N. 354 ORDINANZA 22 - 26 ottobre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero   e   apolide   -  Espulsione  amministrativa  -  Reato  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato  in  violazione  dell'ordine  di allontanamento impartito dal
  questore  - Trattamento sanzionatorio - Reclusione da uno a quattro
  anni  -  Denunciata  lesione  del  principio di ragionevolezza e di
  proporzionalita'  della  pena  e  della finalita' rieducativa della
  stessa,  nonche'  lamentata  disparita'  di  trattamento rispetto a
  fattispecie  analoghe - Omessa motivazione in ordine alla rilevanza
  delle  questioni  nei giudizi a quibus - Manifesta inammissibilita'
  delle questioni.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-ter, primo periodo,
  come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271.
- Costituzione, artt. 3 e 27.
Straniero   e   apolide   -  Espulsione  amministrativa  -  Reato  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato  in  violazione  dell'ordine  di allontanamento impartito dal
  questore  - Trattamento sanzionatorio - Reclusione da uno a quattro
  anni  -  Denunciata lesione del principio di proporzionalita' della
  pena  e  lamentata disparita' di trattamento rispetto a fattispecie
  analoghe  -  Omessa indicazione della norma censurata e motivazione
  contraddittoria e per relationem ad atti non trascritti - Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-ter, primo periodo,
  come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271.
- Costituzione, artt. 3 e 27.
Straniero   e   apolide   -  Espulsione  amministrativa  -  Reato  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato  in  violazione  dell'ordine  di allontanamento impartito dal
  questore  - Trattamento sanzionatorio - Reclusione da uno a quattro
  anni  -  Denunciata  lesione  del  principio di ragionevolezza e di
  proporzionalita'  della  pena  e  della finalita' rieducativa della
  stessa,  nonche'  lamentata  disparita'  di  trattamento rispetto a
  fattispecie analoghe - Questioni identiche ad altre gia' dichiarate
  inammissibili    e   manifestamente   inammissibili   -   Manifesta
  inammissibilita'.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-ter, primo periodo,
  come sostituito dall'art. 1 della legge 12 novembre 2004, n. 271.
- Costituzione, artt. 3 e 27.
(GU n.42 del 31-10-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter,
del  decreto  legislativo  25 luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione dello straniero), come sostituito dall'art. 1 della
legge   12 novembre   2004,   n. 271   (Conversione   in  legge,  con
modificazioni,  del  decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante
disposizioni  urgenti  in  materia  di  immigrazione),  promossi  con
ordinanze  del  1°  aprile,  del 26 ottobre, del 14 e del 21 dicembre
2005  e del 1° marzo 2006 dal Tribunale di Trieste, del 6 aprile 2005
dal  Tribunale  di  Modena,  del  27 settembre  2005 dal Tribunale di
Chiavari,  del  4 ottobre 2005 dalla Corte di appello di Venezia, del
14 ottobre  e  del  31 ottobre 2005 (n. 2 ordinanze) dal Tribunale di
Verona, del 4 (n. 2 ordinanze), 5 e 8 aprile, del 12 e 23 maggio 2005
dal  Tribunale di Venezia - Sezione distaccata di Dolo, del 5 gennaio
2006 dal Tribunale di Bologna, rispettivamente iscritte al n. 436 del
registro  ordinanze  2005  e  ai  nn. 64, 284, 286 e 288 del registro
ordinanze  2006;  ai  nn. 522  e  523 del registro ordinanze 2005; ai
nn. 5,  127,  66,  67, 79, 121, 120, 118, 119, 117 e 116 del registro
ordinanze 2006 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
nn. 38,  43  e 44, 1ª serie speciale, dell'anno 2005 e nn. 3, 11, 13,
17, 18 e 36, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella Camera di consiglio del 26 settembre 2007 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.
    Ritenuto che il Tribunale di Trieste in composizione monocratica,
con ordinanza del 1° aprile 2005 (r.o. n. 436 del 2005), ha sollevato
- in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione -
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter,
del  decreto  legislativo  25 luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione dello straniero), come sostituito dall'art. 1 della
legge   12 novembre   2004,   n. 271   (Conversione   in  legge,  con
modificazioni,  del  decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante
disposizioni  urgenti in materia di immigrazione), nella parte in cui
prevede  la  pena  della  reclusione  da  uno  a  quattro anni per lo
straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio
dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli
dal questore a norma del precedente comma 5-bis;
        che  il  rimettente,  chiamato  a  valutare,  nell'ambito del
procedimento  penale  a carico di un cittadino straniero accusato del
reato   di   indebito   trattenimento,  una  richiesta  congiunta  di
applicazione   della  pena  ai  sensi  dell'art. 444  del  codice  di
procedura  penale,  dubita della legittimita' della norma che fissa i
valori   edittali   della  sanzione,  poiche'  gli  stessi  sarebbero
irragionevolmente  alti,  con conseguente violazione del principio di
