N. 49 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 agosto 1997

                                 N. 49
  Ricorso  per  questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 1 agosto 1997 (della regione Puglia)
 Sanita' pubblica -  Disposizioni  urgenti  in  materia  di  attivita'
    libero-professionale   della   dirigenza  sanitaria  del  Servizio
    sanitario  nazionale  -   Individuazione   delle   caratteristiche
    dell'attivita'   e   disciplina   dell'opzione   tra   professione
    intramuraria ed extramuraria  -  Emanazione  di  linee  guida  per
    l'organizzazione  dell'attivita'  intramuraria - Adozione mediante
    decreti del Ministro  della  sanita'  -  Omessa  previsione  circa
    adeguate   forme   di  concertazione  con  le  regioni  -  Mancata
    osservanza dei requisiti formali  e  sostanziali  per  l'esercizio
    dell'attivita'  di  indirizzo  e  coordinamento  statale - Lesione
    delle competenze regionali in materia di  assistenza  sanitaria  -
    Richiamo  alle  decisioni della Corte costituzionale nn. 177/1988,
    242/1989, 70/1981, 355/1993, 113/1994 e 18/1997.
 (D.-L. 20 giugno 1997, n. 175, artt. 1 e 4).
 (Cost., artt. 117 e 118; legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 8; legge 23
    dicembre 1978, n. 833, art. 5; d.lgs. 30 dicembre  1992,  n.  502,
    art. 4; legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 8).
(GU n.40 del 1-10-1997 )
   Ricorso  della  Regione  Puglia,  in  persona  del presidente della
 Giunta regionale pro-tempore,  autorizzato  con  delibera  di  Giunta
 regionale n. 4243 del 18 luglio 1997, rappresentata e difesa, come da
 mandato  a  margine del presente atto, dal prof. avv. Aldo Loiodice e
 dal prof.  avv. Beniamino Caravita di Toritto e presso lo  studio  di
 quest'ultimo  elettivamente domiciliata in Roma, via T. Taramelli 22,
 contro il Presidente del Consiglio dei Ministri  pro-tempore  per  la
 dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale del d.-l. 20 giugno
 1997, n. 175, recante "disposizioni urgenti in materia  di  attivita'
 libero professionale della dirigenza sanitaria del servizio sanitario
 nazionale",  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n.
 144, del 23 giugno 1997.
                               F a t t o
   La legge finanziaria 23 dicembre 1996, n. 662, ha dettato una nuova
 disciplina dell'attivita' libero professionale  del  personale  della
 dirigenza  sanitaria del Servizio sanitario nazionale, stabilendo, in
 particolare, all'art. 1, comma 5, l'incompatibilita'  tra  la  libera
 professione  intramuraria  e  quella  extramuraria  e  il  divieto di
 svolgere  la  libera  professione  esterna   in   strutture   private
 accreditate   anche  solo  parzialmente.  I  commi  successivi  hanno
 disposto a carico dei direttori generali delle USL e  delle  Aziende,
 la  attivazione  e  organizzazione,  di  intesa con le regioni, della
 attivita' libero professionale,  nell'ambito  della  ristrutturazione
 della  rete  ospedaliera  (comma  8);  l'integrazione  da parte delle
 regioni dei programmi di edilizia sanitaria (comma 9); l'opzione,  da
 parte  dei  sanitari  operanti in strutture che abbiano organizzato e
 attivato  la  libera  professione   intramuraria,   tra   la   libera
 professione   intramuraria   e   quella   extramuraria,   con  durata
 dell'opzione, nel secondo caso di tre anni, entro il  31  marzo  1997
 (comma 10); l'opzione da parte dei sanitari operanti in strutture che
 non abbiano organizzato e attivato la libera professione entro trenta
 giorni  dalla comunicazione dei direttori generali alle regioni circa
 le strutture  attivate  e  gli  operatori  addetti,  (comma  11);  il
 riconoscimento  di  un  trattamento economico aggiuntivo al personale
 che abbia optato  per  la  professione  intramurale  (comma  12);  la
 previsione,  infine,  di  un  decreto  del Ministro della sanita', da
 adottare entro il 28 febbraio 1997,  per  stabilire  "i  termini  per
 l'attuazione  dei commi 8, 11 e 12, le modalita' per il controllo del
 rispetto  delle  disposizioni  sulla  incompatibilita',  nonche'   la
 disciplina dei consulti e delle consulenze" (comma 14).
