, non dispone esclusivamente in ordine all'art. 2, comma 3, lett. d) della legge 23 agosto 1988, n. 400 ma estende l'abrogazione a tutte quelle disposizioni di legge (art. 3 legge n. 382/1975; art. 4, secondo comma, d.P.R. n. 616/1977; art. 13, comma 1 lett. e) legge n. 400/1988; art. 1, comma 1, lett. hh) legge n. 13 /1991; art. 17, primo comma, legge n. 281/1970) che, nel loro complesso, disciplinavano il potere statale di indirizzo e coordinamento prima dell'entrata in vigore della legge n. 59/1997. Da cio' si desume come l'intenzione del legislatore sia stata quella di abolire tutte le disposizioni che regolavano il potere statale di indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle regioni allo scopo di ridisciplinare completamente la materia. D'altra parte la nuova disciplina, contenuta nei commi da uno a quattro della legge n. 59/1997, non sembra assolutamente escludere l'intervento del Consiglio dei Ministri nell'adozione di tali atti. Tali disposizioni e, in particolare il comma 1 dell'art. 8, infatti, richiedendo la previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o con la singola regione interessata, pongono esclusivamente una condizione all'adozione dell'atto di indirizzo e coordinamento la quale non esclude, ma al contrario, implica la competenza/deliberazione del Consiglio dei Ministri. Quanto alle particolari procedure contemplate nei commi 2 e 3, esse scattano in presenza di particolari presupposti quali il mancato raggiungimento dell'intesa nel termine di quarantacinque giorni dalla prima consultazione e la situazione di urgenza. Nel primo caso il Consiglio dei Ministri adotta l'atto di indirizzo e coordinamento previo parere della Commissione Parlamentare per le questioni regionali, in caso di urgenza, invece, il Consiglio dei Ministri e' legittimato ad adottare l'atto senza l'osservanza delle procedure di cui ai commi 1 e 2; l'atto adottato con tali modalita' sara' in ogni caso sottoposto all'esame degli organi di cui ai commi 1 e 2 entro i successivi quindici giorni. Nelle fattispecie previste dai commi 2 e 3, dunque, situazioni eccezionali, quali l'urgenza, legittimano il Consiglio dei Ministri a deliberare senza il rispetto delle normali procedure previste dal primo comma dell'art. 8 della legge n. 59/1997. D'altra parte la tesi in base alla quale la legge 59/1997 avrebbe abolito la necessita' della deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai fini dell'adozione di atti di indirizzo e coordinamento, sarebbe in contraddizione con la giurisprudenza costituzionale. Oltre ad una consolidata giurisprudenza costituzionale in tal senso, da ultimo, con la sentenza n. 18/1997, questa ecc.ma Corte costituzionale, pronunciandosi sulla richiesta di referendum abrogativo avente ad oggetto l'esercizio da parte dello Stato della funzione di indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa delle regioni, ha affermato addirittura, piu' restrittivamente di quanto disposto dall'art. 3 della legge n. 382 del 1975, che "si configura un vero potere di indirizzo e coordinamento... solo quando se ne preveda - da parte del legislatore - l'esercizio in via non legislativa, e cioe con atti del Governo", in quanto "in ogni caso, cio' che trova fondamento nella Costituzione e proprio il riconoscimento in via di principio della possibilita' che la legge attribuisca al Governo il potere di indirizzare e coordinare l'attivita' amministrativa delle regioni in forza di esigenze unitarie, non frazionabili e non localizzabili territorialmente". 1.5. - In base alla nuova disciplina della materia introdotta dall'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59: "Gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali, gli atti di coordinamento tecnico, nonche' le direttive relative all'esercizio delle funzioni delegate, sono adottate previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, o con la singola regione interessata". Al contrario il primo comma dell'art. 4 del decreto-legge n. 175/1997 richiede che il Ministro della sanita', nell'adottare le linee guida dell' organizzazione dell' attivita' libero professionale intramuraria, debba semplicemente "sentire" la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano: anche sotto questo profilo ne risulta confermata l'illegittimita' dell'art. 4 del decreto-legge. 2. - Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione in relazione all'art. 8 della legge n. 59/1997, all'art. 5 della legge n. 833/1978, all'art. 4 del decreto legislativo n. 502/1992 e all'art. 1, comma 8 della legge n. 662/1996, nonche' ai principi fissati dalla giurisprudenza costituzionale. Se l'art. 4 appare illegittimo giacche' attribuisce al solo Ministro della sanita' un potere di indirizzo e coordinamento su materie di indubbia competenza regionale, ad una diversa ma pur sempre grave censura di incostituzionalita' si espone l'art. 1 del decreto-legge n. 175/1997 laddove, quasi tagliando con l'accetta materie che non possono non essere tra loro profondamente intrecciate, prevede che alla disciplina del lungo elenco di materie di cui allo stesso art. 1 (tra cui le caratteristiche dell'attivita' libero professionale intramuraria del personale medico e delle altre professionalita' della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale) sia sufficiente l'atto del Ministro della sanita' senza nessun raccordo con le regioni. Proprio l'imbricazione fra settori come "le caratteristiche dell'attivita' libero professionale intramuraria del personale medico e delle altre professionalita' della dirigenza sanitaria del Servizio sanitario nazionale" e l'organizzazione della medesima attivita' avrebbe richiesto che anche per le competenze di cui all'art. 1 il Ministro della sanita' individuasse una qualche forma di concertazione con le regioni.
P. Q. M. La regione Puglia chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale del decreto-legge 20 giugno 1997, n. 175, in particolare degli artt. 1 e 4, per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione in relazione all'art. 8 della legge n. 59/1997, all'art. 5 della legge n. 833/1978, all'art. 4 del decreto legislativo n. 502/1992 e all'art. 1, comma 8 della legge n. 662/1996, nonche' ai principi fissati dalla giurisprudenza costituzionale. Roma, addi' 22 luglio 1997 Prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto - prof. avv. Aldo Loiodice 97C0976