uguaglianza e di necessaria finalizzazione rieducativa della pena;
        che  infatti, secondo il Tribunale rimettente, l'inasprimento
sanzionatorio  attuato  con la legge n. 271 del 2004 avrebbe avuto il
solo   scopo   di   legittimare   una  nuova  previsione  di  arresto
obbligatorio   dopo   la   sentenza   n. 223  del  2004  della  Corte
costituzionale   (che   aveva   dichiarato   l'illegittimita'   della
disposizione  concernente  l'arresto  per il reato de quo, in ragione
della  natura  contravvenzionale  della  fattispecie  e  dei relativi
valori  di  pena),  senza trovare corrispondenza in una modificazione
sostanziale  del fenomeno regolato, e dunque alterando il rapporto di
proporzionalita' tra fatto e pena;
        che  il  rimettente prospetta una violazione del principio di
uguaglianza anche attraverso il raffronto fra il trattamento previsto
per il reato di cui al comma 5-ter dell'art. 14 del d.lgs. n. 286 del
1998  e quello riservato ad altre ipotesi criminose, che sarebbero ad
esso   comparabili   in  quanto  consistenti,  a  loro  volta,  nella
disobbedienza  ad  un  ordine impartito dall'autorita' amministrativa
per ragioni di ordine pubblico;
        che  vengono  evocate, a tale proposito, l'inosservanza di un
provvedimento legalmente dato per ragioni di giustizia o di sicurezza
pubblica o d'ordine pubblico o di igiene, punita con l'arresto fino a
tre  mesi  o  addirittura  con  la  sola ammenda (art. 650 del codice
penale),   e  la  contravvenzione  al  foglio  di  via  obbligatorio,
sanzionata  con  la pena dell'arresto da uno a sei mesi (art. 2 della
legge  27 dicembre  1956, n. 1423, recante «Misure di prevenzione nei
confronti delle persone pericolose per la sicurezza»);
        che,  in definitiva, la norma censurata contrasterebbe con il
principio  di  uguaglianza  sia in esito al raffronto con le sanzioni
previste  per la medesima fattispecie appena due anni prima della sua
introduzione,  sia  in  esito alla comparazione con le pene comminate
per comportamenti illeciti della stessa natura;
        che  dal  difetto di proporzione scaturirebbe anche, a parere
del  Tribunale, un contrasto con l'art. 27, terzo comma, Cost., posto
che  solo  una  pena  proporzionata  al fatto puo' esplicare una vera
funzione rieducativa;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto nel
giudizio  con  atto  depositato  l'11 ottobre  2005, chiedendo che la
questione sollevata sia dichiarata infondata;
        che  il quadro sanzionatorio scaturito dalla legge n. 271 del
2004,   secondo   la  difesa  erariale,  non  sarebbe  affetto  dalle
incongruenze   denunciate,   posto   che   l'indebito   trattenimento
conseguente  all'ingresso  illegale  od  a  condotte similari sarebbe
reato  assimilabile  alle altre ipotesi punite in misura equivalente,
mentre  la comparazione con l'art. 650 cod. pen. e con l'art. 2 della
legge n. 1423 del 1956 sarebbe arbitraria, non assumendo rilievo, per
tali    fattispecie,   interessi   come   l'osservanza   di   vincoli
internazionali ed il governo dei flussi migratori;
        che  del  resto,  a  conferma della corretta dosimetria della
pena da parte del legislatore, nel testo unico delle leggi in materia
di  immigrazione  permangono  reati  di natura contravvenzionale, con
pene  assimilabili  a  quelle  previste  dalle  norme  incriminatrici
assunte  a  tertia comparationis, come l'indebito trattenimento dello
straniero espulso per non aver sollecitato il rinnovo del permesso di
soggiorno;
        che  lo  stesso  Tribunale  di  Trieste,  con  ordinanza  del
14 dicembre 2005 (r.o. n. 284 del 2006), ha nuovamente sollevato - in
riferimento  agli  artt. 3  e  27,  terzo comma, Cost. - questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter, del decreto
legislativo  n. 286 del 1998, come sostituito dall'art. 1 della legge
n. 271  del 2004, nella parte in cui prevede la pena della reclusione
da  uno  a  quattro  anni  per  lo  straniero che, senza giustificato
motivo,  si  trattenga  nel  territorio  dello  Stato  in  violazione
dell'ordine  di allontanarsene, impartitogli dal questore a norma del
precedente comma 5-bis;
        che  il  rimettente,  chiamato  nella  specie  a celebrare il
giudizio  abbreviato  nei  confronti  di  alcuni  cittadini stranieri
accusati  del  reato  di indebito trattenimento, giudica rilevante la
questione  sollevata  in  quanto,  per  il caso di condanna, dovrebbe
farsi necessario riferimento alla vigente previsione edittale;
        che  l'ordinanza  di  rimessione ricalca letteralmente, nella
parte  dedicata  alla  non manifesta infondatezza della questione, un
altro  provvedimento adottato dallo stesso giudice a quo (r.o. n. 436
del 2005), del cui tenore gia' si e' dato conto;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto nel
giudizio con atto depositato il 26 settembre 2006, sollecitando anche
nel caso di specie, per le ragioni gia' illustrate, una dichiarazione
di infondatezza della questione sollevata;
        che  il  Tribunale di Modena in composizione monocratica, con
ordinanza del 6 aprile 2005 (r.o. n. 522 del 2005), ha sollevato - in
riferimento  agli  artt. 3  e  27,  terzo comma, Cost. - questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter,  del d.lgs.
