N. 108 SENTENZA 19 marzo - 9 maggio 2019

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Regioni  -  Trattamento  economico   e   regime   previdenziale   dei
  consiglieri regionali - Assegno vitalizio - Criteri e modalita' per
  la   quantificazione   della   quota   "attualizzata"    -    Norma
  auto-qualificata di interpretazione autentica. 
- Legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n.
  4, recante «Interpretazione autentica dell'articolo 10 della  legge
  regionale 21 settembre 2012, n. 6 (Trattamento economico  e  regime
  previdenziale dei  membri  del  Consiglio  della  Regione  autonoma
  Trentino-Alto Adige) e provvedimenti conseguenti», artt. 1, 2, 3  e
  4. 
(GU n.20 del 15-5-2019 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici  :Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario   Rosario   MORELLI,
  Giancarlo CORAGGIO,  Giuliano  AMATO,  Silvana  SCIARRA,  Daria  de
  PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco  MODUGNO,  Augusto  Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e
4 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto  Adige  11  luglio
2014, n. 4, recante «Interpretazione autentica dell'articolo 10 della
legge regionale 21 settembre 2012,  n.  6  (Trattamento  economico  e
regime previdenziale dei membri del Consiglio della Regione  autonoma
Trentino-Alto  Adige)  e  provvedimenti  conseguenti»,  promosso  dal
Tribunale ordinario di Trento, con ordinanza  del  7  febbraio  2017,
iscritta al n. 72 del registro  ordinanze  2017  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  21,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2017. 
    Visti gli atti di  costituzione  in  giudizio  di  A.  K.,  della
Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e   del   Consiglio
regionale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol; 
    udito nell'udienza pubblica del 19 marzo 2019 il Giudice relatore
Nicolo' Zanon; 
    uditi gli avvocati  Massimo  Luciani,  Mariano  Protto  e  Romano
Vaccarella per A. K. e Giandomenico Falcon, Fabio  Corvaja  e  Andrea
Manzi per la  Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e  il
Consiglio   regionale   della    Regione    autonoma    Trentino-Alto
Adige/Südtirol. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il  Tribunale  ordinario  di  Trento,  con  ordinanza  del  7
febbraio 2017, iscritta al n. 72  del  registro  ordinanze  2017,  ha
sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge della
Regione autonoma Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014,  n.  4,  recante
«Interpretazione autentica dell'articolo 10 della legge regionale  21
settembre 2012, n. 6 (Trattamento economico  e  regime  previdenziale
dei membri del Consiglio della Regione autonoma Trentino-Alto  Adige)
e provvedimenti conseguenti»,  nella  parte  in  cui  «applicano  con
efficacia  retroattiva  la  nozione  di   "valore   attuale   medio",
prevedendo l'obbligo di restituzione di somme  e/o  quote  del  Fondo
Family gia' percepite  legittimamente  da  ex  consiglieri  regionali
sulla base della legge regionale 21 settembre 2012, n. 6». 
    La questione di legittimita' costituzionale sorge in un  giudizio
instaurato da A. K.,  -  gia'  consigliere  regionale  della  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige dal 13 dicembre 1988 al 17 giugno 2001 -
nei confronti, tra gli altri, della stessa  Regione  autonoma  e  del
Consiglio regionale altoatesino. 
    Il giudice a quo afferma in  primo  luogo  la  sussistenza  della
propria giurisdizione in ragione  della  pronuncia  adottata,  in  un
analogo processo, dalla Corte di cassazione, sezioni unite,  sentenza
20 luglio 2016, n. 14920, in sede di regolamento preventivo. 
    Il giudice rimettente espone che, con decreto del Presidente  del
Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige 30 ottobre 2013, n.  663,
l'importo mensile dell'assegno vitalizio di cui  e'  titolare  A.  K.
veniva rideterminato, a far data dal 1°  gennaio  2014,  nell'importo
lordo di euro 4.127,72, pari al 30,40 per cento della base di calcolo
costituita dall'indennita' parlamentare lorda,  in  sostituzione  del
precedente 48,10 per cento. Contestualmente, con lo  stesso  decreto,
ad A.  K.  veniva  «liquidato  il  valore  attualizzato  della  parte
ulteriore di vitalizio, gia' maturato ma non piu'  percependo,  nella
somma  di  euro   364.931,99,   attribuendola   all'attore   mediante
l'erogazione  di  euro  144.931,99  e  l'assegnazione  dell'ulteriore
importo di euro 220.000,00 in quote nominative del Fondo Family». 
    Le misure disposte con tale decreto trovavano il loro  fondamento
nell'art. 10 della legge della Regione autonoma  Trentino-Alto  Adige
21 settembre 2012, n. 6 (Trattamento economico e regime previdenziale
dei membri del Consiglio della Regione autonoma Trentino-Alto  Adige)
e  in  successive  determinazioni  dell'ufficio  di  presidenza   del
Consiglio   regionale   della    Regione    autonoma    Trentino-Alto
Adige/Südtirol. In particolare, secondo l'art. 10, comma 2,  di  tale
legge, «[a]i Consiglieri cessati dal mandato che godono di un assegno
vitalizio superiore alla misura del 30,40 per cento  [dell'indennita'
parlamentare lorda] e' data facolta', entro un termine fissato con le
modalita' di cui al comma 4, di optare in forma irrevocabile  per  il
riconoscimento del  valore  attuale  della  quota  del  loro  assegno
vitalizio che eccede tale misura con la conseguente  rideterminazione
del proprio assegno». Il comma 4, lettera a), del  medesimo  art.  10
attribuiva  inoltre  all'ufficio  di   presidenza   il   compito   di
determinare   con   propria   deliberazione   i   criteri   per    la
quantificazione del «valore attuale», nonche' quello  di  individuare
uno strumento finanziario al quale  destinare  obbligatoriamente,  in
tutto o in parte, gli importi attualizzati. 
    Sulla base di quanto previsto dalla normativa citata, e alla luce
dei  criteri  adottati  dall'ufficio  di  presidenza  del   Consiglio
regionale, A. K. aveva cosi'  esercitato  l'opzione  per  il  «valore
attuale», compensando la  riduzione  del  proprio  assegno  vitalizio
mensile con la «contestuale  liquidazione  in  valore  attuale  della
parte non piu' percependa». 
    Espone il rimettente che, a seguito dell'entrata in vigore  della
legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014, ad A. K. veniva chiesta
- con decreto del Presidente del Consiglio  regionale  della  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 26 settembre 2014, n. 104 -  la
restituzione  di  euro  130.438,30  in  contanti,   o   mediante   il
trasferimento di quote del "Fondo Family". 
    Cio' a causa della  legge  reg.  Trentino-Alto  Adige  da  ultimo
citata, che, con efficacia retroattiva, ha «sostanzialmente mutato  i
criteri di determinazione del valore  attualizzato  della  parte  non
piu' percependa di vitalizio». 
    In particolare, l'art. 1 della legge prevede  che  «[i]l  termine
"valore attuale" di cui all'articolo  10  della  legge  regionale  21
settembre 2012, n. 6 [...], dal momento di entrata  in  vigore  della
legge  regionale  stessa,  si  interpreta  nel  senso  che  esso   fa
riferimento al "valore attuale medio"» e attribuisce  all'ufficio  di
presidenza del Consiglio regionale il mero  compito  di  quantificare
tale valore sulla base dei  nuovi  criteri  determinati  dall'art.  2
della medesima legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014. L'art. 1
sancisce anche la nullita' di tutti  gli  atti  adottati  sulla  base
delle delibere del «valore attuale», mentre gli artt. 3 e 4 impongono
l'obbligo di restituire - con forme e modalita'  variabili  -  quanto
maggiormente percepito (in somme o in quote del "Fondo Family") sulla
base del «valore attuale». 
    A fronte di tutto cio', A. K.  adiva  pertanto  il  Tribunale  di
Trento, in sede di cognizione, per sentire  dichiarata  l'inesistenza
di qualsivoglia obbligo di restituzione di quanto percepito a  titolo
di assegno vitalizio. 
    2.- In punto  di  rilevanza,  evidenzia  il  rimettente  come  la
pretesa   restitutoria   della   Regione    autonoma    Trentino-Alto
Adige/Südtirol potra' ritenersi fondata,  e  determinare  il  rigetto
della  corrispondente  azione  di  accertamento   negativo   proposta
dall'attore, solo se  gli  artt.  1,  2,  3  e  4  della  legge  reg.
Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014 siano conformi a  Costituzione;  in
caso contrario tale pretesa dovra' essere ritenuta non fondata. 
    Nel merito, il giudice a quo espone che «la legge regionale n.  6
del 2012, per effettuare l'attualizzazione  della  quota  di  assegno
vitalizio non piu' percependa, demandava la  concreta  determinazione
del  "valore  attuale"  all'Ufficio  di  presidenza   del   Consiglio
regionale (senza cioe' porre alcun specifico  criterio  legislativo),
mentre la nuova legge regionale n. 4  del  2014  -  asseritamente  di
interpretazione autentica della precedente - ha fissato direttamente,
al proprio art. 2, i criteri con cui effettuare la determinazione del
valore attuale (ora  chiamato  "valore  attuale  medio"),  sottraendo
cosi' ogni margine di discrezionalita' all'Ufficio». 
    La novella legislativa non potrebbe, a dire del  giudice  a  quo,
correttamente qualificarsi come legge  di  interpretazione  autentica
«poiche' essa non fa fronte ad uno stato di incertezza, ne'  effettua
una scelta tra le variabili di senso della  legge  interpretata,  ne'
intende contrastare alcun  orientamento  giurisprudenziale,  poiche',
invece, procede direttamente ad introdurre  una  completamente  nuova
analitica determinazione dei parametri per l'attualizzazione». 
