N. 419 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 luglio 1997- 27 maggio 1998
N. 419 Ordinanza emessa il 15 luglio 1997 (pervenuta alla Corte costituzionale il 27 maggio 1998) dal tribunale di Venezia nel procedimento civile vertente tra F. W. e P. S. ed altri Filiazione - Disconoscimento di paternita' - Proposizione della relativa azione per impotenza a generare del marito - Termine - Decorrenza dal giorno in cui ciascuno dei due coniugi sia venuto a conoscenza di tale impotenza - Mancata previsione - Lesione del principio di uguaglianza - Incidenza sui diritti inviolabili dell'uomo - Violazione del diritto di azione - Lesione della tutela della famiglia, dei figli nati fuori del matrimonio e del diritto alla ricerca della paternita' - Richiamo, in particolare, alle sentenze della Corte costituzionale nn. 134/1985 e 249/1974. Filiazione - Disconoscimento della paternita' - Proposizione della relativa azione per impotenza a generare del marito - Diritto di entrambi i coniugi di provare detta impotenza, anche dopo un anno o, rispettivamente, sei mesi dalla data della nascita del figlio legittimo ed entro il termine, rispettivamente, di un anno o di sei mesi, dal momento in cui essi siano venuti a conoscenza della stessa - Irragionevolezza - Lesione del principio di eguaglianza - Incidenza sui diritti inviolabili dell'uomo - Violazione del diritto di azione - Lesione della tutela della famiglia, dei figli nati fuori del matrimonio e del diritto alla ricerca della paternita' - Richiamo, in particolare, alle sentenze della Corte costituzionale nn. 134/1985 e 249/1974. (C.C., art. 244, commi 1 e 2). (Cost., artt. 2, 3, primo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, 30, terzo e quarto comma).(GU n.24 del 17-6-1998 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile promossa con atto di citazione notificato in data 16-19 gennaio 1996 da F. W., con l'avv. Maria Antonia Boccato del Foro di Venezia, giusta mandato in calce all'atto di citazione, attore, contro P. S., con gli avv.ti Maria Caburazzi e Susanna Rossi del Foro di Venezia, giusta mandato in calce alla copia notificata dell'atto di citazione, convenuta, e contro F. M. e F. M., con il curatore speciale avv. Chiara Santi del Foro di Venezia, giusta provvedimento 7 dicembre 1995 del presidente dei tribunale di Venezia, convenuti, con l'intervento di pubblico ministero presso il tribunale di Venezia, intervenuto; In punto: disconoscimento di paternita'. Il tribunale, sentito il relatore, esaminati gli atti ed i documenti allegati, premette l'esposizione dei seguenti fatti, rilevanti per la decisione della causa. 1. Il sig. W. F. contraeva matrimonio in Venezia-Mestre, in data 26 ottobre 1985, con la sig.ra S.P. In costanza di matrimonio nascevano i figli M. e M., il primo in data 24 aprile 1986, il secondo in data 26 settembre 1991. Nella primavera del 1992 il F. scopriva la moglie in flagranza di adulterio con il sig. S. B. (suo cognato, avendone sposato la sorella). Il 30 maggio 1995 il F. (che nel frattempo aveva iniziato la causa di separazione personale dal coniuge) si sottoponeva ad alcuni esami clinici, tra i quali anche quello della fertilita'. L'esito dell'esame rivelava che il liquido serninale del F. era caratterizzato da "moderata oligospermia ma piu' evidente asteno-teratospermia". Appreso, a seguito di consulto medico, che cio' importava incapacita' di procreare, indagando presso comuni amici veniva a conoscenza del fatto che la relazione adulterina risaliva a prima del matrimonio. Convintosi di non avere generato i minori nati in costanza del matrimonio, proponeva azione di disconoscimento della paternita'. Nella causa si costituiva per i minori il curatore speciale, dichirando nel loro interesse di rimettersi a giustizia. Si costituiva anche P. che invece si opponeva all'accoglimento della domanda, eccependo in via preliminare la decadenza del F. dall'azione per mancato rispetto del termine annuale stabilito dall'art. 244 c.c. Contestava inoltre la ricorrenza delle condizioni previste dall'art. 235 c.c. per la proposizione dell'azione, con riferimento ad entrambi i figli. Negava, in particolare, di avere intrattenuto all'epoca del loro concepimento rapporti sessuali con persone diverse dal marito, e rilevava che questi non aveva assolto l'onere di provare la sussistenza della propria incapacita' a procreare al tempo del concepimento. Dichiarava di convivere, insieme ai figli, con il B. In corso di causa veniva disposta consulenza tecnica al fine di accertare i caratteri dei marcatori genetici del sangue di F. W., P. S. e dei figli di questa M. e M. All'esito dell'indagine, il perito constatava "plurime incompatibilita' immunogenetiche nei confronti dell'ipotesi che M. e M. possano essere figli di F. V." e concludeva; "sotto il profilo genetico ne' M. ne' M. sono figli di F. V.". All'esito dell'istruttoria, il curatore speciale aderiva alle domande attore ed il pubblico ministero concludeva per il loro accoglimento. La causa veniva quindi trattenuta in decisione. 