n. 286  del  1998, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del
2004,  nella  parte  in cui prevede la pena della reclusione da uno a
quattro  anni  per  lo  straniero  che, senza giustificato motivo, si
trattenga  nel  territorio  dello  Stato in violazione dell'ordine di
allontanarsene impartitogli dal questore;
        che  il  rimettente,  chiamato  a  celebrare  il giudizio nei
confronti  di  persona  accusata del reato di indebito trattenimento,
rileva,  nella  prospettiva  dell'eventuale  condanna,  che  i valori
edittali della sanzione sarebbero irragionevolmente alti, comportando
una   violazione   del  principio  di  uguaglianza  e  di  necessaria
funzionalita' rieducativa della pena;
        che    infatti,    secondo   il   Tribunale,   l'inasprimento
sanzionatorio  attuato  con  la legge n. 271 del 2004 per il reato de
quo  non  risponderebbe  a  mutate esigenze di politica criminale, ma
alla  sola  finalita'  di  assicurare  «il  governo  delle espulsioni
mediante  lo  strumento  dell'arresto  obbligatorio»,  come  dovrebbe
desumersi  dalla successione riscontrabile tra la sentenza n. 223 del
2004    della    Corte    costituzionale    (che   aveva   dichiarato
l'illegittimita' della previsione concernente l'arresto per lo stesso
reato  in forma di contravvenzione), il decreto-legge n. 241 del 2004
(il  cui  tenore,  ferma  restando  la natura contravvenzionale della
fattispecie,   mirava   a   sopprimere   formalmente   la  previsione
processuale  dichiarata illegittima) e la citata legge di conversione
(segnata   invece   dalla   trasformazione  dell'illecito  in  figura
delittuosa,  e  di  fatto mirata - come risulterebbe da vari passaggi
dei lavori parlamentari - a fissare la pena in guisa da consentire, a
norma  dell'art. 280 del codice di procedura penale, l'adozione della
misura  cautelare  della  custodia  in  carcere,  e  da  legittimare,
conseguentemente, la rinnovata previsione dell'arresto obbligatorio);
        che  il giudice a quo ravvisa, nella situazione indicata, una
violazione   dell'art. 3   Cost.,  in  ragione  dell'assenza  di  una
giustificazione dell'inasprimento sanzionatorio realmente connessa ad
un mutamento sostanziale del fenomeno regolato;
        che    comunque    la    previsione   edittale   della   pena
contrasterebbe,  specie  in  riferimento  al  limite  minimo,  con il
principio  di  proporzionalita',  essendo  riferibile anche a persone
prive in concreto di pericolosita' sociale;
        che    sarebbe    incongrua,    in   particolare,   l'attuale
parificazione  della  pena  prevista  per  l'indebito trattenimento a
quella  comminata nella prima parte dell'art. 13, comma 13-bis, dello
stesso  d.lgs. n. 286 del 1998, che punisce lo straniero gia' colpito
da   un   provvedimento   giudiziale   di   espulsione   e  rientrato
indebitamente nel territorio dello Stato;
        che infatti, a parere del rimettente, la condotta di indebito
reingresso  sarebbe  ben  piu'  grave  di  quella  in  esame, perche'
realizzata - con un comportamento attivo e non semplicemente omissivo
- da un soggetto gia' responsabile di altro reato e gia' destinatario
di  un  provvedimento  che  presuppone la sua concreta pericolosita',
tanto  che,  nell'impianto  sanzionatorio  originario, il trattamento
delle figure poste a confronto era ben differenziato;
        che un'ulteriore violazione del principio di uguaglianza (per
l'analoga   disciplina   di   fattispecie  tra  loro  eterogenee)  si
riscontrerebbe  raffrontando  la  norma  censurata  con la previsione
della seconda parte del citato comma 13-bis dell'art. 13, a sua volta
riformata   nel   2004,   vista   la  sostanziale  parificazione  del
trattamento  sanzionatorio  per la condotta dello straniero rientrato
in  Italia  dopo  l'esecuzione  di  due  precedenti  provvedimenti di
espulsione   e   per  il  comportamento,  assai  meno  significativo,
dell'inottemperanza  al primo ordine del questore di allontanarsi dal
territorio dello Stato;
        che   l'asserita  sproporzione  per  eccesso  delle  sanzioni
comminate  dall'art. 14, comma 5-ter, emergerebbe anche dal raffronto
con  previsioni  incriminatrici non comprese nel citato d.lgs. n. 286
del  1998,  ed  in  particolare  con quelle dell'art. 650 cod. pen. e
dell'art. 2   della   legge   n. 1423  del  1956,  assimilabili  alla
disposizione  censurata  perche'  relative  anch'esse  a  fenomeni di
disobbedienza  verso  provvedimenti  assunti  per  ragioni  di ordine
pubblico,  e per altro sanzionate assai meno gravemente, senza che la
particolare  condizione  dell'agente nella stessa disposizione (cioe'
quella  di  straniero presente illegalmente sul territorio nazionale)
valga   a  giustificare  differenze  tanto  marcate  del  trattamento
sanzionatorio;
        che   tali  differenze  non  potrebbero  essere  legittimate,
secondo  il  rimettente,  dall'eventualita'  che la pena inflitta per
l'indebito  trattenimento  dello  straniero  non  sia  eseguita,  per
effetto   dell'espulsione   disposta  quale  sanzione  sostitutiva  o
alternativa,  posto  che  detta espulsione non costituisce un diritto
del  condannato  e  non  trova  comunque  applicazione  nei  casi  di
sospensione condizionale o per pene di entita' superiore ai due anni;
        che,  infine, la violazione del principio di proporzionalita'
priverebbe la pena, a parere del Tribunale, della necessaria funzione
rieducativa;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto nel
giudizio  con  atto  depositato il 15 novembre 2005, chiedendo che la
questione sollevata sia dichiarata infondata;
        che  infatti,  mediante  le  riforme  introdotte con la legge
n. 271   del   2004   nel   trattamento  sanzionatorio  dell'indebito
trattenimento,  il legislatore avrebbe distinto, discrezionalmente ma
ragionevolmente, tra le varie previsioni concernenti l'inottemperanza
all'ordine del questore;
        che   in   particolare,   secondo   la  difesa  erariale,  le
fattispecie  evocate  quali  tertia  comparationis  potrebbero essere
comparate  con  la  residua  ipotesi  contravvenzionale in materia di
immigrazione  (l'inottemperanza  dello straniero espulso per non aver
rinnovato  la  richiesta  del  permesso  di soggiorno), ma non con la
figura   delittuosa   in   discussione,   che   coinvolge   interessi
specificamente   concernenti   le   politiche  contro  l'immigrazione
clandestina  e  comunque  riguarda  persone  entrate  o  trattenutesi
clandestinamente nel territorio dello Stato;
        che il Tribunale di Chiavari in composizione monocratica, con
ordinanza  del 27 settembre 2005 (r.o. n. 523 del 2005), ha sollevato
- in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. - questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter,  del d.lgs.
