N. 8 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 febbraio 2014
Ordinanza del 27 febbraio 2014 della Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile promosso da Cassibba Giovanni, Brafa Missicoro Maria e Gennaro Anna contro il Ministero della giustizia. Procedimento civile - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Computo della «durata ragionevole» dei procedimenti di equa riparazione previsti dalla legge n. 89 del 2001 - Applicabilita' delle previsioni che considerano rispettato il termine ragionevole se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado e di un anno nel giudizio di legittimita' o se il giudizio viene comunque definito in modo irrevocabile in un tempo complessivo non superiore a sei anni - Irragionevolezza di tali previsioni in rapporto al procedimento per equa riparazione - Incongrua estensione dei termini di ragionevole durata stabiliti per procedimenti di natura diversa - Contrasto con la precedente giurisprudenza della Corte di Strasburgo e della Corte di Cassazione che stabiliva in due anni il termine ragionevole per i procedimenti ex lege n. 89 - Violazione del principio costituzionale di ragionevole durata del processo - Contrasto con il diritto all'equo processo (nonche' con il diritto al ricorso effettivo davanti a un'istanza nazionale) e conseguente inosservanza degli obblighi internazionali derivanti dalla CEDU (Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo). - Legge 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, commi 2-bis e 2-ter, aggiunti dall'art. 55, comma 1, lett. a), n. 2), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. - Costituzione, artt. 3, primo comma, 111, comma secondo, e 117, primo comma, in relazione all'art. 6 (e all'art. 13) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali.(GU n.7 del 18-2-2015 )
CORTE D'APPELLO DI FIRENZE Seconda Sezione Civile Il Consigliere designato dott.ssa Simonetta Afeltra, nel proc. 52/2014 VG, promosso da Cassibba Giovanni, Brafa Missicoro Maria e Gennaro Anna (rappresentati e difesi dagli avv.ti Giovambattista Ferriolo, Ferdinando Emilio Abbate e Michele Dulvi Corcione), ricorrenti, contro il Ministero della giustizia, resistente, ha pronunciato la seguente ordinanza. Rilevato che: A- i ricorrenti, con ricorso ex art. 3 legge 89/2001, depositato presso la Corte di appello di Perugia a maggio 2010, chiedevano che fosse dichiarata la violazione dell'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali sotto il profilo del mancato rispetto del termine, ragionevole di cui al relativo par. I, in relazione alla durata di una causa dagli stessi instaurata dinanzi al TAR Lazio nel marzo 1993 al fine di ottenere la declaratoria del proprio diritto soggettivo all'adeguamento triennale (ex lege 27/81) dell'indennita' giudiziaria, prevista dalla legge 221/1988 nonche' al pagamento dei relativi arretrati frattanto maturati; B- la Corte di Appello di Perugia, con decreto 1458/2012 depositato il 17 dicembre 2012 , in parziale accoglimento del ricorso, condannava l'Amministrazione a pagare in favore dei ricorrenti la somma di € 10.300,00 ciascnno, oltre interessi legali dalla domanda; C- avverso detto decreto gli odierni ricorrenti non hanno proposto ricorso per cassazione; D- con il presente procedimento deducono che il giudizio di equa riparazione svoltosi presso la Corte di appello di Perugia e' complessivamente durato due anni e sette mesi (da maggio 2010 a dicembre 2012), termine che ritengono "irragionevole" , posto che invece la durata "ragionevole" di un procedimento instaurato ai sensi della c.d. legge Pinto non potrebbe eccedere il termine di "due anni" per la durata complessiva nei due gradi presso la Corte di appello e in Cassazione; E- pertanto deducono che, dovendosi considerare ragionevole un lasso di tempo di circa 12 mesi nel caso di un procedimento articolatosi - come nella specie - in un solo grado di giudizio, ne residua una protrazione "irragionevole" pari a 19 mesi; F- chiedono, pertanto, in tesi, il pagamento della somma di € 1750,00 ciascuno (di cui € 1000,00 per il primo anno di irragionevole durata e i 9/12 di € 1000,00 pari ad € 750,00 per gli ulteriori nove mesi) ovvero altro importo maggiore o minore ritenuto di giustizia e liquidato in via equitativa a titolo di equa riparazione; G- chiedono tuttavia, in ipotesi, la rimessione degli atti alla Corte Costituzionale per contrasto dell'art. 2, comma 2-ter della legge 89/2001 con l'art. 117 Cost e con l'art. 6 par. 1 CEDU nonche' con gli artt. 111, comma 2, 3, comma 1 e 10 Cost., rilevando che l'art. 2, comma 2-ter, della citata legge n. 89 (introdotto dal decreto-legge 83/12, convertito in legge 134/12), considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo "non superiore a sei anni"; H- i ricorrenti ritengono tale criterio in contrasto con la giurisprudenza, della CEDU (in particolare richiamano CE.DI.SA. 