   Sul fondamento dell'art. 1, comma 14, legge n. 662/1996 il Ministro
 della  Sanita'  ha  adottato,  in  data  28 febbraio 1997, un decreto
 recante  "Attivita'  libero  professionale  e  incompatibilita'   del
 personale   della   dirigenza   sanitaria   del   Servizio  sanitario
 nazionale".
   In data 9 giugno 1997, con ordinanza n. 1626/1997,  il  TAR  Lazio,
 Sez.  1  bis,  su  ricorso  di  alcune  federazioni di medici e della
 regione  Lombardia,  sospendeva  in  via  cautelare  l'efficacia  del
 decreto  con  la  seguente motivazione: "Ritenuto che l'art. 1, comma
 14, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha  conferito  al  Ministro
 della  sanita'  un  potere di decretazione per disciplinare singoli e
 limitati aspetti attuativi  della  normativa  relativa  all'attivita'
 libero-professionale   e  all'incompatibilita'  del  personale  della
 dirigenza sanitaria del servizio sanitario nazionale; Considerato che
 il decreto impugnato pone, invece, una disciplina di ordine  generale
 regolante aspetti ed attivita' che esulano dall'attribuzione di legge
 e  che  toccano  anche  competenze proprie delle regioni; Considerato
 pertanto che il ricorso appare, ad una prima  delibazione  fondato  e
 che  non  e'  consentito,  per  la natura e l'impostazione dell'atto,
 delimitare gli effetti della sospensiva a singole parti del  decreto,
 attesa anche l'inscindibilita' del complesso delle sue disposizioni".
   In  data 20 giugno 1997 il Consiglio dei Ministri, con l'intento di
 riempire il vuoto normativo creatosi a seguito  della  decisione  del
 TAR  Lazio  e  di  attribuire  un  fondamento  legislativo al decreto
 sospeso e  ad  eventuali  ulteriori  atti  ministeriali  in  materia,
 adottava  il  decreto  legge  n. 175 recante "Disposizioni urgenti in
 materia di attivita' libero professionale della  dirigenza  sanitaria
 del Servizio sanitario nazionale".
   In   particolare   il   decreto-legge   n.  175/1997,  all'art.  1,
 attribuisce al Ministro della sanita' il compito  di  individuare  le
 caratteristiche  dell'attivita' libero professionale intramuraria, le
 categorie professionali e gli enti o  soggetti  destinatari  di  tale
 disciplina, l'opzione tra attivita' libero professionale intramuraria
 ed  extramuraria,  le  modalita'  per il controllo del rispetto delle
 disposizioni sull'incompatibilita', la disciplina delle consulenze  e
 dei  consulti;  all'art.  4,  primo comma, stabilisce che il Ministro
 della sanita', sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo
 Stato, le regioni e le province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,
 emana  le  linee  guida  per  l'organizzazione  dell'attivita' libero
 professionale intramuraria.
   Successivamente all'emanazione del suddetto decreto il Consiglio di
 Stato, con ordinanza n. 1284/1997,  del  2  luglio  1997,  respingeva
 l'appello  proposto  dal  Ministro  della Sanita' avverso l'ordinanza
 1626/1997, con la quale il TAR Lazio aveva  disposto  la  sospensione
 dell'efficacia   del   d.m.   28   febbraio  1997,  con  la  seguente
 motivazione:  "Considerato che il d.-l. 20 giugno 1997  n.  175,  non
 sembra  avere  carattere  interpretativo,  per cui non esplica alcuna
 incidenza nei confronti del suddetto provvedimento impugnato in primo
 grado".
   Oltre ad essere  privo  di  efficacia  interpretativa  rispetto  al
 decreto  del  Ministro della sanita' 28 febbraio 1997, rispetto cioe'
 al passato, il decreto-legge n. 175/1997  risulta  costituzionalmente
 illegittimo per i seguenti motivi di
                             D i r i t t o
   1.  -  Violazione  degli  artt.  117  e  118  della Costituzione in
 relazione all'art. 8 della legge n. 59/1997, all'art. 5  della  legge
 n. 833/1978, all'art 4 del decreto legislativo n. 502/1992 e all'art.
 1, comma 8 della legge n. 662/1996, nonche' ai principi fissati dalla
 giurisprudenza costituzionale.