n. 286  del  1998, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del
2004,  nella  parte  in cui prevede la pena della reclusione da uno a
quattro  anni  per  lo  straniero  che, senza giustificato motivo, si
trattenga  nel  territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine
impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis;
        che  il  rimettente, il quale procede con rito abbreviato nei
confronti  di  uno  straniero  trattenutosi  in  Italia nonostante la
rituale  notifica  dell'ordine  di  lasciare  il  Paese, senza alcuna
allegazione  di  un  giustificato  motivo,  dubita, nella prospettiva
dell'eventuale  deliberazione  di  una  sentenza  di condanna, che la
norma  censurata  sia  legittima  nella  parte  concernente  i valori
edittali della pena;
        che  l'ordinanza  riproduce  sostanzialmente, in punto di non
manifesta  infondatezza  della questione sollevata, la motivazione di
altri  provvedimenti con il medesimo oggetto (tra i quali l'ordinanza
del  Tribunale di Trieste r.o. n. 436 del 2005), che gia' sopra si e'
illustrata;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto nel
giudizio  con  atto  depositato il 22 novembre 2005, che riproduce le
osservazioni  e  le  richieste  gia'  svolte dalla difesa erariale in
occasioni  analoghe,  e  dunque  gia'  riassunte, in questa sede, con
riguardo all'intervento spiegato nel giudizio concernente l'ordinanza
r.o. n. 436 del 2005;
        che  la  Corte  di  appello  di  Venezia,  con  ordinanza del
4 ottobre  2005  (r.o.  n. 5 del 2006), ha sollevato - in riferimento
agli  artt. 3  e  27,  terzo comma, della Costituzione - questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter,  del d.lgs.
n. 286  del  1998, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del
2004,  nella  parte  in cui prevede la pena della reclusione da uno a
quattro  anni  per  lo  straniero  che, senza giustificato motivo, si
trattenga  nel  territorio  dello  Stato in violazione dell'ordine di
allontanarsene impartitogli dal questore;
        che   la  Corte  rimettente  procede  alla  celebrazione  del
giudizio  di appello nei confronti di persona di nazionalita' estera,
condannata  in  primo  grado per il reato di indebito trattenimento e
priva di precedenti penali o giudiziari;
        che   al   fine   di   evidenziare   l'asserita   carenza  di
proporzionalita'  dell'attuale previsione sanzionatoria, il giudice a
quo  ricostruisce  il  quadro  delle  norme  penali ed amministrative
succedutesi  nel  tempo  a  proposito  dell'inosservanza degli ordini
impartiti  dall'autorita'  per ragioni di ordine pubblico, ponendo in
luce  che  mai  in precedenza, neppure nell'ambito della legislazione
antecedente   alla   Costituzione   repubblicana,   sarebbero   state
configurate ipotesi a carattere delittuoso;
        che   la   diversa  opzione  maturata  con  la  modifica  del
comma 5-ter  dell'art. 14  del  t.u.  in  materia  di  immigrazione -
attuata  in sede di conversione del decreto-legge n. 241 del 2004 con
il fine dichiarato di consentire nuovamente l'arresto degli stranieri
inottemperanti dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 223 del
2004  - avrebbe dato luogo, in assenza di segnali di aggravamento del
fenomeno  regolato,  ad  una  sanzione  sproporzionata  ed  incongrua
(rispetto  a  quella  prevista  appena  due anni prima per gli stessi
fatti),  e comunque avrebbe introdotto nell'ordinamento «un ulteriore
elemento  di irragionevolezza, piegando il diritto penale sostanziale
alle  esigenze  di  quello  processuale e ponendo entrambi a sostegno
dell'attivita'  di  polizia,  con un'inversione dei piani e dei ruoli
istituzionali di tutta evidenza»;
        che  l'art. 3  Cost.  sarebbe violato, secondo la rimettente,
anche  in  forza  del  difforme  trattamento istituito per l'indebito
trattenimento   rispetto   a   situazioni   analoghe,   come   quelle
disciplinate dall'art. 650 cod. pen., dall'art. 2 della legge n. 1423
del  1956,  dall'art. 163  del  regio  decreto 18 giugno 1931, n. 773
(Approvazione  del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), il
quale ultimo sanziona, con la pena dell'arresto da uno a sei mesi, la
violazione   delle  disposizioni  impartite  con  il  foglio  di  via
obbligatorio;
        che l'entita' sproporzionata della sanzione, infine, varrebbe
ad  escluderne l'efficacia rieducativa, poiche' questa presuppone che
l'interessato  possa  recepire  la  pena  inflittagli  quale «giusta»
reazione al fatto illecito da lui commesso;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto nel
giudizio  con  atto  depositato  il 7 febbraio 2006, chiedendo che la
questione proposta sia dichiarata infondata;
        che  la difesa erariale riproduce, nella specie, rilievi gia'
svolti con atti di intervento analoghi (tra i quali l'atto depositato
nel   giudizio   concernente   l'ordinanza  r.o.  n. 436  del  2005),
osservando  in  particolare  che  le fattispecie evocate quali tertia
comparationis  (compresa  quella  prevista  dall'art. 163 t.u.l.p.s.)