2. - L'attore ha proposto all'inizio del 1996 azione di disconoscimento della paternita' di entrambi i figli minori M. e M., nati rispettivamente nel 1986 e nel 1991, facendo valere l'ipotesi di cui all'art. 235, n. 2, c.c., ossia la propria impotenza al momento del concepimento, scoperta nel maggio 1995. Il tribunale si trova pertanto a dover affrontare la questione preliminare, necessaria ai fini della decidibilita' della causa nel merito, se l'azione sia stata tempestivamente proposta. Cio' in quanto l'art. 244 c.c. dispone che il marito puo' disconoscere il figlio entro il terimine di un anno, senza peraltro stabilire, in relazione alle ipotesi di adulterio e di impotenza (art. 235, nn. 2 e 3, c.c.), il momento da cui tale termine decorra. In ordine alla prima delle due ipotesi suddette (adulterio), e' intervenuta la Corte costituzionale che ha dichiarato, con sentenza 6 maggio 1985, n. 134 l'illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 24, primo comma, Cost., dell'art. 244, secondo comma, c.c., nella parte in cui non dispone che il termine per proporre l'azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie. In quella stessa occasione la Corte, pur richiesta dal giudice a quo di estendere la sua pronuncia ex art. 27 legge n. 87/1978 all'ipotesi dell'impotenza (anche solo di generare), ha ritenuto di mantenere la pronuncia nei limiti della rilevanza, "data la non totale identita' dei casi". Cio' induce questo giudice, ritenuto precluso il superamento dell'ostacolo normativo in via interpretativa, a rimettere d'ufficio alla Corte costituzionale la questione della legittimita' dell'art. 244, secondo comma, c.c., sotto il medesimo profilo gia' esaminato nella sentenza n. 134/85, ma con specifico riferimento al caso dell'impotenza di generare, sottoposto al suo esame. E' bensi' vero che la Corte costituzionale ha gia' affrontato la questione della decorrenza del termine dell'azione di disconoscimento fondata sull'impotenza (con la sentenza 23 luglio 1974, n. 349), dichiarandola non fondata. In quell'occasione venne tuttavia preso in esame il vecchio testo dell'art. 244 c.c. anteriore alla riforma del diritto di famiglia, norma inserita in un sistema improntato all'affermazione della preminenza dei rapporti familiari, nel quale assumeva particolare rilievo il principio del favor legitimitatis; inoltre la Corte espresse una valutazione di non completa affidabilita' degli strumenti tecnico-scientifici di accertamento della impotenza a generare. Entrambi gli elementi posti a fondamento del ragionamento della Corte sono da allora mutati. Si e' verificato, sul piano normativo oltreche' della coscienza collettiva, un evidente spostamento di accento dal favor legitimitatis al favor veritatis (lo rileva la Corte stessa nella sentenza n. 134/85). Gli enormi progressi registrati negli ultimi anni nel campo delle indagini ematologiche e genetiche, cui e' stata attribuita valenza probatoria dall'art. 235 c.c., ne hanno poi determinato l'utilizzazione generalizzata ed il riconoscimento della idoneita' probatoria anche in via esclusiva, ai fini della dimostrazione del rapporto di filiazione. 3. - L'art. 244, secondo comma, c.c. e' sospetto di illegittimita', come gia' prospettato dal tribunale di Torino con l'ordinanza di rimessione n. 1044/83 che ha portato alla pronuncia della sentenza di accoglimento n. 134/1985, i) sia per violazione degli artt. 24, primo comma e 3, primo comma, Cost., in quanto impedisce al marito il diritto di provare la propria impotenza (anche solo di generare), anche successivamente al decorso di un anno dalla data della nascita del figlio legittimo, ed entro il termine di un anno dal momento in cui sia venuto a conoscenza della propria incapacita' di procreare, al fine di ottenere il disconoscimento della paternita' del figlio medesimo; ii) sia per violazione degli artt. 2 e 3, primo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, 30, terzo e quarto comma, Cost., in quanto impedendo al marito, in modo irragionevole, di far valere la propria inidoneita' a generare, contrasta con il diritto inviolabile del padre a fare accertare giudizialmente il rapporto biologico di paternita' nei confronti del figlio legittimo. La Corte (sent. n. 134/85 cit.), ha ravvisato nella disposizione esaminata, con