    Il giudice rimettente  richiama  la  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale secondo cui le disposizioni retroattive devono trovare
adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non  devono
contrastare  con  altri  principi  e   interessi   costituzionalmente
protetti (vengono richiamate le sentenze n. 93 del 2011, n.  234  del
2007 e n. 374 del 2002). In particolare,  il  giudice  a  quo  evoca,
quali corollari  del  principio  di  ragionevolezza,  il  divieto  di
introdurre  ingiustificate  disparita'  di  trattamento,  la   tutela
dell'affidamento dei soggetti privati,  la  coerenza  e  la  certezza
dell'ordinamento,  il  rispetto  delle  funzioni   costituzionalmente
riservate al potere giudiziario (vengono citate le  sentenze  n.  209
del 2010 e n. 397 del 1994). 
    La natura retroattiva della legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  4
del 2014 si desumerebbe in modo particolare da tre distinti elementi:
a) la dichiarazione di nullita' degli atti e  dei  provvedimenti  che
contenevano pregresse quantificazioni del valore attuale  e  di  ogni
atto  conseguente  (art.  1);  b)  la  previsione   che   impone   la
restituzione ed i recuperi delle somme precedentemente erogate  sulla
base della nozione di «valore  attuale»  determinata  secondo  quanto
previsto dall'art. 10 della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  6  del
2012 (art. 3); c) la rideterminazione delle quote del "Fondo Family",
sulla base del nuovo criterio del «valore attuale medio» (art. 4). 
    Nell'imporre una sostanziale modifica con  efficacia  retroattiva
della normativa di cui alla legge reg. Trentino-Alto Adige n.  6  del
2012,  la  legge  reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  4  del   2014   non
rispetterebbe   i    principi    affermati    dalla    giurisprudenza
costituzionale. 
    Essa   violerebbe   l'art.   3   Cost.,   «incidendo,   in   modo
irragionevole, sul legittimo affidamento nella  sicurezza  giuridica,
che  costituisce  elemento  fondamentale  dello  Stato  di   diritto»
(vengono citate le sentenze n. 170 e n. 103 del 2013, n. 270 e n.  71
del 2011, n. 236 e n.  206  del  2009),  poiche'  «l'affidamento  del
cittadino nella sicurezza giuridica [...] non  puo'  essere  leso  da
disposizioni retroattive, che trasmodino in  regolamento  irrazionale
di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori» (si richiama la
sentenza n. 446  del  2002).  Il  giudice  rimettente  ricorda  come,
secondo la giurisprudenza costituzionale, la  norma  retroattiva  non
puo' tradire l'affidamento del privato, «specie se  maturato  con  il
consolidamento di situazioni  sostanziali,  pur  se  la  disposizione
retroattiva sia  dettata  dalla  necessita'  di  contenere  la  spesa
pubblica». 
    Secondo  il  giudice   a   quo,   «a   fronte   della   legittima
corresponsione - sulla base di una legge - di  una  non  indifferente
somma di denaro (oppure dell'attribuzione  di  [quote  di]  fondi  di
investimento), ogni persona adotta delle scelte - anche di una  certa
importanza - nell'ambito della propria  vita  personale  e  familiare
[...].  Consentire  che  una  legge  successiva  possa  rimettere  in
discussione tale attribuzione patrimoniale, obbligando la  persona  a
restituirla,   significa   sconvolgere   la   sua   vita   personale,
costringendolo a rivedere integralmente le non indifferenti scelte di
vita personale e familiare che  egli  puo'  aver  effettuato  facendo
affidamento sulla stabilita' dell'attribuzione  patrimoniale  stessa.
Se si ammette che una legge successiva possa costringere il  soggetto
a restituire  un'attribuzione  patrimoniale  legittimamente  ricevuta
sulla base di una legge precedente, si costringe il soggetto stesso a
non fare affidamento sull'attribuzione patrimoniale stessa e quindi a
non utilizzarla, poiche'  egli  potrebbe  sempre  essere  chiamato  a
restituirla». 
    Secondo  il  giudice  rimettente,  la  supposta  violazione   dei
principi di ragionevolezza, di affidamento e sicurezza  dei  rapporti
giuridici sanciti  dall'art.  3  Cost.  non  sarebbe  smentita  dalla
brevita' del tempo intercorso tra la corresponsione dell'attribuzione
patrimoniale (decreto del Presidente del Consiglio regionale  n.  663
del 30 ottobre 2013) e la richiesta della sua  restituzione  (decreto
del Presidente del Consiglio regionale n. 104 del 26 settembre 2014).
Nessun rilievo avrebbe neppure la circostanza secondo  cui  la  legge
reg. Trentino-Alto Adige n. 6 del 2012 sarebbe stata fatta oggetto di
proposte di modifica anche prima dell'approvazione della  legge  reg.
Trentino-Alto  Adige  n.  4  del  2014;  ne'  che   i   provvedimenti
amministrativi attuativi della stessa legge reg. Trentino-Alto  Adige
n. 6  del  2012  sarebbero  stati  oggetto  di  impugnativa  in  sede
giurisdizionale; ne' che la locale Procura della  Repubblica  avrebbe
svolto indagini sulle persone chiamate dall'ufficio di presidenza del
Consiglio regionale ad elaborare i criteri per il calcolo del «valore
attuale». 
    3.-  Con  atto  datato  10  maggio  2017,  depositato  presso  la
cancelleria della Corte costituzionale  il  17  maggio  2017,  si  e'
costituita in giudizio la parte privata,  A.  K.,  chiedendo  che  la
Corte   costituzionale   accolga   la   questione   di   legittimita'
costituzionale   sollevata,   rinviando    a    successiva    memoria
l'illustrazione delle ragioni a sostegno della richiesta. 
    4.- Con due distinti atti di identico contenuto, datati 12 giugno
2017 e depositati presso la cancelleria della Corte costituzionale il
13 giugno 2017, si sono costituiti in giudizio  la  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol e il Consiglio  regionale  della  stessa
Regione, per  sostenere  l'inammissibilita'  e,  nei  limiti  in  cui
risulti ammissibile, la non fondatezza della questione. 
    Rispetto alla descrizione dei fatti operata dal giudice a quo, la
Regione  e  il  Consiglio  regionale  precisano  che  A.  K.,   prima
dell'entrata in vigore della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 6  del
2012, era titolare di un assegno vitalizio commisurato al  48,10  per
cento  dell'indennita'  parlamentare  lorda,  pari  a  euro  6.100,52
mensili lordi, che, a seguito  della  annuale  rivalutazione  secondo
l'indice dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT),  ammontava  -
al 31 dicembre 2013 - a euro 6.531,04 mensili lordi. 
    A seguito della scelta di A. K. di avvalersi dell'opzione per  il
regime previsto dall'art. 10, comma 2, della legge reg. Trentino-Alto
Adige n. 6 del 2012, a  compensazione  della  riduzione  dell'assegno
vitalizio mensile - parametrato ora al 30,40 per cento e non piu'  al
48,10 per cento dell'indennita' parlamentare lorda - egli  si  vedeva
riconosciuta «l'attribuzione immediata [...] del valore attuale della
differenza tra il 48,1% e il 30,4%». L'importo dell'assegno vitalizio
mensile scendeva da euro 6.531,04 a euro 4.127,72  lordi;  mentre  la
quota ridotta del vitalizio era convertita nel suo  «valore  attuale»
calcolato nell'importo  netto  complessivo  di  euro  364.931,99.  Di
questi, il 39 per cento, pari a euro 144.931,99, veniva  erogata  con
mandato di pagamento del 13 novembre 2013; la restante parte, pari  a
euro 220.000,00, veniva attribuita ad A. K. a mezzo di quattro  quote
nominative del "Fondo Family" con scadenza 31 dicembre degli anni dal
2018 al 2021. 
    La Regione e il Consiglio regionale segnalano poi che l'art.  10,
comma 1, della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 6 del  2012  prevede
che anche ai  consiglieri  in  carica  nella  XIV  legislatura  o  ai
consiglieri cessati dal mandato in attesa di maturare i requisiti per
l'attribuzione del vitalizio, l'importo dell'assegno viene ridotto al
30,40 per cento della base di calcolo,  e  per  la  parte  eccedente,
viene riconosciuto il «valore  attuale».  Con  riferimento  a  questa
specifica previsione, la  delibera  dell'ufficio  di  presidenza  del
Consiglio regionale del 27 maggio 2013, n. 334, con la quale e' stato
adottato il «Regolamento concernente  la  determinazione  del  valore
attuale di una quota di assegno vitalizio e  le  disposizioni  comuni
con le contribuzioni per il trattamento indennitario»,  ha  stabilito
che  anche  per  tali  consiglieri  la  quota  del  «valore  attuale»
dell'assegno vitalizio fosse erogata immediatamente, nonostante  essi
non avessero ancora  maturato  i  requisiti  per  l'attribuzione  del
vitalizio stesso. 
    Sottolineano Regione e Consiglio regionale come le  deliberazioni
dell'ufficio di presidenza, e i conseguenti atti  amministrativi  del
procedimento  di  attualizzazione,  siano  «stati  oggetto  di  forte
critica da parte della opinione  pubblica  della  Regione»,  e  siano
stati «contestati nella loro legittimita' in diverse sedi,  generando
iniziative  impugnatorie  e  procedimenti,  tuttora  pendenti,  volti
all'accertamento  della  responsabilita'  penale  e   contabile   dei
soggetti che hanno concorso ad adottarli». 
    Proprio alla luce di tali  circostanze,  il  Consiglio  regionale
avrebbe adottato la legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014, con
lo  scopo  di  correggere  la   determinazione   dei   parametri   di
attualizzazione, «che aveva condotto ad  una  sovrastima  del  valore
attuale  della  quota»  e  l'estensione   immediata   del   beneficio
dell'attualizzazione anche ai soggetti privi del diritto  all'assegno
vitalizio, che pure si erano visti attribuita  la  quota  «idealmente
ridotta». 