potrebbero  essere raffrontate alla residua ipotesi contravvenzionale
in  materia di immigrazione (l'inottemperanza dello straniero espulso
per  non  aver  rinnovato la richiesta del permesso di soggiorno), ma
non  alla  figura  delittuosa in discussione, che coinvolge interessi
specificamente   concernenti   le   politiche  contro  l'immigrazione
clandestina  e  comunque  riguarda  persone  entrate  o  trattenutesi
clandestinamente nel territorio dello Stato;
        che  il Tribunale di Trieste in composizione monocratica, con
tre   ordinanze   di   tenore   sostanzialmente  analogo,  deliberate
rispettivamente   il  26 ottobre  2005  (r.o.  n. 64  del  2006),  il
21 dicembre  2005  (r.o.  n. 286  del 2006) ed il 1° marzo 2006 (r.o.
n. 288  del  2006),  ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 27,
terzo   comma,   della   Costituzione  -  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998,
come  sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del 2004, nella parte
in  cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni per lo
straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio
dello  Stato  in  violazione  dell'ordine impartitogli dal questore a
norma del precedente comma 5-bis;
        che  il  rimettente  -  il quale procede in tutti i giudizi a
quibus,  sia pure con riti diversi, nei confronti di persone accusate
del  reato  di  indebito trattenimento - dubita che i limiti edittali
della  pena,  cui necessariamente dovrebbe far riferimento in caso di
accoglimento  della  richiesta  di patteggiamento o di condanna degli
imputati,   siano   stati   fissati   in   armonia   con  i  precetti
costituzionali;
        che  le questioni sono argomentate, in punto di non manifesta
infondatezza, mediante esplicito e testuale richiamo al provvedimento
deliberato  dallo  stesso Tribunale di Trieste in data 1° aprile 2005
(r.o. n. 436 del 2005), la cui motivazione e' gia' stata illustrata;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
ciascuno  dei  tre  giudizi,  con  atti depositati rispettivamente il
28 marzo  2006  (r.o.  n. 64  del 2006) ed il 26 settembre 2006 (r.o.
nn. 286 e 288 del 2006);
        che  l'Avvocatura dello Stato riproduce, negli atti indicati,
i  rilievi  gia'  svolti  con  l'atto  di  intervento per il giudizio
concernente  la  citata  ordinanza r.o. n. 436 del 2005, sollecitando
anche  nei  casi  di  specie  una dichiarazione di infondatezza delle
questioni sollevate;
        che  il  Tribunale di Verona in composizione monocratica, con
tre   ordinanze   di   tenore   sostanzialmente  analogo,  deliberate
rispettivamente  il  14 ottobre  2005  (r.o.  n. 127  del 2006) ed il
31 ottobre  2005  (r.o.  nn. 66  e  67  del  2006), ha sollevato - in
riferimento  agli  artt. 3  e  27,  terzo comma, della Costituzione -
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter,
del  d.lgs.  n. 286 del 1998, come sostituito dall'art. 1 della legge
n. 271  del 2004, nella parte in cui prevede la pena della reclusione
da  uno  a  quattro  anni  -  anziche' una pena equiparabile a quella
prevista  dagli  artt. 650  cod.  pen., 157 t.u.l.p.s., 2 della legge
n. 1423  del  1956 - per lo straniero che, senza giustificato motivo,
si  trattenga  nel  territorio  dello Stato in violazione dell'ordine
impartitogli dal questore a norma del precedente comma 5-bis;
        che  il rimettente - il quale procede con rito abbreviato, in
tutti i giudizi a quibus, nei confronti di persone accusate del reato
di indebito trattenimento - rileva, nella prospettiva d'una eventuale
deliberazione di condanna, che la norma censurata sarebbe illegittima
nella parte concernente i valori edittali della pena;
        che   il   Tribunale   prospetta,   in   primo   luogo,   una
ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra  la  fattispecie  in
questione  ed  analoghe  ipotesi  di  inosservanza  dei provvedimenti
amministrativi  adottati  per  ragioni  di  ordine pubblico, che sono
punite  a  titolo di contravvenzione e con sanzioni assai piu' lievi,
richiamando,  in questo senso, le previsioni di cui all'art. 650 cod.