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L- ricordano infine che questa stessa Corte, adita in analogo giudizio (sia pure in sede di opposizione) in cui parimenti si lamentava la durata irragionevole di precedente procedimento ex legge 89/2001 e si deduceva del pari l'inapplicabilita' del termine di sei anni, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale in data 14 ottobre 2013; M- ritengono, infine, che la prospettata questione di costituzionalita' possa essere sollevata anche in sede monitoria, richiamando all'uopo Corte Cost 30 aprile 2008, n. 128. Ritenuto che: 1- il comma 2-ter dell'art. 2 della legge n. 89/2001, stabilisce che "si considera comunque rispettato il termine ragionevole, se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni"; 2- l'osservanza di tale termine sessennale rende quindi irrilevante il superamento dei tempi di ciascuna singola fase (di cui all'art. 2, comma 2-bis) e si applica ad ogni procedimento civile; 3- risulta non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della normativa applicabile al caso di specie: l'individuazione del principio costituzionale della "ragionevole durata" di cui all'art. 111, secondo comma Cost. deve essere correlata alla "natura" del procedimento e la sua durata "ragionevole" deve essere vagliata in ragione della sua maggiore o minore complessita'; 4- e' evidente che, in relazione ad un procedimento per equa riparazione, la previsione di una "ragionevole" durata di "sei anni" risulti lesiva sia dell'art. 111, secondo comma Cost., che dell'art. 117, primo comma, per violazione degli obblighi internazionali derivanti all'Italia dall'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (v. sentenze Corte Cost. n. 348/2007 e 349/2007), che stabilisce l'analogo principio del "termine ragionevole", oltre che dell'art. 3, comma 1 Cost per uniforme trattamento di situazioni diverse; 5- si tenga presente che: a)- il procedimento di cui alla legge 89/2001 consta della mera produzione di atti processuali; b)- non era e non e' previsto un doppio grado di merito; c)- ha la finalita' di indennizzare la violazione di un diritto fondamentale leso proprio dalla "irragionevole" durata. Peraltro, nell'ambito di una lettura sistematica dell'art. 2 e ponendo in correlazione il comma 2-ter (della cui legittimita' costituzionale si dubita) con il comma 2 , si rileva che tale precedente statuizione fa riferimento alla "complessita' del caso" (inesistente in queste ipotesi in cui il procedimento ha natura meramente "documentale"). 6. inoltre proprio il decreto-legge 83/12, convertito nella legge 134, ha fissato un termine estremamente contenuto (trenta giorni) per l'emissione del decreto nella fase "monitoria" (art. 3, c. 4, legge 89 come modificata), mantenendo il termine di quattro mesi per la eventuale fase di opposizione (art. 5-ter, comma 5), con cio' palesando che di per se' la durata di un procedimento di cui alla c.d. legge Pinto deve essere di assai breve durata; 7. come poi ritenuto anche dalla precedente ordinanza di questa Corte con cui e' stata sollevata l'analoga questione di legittimita' costituzionale, nemmeno potrebbe dirsi irrilevante un'insufficiente riparazione ai sensi della legge 89/01, ai fini della lesione dei diritti costituzionalmente garantiti sopra richiamati, solo perche' esiste la possibilita' di ottenere una "equa soddisfazione" dalla CEDU, ai sensi dell'art. 41 della Convenzione citata, anche oltre i rimedi apprestati dall'ordinamento interno: da un lato la mancata sanzione (anche se solo sul piano dell'ordinamento interno) del superamento della ragionevole durata di determinati procedimenti, una volta che sia invece previsto, in via generale, uno strumento volto ad indennizzare tale superamento, indebolisce la tutela del diritto in relazione a quegli specifici procedimenti; dall'altro la necessita' di adire la CEDU rappresenta un onere ben maggiore di quello rappresentato dal ricorso al giudice nazionale, e pertanto la differente tutela (conseguente all'incongrua equiparazione delle "durate ragionevoli" di procedimenti diversi nella loro natura) integrerebbe comunque una disparita' di trattamento irragionevole. A riprova della necessita' di un ricorso davanti al Giudice nazionale, si deve anche menzionare l'art. 13 della Convenzione citata "Diritto a un ricorso effettivo" che testualmente stabilisce che: "Ogni persona i cui diritti e le cui liberta' riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un'istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali"; 8. la questione si ritiene pertanto "rilevante", posto che, ove si dovesse ritenere conforme a Costituzione, e conseguentemente applicare, la normativa vigente, il ricorso dovrebbe essere immediatamente rigettato, stante la previsione di cui all'art. 2, comma 2-ter relativa al termine di "sei anni". Ne consegue che, solo ove fosse accolta la questione di legittimita' costituzionale, l'invocato decreto ingiuntivo potrebbe essere concesso; 9. la questione deve investire l'art. 2, comma 2-ter della legge n. 89, nella parte in cui si applica anche ai procedimenti previsti dalla stessa legge n. 89, e dunque riguardare il termine di "sei anni" complessivo del procedimento; ma va estesa anche ai termini di cui al comma 2-bis (tre anni per il primo grado, e un anno per il giudizio di legittimita': manca nella fattispecie un secondo grado di merito), che si renderebbero applicabili in mancanza del predetto termine complessivo; anche tali termini, che nel caso specifico sommano complessivamente a quattro anni, risulterebbero infatti notevolmente superiori al termine complessivo di due anni individuato dalla citata giurisprudenza come limite di ragionevole durata di un procedimento per equa riparazione.
P.Q.M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 1- Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai fini del giudizio in corso, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della legge 24 marzo 2001, n. 89, come modificata dall'art. 55 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134, nella parte in cui si applicano anche ai procedimenti di equa riparazione previsti dalla stessa legge n. 89 del 2001, per contrasto con gli artt. 111, secondo comma, 117, primo comma, e 3, primo comma Cost. 2- Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e sospende il giudizio in corso. 3- Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri, e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Firenze, 26 febbraio 2014 Il Consigliere designato: Afeltra