    La Regione e il Consiglio regionale osservano poi che - all'esito
dell'entrata in vigore della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4  del
2014 - il Presidente del Consiglio regionale aveva comunicato  ad  A.
K., gia' con nota del 30 luglio 2014, che egli sarebbe  stato  tenuto
alla  restituzione  dell'importo  netto  di   euro   130.438,40.   In
alternativa, ai sensi dell'art. 5 della stessa legge regionale,  egli
avrebbe potuto revocare con effetto retroattivo l'opzione  esercitata
ai sensi dell'art. 10, comma 2, della legge reg. Trentino-Alto  Adige
n. 6 del 2012. Non essendo intervenuta alcuna revoca, con  successivo
decreto del 26 settembre 2014, n. 104,  trasmesso  ad  A.  K.  il  30
settembre 2014, il Presidente del  Consiglio  regionale  chiedeva  la
restituzione, entro novanta giorni, dell'importo di euro 130.438,40. 
    Alla luce di tali atti, A. K. ha instaurato il  giudizio  da  cui
promana la presente questione di legittimita' costituzionale. 
    5.- Cosi' precisati i profili di fatto della vicenda, la  Regione
e il  Consiglio  regionale  costituiti  eccepiscono  in  primo  luogo
l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale: il
giudice   rimettente   avrebbe   infatti   erroneamente    contestato
«globalmente gli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge  regionale  n.  4  del
2014», senza considerare che alcune delle  previsioni  ivi  contenute
riguardano fattispecie diverse da quelle applicabili nel  giudizio  a
quo. In particolare, gli artt. 1, comma 4, e 4, comma 4, della  legge
reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  4  del  2014   disciplinerebbero   la
situazione di quei consiglieri regionali che «pur non avendo maturato
i requisiti per l'attribuzione del vitalizio,  si  erano  purtuttavia
visti immediatamente attribuire a  titolo  di  "valore  attuale"  una
quota dell'assegno futuro». Non sarebbe pero' questo il  caso  di  A.
K., che, avendone maturato i requisiti, era gia'  da  tempo  titolare
dell'assegno vitalizio. La  difesa  della  Regione  e  del  Consiglio
regionale   lascia   peraltro   sottintendere    che    la    mancata
considerazione, da parte del giudice a quo, dei  differenti  problemi
sottesi alle diverse fattispecie disciplinate  dalla  legge  potrebbe
determinare  la  complessiva  inammissibilita'  della  questione   di
legittimita' costituzionale. 
    Nel merito, la Regione e il  Consiglio  regionale  contestano  in
primo luogo l'assunto del giudice a quo, che  nega  alla  legge  reg.
Trentino-Alto  Adige  n.  4  del  2014  la   natura   di   legge   di
interpretazione autentica: l'obiettivo della legge impugnata  sarebbe
infatti «segnatamente quello  di  ristabilire  un  significato  della
disposizione piu' vicino alla volonta' originaria  del  legislatore».
In particolare, i parametri di attualizzazione prescritti dall'art. 2
della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del  2014  sarebbero  tutti
circoscritti nell'ambito delle possibilita' aperte dall'art. 10 della
legge reg. Trentino-Alto Adige n. 6  del  2012:  «il  valore  attuale
medio di cui  ragiona  la  legge  regionale  n.  4  del  2014,  lungi
dall'essere qualcosa di "completamente nuovo e  diverso"  dal  valore
attuale di cui e' parola nella legge regionale n. 6  del  2012  (come
invece ritiene  il  giudice  a  quo)»,  ne  costituirebbe  una  «mera
specificazione,  e  precisamente  la  specificazione   che   consente
l'attuazione piu' ragionevole e corretta». 
    Alla luce della ratio della legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  6
del 2012, volta  al  contenimento  della  spesa  pubblica,  sarebbero
pertanto i criteri adottati dall'ufficio di presidenza nelle delibere
n. 324 e 334 del 2013 - «altamente premiali e poco  realistici»  -  a
non armonizzarsi con la legge stessa;  mentre  i  parametri  adottati
dalla legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4  del  2014  costituirebbero
una «fedele esecuzione della legge n. 6 del 2012». 
    In particolare, per la Regione e il Consiglio  Regionale  sarebbe
incomprensibile  la  ragione   per   cui,   nelle   citate   delibere
dell'ufficio  di  presidenza  del  Consiglio  regionale   che   hanno
determinato i parametri di attualizzazione, l'aspettativa di vita per
i titolari degli assegni vitalizi «sia stata calcolata in modo  tanto
superiore  rispetto  alla   classe   demografica   di   riferimento»;
altrettanto inspiegabile sarebbe la ragione  per  cui  «la  solidita'
finanziaria  della  Regione  potesse  avere  un  rating   del   tutto
indipendente da quello della stessa  Repubblica  italiana»;  analoghi
dubbi  sussisterebbero  sulla  scelta  di  non  tenere  conto,  nella
determinazione del  tasso  di  sconto,  «del  rischio  di  interventi
rimodulativi sui vitalizi in corso, analoghi a quelli  attuati  dalla
legge regionale n. 5 del 2014, e tanto  piu'  prevedibili  in  quanto
l'intero contesto nazionale si muoveva in quella direzione».  D'altra
parte,  espongono  le  parti,  la  correttezza   dei   parametri   di
attualizzazione sarebbe stata oggetto di attenzione, prima ancora che
del legislatore regionale, della magistratura penale e contabile. 
    Tutto cio' considerato, la  legge  di  interpretazione  autentica
apparirebbe  «non  solo  opportuna  e  giustificata,   bensi'   anche
necessaria per rendere piu' sicuramente legittima una operazione gia'
contestata in diverse sedi e  per  rimuovere  possibili  dubbi  sulla
stessa   legittimita'   della   legge   regionale    oggetto    della
interpretazione, assicurando ad essa  un  significato  corrispondente
alla originaria volonta' del legislatore e certo  non  irragionevole,
anche in considerazione di fondamentali esigenze di eguaglianza e  di
equita' sociale» (vengono a tal proposito citate le sentenze  n.  132
del 2016, n. 1 del 2011, n. 314 del 1994 e n. 56  del  1989,  nonche'
l'ordinanza n. 432 del 1989). 
    6.- In  ogni  caso,  non  sarebbe  fondata  la  censura  relativa
all'ingiustificata  lesione   del   legittimo   affidamento   riposto
dall'attore sulle somme e sulle quote erogategli. La Regione  ritiene
che proprio gli elementi che il giudice  rimettente  ha  ritenuto  in
tale prospettiva irrilevanti (la brevita' del tempo intercorso tra la
corresponsione dell'attribuzione patrimoniale e  la  richiesta  della
sua restituzione; la  notorieta'  dell'esistenza  delle  proposte  di
legge  volte  a  correggere  l'assetto  dettato  dalla   legge   reg.
Trentino-Alto Adige n. 6 del 2012 anche prima dell'approvazione della
legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014; l'avvenuta impugnazione
dei provvedimenti applicativi; lo svolgimento delle indagini da parte
della  locale  Procura  della  Repubblica  sulle   persone   chiamate
dall'ufficio di presidenza del Consiglio  regionale  ad  elaborare  i
criteri per il calcolo del «valore attuale») siano invece in grado di
«escludere che potessero  essere  sorti  affidamenti  legittimi  alla
conservazione del beneficio, nei termini in cui era stato erogato». 
    D'altra  parte,  proprio  perche'   sono   stati   i   «parametri
irrealistici» contenuti nelle delibere dell'ufficio di presidenza del
Consiglio regionale ad aver «tradito il senso della legge  n.  6  del
2012, un problema di affidamento meritevole di tutela  fondato  sulla
legge non si pone nemmeno». Cio' sarebbe dimostrato dal fatto che  lo
stesso giudice a quo non ha messo in discussione la  correttezza  dei
parametri adottati dalla legge reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  6  del
2014. 
    Anche alla luce di  cio',  non  vi  sarebbe  alcuna  lesione  del
legittimo affidamento, posto che «lo  sdegno  dell'opinione  pubblica
[...], immediate contestazioni in tutte le sedi e  l'immediato  avvio
delle iniziative correttive, ampiamente pubblicizzate  e  sicuramente
note ai ricorrenti», «convergono nell'escludere positivamente  che  i
beneficiari   potessero   realmente   "confidare"   nella   integrale
conservazione delle somme che  erano  state  loro  pagate  con  [...]
generosa larghezza» (viene a tal proposito citata la sentenza  n.  16
del 2017). 
    Infine, la Regione sottolinea come gli artt. 3 e  4  della  legge
regionale  impugnata   consentono   ai   percettori   del   vitalizio
attualizzato la restituzione di quanto  percepito  sulla  base  della
legge reg. Trentino-Alto Adige n. 6  del  2012  in  modo  graduale  e
flessibile nei tempi e  nei  modi.  Particolare  rilievo,  in  questa
prospettiva, assumerebbe la circostanza secondo cui  la  restituzione
puo'  essere  effettuata  tramite  la  riassegnazione  al   Consiglio
regionale delle quote del "Fondo  Family"  ancora  non  esigibili  al
momento dell'entrata in vigore della legge e delle quali  pertanto  i
beneficiari non potevano avere gia' disposto. Di particolare  rilievo
sarebbe poi la previsione che consente all'ufficio di  presidenza  di
valutare modalita' di recupero, prevedendo idonee forme  di  garanzie
per coloro che si trovano nell'impossibilita' di restituire la  quota
di  valore  attuale.  Tali  previsioni  salvaguarderebbero   pertanto
l'affidamento  dei  soggetti  beneficiari  dell'attualizzazione   del
vitalizio. 