riferimento all'ipotesi dell'adulterio, la lesione dell'art. 24, primo comma Cost.. L'azione in giudizio sarebbe infatti inutiliter data ove non fosse consentito al marito di agire entro l'anno dalla scoperta di esso, dal momento che altrimenti il termine per agire potrebbe essere gia' decorso quando si sia verificato l'avvenimento dal quale concretamente scaturisce il diritto d'azione, laddove "la garanzia di cui all'art. 24 Cost. deve estendersi alla conoscibilita' del momento di decorrenza del termine stesso al fine di assicurare all'interessato l'utilizzazione nella sua interezza" (Corte cost., sentenza n. 14 del 1977). La Corte aggiunge la considerazione che sul piano dell'esperienza, l'adulterio e' fatto la cui conoscenza puo' essere preclusa per lungo tempo; che la prova di esso non puo' essere considerata piu' aleatoria della prova di un fatto, quale la nascita, cui pure il legislatore ricollega, per altre ipotesi, la decorrenza del termine per il disconoscimento; che l'evoluzione della coscienza collettiva e della legislazione attestano la "accordata preminenza del fatto della procreazione sulla qualificazione giuridica della filiazione". Tutte le considerazioni poste a base della decisione n. 134/85 possono altrettanto bene attanagliarsi al caso che si sottopone all'attenzione della Corte, che attiene, come e' stato specificato, all'incapacita' di generare. Il marito puo' apprendere ben oltre l'anno dalla nascita dei figli (come risulta documentalmente provato e non contestato nel giudizio a quo) la propria impotenza a generare all'epoca del concepimento, trovandosi cosi' esposto all'impossibilita' di avvalersi dell'azione di disconoscimento ex art. 235, n. 2, c.c. Non sembra possibile obiettare che al marito sarebbe pur sempre consentito esercitare, per far venire meno lo stato di legittimita' dei figli, l'azione ex art. 235, n. 3, c.c., sia perche' ove l'ordinamento riconosce in via autonoma una determinata azione, la stessa deve poi essere concretamente esercitabile, a prescindere dalla possibilita' di avvalersi di vie di tutela diversamente caratterizzate sul piano fenomenologico e probatorio; sia perche' (ed il caso di specie ne costituisce un esempio), il termine per l'esercizio dell'azione ex art. 235, n. 3, c.c. potrebbe essere anch'esso gia' decorso, nel momento in cui sorge il presupposto (scoperta dell'impotenza) dell'azione ex art. 235, n. 2, c.c.. La scoperta (o la coscienza, se la questione si esamina dal punto di vista della madre) dell'adulterio, non consente infatti di escludere con sicurezza che il figlio non sia del marito, talche' ben puo' residuare, in capo ad entrambi i coniugi, un oggettivo interesse alla proposizione dell'azione ex art. 235, n. 2, c.c.. Poiche', come appena rilevato, tale interesse puo' sussistere anche in capo alla moglie, si chiede che la Corte, in caso di accoglimento, estenda la declaratoria di illegittimita', per i motivi ed in rapporto ai parametri costituzionali esposti in precedenza, anche alla norma di cui al primo comma dell'art. 244 c.c., stabilendo che il termine assegnato alla moglie per il promovimento dell'azione decorra, in caso questa sia fondata sull'art. 235, n. 2, c.c., dalla data in cui essa e' venuta a conoscenza dell'impotenza a generare del coniuge.
P. Q. M. Sospende il processo; Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 244, primo e secondo comma, c.c., nella parte in cui non dispongono, per il caso previsto dal n. 2 dell'art. 235 c.c., che il termine per la proposizione dell'azione di disconoscimento della paternita' decorra dal giorno in cui ciascuno dei due coniugi sia venuto a conoscenza dell'impotenza a generare del marito: i) sia per violazione degli artt. 24, primo comma e 3, primo comma, Cost., in quanto irragionevolmente non attribuiscono, ad entrambi i coniugi, il diritto di provare l'impotenza a generare del marito, anche successivamente al decorso di un anno o rispettivamente sei mesi dalla data della nascita del figlio legittimo, ed entro il termine, rispettivamente di un anno o di sei mesi, dal momento in cui essi siano venuti a conoscenza della predetta impotenza; ii) sia per violazione degli artt. 2 e 3, primo comma, 24, primo comma, 29, primo comma, 30, terzo e quarto comma, Cost., in quanto, impedendo ad entrambi i coniugi di far valere, in modo irragionevole, l'impotenza a generare del marito, contrastano con il loro diritto inviolabile a fare accertare giudizialmente il rapporto biologico di paternita' nei confronti del figlio legittimo; Manda alla cancelleria per gli adempimenti di legge conseguenti. Venezia, addi' 15 luglio 1997 Il presidente: Tantulli Il giudice est.: Valle 98C0643