   1.1.   -  La  competenza  regionale  in  materia  sanitaria,  e  in
 particolare  in  materia  di  organizzazione  dell'attivita'   libero
 professionale  intramuraria non puo' in alcun modo essere revocata in
 dubbio.
   Gli artt. 5-7, 15-18, 22, 47 e 55 della legge  di  riforma,  l'art.
 35  del d.P.R. n. 761/1979 e lo stesso art. 4 del decreto legislativo
 n.  502/1992  definiscono  con  accurata  completezza  la  sfera   di
 competenze   regionali,   includendovi  necessariamente  l'assistenza
 ospedaliera e le strutture, divisioni e  servizi,  organizzativamente
 apprestate  per  erogarla, nonche' gli spazi necessari e le dotazioni
 di personale, ad inclusione dell'utilizzo di esse. Lo stesso art.  1,
 comma  8,  della  legge  n.  662/1996  appare  rispettoso del riparto
 costituzionale  delle  competenze:  la  legge  chiede  ai   direttori
 generali   delle   USL   di   attivare   ed  organizzare  l'attivita'
 libero-professionale "d'intesa con le regioni".
   In  particolare  l'attivazione  e  l'organizzazione  dell'attivita'
 libero  professionale  dei  medici,  per la parte in cui incide sulle
 competenze regionali in materia ospedaliera  e  sanitaria  e  per  la
 parte  in cui riguarda la ristrutturazione della rete ospedaliera, e'
 compito che  i  direttori  generali  delle  USL  devono  svolgere  in
 collegamento  (d'intesa)  con  le  regioni,  ad  esse  spettando - in
 ragione del riparto costituzionale di competenze - fornire  direttive
 ed   indicazioni  sul  versante  organizzativo,  nel  rispetto  della
 legislazione in materia.
   La competenza regionale in materia e' stata  confermata  da  questa
 ecc.ma Corte con la sentenza n. 355/1993.
   Con  tale  sentenza,  infatti, la Corte costituzionale, respingendo
 varie questioni di  costituzionalita'  dell'art.  4,  comma  10,  del
 decreto  legislativo n. 502/1992, sollevate da numerose regioni, dopo
 aver riassunto la disciplina della  libera  professione  intramuraria
 data  dalle  disposizioni  contenute  in  quel  comma,  stabili' che:
 "Contrariamente a quanto suppongono le ricorrenti, tali  disposizioni
 non  interferiscono illegittimamente sulle loro competenze in materia
 di assistenza sanitaria, poiche' non sono norme di dettaglio.  Queste
 ultime,  infatti,  cosi'  possono  qualificarsi  in quanto richiedono
 un'attivita' di materiale esecuzione (v. sent. n. 177 del 1988) o  in
 quanto  precludono  qualsiasi  spazio  per  l'intervento  della legge
 regionale (sent. n. 70 del 1981).   Cio'  non  avviene  nel  caso  di
 specie,  nel  quale  alle regioni e' lasciata, nell'ambito della loro
 potesta' di organizzazione del servizio, tanto l'individuazione e  la
 determinazione degli "spazi adeguati", quanto la fissazione, entro il
 limite   minimo   e  massimo  definito  dallo  Stato,  della  precisa
 percentuale dei posti letto da destinare alle camere a pagamento. Ne'
 e' inutile sottolineare, al fine di  corroborare  l'esclusione  della
 loro  quailficazione  come  norme  di  dettaglio, che le disposizioni
 impugnate  disciplinano  un  punto  rilevante   nel   nuovo   sistema
 dell'assistenza,  poiche'  esse sono mosse dall'esigenza di garantire
 concretamente   che   i    medici    possano    svolgere    attivita'
 libero-professionale   all'interno  dell'ospedale,  sia  al  fine  di
 controbilanciare le nuove regole in materia di  incompatibilita'  nel
 settore  medico (art. 4, comma 7, legge n. 412 del 1992), sia al fine
 di permettere che le aziende ospedaliere, dotate di  piena  autonomia
 finanziaria,  possano  effettivamente  beneficiare  di  nuove entrate
 (art. 4, comma 7, lett.  e), decreto legislativo n. 502 del 1992)".