    7.- In data 15 febbraio 2019, A. K. ha depositato  documentazione
poi  illustrata  nella  memoria  predisposta  in  vista  dell'udienza
pubblica. 
    In quest'ultima si evidenzia in primo luogo come  l'eccezione  di
inammissibilita' avanzata dalla Regione e dal Consiglio regionale non
possa configurarsi come tale, ma, al  piu',  come  una  «precisazione
delle norme oggetto di censura», volta ad escludere  le  disposizioni
che non determinano applicazione retroattiva del «valore attuale» e/o
l'obbligo di restituzione delle somme  gia'  erogate  al  momento  di
entrata in vigore della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014:
in ogni caso, anche «ove fosse amputata  di  tali  norme»  (artt.  1,
comma  4,  e  4,  comma  4),  «la  questione  resterebbe   pienamente
rilevante» poiche' «il remittente ha inteso censurare la legittimita'
dell'impianto normativo, sopra descritto, nella sua compiutezza,  ben
cogliendo la logica comune che ispira tutte le norme indubbiate». 
    Nel merito, A. K. aderisce alla tesi del rimettente  quanto  alla
contestazione della natura  di  legge  di  interpretazione  autentica
della  legge  oggetto  di  impugnazione   e   richiama   la   recente
giurisprudenza costituzionale sviluppatasi  su  tali  tipi  di  leggi
(vengono citate, ex plurimis, le sentenze n. 73 del 2017, n. 132  del
2016 e n.  170  del  2013):  in  particolare,  la  legge  retroattiva
censurata avrebbe natura innovativa e conterrebbe previsioni che  non
modificano  un  rapporto  giuridico  di  durata,   ma   «un   assetto
d'interessi gia' interamente definito e pienamente sedimentato tra le
parti». 
    La legge censurata presenterebbe tutti gli indici  rivelatori  di
un uso illegittimo della legislazione retroattiva: «l'adozione di una
disciplina  violativa  del  divieto  di   introdurre   ingiustificate
disparita' di trattamento  (specie  pel  profilo  della  soppressione
della regola dell'attualizzazione della "quota eccedente", per  tutti
i beneficiari al 1° gennaio 2014, con conseguente adozione di criteri
volatili)»; «l'irragionevolezza della disciplina retroattiva (per  il
profilo  dell'erronea  autoqualificazione  legislativa,   della   non
necessarieta' di interventi  correttivi,  nemmeno  nella  prospettiva
della finanza pubblica, nonche' per il profilo  della  fissazione  ex
lege di criteri che rientrano nel dominio della scienza attuariale)»;
«la lesione del legittimo affidamento»; «la gravita' del  pregiudizio
patito dai destinatari della disciplina retroattiva». 
    A dimostrazione di tali assunti, A. K. ricostruisce  l'evoluzione
della disciplina regionale in  materia  di  assegni  vitalizi,  dalla
quale emergerebbe come nel corso degli anni l'importo  degli  assegni
vitalizi stessi sarebbe stato  ripetutamente  decurtato.  Per  quanto
concerne la legge reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  4  del  2014,  essa
avrebbe determinato - con le  modifiche  ai  parametri  di  cui  alla
delibera n. 324 del 2013 dell'ufficio  di  presidenza  del  Consiglio
regionale - una riduzione di circa il  35  per  cento  degli  importi
attualizzati. 
    Cio'  premesso,  A.  K.  contesta  che   vi   fossero   contrasti
applicativi sulla legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  6  del  2012  e
contesta altresi' la tesi sostenuta dalla difesa della Regione e  del
Consiglio regionale secondo cui tale legge possa  essere  in  qualche
modo interpretabile: essa sarebbe in realta' «neutra», limitandosi  a
rimettere a successive scelte tecniche la determinazione del  «valore
attuale». Di conseguenza, la legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4  del
2014, lungi dallo svolgere qualsiasi interpretazione della precedente
legge,  avrebbe  imposto  «un'aprioristica  volonta'  del   principe,
operando in maniera punitiva nei confronti dei  soggetti  beneficiari
dell'attualizzazione»,   sostituendo   le   scelte    precedentemente
effettuate in base a indicazioni tecnico-scientifiche con  scelte  di
carattere  esclusivamente  politico  (viene   richiamata   anche   la
giurisprudenza costituzionale «in ragione della quale il principio di
ragionevolezza  impone  al  legislatore  di  rispettare  le  evidenze
tecnico-scientifiche»).    Cio'    rivelerebbe     l'irragionevolezza
dell'intervento legislativo, cosi' come anche la  auto-qualificazione
della  stessa  legge  alla  stregua  di  norma   di   interpretazione
autentica. 
    Ne' la pretesa necessita' di contenere la spesa consentirebbe  di
evitare le censure di irragionevolezza:  sostiene  infatti  la  parte
privata che in realta' gia' la riforma  contenuta  nella  legge  reg.
Trentino-Alto  Adige  n.  6  del   2012   avrebbe   determinato   una
significativa  riduzione  della  spesa  corrente  per   i   vitalizi,
consentendo il finanziamento di una serie di interventi solidaristici
a  favore  delle  famiglie   piu'   bisognose   della   Regione.   Il
raggiungimento dell'obiettivo di riduzione dei  costi  gia'  ottenuto
avrebbe dunque reso privo di  ragionevolezza  l'ulteriore  intervento
del legislatore regionale effettuato con la legge reg.  Trentino-Alto
Adige n. 4 del 2014. 
    Ulteriore  profilo  di  irragionevolezza   si   desumerebbe   dal
principio contenuto nella sentenza della Corte costituzionale n.  173
del 2016, secondo cui l'imposizione di contributi sulle pensioni  non
puo' essere ripetitiva e reiterata: circostanza questa  che,  invece,
secondo la parte privata, si sarebbe inverata proprio in virtu' delle
disposizioni impugnate. 
    Richiamata la giurisprudenza  della  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo sul principio di legittimo affidamento, A. K.  si  sofferma
poi  sulla  concreta  determinazione  dei  parametri  adottati  dalla
delibera dell'ufficio di presidenza del Consiglio  regionale  n.  324
del 2013, evidenziandone la  correttezza  e  sostenendo  che  nessuna
influenza avrebbe, nel giudizio di costituzionalita',  l'apertura  di
procedimenti penali e  contabili  sugli  eventuali  vizi  applicativi
della legge n. 6 del 2012. 
    Da ultimo, A. K. sottolinea che a fronte degli obiettivi di forte
riduzione della spesa ottenuti dalla legge reg.  Trentino-Alto  Adige
n.  6  del  2012,  l'approvazione  di  un  imprevedibile  «intervento
(pseudo) correttivo di cui non c'era alcuna esigenza» avrebbe leso il
principio del legittimo affidamento dei beneficiari, che  si  sarebbe
sedimentato   in   ragione   dell'applicazione   della   legge   reg.
Trentino-Alto Adige n.  6  del  2012  «in  numerosi  atti  di  natura
regolamentare, amministrativa e negoziale» (vengono a  tal  proposito
citate  alcune  decisioni  della  Corte  di   giustizia   dell'Unione
europea). 
    8.- In data 26 febbraio 2019, la Regione  autonoma  Trentino-Alto
Adige/Südtirol e il Consiglio regionale della  stessa  Regione  hanno
depositato ulteriore memoria,  nella  quale  hanno  evidenziato,  con
apposita documentazione, come la presenza di avanzi di consuntivo nel
bilancio regionale  e  il  patrimonio  del  Consiglio  regionale  non
sarebbero  affatto   indicativi   «di   una   particolare   solidita'
finanziaria dell'organo legislativo  della  Regione,  visto  che  gli
stessi periodi espongono sovente un peggioramento  patrimoniale».  Le
risorse  del  Consiglio,  in  particolare,  costituirebbero  il  mero
«equivalente di una riserva attuariale a copertura della spesa futura
per gli assegni vitalizi». 
    In ogni caso, sottolinea la difesa della Regione e del  Consiglio
regionale, «anche qualora davvero il Consiglio  si  trovasse  in  una
situazione patrimoniale e finanziaria florida [...] l'intervento  del
legislatore [...] rimarrebbe comunque  legittimo»,  poiche'  volto  a
rimediare ad applicazioni distorsive del senso  proprio  della  legge
reg. Trentino-Alto Adige n. 6  del  2012,  frutto  di  una  malintesa
interpretazione della  legge  stessa,  che  avrebbe  determinato  una
«ingiustificata distrazione a fini privati di risorse che nella  loro
origine sono pubbliche» e  la  conseguente  erogazione  di  somme  in
«misura abnorme» a favore di singoli  soggetti  privati.  Proprio  il
caso oggetto del giudizio a quo lo proverebbe: a fronte di versamenti
di contributi pari a circa euro 197.000, A. K. avrebbe gia' percepito
oltre euro 600.000 a titolo di vitalizio, cui  devono  aggiungersi  i
circa   euro   235.000   ottenuti   attraverso   la   procedura    di
attualizzazione, e l'assegno mensile lordo di circa  euro  4.100  che
egli continua e continuera' a percepire. 
    Inoltre, la  difesa  della  Regione  e  del  Consiglio  regionale
sostiene che  i  criteri  adottati  dall'ufficio  di  presidenza  del
Consiglio regionale con la delibera n. 324 del 2013  sarebbero  stati
eccessivamente favorevoli e, soprattutto, basati su  presupposti  che
successivi   pareri   e   analisi   hanno   ritenuto   scorretti    e
ingiustificati. 
    9.- In sede di udienza pubblica, con  il  consenso  della  difesa
della  Regione  e  del  Consiglio  regionale,  A.  K.  ha  depositato
ulteriori documenti. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale  ordinario  di  Trento  dubita,  in  riferimento
all'art. 3  della  Costituzione,  della  legittimita'  costituzionale
degli  artt.  1,  2,  3  e  4  della  legge  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige 11 luglio 2014, n.  4,  recante  «Interpretazione
autentica dell'articolo 10 della legge regionale 21  settembre  2012,
n. 6 (Trattamento economico e regime  previdenziale  dei  membri  del
Consiglio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige) e provvedimenti
conseguenti». 