pen.   ed  all'art. 2  della  legge  n. 1423  del  1956,  nonche'  la
fattispecie   delineata  all'art. 157  t.u.l.p.s.,  che  sanziona  la
contravvenzione al foglio di via obbligatorio;
        che  le  differenze  sul  piano  sanzionatorio,  a parere del
rimettente,   non   potrebbero  giustificarsi  in  base  alla  natura
necessariamente  dolosa  della  condotta  concernente  lo  straniero,
poiche'   nei   fatti  sarebbero  sempre  dolose  anche  le  condotte
contravvenzionali punibili a norma delle disposizioni citate;
        che la norma censurata prevede una pena assimilabile a quella
altrove  comminata per violazioni da ritenersi, secondo il Tribunale,
molto  piu'  gravi, perche' riferibili a soggetti dalla pericolosita'
marcata  e  giudizialmente  accertata,  come  nel  caso  dell'art. 9,
secondo  comma,  della legge n. 1423 del 1956, ove si sanziona con la
reclusione da uno a cinque anni l'inosservanza degli obblighi e delle
prescrizioni  inerenti  alla sorveglianza speciale con l'obbligo o il
divieto di soggiorno;
        che   il  rimettente  connette  un'ulteriore  violazione  del
principio  di  uguaglianza  alla  natura  di  «reato  ostacolo» della
fattispecie in considerazione, la quale sarebbe mirata essenzialmente
a  prevenire  la  commissione di futuri reati da parte dell'immigrato
irregolare,  e pero' risulta punita con una pena molto piu' severa di
quella  in  genere  comminata  per  gli  illeciti  che  si vorrebbero
impedire;
        che l'entita' sproporzionata della sanzione, infine, varrebbe
ad  escluderne l'efficacia rieducativa, poiche' questa presuppone che
l'interessato  possa  recepire  la  pena  inflittagli  quale «giusta»
reazione al fatto illecito realizzato;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
ciascuno   dei   giudizi,  con  atti  depositati  rispettivamente  il
23 maggio  2006  (r.o.  n. 127  del  2006)  ed il 4 aprile 2006 (r.o.
nn. 66  e  67  del  2006), chiedendo che le questioni sollevate siano
dichiarate infondate;
        che  la  difesa  erariale  rileva come il legislatore, con la
novella  del  2004,  avrebbe distinto ragionevolmente, esercitando la
propria   discrezionalita',   tra  varie  ipotesi  di  inottemperanza
all'ordine  del questore, osservando che le fattispecie evocate quali
tertia  comparationis  potrebbero  essere  comparate  con  la residua
ipotesi     contravvenzionale     in    materia    di    immigrazione
(l'inottemperanza  dello  straniero espulso per non aver rinnovato la
richiesta del permesso di soggiorno), ma non con la figura delittuosa
in   discussione,   la   quale   coinvolge  interessi  specificamente
concernenti le politiche contro l'immigrazione clandestina e comunque
riguarda   persone   entrate   o  trattenutesi  clandestinamente  nel
territorio dello Stato;
        che  sarebbe  del  tutto  infondato,  per  le  ragioni appena
indicate, l'assunto che la condotta in esame non esprima una concreta
pericolosita'  del responsabile, e non possa dunque essere punita con
una  pena  analoga a quella prevista per le violazioni concernenti le
misure di prevenzione;
        che   infine,   sempre  a  parere  dell'Avvocatura  generale,
l'assunto  di  una  proporzione invertita tra le pene previste per il
«reato  ostacolo» e quelle concernenti i delitti da prevenire sarebbe
apodittico e palesemente privo di fondamento;
        che  il Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Dolo, con
sei   ordinanze   di   tenore   sostanzialmente  analogo,  deliberate
rispettivamente  il  4 aprile  2005  (r.o. nn. 79 e 121 del 2006), il
5 aprile  2005  (r.o.  n. 120 del 2006), l'8 aprile 2005 (r.o. n. 118
del  2006),  il  12 maggio 2005 (r.o. n. 119 del 2006) e il 23 maggio
2005  (r.o.  n. 117  del  2006),  ha  sollevato - in riferimento agli
artt. 3  e  27,  terzo  comma,  Cost.  -  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter, primo periodo, del d.lgs.
n. 286  del  1998, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del
2004,  nella  parte  in cui prevede la pena della reclusione da uno a
quattro  anni  per  lo  straniero  che, senza giustificato motivo, si
trattenga  nel  territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine
impartitogli dal questore ai sensi del precedente comma 5-bis;
        che  il  rimettente  -  il quale procede in tutti i giudizi a
quibus,  sia pure con riti diversi, nei confronti di persone accusate
del reato di indebito trattenimento - censura il relativo trattamento
sanzionatorio in una duplice prospettiva;
        che    l'incongruenza    della    previsione    edittale   si
manifesterebbe, per un primo verso, alla luce della vicenda evolutiva
che  ha  segnato  la  materia, posto che l'inasprimento sanzionatorio
attuato  con  la legge n. 271 del 2004 avrebbe avuto il solo scopo di
legittimare una nuova previsione di arresto obbligatorio per il reato
di  indebito  trattenimento  dopo  la  sentenza n. 223 del 2004 della
Corte   costituzionale,   senza   trovare   corrispondenza   in   una
modificazione  sostanziale  del fenomeno regolato, e dunque alterando
il rapporto di proporzionalita' tra fatto e pena;
        che  il  rimettente prospetta una violazione del principio di
uguaglianza,  per  altro  verso, anche attraverso il raffronto fra il
trattamento  previsto per il reato de quo e quello riservato ad altre
ipotesi  criminose,  che  sarebbero  ad  esso  comparabili  in quanto
consistenti, a loro volta, nella disobbedienza ad un ordine impartito
dall'autorita'   amministrativa   per  ragioni  di  ordine  pubblico,
evocando  in  particolare l'art. 650 cod. pen. e l'art. 2 della legge
n. 1423 del 1956;
        che  in  definitiva, secondo il Tribunale, la norma censurata
contrasterebbe  con  il  principio  di ragionevolezza sia in esito al
raffronto con le sanzioni previste per la medesima fattispecie appena
due  anni prima della sua introduzione, sia in esito al raffronto con
le pene comminate per comportamenti illeciti della stessa natura;
        che   dal   difetto  di  proporzione  scaturirebbe  anche  il
contrasto  della  norma  censurata con l'art. 27, terzo comma, Cost.,
posto  che  solo  una  pena proporzionata al fatto puo' esplicare una
vera funzione rieducativa;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  in
ciascuno   dei   giudizi,  con  atti  depositati  rispettivamente  il
13 aprile  2006  (r.o.  n. 79  del  2006)  e  il 16 maggio 2006 (r.o.