   1.2. - D'altra parte, anche il decreto-legge n. 175/1997, adottando
 una disciplina differente per le materie di  cui  all'art.  1  e  per
 quelle   di   cui  all'art.  4,  ha  riconosciuto  implicitamente  la
 riconducibilita' delle stesse a competenze diverse: le prime (vale  a
 dire,   le   caratteristiche   dell'attivita'   libero  professionale
 intramuraria, le  categorie  professionali  e  gli  enti  o  soggetti
 destinatari  della  disciplina dell'attivita' intramuraria, l'opzione
 tra attivita' libero professionale intramuraria ed  extramuraria,  le
 modalita'   per   il   controllo   del  rispetto  delle  disposizioni
 sull'incompatibilita', la disciplina delle consulenze e dei consulti)
 di competenza statale; le  seconde  (l'organizzazione  dell'attivita'
 libero professionale intramuraria) di competenza regionale.
   1.3.  -  Nell'ordinamento  costituzionale  vigente  lo  Stato  puo'
 fissare, principi, dare indirizzi, coordinare le attivita' regionali:
 cio'  puo'  farlo  adottando  atti  di  indirizzo   e   coordinamento
 dell'attivita' amministrativa delle regioni.
   Cosicche',  una volta riconosciuta la competenza regionale per cio'
 che attiene agli aspetti organizzatori,  l'incidenza  statale  su  di
 essa puo' avvenire solo rispettando i requisiti formali e sostanziali
 dell'attivita' di indirizzo e coordinamento.
   Nel caso che ci interessa vengono invece violati tutti i requisiti.
   Ed  infatti  l'art.  4,  nella parte in cui omette di richiedere la
 deliberazione del Consiglio dei Ministri per l'emanazione delle linee
 guida  per  l'organizzazione  dell'attivita'   libero   professionale
 intramuraria e ritiene sufficiente a tal fine il decreto del Ministro
 della sanita', si pone in evidente contraddizione sia con la legge di
 riforma  sanitaria  sia con i principi piu' volte affermati da questa
 ecc.ma Corte costituzionale in materia di indirizzo e coordinamento.
   L'art.  5  della legge 23 dicembre 1978, n. 833 dispone chiaramente
 che: "La  funzione  di  indirizzo  e  coordinamento  delle  attivita'
 amministrative delle regioni in materia sanitaria ....... spetta allo
 Stato  e  viene  esercitata,  fuori  dei  casi in cui si provveda con
 legge, mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta
 del Presidente del Consiglio dei Ministri, d'intesa con  il  Ministro
 della sanita', sentito il Consiglio sanitario nazionale".
   La  Corte,  d'altra  parte,  nella sua giurisprudenza oltre ad aver
 sempre riconosciuto il fondamento costituzionale della c.d.  funzione
 di  indirizzo  e  coordinamento,  ha avuto modo di individuare alcuni
 requisiti minimi, formali e sostanziali, al di sotto dei quali non e'
 possibile   scendere   per   poter   riconoscere   la    legittimita'
 costituzionale  della disciplina dettata dalla legislazione ordinaria
 vigente in materia.
   In particolare la Corte, nel caso dell'esercizio di detta  funzione
 in via amministrativa, oltre a richiedere, affinche' venga rispettato
 il  principio  di  legalita'  sostanziale,  che l'atto di indirizzo e
 coordinamento trovi  specifico  fondamento  su  una  norma  di  legge
 statale  ha piu' volte affermato la necessita' che, in quanto atto di
 alta amministrazione, la deliberazione dello stesso  spetti  in  ogni
 caso al Consiglio dei Ministri.
   La  stessa  Corte  costituzionale,  inoltre,  nel  ribadire in piu'
 occasioni il principio in base al  quale  unico  organo  attributario
 della  competenza  a deliberare gli atti di indirizzo e coordinamento
 e' da considerarsi il Consiglio dei Ministri (sentenza n.  242/1989),
 ha   sempre   conseguentemente  statuito  come  in  assenza  di  tale
 deliberazione l'atto di indirizzo e  coordinamento  risulti  invasivo
 delle competenze regionali (sentenza n. 113/1994).
   Nel  caso  appena  citato, la Corte costituzionale non ha temuto di
 annullare un pur importantissimo decreto ministeriale -  in  tema  di
 inquinamento  atmosferico  nelle  grandi citta' - avendo riconosciuto
 che "il decreto del Ministero dell'ambiente vuole essere,  nella  sua
 sostanza,  espressione  della  funzione  governativa  di  indirizzo e
 coordinamento.  Tende a soddisfare esigenze  unitarie,  condiziona  e
 pone  limiti  all'esplicazione  delle  competenze proprie di soggetti
 dotati di  autonomia.  Avendo  tale  caratterizzazione,  l'atto  deve
 essere adottato... con deliberazione del Consiglio dei Ministri".