    Le    disposizioni    censurate,    pretendendo    di    offrirne
un'interpretazione autentica, intervengono sull'art. 10  della  legge
della  Regione  Trentino-Alto  Adige  21   settembre   2012,   n.   6
(Trattamento  economico  e  regime  previdenziale  dei   membri   del
Consiglio  della  Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige),   che   -
nell'ambito di una complessiva riduzione dell'ammontare degli assegni
vitalizi al tetto del 30,40 per  cento  dell'indennita'  parlamentare
lorda (art. 10, comma 1) - ha consentito, «[a]i  Consiglieri  cessati
dal mandato» che godono di un assegno vitalizio superiore, di optare,
in  alternativa  al  mantenimento  dell'assegno  originario,  per  la
cosiddetta "attualizzazione" della parte di vitalizio eccedente  quel
tetto (art. 10, comma 2). 
    Nell'impostazione della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  6  del
2012, l'opzione per la cosiddetta "attualizzazione" comporta  dunque,
da un lato, la riduzione dell'importo del vitalizio mensile al  30,40
per cento dell'indennita' parlamentare lorda;  ma,  dall'altro  lato,
consente  di  compensare  tale  riduzione,  appunto   attraverso   la
"attualizzazione",   consistente   nell'immediata   attribuzione,   e
liquidazione in valore attuale, degli  importi  futuri  dei  vitalizi
corrispondenti alle quote eccedenti il 30,40 per cento. Si tratta, in
realta',  di  una  "anticipazione  in  capitale"  di  una  quota  del
vitalizio da percepire, fondata su un  meccanismo  eccezionale  e  di
favore,   sebbene   non   sconosciuto   all'ordinamento    (prevedeva
analogamente, ad esempio, l'art. 34 della legge 13  luglio  1965,  n.
859, recante «Norme di previdenza per il personale di volo dipendente
da aziende  di  navigazione  aerea»,  poi  abrogato,  qualificato  in
termini di «beneficio» dalla stessa giurisprudenza  di  legittimita':
Corte di cassazione, sezioni  unite,  sentenza  28  maggio  2014,  n.
11907; Corte di cassazione,  sezione  lavoro,  sentenza  11  novembre
2016, n. 23095). 
    Per parte sua, la legge reg. Trentino-Alto Adige n.  6  del  2012
non aveva direttamente previsto i parametri e le  modalita'  con  cui
procedere alla quantificazione del «valore attuale»; l'art. 10, comma
4, della stessa legge aveva invece conferito tale compito all'ufficio
di  presidenza  del  Consiglio  regionale,  unitamente  a  quello  di
individuare  uno  strumento  finanziario   al   quale   gli   importi
attualizzati da conferire dovevano essere destinati, in  tutto  o  in
parte. A tali  compiti  l'ufficio  di  presidenza  ha  effettivamente
provveduto con proprie delibere (del 9 aprile 2013, n.  324,  recante
«Criteri per provvedere alle operazioni di attualizzazione  ai  sensi
dell'art. 10 della legge regionale 21 settembre 2012, n. 6» e del  27
maggio 2013, n. 334, recante «Valore attuale di una quota di  assegno
vitalizio  e  disposizioni  comuni  con  le  contribuzioni   per   il
trattamento indennitario»), sia individuando  modalita'  e  parametri
per il calcolo del «valore attuale»,  sia  istituendo  il  cosiddetto
"Fondo Family", fondo finanziario al quale destinare, in tutto  o  in
parte, gli importi attualizzati dei vitalizi. 
    A fronte di tale quadro  normativo,  lamenta  dunque  il  giudice
rimettente  che,  sotto  le  mentite  spoglie  di  un'interpretazione
autentica, le censurate disposizioni della legge  reg.  Trentino-Alto
Adige  n.  4  del  2014  avrebbero  inciso   retroattivamente   sulle
operazioni di calcolo della cosiddetta "attualizzazione" della  parte
di  assegno  vitalizio  eccedente  la  misura  del  30,40  per  cento
dell'indennita' parlamentare lorda. In particolare,  in  relazione  a
tali operazioni di calcolo, esse avrebbero  disposto  «con  efficacia
retroattiva» la sostituzione dei parametri e dei criteri  individuati
dall'ufficio di presidenza del Consiglio regionale con la nozione  di
«valore attuale  medio»,  prevedendo  altresi',  a  carico  degli  ex
consiglieri regionali interessati, l'obbligo di restituire  le  somme
gia' percepite e/o le quote del  fondo  finanziario  gia'  attribuite
sulla base dei criteri contenuti nelle citate delibere. 
    Ad avviso del rimettente, cosi' disponendo, gli artt. 1, 2, 3 e 4
della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014 si  porrebbero  in
contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  poiche'  inciderebbero   in   modo
irragionevole sul legittimo affidamento riposto dai destinatari delle
disposizioni   censurate   nella   sicurezza   giuridica,    elemento
fondamentale dello Stato di diritto  che  non  puo'  essere  leso  da
disposizioni retroattive, laddove esse trasmodino in  un  regolamento
irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti. 
    Sottolinea, in particolare, il giudice a  quo  come,  secondo  la
giurisprudenza  di  questa  Corte,   disposizioni   retroattive   non
potrebbero tradire l'affidamento del privato, «specie se maturato con
il consolidamento di situazioni sostanziali, pur se  la  disposizione
retroattiva sia  dettata  dalla  necessita'  di  contenere  la  spesa
pubblica» o di far fronte a eventi eccezionali. 
    In definitiva, sostiene il rimettente, consentire che  una  legge
successiva   possa   retroattivamente    mettere    in    discussione
un'«attribuzione  patrimoniale»,  obbligando  chi  l'ha  ricevuta   a
restituirla,  «significa  sconvolgere  la  sua  vita   personale»   e
costringerlo  a  rivedere  scelte  di  vita  personale  e   familiare
effettuate «facendo affidamento  sulla  stabilita'  dell'attribuzione
patrimoniale stessa». 
    2.- L'intervento legislativo oggetto di censura si  qualifica,  a
partire dal  titolo,  quale  «interpretazione  autentica»  di  quanto
disposto nell'art. 10 della legge reg. Trentino-Alto Adige n.  6  del
2012, in tema di "attualizzazione" delle quote di  assegno  vitalizio
eccedenti il limite del 30,40 per cento dell'indennita'  parlamentare
lorda. 
    In particolare, l'art. 1, comma 1, della legge reg. Trentino-Alto
Adige n. 4 del 2014  stabilisce  che  il  termine  «valore  attuale»,
contenuto nel citato art. 10, «dal  momento  di  entrata  in  vigore»
della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 6 del 2012 «si interpreta nel
senso che esso fa riferimento al "valore attuale  medio"».  L'art.  2
della legge censurata elenca direttamente i parametri applicativi  da
utilizzare per la determinazione del valore attuale medio, mentre  il
precedente art. 1, comma 2, stabilisce che  l'ufficio  di  presidenza
del  Consiglio  regionale  provveda,  secondo  questi   parametri   -
«applicati  secondo  criteri  di   ragionevolezza»   -   alla   nuova
quantificazione  degli  assegni,  adottando  tutti  i   provvedimenti
conseguenti. Sono, in particolare, dichiarati nulli «tutti  gli  atti
che contengano pregresse quantificazioni del valore  attuale  e  ogni
atto conseguente». L'art. 3  della  legge,  pure  censurato,  dispone
dettagliatamente in tema di «restituzioni e recuperi»  a  carico  dei
consiglieri che abbiano beneficiato dei piu'  favorevoli  criteri  di
calcolo basati sul «valore attuale». L'art.  4,  infine,  prevede  la
complessiva  rideterminazione,  in  base  ai  nuovi  criteri,   delle
modalita' di assegnazione ai consiglieri delle quote  del  cosiddetto
"Fondo Family". 
    Con tale complessivo  intervento,  il  legislatore  regionale  ha
inteso dunque incidere sugli effetti della legge  reg.  Trentino-Alto
Adige n. 6 del 2012, tenendo conto - come si legge nella relazione al
disegno di legge - del fatto che l'applicazione  dei  criteri  e  dei
parametri di calcolo del  «valore  attuale»  dei  vitalizi  prescelti
dall'ufficio di presidenza del Consiglio regionale aveva  condotto  a
quantificazioni  attestate  su  cifre  elevate,   determinando,   tra
l'altro, non positive reazioni dell'opinione pubblica. 
    Costituisce  appunto  oggetto   della   presente   questione   di
legittimita' costituzionale il verificare se tale  nuova  disciplina,
anziche' ragionevole interpretazione autentica del precedente assetto
legislativo, si configuri  quale  intervento  recante  una  normativa
retroattiva che trasmoda in  regolamento  irrazionale  di  situazioni
sostanziali fondate sulla legge reg. Trentino-Alto  Adige  n.  6  del
2012, e percio' determini,  in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  la
lesione del legittimo  affidamento  maturato  dai  destinatari  delle
previsioni di quest'ultima. 