nn. 117, 118, 119, 120 e 121 del 2006);
        che  gli  atti  indicati  riproducono  le  osservazioni  e le
richieste  gia' svolte dalla difesa erariale in occasioni analoghe, e
dunque  gia'  riassunte,  in questa sede, con riguardo all'intervento
spiegato nel giudizio concernente l'ordinanza r.o. n. 436 del 2005;
        che  il Tribunale di Bologna in composizione monocratica, con
ordinanza  del  5 gennaio 2006 (r.o. n. 116 del 2006), ha sollevato -
in   riferimento   agli  artt. 3  e  27  Cost.  -  una  questione  di
legittimita'   costituzionale   riguardo   a   norma   non  indicata,
plausibilmente   identificabile   nell'art. 14,   comma 5-ter,  primo
periodo,  del  d.lgs.  n. 286  del  1998, come sostituito dall'art. 1
della legge n. 271 del 2004;
        che  dal  testo  del  provvedimento  di  rimessione, il quale
rinvia  ad  una  eccezione  difensiva  non trascritta e ad altre (non
meglio  indicate  e non trascritte) ordinanze dello stesso Tribunale,
emerge che, secondo il giudice a quo, la pena per il reato contestato
sarebbe   eccessiva,  una  volta  comparata  a  quella  prevista  per
«fattispecie analoghe» come quelle regolate dall'art. 650 cod. pen. e
dall'art. 2 della legge n. 1423 del 1956;
        che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto nel
giudizio  con  atto  depositato  il  16 maggio 2006, chiedendo che la
questione  sollevata  sia  dichiarata manifestamente inammissibile e,
comunque, infondata;
        che  in  punto di ammissibilita' la difesa erariale evidenzia
come  l'ordinanza  di  rimessione  sia priva di qualunque descrizione
della   concreta   fattispecie  sottoposta  a  giudizio,  e  finanche
dell'indicazione della norma sottoposta a censura;
        che  l'Avvocatura dello Stato riproduce, quanto alla ritenuta
infondatezza   della   questione,  le  osservazioni  gia'  svolte  in
occasioni  analoghe,  e  dunque  gia'  riassunte, in questa sede, con
riguardo all'intervento spiegato nel giudizio concernente l'ordinanza
r.o. n. 436 del 2005.
    Considerato  che  tutte  le ordinanze fin qui descritte sollevano
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter,
primo  periodo, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e   norme   sulla   condizione   dello  straniero),  come  sostituito
dall'art. 1  della  legge  12 novembre  2004,  n. 271 (Conversione in
legge,   con  modificazioni,  del  decreto-legge  14 settembre  2004,
n. 241,  recante  disposizioni  urgenti  in materia di immigrazione),
nella  parte in cui prevede la pena della reclusione da uno a quattro
anni  per  lo  straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga
nel   territorio   dello   Stato   in   violazione   dell'ordine   di
allontanarsene,  impartitogli  dal  questore  a  norma del precedente
comma 5-bis;
        che  il  Tribunale di Verona prospetta l'illegittimita' della
previsione  sanzionatoria,  in  particolare,  nella misura in cui non
commina  una  pena equiparabile a quella prevista dagli artt. 650 del
codice   penale,   157  del  regio  decreto  18  giugno 1931,  n. 773
(Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), e 2
della  legge  27 dicembre  1956,  n. 1423  (Misure di prevenzione nei
confronti delle persone pericolose per la sicurezza);
        che  la  norma  del  citato  comma 5-ter  dell'art. 14  viene
censurata  per  i  valori  asseritamente  troppo  elevati  della pena
edittale,  con  riferimento  generalizzato  agli  artt. 3 e 27, terzo
comma, della Costituzione;
        che  i  giudici  a  quibus  - dopo aver ricordato che la pena
originariamente  prevista  per  il  reato  di  indebito trattenimento
consisteva  nell'arresto  da  sei  mesi  ad un anno, e che, a seguito
delle  modifiche  recate  dalla  legge  n. 271  del 2004, la medesima
condotta  e'  oggi  punita  con la reclusione da uno a quattro anni -
rilevano  nel  complesso che l'inasprimento sarebbe stato attuato per
finalita'  di  carattere  processuale (la legittimazione di una nuova
previsione   di   arresto  obbligatorio),  senza  alcuna  sostanziale
modifica  del  fenomeno  criminoso  sottostante, e per cio' stesso in
violazione  dei  principi  di ragionevolezza e proporzionalita' della
pena;
        che   le  pene  comminate  dalla  norma  censurata  sarebbero
palesemente   sproporzionate   per  eccesso  rispetto  alla  gravita'
effettiva  del  fatto incriminato, il quale consisterebbe in un reato
di pericolo, non sintomatico per se' di pericolosita' sociale;
        che,  nel  complesso, i rimettenti pongono in comparazione il
trattamento  sanzionatorio  dell'indebito  trattenimento  con quello,
assai  piu'  mite,  previsto  da  disposizioni ritenute assimilabili,
perche'  concernenti  a  loro  volta  condotte  di  inottemperanza  a
provvedimenti  adottati  dall'autorita' amministrativa per ragioni di
sicurezza  e  di ordine pubblico, evocando in particolare: l'art. 650
cod.   pen.  (recante  la  rubrica  «Inosservanza  dei  provvedimenti
dell'Autorita»),  che  prevede  l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda
fino  ad  euro  206;  l'art. 2 della legge n. 1423 del 1956, relativo