   1.4. - La necessita' della deliberazione del Consiglio dei Ministri
 non  puo', inoltre ritenersi esclusa alla luce della nuova disciplina
 introdotta dalla legge n. 59/1997 in materia.
   L'art. 8,  comma  5,  della  legge  n.  59/1997  ha  effettivamente
 disposto  l'abrogazione  dell'art. 2, comma 3, lettera d) della legge
 23  agosto  1988,  n.  400,  che  prevedeva  la  sottoposizione  alla
 deliberazione  del  Consiglio  dei Ministri degli atti di indirizzo e
 coordinamento dell'attivita' amministrativa delle regioni.
   Da tale abrogazione, tuttavia, non puo' certo dedursi il venir meno
 dell'obbligatorieta' della deliberazione del Consiglio dei Ministri.
   Il comma 5 dell'art. 8,  infatti,  non  dispone  esclusivamente  in
 ordine  all'art.  2, comma 3, lett. d) della legge 23 agosto 1988, n.
 400 ma estende l'abrogazione a tutte  quelle  disposizioni  di  legge
 (art. 3 legge n. 382/1975; art. 4, secondo comma, d.P.R. n. 616/1977;
 art.  13,  comma 1 lett. e) legge n. 400/1988; art. 1, comma 1, lett.
 hh) legge n. 13 /1991; art. 17, primo comma, legge n. 281/1970)  che,
 nel  loro  complesso, disciplinavano il potere statale di indirizzo e
 coordinamento prima dell'entrata in vigore della legge n. 59/1997.
   Da cio' si desume  come  l'intenzione  del  legislatore  sia  stata
 quella  di  abolire  tutte  le  disposizioni che regolavano il potere
 statale di indirizzo e  coordinamento  dell'attivita'  amministrativa
 delle regioni allo scopo di ridisciplinare completamente la materia.
   D'altra  parte  la  nuova  disciplina, contenuta nei commi da uno a
 quattro della legge n. 59/1997, non  sembra  assolutamente  escludere
 l'intervento del Consiglio dei Ministri nell'adozione di tali atti.
   Tali  disposizioni  e,  in  particolare  il  comma  1  dell'art. 8,
 infatti, richiedendo la previa intesa con  la  Conferenza  permanente
 per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province autonome di
 Trento e di Bolzano o con la  singola  regione  interessata,  pongono
 esclusivamente  una  condizione all'adozione dell'atto di indirizzo e
 coordinamento la quale non  esclude,  ma  al  contrario,  implica  la
 competenza/deliberazione del Consiglio dei Ministri.
   Quanto alle particolari procedure contemplate nei commi 2 e 3, esse
 scattano  in  presenza  di  particolari  presupposti quali il mancato
 raggiungimento dell'intesa nel termine di quarantacinque giorni dalla
 prima consultazione e la situazione di urgenza.
   Nel primo caso il Consiglio dei Ministri adotta l'atto di indirizzo
 e coordinamento previo parere della Commissione Parlamentare  per  le
 questioni  regionali,  in  caso  di urgenza, invece, il Consiglio dei
 Ministri e' legittimato ad adottare l'atto senza  l'osservanza  delle
 procedure  di  cui ai commi 1 e 2; l'atto adottato con tali modalita'
 sara' in ogni caso sottoposto all'esame degli organi di cui ai  commi
 1 e 2 entro i successivi quindici giorni.
   Nelle  fattispecie  previste  dai  commi  2 e 3, dunque, situazioni
 eccezionali, quali l'urgenza, legittimano il Consiglio dei Ministri a
 deliberare senza il rispetto delle  normali  procedure  previste  dal
 primo comma dell'art. 8 della legge n. 59/1997.
   D'altra  parte  la tesi in base alla quale la legge 59/1997 avrebbe
 abolito la necessita' della deliberazione del Consiglio dei Ministri,
 ai fini dell'adozione di atti di indirizzo e  coordinamento,  sarebbe
 in contraddizione con la giurisprudenza costituzionale.