    3.-   In    via    preliminare,    va    esaminata    l'eccezione
d'inammissibilita' prospettata dalla difesa  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol e del Consiglio regionale della medesima
Regione, parti del giudizio a quo costituite nel giudizio di fronte a
questa Corte. Viene, in particolare, eccepita «l'inammissibilita' per
eccesso» della questione di legittimita' costituzionale,  poiche'  il
giudice rimettente avrebbe erroneamente  censurato  «globalmente  gli
artt. 1, 2, 3 e 4  della  legge  regionale  n.  4  del  2014»,  senza
considerare  che  «tali   disposizioni   disciplinano   distintamente
situazioni  diverse  e  non  assimilabili».  Adombrando,  per  questa
ragione, la complessiva inammissibilita'  della  questione  sollevata
dall'ordinanza di rimessione, espone la difesa della  Regione  e  del
Consiglio  regionale  che  le  censure  mosse  dal  giudice   a   quo
riguarderebbero anche disposizioni relative alla sola  situazione  di
quei consiglieri  che,  pur  non  avendo  maturato  i  requisiti  per
l'attribuzione   del   vitalizio,   si   erano   purtuttavia    visti
immediatamente attribuire, a titolo di «valore  attuale»,  una  quota
dell'assegno futuro (artt. 1, comma 4, e 4, comma 4, della legge reg.
Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014). Nel giudizio a quo,  sottolineano
le parti, e' pero' in discussione unicamente la posizione  di  un  ex
consigliere regionale gia' titolare  dell'assegno  vitalizio,  avendo
maturato i requisiti. 
    Va in effetti ricordato che, nella delibera 27  maggio  2013,  n.
334, con la quale e' stato adottato il  «Regolamento  concernente  la
determinazione del valore attuale di una quota di assegno vitalizio e
le disposizioni  comuni  con  le  contribuzioni  per  il  trattamento
indennitario», l'ufficio di presidenza del Consiglio regionale  aveva
previsto che il «valore attuale» venisse corrisposto,  oltre  che  ai
consiglieri cessati  dal  mandato  che  alla  data  stessa  erano  in
godimento di un assegno vitalizio e avevano esercitato  l'opzione  di
cui all'art. 10, comma 2, della legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  6
del  2012,  anche  «a  tutti  i  Consiglieri  in  carica  nella   XIV
Legislatura» (quindi anche agli  stessi  componenti  dell'ufficio  di
presidenza), nonche' «ai Consiglieri cessati  dal  mandato  che  alla
data di entrata in vigore della legge regionale 21 settembre 2012, n.
6, erano in attesa di maturare i requisiti previsti». 
    Per questa ragione, la legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  4  del
2014, agli artt. 1, comma 4, e 4, comma 4, detta regole relative alle
specifiche posizioni di questi soggetti. 
    In riferimento a tali due disposizioni  l'eccezione  e'  fondata,
giacche' esse non devono trovare applicazione nel giudizio a quo, nel
quale e' effettivamente in questione soltanto la posizione di  un  ex
consigliere che gia' aveva  maturato  i  requisiti  previsti  per  la
corresponsione dell'assegno vitalizio. 
    Deve rilevarsi che anche le disposizioni contenute ai commi 5 e 6
dell'art. 3 risultano riferite ai  soli  consiglieri  che  non  hanno
maturato i requisiti per la corresponsione del vitalizio.  Anch'esse,
quindi, non  sono  applicabili  nel  giudizio  a  quo,  conseguendone
ugualmente l'inammissibilita' della  questione  in  quanto  a  queste
relativa. 
    Da  cio'  non  deriva,   ovviamente,   l'inammissibilita'   della
questione relativa alle altre disposizioni o parti  di  disposizioni,
volte invece a disciplinare la situazione dei  consiglieri  regionali
cessati dal mandato che abbiano gia' maturato  i  requisiti  previsti
per  la  corresponsione  dell'assegno  vitalizio,   disposizioni   da
applicarsi  nel  giudizio  a  quo.  Del   resto,   secondo   costante
giurisprudenza costituzionale, e' possibile «circoscrivere  l'oggetto
del giudizio di legittimita' costituzionale  ad  una  parte  soltanto
della o delle disposizioni censurate,  se  cio'  e'  suggerito  dalla
motivazione dell'ordinanza di rimessione» (ex plurimis,  sentenze  n.
35 del 2017, n. 203 del 2016 e n. 244 del 2011). 
    In definitiva, lo scrutinio di questa Corte  verte  sull'art.  1,
commi 1, 2, 3 e 5; sull'art. 2  nella  sua  interezza;  sull'art.  3,
commi 1, 2, 3 e 4; sull'art. 4, commi 1, 2, 3 e 5  della  legge  reg.
Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014. 
    4.- La questione non e' fondata. 
    4.1.- Assume innanzitutto rilievo, entro  i  limiti  che  saranno
precisati, la natura dell'intervento che il legislatore regionale  ha
operato con la legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014. 
    Anche alla  luce  del  contenuto  dell'ordinanza  di  rimessione,
nonche'  delle  opposte  allegazioni  delle  parti  sul   punto,   e'
necessario stabilire se la  legge  regionale  in  questione  contenga
realmente un'interpretazione autentica di quanto  previsto  dall'art.
10 della precedente legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  6  del  2012,
oppure se essa  rechi  una  disciplina  che  retroattivamente  innova
criteri  e  modalita'  di  quantificazione  degli  assegni   vitalizi
attribuiti  ai  consiglieri  della  Regione  autonoma   Trentino-Alto
Adige/Südtirol. 
    Questa Corte si e' talvolta espressa nel  senso  della  possibile
assimilazione, quanto agli  esiti  dello  scrutinio  di  legittimita'
costituzionale,  tra  disposizioni  di  interpretazione  autentica  -
retroattive,  salva  diversa  volonta'  esplicitata  dal  legislatore
stesso - e disposizioni  innovative  con  efficacia  retroattiva  (da
ultimo, in tal senso, sentenza n. 73 del 2017). 
    Non deve tuttavia trascurarsi  che,  in  relazione  a  leggi  che
pretendono  di  avere  natura  meramente  interpretativa,  la  palese
erroneita' di tale auto-qualificazione puo' costituire un indice, sia
pur non dirimente, dell'irragionevolezza della  disciplina  censurata
(di nuovo sentenza n. 73 del 2017 e, in particolare, sentenze n.  103
del 2013 e n. 41 del 2011). In direzione opposta, la natura realmente
interpretativa  della  disciplina  in  esame   puo'   non   risultare
indifferente  ai  fini  dell'esito  del  controllo  di   legittimita'
costituzionale, laddove sia censurata  l'irragionevolezza  della  sua
retroattivita'. Tale natura e' rilevante, in particolare,  quando  il
principio   costituzionale   asseritamente    leso    dall'intervento
legislativo sia quello dell'affidamento dei consociati nella certezza
e  nella  stabilita'  di  un'attribuzione   (nel   caso   di   specie
patrimoniale)   disposta   in   via    legislativa.    Infatti,    se
l'interpretazione imposta  dal  legislatore  consiste  effettivamente
nell'assegnare  alle   disposizioni   interpretate   un   significato
normativo in esse gia' realmente contenuto, cioe' riconoscibile  come
una delle loro possibili e originarie varianti di senso, questo  puo'
deporre,  sia  per  la  non   irragionevolezza   dell'intervento   in
questione, sia nella direzione  della  non  configurabilita'  di  una
lesione dell'affidamento dei destinatari (ancora sentenza n.  73  del
2017; sentenza n. 170 del 2008). 
    4.2.-  Le   disposizioni   censurate,   tuttavia,   non   possono
qualificarsi come di interpretazione autentica. 
    Nonostante l'auto-qualificazione contenuta nel titolo,  esse  non
hanno realmente l'obiettivo di  chiarire  il  senso  di  disposizioni
preesistenti, ovvero di escludere o di enucleare uno  dei  sensi  fra
quelli ritenuti ragionevolmente riconducibili alla  disposizione  (ex
multis, sentenze n. 132 del 2016, n. 160 del 2013 e n. 209 del  2010;
ordinanza n. 92 del 2014). In particolare, non si puo'  ritenere  che
esse impongano una scelta che rientra tra le  possibili  varianti  di
senso del testo dell'art. 10 della legge reg. Trentino-Alto Adige  n.
6  del  2012,  limitandosi  cosi'  a  rendere  vincolante   uno   dei
significati ad esso gia' ascrivibile. 
    Nel caso in esame, la disposizione interpretata,  appunto  l'art.
10 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 6 del 2012, stabiliva  che
ai consiglieri potesse essere riconosciuto il «valore attuale»  della
parte eccedente il 30,40 per cento dell'indennita' parlamentare lorda
(base  di  calcolo  del   vitalizio)   e   attribuiva   all'esclusiva
discrezionalita' dell'ufficio di presidenza del  Consiglio  regionale
il compito di quantificare tale valore. 
    Ebbene, l'art. 1 della legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  4  del
2014, anziche'  interpretare  il  citato  art.  10,  introduce  nuovi
criteri per l'attualizzazione. 
    Puo' discutersi  se  cio'  dipenda,  innanzitutto,  dalla  mutata
denominazione del  criterio  di  calcolo  per  l'attualizzazione,  il
«valore  attuale»  diventando   «valore   attuale   medio»,   tramite
l'aggiunta di un aggettivo sulla cui importanza  decisiva  potrebbero
non essere implausibili conclusioni opposte; anche se, dal  punto  di
vista matematico, il valore  attuale  "medio"  non  coincide  con  il
valore "attuale", sicche', per cio' solo, non e' sostenibile  che  la
modifica legislativa si limiti a esplicitare cio'  che  sarebbe  gia'
implicito nella definizione originaria. 
    Non e' in  ogni  caso  dubbio  che,  nella  legge  piu'  recente,
l'individuazione dei criteri e delle modalita' per la  determinazione
del «valore attuale medio» non e' piu' rimessa alla  discrezionalita'
dell'ufficio di presidenza del Consiglio regionale.  Tali  criteri  e
modalita' vengono direttamente previsti dall'art. 2 della legge  reg.
Trentino-Alto Adige n. 4 del  2014,  e,  soprattutto,  si  tratta  di
criteri diversi da quelli precedenti. All'ufficio  di  presidenza  e'
soltanto  imposto  di  provvedere,  in  base  ad  essi,  alla  «nuova
quantificazione». 