alla  contravvenzione  al  foglio  di  via  obbligatorio,  punita con
l'arresto  da uno a sei mesi; l'art. 157 t.u.l.p.s., pure concernente
contravvenzioni  al  foglio di via obbligatorio, punito con l'arresto
da  uno  a  sei  mesi  (in  particolare,  per  il  riferimento a tale
fattispecie, le ordinanze r.o. nn. 66, 67 e 127 del 2006); l'art. 163
dello  stesso  t.u.l.p.s.,  che  sanziona  con  la  medesima  pena la
contravvenzione  alle  prescrizioni  impartite  con  il foglio di via
obbligatorio (r.o. n. 5 del 2006);
        che  il  Tribunale  di  Verona,  in  particolare,  deduce una
violazione  del  principio  di uguaglianza anche dal raffronto tra la
pena  collegata  ad un «reato ostacolo» - quale sarebbe l'illecito di
indebito   trattenimento,   asseritamente   configurato  al  fine  di
prevenire  la  lesione di beni giuridici sostanziali - e quella assai
piu'  lieve  che  l'ordinamento  commina  per  molte  delle  condotte
concretamente  lesive  degli  stessi  beni (r.o. nn. 66, 67 e 127 del
2006);
        che  alcuni  dei  giudici a quibus, inoltre, istituiscono una
comparazione   tra   la   norma   censurata   e   talune   previsioni
incriminatrici   caratterizzate  da  analoghi  livelli  sanzionatori,
riguardanti   condotte   ritenute   assai  piu'  gravi,  evocando  in
particolare  alcune figure di indebito reingresso dello straniero nel
territorio  dello  Stato  (art. 13,  comma 13-bis,  primo  e  secondo
periodo,  del  d.lgs. n. 286 del 1998) e l'inosservanza di obblighi e
prescrizioni  inerenti  alla sorveglianza speciale con l'obbligo o il
divieto  di soggiorno (art. 9, secondo comma, della legge n. 1423 del
1956);
        che tutte le ordinanze di rimessione prospettano il contrasto
tra  la  norma  censurata  ed  il  terzo comma dell'art. 27 Cost., in
quanto   la  relativa  previsione  sanzionatoria,  essendo  priva  di
proporzionalita'   rispetto   al   fatto  incriminato,  non  potrebbe
assolvere alla necessaria funzione rieducativa della pena;
        che,  data  la  pertinenza di tutte le questioni sollevate al
trattamento    sanzionatorio   del   reato   previsto   dall'art. 14,
comma 5-ter,  primo  periodo, del d.lgs. n. 286 del 1998, puo' essere
disposta la riunione dei relativi giudizi;
        che  la  questione  proposta  dal  Tribunale  di  Trieste con
ordinanza  del  1 aprile  2005 (r.o. n. 436 del 2005), e le questioni
sollevate  dal Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Dolo (r.o.
nn. 79,  117, 118, 119, 120 e 121 del 2006), risultano manifestamente
inammissibili,  posto  che  i  rimettenti  non  hanno  svolto  alcuna
considerazione  in  punto  di  rilevanza delle questioni medesime nei
giudizi a quibus (tra le molte, ordinanze n. 136, n. 205 e n. 308 del
2007);
        che  anche la questione sollevata dal Tribunale di Bologna e'
manifestamente  inammissibile,  atteso  che e' priva di una esplicita
indicazione della norma censurata, che la motivazione in punto di non
manifesta  infondatezza  si esaurisce sostanzialmente in un rinvio ad
atti  diversi e non trascritti (ex multis, ordinanza n. 75 del 2007),
e  che  la  rilevanza  nel  giudizio  a  quo  e'  motivata  in  senso
contraddittorio  rispetto  alla  censura  presumibilmente prospettata
(collegando    all'ipotetico   accoglimento   della   questione   una
sopravvenuta insussistenza del reato);
        che  le  ulteriori  questioni di legittimita' costituzionale,
pure  concernenti  l'art. 14,  comma 5-ter, primo periodo, del d.lgs.
n. 286  del  1998, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 271 del
2004,  sono  sostanzialmente  identiche  a quelle che questa Corte ha
gia'  dichiarato  inammissibili  con  la  sentenza  n. 22  del 2007 e
manifestamente inammissibili con l'ordinanza n. 167 del 2007;
        che  dunque,  non  essendovi  ragione  per  discostarsi dalle
valutazioni  recentemente  compiute,  deve  dichiararsi  la manifesta
inammissibilita' anche delle questioni in esame.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, primo periodo,
del  decreto  legislativo  25 luglio  1998, n. 286 (Testo unico delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione dello straniero), come sostituito dall'art. 1 della
legge   12 novembre   2004,   n. 271   (Conversione   in  legge,  con
modificazioni,  del  decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241, recante
disposizioni  urgenti in materia di immigrazione), nella parte in cui
prevede  la  pena  della  reclusione  da  uno  a  quattro anni per lo
straniero che, senza giustificato motivo, si trattenga nel territorio
dello Stato in violazione dell'ordine di allontanarsene, impartitogli
dal  questore  a  norma  del  precedente  comma 5-bis,  sollevate, in
riferimento  agli  artt. 3  e 27 della Costituzione, dai Tribunali di
Trieste,  Modena,  Chiavari, Verona, Venezia e Bologna, e dalla Corte
di appello di Venezia, con le ordinanze indicate in epigrafe.
        Cosi'  deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 ottobre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
07C1250