   Oltre  ad  una  consolidata  giurisprudenza  costituzionale  in tal
 senso, da ultimo, con la sentenza n.  18/1997,  questa  ecc.ma  Corte
 costituzionale,   pronunciandosi   sulla   richiesta   di  referendum
 abrogativo avente ad oggetto l'esercizio da parte dello  Stato  della
 funzione  di  indirizzo e coordinamento dell'attivita' amministrativa
 delle regioni, ha affermato  addirittura,  piu'  restrittivamente  di
 quanto  disposto  dall'art.  3  della legge n. 382 del 1975, che  "si
 configura un vero potere di indirizzo e coordinamento... solo  quando
 se  ne  preveda  -  da parte del legislatore - l'esercizio in via non
 legislativa, e cioe con atti del Governo", in quanto "in  ogni  caso,
 cio'   che   trova   fondamento   nella  Costituzione  e  proprio  il
 riconoscimento in via di principio della possibilita'  che  la  legge
 attribuisca   al  Governo  il  potere  di  indirizzare  e  coordinare
 l'attivita'  amministrativa  delle  regioni  in  forza  di   esigenze
 unitarie, non frazionabili e non localizzabili territorialmente".
   1.5.  -  In  base  alla  nuova  disciplina della materia introdotta
 dall'articolo 8 della legge 15  marzo  1997,  n.  59:  "Gli  atti  di
 indirizzo  e  coordinamento  delle funzioni amministrative regionali,
 gli atti di coordinamento  tecnico,  nonche'  le  direttive  relative
 all'esercizio  delle  funzioni  delegate, sono adottate previa intesa
 con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni
 e  le  province  autonome  di  Trento  e di Bolzano, o con la singola
 regione interessata".
   Al contrario il  primo  comma  dell'art.  4  del  decreto-legge  n.
 175/1997  richiede  che  il  Ministro della sanita', nell'adottare le
 linee guida dell' organizzazione dell' attivita' libero professionale
 intramuraria, debba semplicemente "sentire" la Conferenza  permanente
 per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province autonome di
 Trento  e  di  Bolzano:    anche  sotto  questo  profilo  ne  risulta
 confermata l'illegittimita' dell'art. 4 del decreto-legge.
   2.  -  Violazione  degli  artt.  117  e  118  della Costituzione in
 relazione all'art. 8 della legge n. 59/1997, all'art. 5  della  legge
 n.  833/1978,  all'art.  4  del  decreto  legislativo  n.  502/1992 e
 all'art. 1, comma 8 della legge  n.  662/1996,  nonche'  ai  principi
 fissati dalla giurisprudenza costituzionale.
   Se  l'art.  4  appare  illegittimo  giacche'  attribuisce  al  solo
 Ministro della sanita' un potere  di  indirizzo  e  coordinamento  su
 materie  di  indubbia  competenza  regionale,  ad  una diversa ma pur
 sempre grave censura di incostituzionalita' si espone  l'art.  1  del
 decreto-legge  n.  175/1997  laddove,  quasi  tagliando con l'accetta
 materie  che  non  possono  non   essere   tra   loro   profondamente
 intrecciate,  prevede che alla disciplina del lungo elenco di materie
 di cui allo stesso art.  1 (tra cui le caratteristiche dell'attivita'
 libero professionale intramuraria del personale medico e delle  altre
 professionalita'  della  dirigenza  sanitaria  del Servizio sanitario
 nazionale) sia sufficiente l'atto del Ministro  della  sanita'  senza
 nessun raccordo con le regioni.
   Proprio   l'imbricazione   fra  settori  come  "le  caratteristiche
 dell'attivita' libero professionale intramuraria del personale medico
 e delle altre professionalita' della dirigenza sanitaria del Servizio
 sanitario nazionale"  e  l'organizzazione  della  medesima  attivita'
 avrebbe  richiesto  che  anche per le competenze di cui all'art. 1 il
 Ministro  della   sanita'   individuasse   una   qualche   forma   di
 concertazione con le regioni.
                               P. Q. M.
   La  regione  Puglia chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia
 dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  del  decreto-legge   20
 giugno 1997, n. 175, in particolare degli artt. 1 e 4, per violazione
 degli  artt.  117  e  118  della Costituzione in relazione all'art. 8
 della legge n. 59/1997, all'art. 5 della legge n. 833/1978,  all'art.
 4  del  decreto  legislativo  n. 502/1992 e all'art. 1, comma 8 della
 legge n. 662/1996, nonche' ai principi fissati  dalla  giurisprudenza
 costituzionale.
     Roma, addi' 22 luglio 1997
  Prof. avv. Beniamino Caravita di Toritto - prof. avv. Aldo Loiodice
 97C0976