    Cio' risulta decisivo, fornendo il segno di  una  disciplina  non
gia' di mera  interpretazione  della  precedente,  ma  innovativa  di
quest'ultima. 
    4.3.- Chiarito il carattere innovativo e non interpretativo della
legge  reg.  Trentino-Alto  Adige  n.  4  del  2014,  non  sussistono
incertezze sulla sua natura retroattiva. 
    Lo stesso art. 1  di  tale  legge  dispone,  infatti,  che  «[i]l
termine "valore attuale" di cui all'art. 10 della legge regionale  21
settembre 2012, n. 6 [...], dal momento di entrata  in  vigore  della
legge  regionale  stessa,  si  interpreta  nel  senso  che  esso   fa
riferimento al "valore attuale medio"». 
    La natura  retroattiva  dell'intervento  e'  altresi'  confermata
dalla previsione della nullita' di  tutti  gli  atti  che  contengono
pregresse quantificazioni del «valore  attuale»  (art.  1,  comma  2,
legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014) e dalla circostanza che
gli  artt.  3  e  4  impongono  la  restituzione  delle   somme   che
rappresentano  il  maggior  valore  percepito  rispetto  al   calcolo
effettuato sulla base del «valore attuale medio». 
    5.- La costante giurisprudenza di questa  Corte  afferma  che  il
divieto di retroattivita' della legge, previsto  dall'art.  11  delle
disposizioni preliminari  al  codice  civile,  costituisce  principio
fondamentale di civilta' giuridica. 
    Esso,   tuttavia,   non   riceve   nell'ordinamento   la   tutela
privilegiata di cui all'art. 25 Cost., riservata alla materia penale.
Ne consegue che il legislatore, nel  rispetto  di  tale  disposizione
costituzionale,   puo'   approvare   disposizioni    con    efficacia
retroattiva, purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione
nell'esigenza  di  tutelare  principi,  diritti  e  beni  di  rilievo
costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 170 del 2013). 
    Le leggi retroattive, in particolare,  devono  trovare  «adeguata
giustificazione sul piano della ragionevolezza attraverso un puntuale
bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e  i
valori, costituzionalmente tutelati, al contempo potenzialmente  lesi
dall'efficacia a ritroso della norma  adottata»  (cosi',  da  ultimo,
sentenza n. 73 del 2017). 
    Tra i limiti che la giurisprudenza costituzionale ha  individuato
all'ammissibilita'  di  leggi   con   effetto   retroattivo,   rileva
particolarmente,  in  questa  sede  -  nell'ambito  dei  principi   e
interessi   incisi   dall'efficacia    retroattiva    dell'intervento
legislativo  regionale  -  l'affidamento  legittimamente  sorto   nei
soggetti  interessati  alla  stabile  applicazione  della  disciplina
modificata. Tale legittimo affidamento trova copertura costituzionale
nell'art. 3 Cost., e' ritenuto «principio connaturato allo  Stato  di
diritto» (sentenze n. 73 del 2017, n. 170 e n. 160 del  2013,  n.  78
del 2012 e n. 209  del  2010),  ed  e'  da  considerarsi  ricaduta  e
declinazione "soggettiva" dell'indispensabile carattere  di  coerenza
di un ordinamento giuridico, quale manifestazione  del  valore  della
certezza del diritto. 
    D'altro canto, la giurisprudenza di questa Corte afferma altresi'
che «l'affidamento  del  cittadino  nella  sicurezza  giuridica,  pur
aspetto fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto, non  e'
tutelato in termini assoluti e inderogabili» (sentenze n. 89 del 2018
e n. 56 del 2015).  Esso  «e'  sottoposto  al  normale  bilanciamento
proprio di tutti i diritti e valori costituzionali»,  fermo  restando
che le disposizioni  legislative  retroattive  non  possono  comunque
«trasmodare in un regolamento irrazionale e arbitrariamente  incidere
sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti» (ex
multis, sentenze n. 16 del 2017 e n. 203 del 2016; in  senso  analogo
sentenza n. 149 del 2017). 
    Tutto  cio'  premesso,  va  sottoposta  a  stretto  scrutinio  di
ragionevolezza una legge regionale che intervenga retroattivamente  a
ridurre attribuzioni di natura patrimoniale, come accade nel caso  in
esame per le parti "attualizzate" degli assegni vitalizi,  e  imponga
percio'  di  restituire  somme  (di  denaro)  e   quote   (di   fondo
finanziario) gia' conferite.  Tale  scrutinio  «impone  un  grado  di
ragionevolezza complessiva ben piu' elevato di quello che, di  norma,
e' affidato alla mancanza di arbitrarieta'» (cosi' la sentenza n. 173
del 2016, in  fattispecie  analoga  ma  non  sovrapponibile,  poiche'
relativa alla materia previdenziale). In altri termini, e'  richiesta
non  gia'  la  mera  assenza  di  scelte   normative   manifestamente
arbitrarie, ma l'effettiva sussistenza di giustificazioni ragionevoli
dell'intervento legislativo, poiche' la normativa retroattiva  incide
sulla  «certezza  dei  rapporti  preteriti»  nonche'  sul   legittimo
affidamento dei soggetti interessati (sentenza n. 432 del 1997). 
    Un tale rigoroso controllo deve verificare, in  primo  luogo,  se
sussistano  solide  motivazioni  che  hanno  guidato  il  legislatore
regionale, e se esse trovino, appunto, «adeguata giustificazione  sul
piano della ragionevolezza» (ex plurimis, sentenze n. 73 del 2017, n.
132 del 2016 e  n.  69  del  2014),  anche  in  considerazione  delle
circostanze di fatto e di contesto entro cui l'intervento legislativo
e' maturato. Ove tale preliminare esame fornisca esito positivo, deve
essere inoltre accertato se  il  risultato  di  tale  intervento  non
trasmodi  comunque  in  una  regolazione  arbitraria  di   situazioni
soggettive, in lesione  del  legittimo  affidamento  dei  destinatari
della disciplina originaria, e percio', anche sotto  questo  profilo,
dell'art. 3 Cost. 
    6.- Afferma la relazione  della  I  Commissione  legislativa  del
Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige al disegno di legge n.  8
recante  «Interpretazione  autentica  dell'articolo  10  della  legge
regionale 21 settembre 2012, n. 6  (Trattamento  economico  e  regime
previdenziale  dei  membri  del  Consiglio  della  regione   autonoma
Trentino-Alto Adige) e provvedimenti conseguenti» che  obiettivo  del
legislatore regionale e' quello di «ridurre il trattamento  economico
corrisposto» in tema di quota "attualizzata" degli assegni  vitalizi,
ancorato  dalla  disciplina  precedente  «a  parametri  che  si  sono
rivelati non consoni a criteri di equita' e ragionevolezza e  che  si
discostavano da  una  valutazione  che  avrebbe  dovuto  riferirsi  a
"valori medi" ed essere in linea con esigenze di  contenimento  della
spesa pubblica». 
    Due distinte esigenze risultano dunque alla base  dell'intervento
retroattivo del  legislatore  regionale.  Da  una  parte,  quella  di
ricondurre  a  criteri  di  «equita'  e  ragionevolezza»  gli   assai
favorevoli meccanismi di calcolo dell'attualizzazione  degli  assegni
vitalizi,  introdotti  dall'ufficio  di  presidenza   del   Consiglio
regionale con le delibere n. 324 e 334 del 2013.  Dall'altra,  quella
di provvedere al «contenimento della spesa pubblica». 
    Tali motivi di interesse generale si  contrappongono  ai  profili
sintomatici dell'asserita irragionevolezza della  legge,  argomentati
dall'ordinanza di rimessione e segnalati anche dalla  difesa  dell'ex
consigliere regionale: l'erronea auto-qualificazione della legge come
legge di interpretazione autentica, la ritenuta non necessarieta'  di
interventi correttivi nella prospettiva della  finanza  pubblica,  la
diretta previsione in legge di criteri di calcolo dei  vitalizi,  che
rientrerebbero invece nel dominio della scienza attuariale. 
    Ritiene questa Corte che tali ultimi profili,  nel  bilanciamento
delle opposte  esigenze,  siano  recessivi,  a  fronte  della  solida
plausibilita',   in   astratto,   delle   motivazioni   a    sostegno
dell'intervento di modifica, ricavabili dai lavori preparatori  della
legge regionale che contiene le disposizioni censurate. 
    Cio', innanzitutto, per  una  ragione  legata  alla  peculiarita'
della  vicenda  in  questione,  in   cui   l'intervento   legislativo
retroattivo manifesta la propria natura "riparatrice" e incide su  un
regime di favore quale la "attualizzazione", assai peculiare  e  reso
ancor piu' eccezionale,  negli  effetti  prodotti,  dalla  scelta  di
specifici criteri di calcolo. 
    Vi e', inoltre, una ragione di carattere piu' generale a sostegno
della  ragionevolezza  della   disciplina   censurata.   L'intervento
legislativo mira a correggere gli effetti di una normativa che  aveva
complessivamente determinato  un  ampliamento  della  spesa  pubblica
regionale, in controtendenza rispetto  alle  generali  necessita'  di
contenimento  e  risparmio  in  quegli  stessi  anni  perseguite  dal
legislatore statale, a fronte di una crisi economica  di  ingente  (e
notoria) portata. Al cospetto di interventi legislativi  statali  che
hanno imposto riduzioni  generalizzate  di  risorse  e  contribuzioni
straordinarie al risanamento  dei  conti  pubblici,  tutti  gli  enti
facenti parte della cosiddetta finanza pubblica allargata sono  stati
chiamati, proprio in quel periodo di tempo, a  concorrere  -  secondo
quanto  stabilito  dagli  artt.  81  e  97,  primo  comma,  Cost.   -
all'equilibrio complessivo del  sistema  e  alla  sostenibilita'  del
debito  nazionale  (sulla  riconducibilita'  anche  delle  Regioni  a
statuto speciale al sistema di finanza pubblica allargata, da ultimo,
sentenza n. 6 del 2019), a prescindere dalla condizione di maggiore o
minore equilibrio del proprio bilancio. In tale contesto si spiega, e
si  giustifica,  perche',  allo  stesso  legislatore  regionale,   la
disciplina risultante dalla legge reg. Trentino-Alto Adige n.  6  del
2012, in combinazione con i criteri di calcolo approvati dall'ufficio
di presidenza del Consiglio  regionale,  sia  apparsa  dissonante,  e
percio' meritevole di modifica. 
    7.-  Le  motivazioni  esposte  non  risultano  di  per  se'  sole
risolutive  per  la  decisione  della   questione   di   legittimita'
costituzionale. 
    Nell'ambito del criterio di  scrutinio  qui  utilizzato,  occorre
ulteriormente verificare se, in concreto, l'intervento legislativo in
esame abbia leso il legittimo affidamento dei suoi destinatari. 
    Nel solco di una giurisprudenza della Corte europea  dei  diritti
dell'uomo che non considera il mero  interesse  finanziario  pubblico
ragione di per se' sufficiente a giustificare interventi  retroattivi
(sentenze 7 giugno 2011, Agrati  contro  Italia;  25  novembre  2010,
Lilly France contro Francia;  21  giugno  2007,  Scanner  de  l'Ouest
Lyonnais contro Francia; 16 gennaio 2007, Chiesi S.A. contro Francia;
9 gennaio 2007, Arnolin contro Francia;  11  aprile  2006,  Cabourdin
contro Francia), questa Corte  ha  infatti  gia'  affermato  che  una
disciplina retroattiva non puo' tradire  l'affidamento  del  privato,
specie se maturato con il consolidamento di  situazioni  sostanziali,
pur se l'intervento  retroattivo  sia  dettato  dalla  necessita'  di
contenere la spesa pubblica o di far fronte ad  esigenze  eccezionali
(sentenze n. 216 del 2015 e n. 170 del 2013). 
    Per verificare se, in concreto, una disciplina retroattiva incida
in   modo   costituzionalmente   illegittimo   sull'affidamento   dei
destinatari   della   regolazione   originaria,   la   giurisprudenza
costituzionale attribuisce rilievo a una serie di elementi: il  tempo
trascorso dal  momento  della  definizione  dell'assetto  regolatorio
originario a quello in cui tale assetto viene  mutato  con  efficacia
retroattiva (sentenze n. 89 del 2018, n. 250 del  2017,  n.  108  del
2016, n. 216 e n. 56 del 2015), cio' che chiama in causa il grado  di
consolidamento   della    situazione    soggettiva    originariamente
riconosciuta  e  poi   travolta   dall'intervento   retroattivo;   la
prevedibilita' della modifica retroattiva stessa (sentenze n. 16  del
2017 e n. 160 del 2013); infine, la proporzionalita'  dell'intervento
legislativo che eventualmente lo comprima (in  particolare,  sentenza
n. 108 del 2016). 
    Da questo angolo visuale, nel caso in esame, assumono  importanza
alcuni  elementi  che  il  giudice  a  quo  definisce  invece  «fatti
occasionali, inidonei a scalfire  l'affidamento»  e  ritiene  percio'
irrilevanti al fine di verificare la  ragionevolezza  dell'intervento
retroattivo. 
    In termini  temporali,  e'  significativo  che,  ad  esempio,  il
decreto presidenziale con cui l'attore del giudizio a quo si e' visto
attribuire le somme, poi parzialmente revocate, risalga al 30 ottobre
2013,  mentre   la   legge   che   ha   condotto   alla   complessiva
rideterminazione  di  queste,  con  effetto  retroattivo,  e'   stata
approvata nella seduta del Consiglio regionale del 3 luglio del  2014
- a breve distanza dall'approvazione della precedente -  dopo  essere
stata  esaminata  dalla  I  Commissione  legislativa   dello   stesso
Consiglio gia' nelle sedute del 6 e del 16 giugno 2014. 
    Inoltre, la circostanza che l'intervento del legislatore  potesse
non risultare del tutto  imprevedibile  agli  occhi  dei  destinatari
interessati  -  anche  a  voler  prescindere  dalla  forte   reazione
dell'opinione pubblica conseguente al diffondersi delle notizie sulla
vicenda, e senza considerare che indagini delle magistrature penale e
contabile erano nel frattempo iniziate su di essa - e' in particolare
suggerita dalla singolare formulazione dell'art. 3,  comma  2,  della
stessa legge reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014,  pure  censurato
dal giudice a quo.  Tale  disposizione  stabilisce  testualmente  che
«[l]e somme liquide, restituite alla data di entrata in vigore  della
presente legge, sono computate  a  compensazione  parziale  o  totale
delle somme da restituire». Con essa,  il  legislatore  regionale  ha
ritenuto necessario dare giuridico riconoscimento, nell'ambito  della
nuova quantificazione della quota "attualizzata" dei vitalizi  e  dei
conseguenti obblighi di restituzione,  alle  restituzioni  per  cosi'
dire "anticipate", evidentemente  effettuate  in  modo  spontaneo  da
alcuni fra i destinatari del provvedimento di attualizzazione: scelte
che indeboliscono la tesi dell'imprevedibilita' di un  intervento  di
modifica in materia. 
    Alla luce di tali  due  primi  criteri,  non  si  e'  insomma  in
presenza di un assetto  regolatorio  adeguatamente  consolidato,  sia
perche' esso non si e'  protratto  per  un  periodo  sufficientemente
lungo, sia perche' la legge reg. Trentino-Alto Adige n. 6 del 2012 e'
stata approvata in un contesto complessivo non idoneo a  far  sorgere
nei  destinatari  una  ragionevole  fiducia  nel   suo   mantenimento
(analogamente, sentenza n. 56 del 2015). 
    In  relazione  poi  all'indice  basato   sulla   proporzionalita'
dell'intervento legislativo retroattivo, va considerato che la  legge
reg. Trentino-Alto Adige n. 4 del 2014 non trascura di  concedere  ai
beneficiari degli assegni coinvolti l'accesso a  forme  flessibili  e
graduate di restituzione delle somme percepite in eccesso, a  seguito
dei calcoli effettuati con il  nuovo  criterio  del  «valore  attuale
medio». L'art. 3, comma 3, della legge regionale  in  esame  consente
infatti  di   provvedere   alla   restituzione   anche   tramite   la
riassegnazione al Consiglio regionale delle quote del "Fondo Family",
attribuite originariamente ma in concreto  esigibili  soltanto  negli
anni  successivi,  attenuando  cosi',  anche  se   solo   in   parte,
l'incisione patrimoniale diretta dell'intervento retroattivo. 
    Ulteriori agevolazioni nelle modalita' di restituzione,  previste
dall'art. 3, commi 5 e 6, non rilevano direttamente in  questa  sede,
in   quanto    riferibili    solo    ai    consiglieri    beneficiari
dell'attualizzazione senza aver ancora maturato i requisiti  previsti
per  la  corresponsione  del  vitalizio,  ma  sono   complessivamente
significative nella direzione indicata. 
    Sempre  in   chiave   di   valutazione   sulla   proporzionalita'
dell'intervento, non e' senza importanza il fatto che l'art. 5  della
legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  4  del  2014  abbia  concesso  ai
consiglieri che, all'entrata in vigore della legge reg. Trentino-Alto
Adige n. 6 del 2012, esercitarono l'opzione per l'attualizzazione, la
possibilita' di revocarla con effetto retroattivo, entro  il  termine
di sessanta giorni dalla richiesta di restituzione. In tal  modo,  il
legislatore  regionale  ha  rimesso  agli   stessi   ex   consiglieri
interessati la facolta' di tornare al regime previgente l'entrata  in
vigore della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 6 del 2012 e dunque di
veder riespandere l'importo mensile del vitalizio a  discapito  della
percezione della quota  attualizzata,  pur  essendo  loro  ovviamente
imposto, all'atto della revoca, l'obbligo di restituire al  Consiglio
regionale («ove non l'abbiano gia' fatto», recita significativamente,
ancora, l'art. 5,  comma  2)  l'intero  importo  del  valore  attuale
percepito, sia sotto forma di liquidita'  che  di  quote  del  "Fondo
Family". 
    8.- In definitiva, le ragioni fin  qui  enunciate  dimostrano  la
ragionevolezza  della  normazione  retroattiva  sul  patrimonio   dei
destinatari e conducono  a  ritenere  non  fondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata. 
    Resta comunque fermo che si  e'  al  cospetto  di  un  intervento
legislativo eccezionale, la cui peculiarita', peraltro,  deve  essere
valutata anche alla luce dell'oggetto stesso su cui incide, ossia  un
istituto di favore a sua volta fuori dall'ordinario. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 4; 3, commi 5 e 6;  4,  comma  4,
della legge della Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige  11  luglio
2014, n. 4, recante «Interpretazione autentica dell'articolo 10 della
legge regionale 21 settembre 2012,  n.  6  (Trattamento  economico  e
regime previdenziale dei membri del Consiglio della Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige)  e  provvedimenti  conseguenti»,  sollevata,  in
relazione all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale  ordinario  di
Trento, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, commi 1, 2, 3 e 5; 2; 3, commi 1, 2,  3
e 4; 4, commi 1, 2, 3 e 5 della legge reg. Trentino-Alto Adige  n.  4
del 2014, sollevata, in relazione all'art.  3  Cost.,  dal  Tribunale
ordinario di Trento, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 marzo 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                      Nicolo' ZANON, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA