N. 360 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 ottobre 1998
N. 360 Ordinanza emessa il 10 ottobre 1998 dalla Commissione tributaria provinciale di Novara sui ricorsi riuniti proposti da Camporelli Luciano contro Ufficio distretturale delle imposte dirette di Novara Contenzioso tributario - Ricorso alla Commissione tributaria provinciale - Sottoscrizione da parte del contribuente, anziche' del difensore abilitato - Inammissibilita' del ricorso, nel caso in cui il valore della lite ecceda i cinque milioni di lire - Omessa previsione della possibilita' di nominare il difensore in un momento successivo (eventualmente su disposizione del Presidente o del collegio) - Discriminazione irrazionale rispetto alle liti di importo inferiore ai cinque milioni - Violazione del principio di uguaglianza e del diritto di agire in giudizio. (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 12, comma 5, combinato disposto, 18, commi 3 e 4). (Cost., artt. 3 e 24, primo comma).(GU n.25 del 23-6-1999 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nei ricorsi riuniti n. 168 e 169/1998 di prot. gener. proposti dal sig. Luciano Camporelli, nato l'8 settembre 1936 ad Oleggio (Novara), ivi residente in via San Giovanni; Contro l'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Novara avverso due separati avvisi di accertamento n. 5670004653 e n. 5671005761, notificati il 10 novembre 1998 ai fini Irpef-Ilor relative agli anni 1989 e 1990; Visto il ricorso ed i relativi allegati, nonche' tutta la documentazione in atti; Sentita in Camera di consiglio la relazione del dott. Paolo Scafi, sentiti altresi' il rag. Germano Girardi per conto del ricorrente e la dott.ssa Claudia Luoni per l'Ufficio. Ritenuto e considerato quanto segue: F a t t o Con separati ricorsi, notificati mediante consegna dell'atto all'ufficio il 9 gennaio 1998 e depositati presso questa Commissione il successivo giorno 28, il sig. Luciano Camporelli impugnava i due avvisi di accertamento n. 5670004653 e n. 5671005761, emessi ai sensi dell'art. 38 quarto comma del d.P.R. n. 600/1973 con riferimento alle dichiarazioni dei redditi degli anni 1989 e 1990 (mod. 740/1990 e 740/1991). Con gli atti impugnati l'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Novara, applicando i coefficienti di cui ai dd.mm. 10 settembre 1992 e 19 novembre 1992, aveva accertato maggiori imposte dovute, per gli anni di imposta sopraindicati, rispettivamente per L. 18.093.000 e L. 9.734.000 di Irpef e per L. 8.416.000 e e L. 4.374.000 di Ilor. Nel ricorso si contestava innanzitutto l'applicazione retroattiva dei coefficienti presuntivi di reddito fissati dal Ministero delle finanze nel 1990, evidenziando come in base ai coefficienti precedentemente in vigore il reddito attribuibile in via presuntiva al ricorrente corrispondesse a quello indicato in dichiarazione: si criticava comunque la procedura adottata dall'ufficio, allegando circostanze di fatto che potrebbero giustificare lo scostamento tra il reddito dichiarato e gli elementi valutati per determinare presuntivamente la capacita' contributiva. Negli atti di costituzione in giudizio, depositati il 28 luglio 1998, l'ufficio resistente opponeva in via pregiudiziale l'inammissibilita' dei ricorsi ex art. 18, comma 4, del d.lgs. n. 546/1992, mancando la sottoscrizione del difensore del ricorrente, e subordinatamente contestava le motivazioni del ricorso, chiedendone il rigetto nel merito. Il 29 settembre 1998 il ricorrente depositava due richieste di trattazione in udienza pubblica, sul retro delle quali delegava a rappresentarlo e difenderlo il rag. Germano Girardi, iscritto nell'albo dei ragionieri della provincia di Novara. In sede di fissazione dell'udienza, rilevata la connessione, veniva disposta la riunione dei due ricorsi. All'udienza pubblica del 10 ottobre 1998, l'ufficio si richiamava alle proprie conclusioni scritte, depositando ulteriore documentazione. Il ricorrente insisteva per l'accoglimento dei ricorsi riuniti, affermando, in punto di ammissibilita', che la nomina del difensore contenuta nella richiesta di udienza pubblica era comunque da ritenersi efficace. Motivi della decisione Come correttamente evidenziato dall'ufficio resistente, entrambi i ricorsi proposti dal contribuente sono, secondo la normativa vigente, senz'altro inammissibili perche', pur riferiti a controversie ciascuna di valore superiore a 5.000.000 di lire, non erano stati sottoscritti da un soggetto abilitato ai sensi dell'art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992 all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie. Per espressa previsione dell'art. 18, comma 4, del d.lgs. n. 546/1992 (letto in correlazione al precedente comma 3 del medesimo articolo ed al comma 5 del precedente art. 12, cui quello fa esplicito rinvio), il difetto di sottoscrizione di un difensore abilitato e' uno di quei vizi ai quali consegue l'inammissibilita' del ricorso: quest'ultimo puo' infatti essere validamente sottoscritto dal solo ricorrente esclusivamente nel caso di controversia di valore inferiore ai 5.000.000 di lire. In mancanza di un ricorso validamente proposto, il collegio non potrebbe neppure valutare il merito delle censure formulate dal contribuente nei confronti dei due atti impugnati. A tale proposito deve tra l'altro evidenziarsi come, dinanzi alla esplicita sanzione di inammissibilita' comminata dalla norma cui si e' fatto riferimento, non possa condividersi la indicazione formulata dalla difesa del ricorrente in sede di udienza, secondo la quale dalla disposizione contenuta nell'art. 12, comma 3 del d.lgs. n. 546/1992, che consente la nomina del difensore anche in calce o a margine di un (successivo) atto del processo, ed addirittura oralmente all'udienza pubblica, potrebbe di contro appunto ricavarsi la regolarita', anche ai fini della ammissibilita' del ricorso, della nomina di un (primo) difensore che sia intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso medesimo. Si deve, di contro, intendere che la disposizione in questione possa riferirsi ai casi di nomina di un nuovo difensore, diverso da quello che ha sottoscritto l'atto di impugnazione, ovvero di ricorsi riferiti a liti di valore inferiore ai 5.000.000, per le quali l'assistenza tecnica, pur se non necessaria, comunque e' consentita (e puo' essere addirittura ordinata dal giudice ex comma 5, ultima parte del ripetuto art. 12). Le elaborazioni giurisprudenziali intervenute successivamente alla riforma delle commissioni tributarie sono peraltro pacificamente concordi in punto di inammissibilita' del ricorso a firma del (solo) contribuente, salvo il caso del valore della lite inferiore ai cinque milioni: in proposito si rinvia, ad esempio, alla sentenza 31 maggio 1997 (10 febbraio 1997) della Commissione tributaria provinciale di Catanzaro, sezione III, in Rivista di giurisprudenza tributaria n. 4/1998. Ritiene tuttavia il collegio che la normativa in questione, cosi' come fin qui' ricostruita, presenti profili di illegittimita' costituzionale, in particolare per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Carta fondamentale. In particolare, sotto il primo profilo, si e' rilevato come, ai sensi degli artt. 12 e 18, del d.lgs. n. 546/1992, gli atti di accertamento adottati dal medesimo ufficio per le medesime imposte, sulla base di identiche disposizioni normative ed in considerazioni di identiche situazioni di fatto, possano essere validamente o meno impugnati senza l'assistenza di un difensore abilitato, a secondo che l'importo della lite sia (anche di poche lire) inferiore o superiore ai cinque milioni. A parere del collegio una tale discriminazione - che puo' comportare intuibili quanto gravi conseguenze a carico del contribuente, visto che la azione da proporre in sede di giurisdizione tributaria (diversamente da quella generale in sede civile di diritti soggettivi), ove dichiarata inammissibile, non puo' essere di nuovo validamente proposta, stante la brevita' del termine di decadenza entro il quale l'atto impositivo puo' essere impugnato - e' assolutamente irrazionale e come tale urta con il principio di uguaglianza. La normativa in questione, inoltre, suscita contestualmente dubbi anche per quanto riguarda la compatibilita' con il primo comma dell'art. 24 della Costituzione, che riconosce a tutti il diritto di agire in giudizio a tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. Secondo ricostruzioni dottrinali e giurisprudenziali da considerarsi ormai acquisite, contrastano con la disposizione costituzionale da ultimo menzionata non solo quelle normative che impediscano del tutto, magari ad alcune categorie di soggetti, di agire in giudizio a difesa delle proprie posizioni giuridiche soggettive attive, ma anche quelle che, attraverso l'introduzione di procedure eccessivamente complicate o termini eccessivamente brevi, intralcino in modo ingiustificato la concreta possibilita' dei singoli di ottenere la tutela giurisdizionale della quale sono titolari. Anche sotto tale profilo, quindi, le disposizioni del d.lgs. n. 546/1992 in materia di assistenza tecnica del ricorrente, e specificamente la sanzione di improcedibilita' dei ricorsi proposti per liti di importo superiore ai cinque milioni senza la sottoscrizione di un difensore abilitato, e' apparsa al collegio da censurare sul piano della legittimita' costituzionale. La normativa denunciata - da applicare nel procedimento in corso, nel quale la Commissione dovrebbe, senza passare al merito delle censure proposte dal contribuente, dichiarare inammissibili entrambi i ricorsi riuniti, poiche' mancanti della sottoscrizione del difensore, nominato successivamente dal ricorrente - sacrifica eccessivamente ed in maniera ingiustificata le concrete possibilita' di agire in giudizio da parte del contribuente. Quest'ultimo, per lo piu' sprovvisto di una specifica competenza in materia, vede notificarsi un atto di accertamento nel quale sono specificamente indicati termini e modalita' per ricorrere, senza tuttavia l'indicazione appunto della circostanza che, ove il valore della lite ecceda un certo importo, il ricorso deve essere, a pena di inammissibilita', sottoscritto da un difensore abilitato. La stessa denominazione dell'organo competente a decidere la impugnazione dell'atto (commissione, non giudice o tribunale) e' idonea a indurre l'interessato a ritenere che, come peraltro avveniva fino all'entrata in vigore del nuovo sistema normativo, il ricorso possa essere validamente proposto direttamente. La concreta possibilita' di ottenere tutela, di fronte ad accertamenti di importo anche rilevante, e' di conseguenza gravemente compromessa dalla facilita' di incorrere in errore sul punto, lasciando cosi' incolpevolmente spirare il termine per ricorrere senza aver instaurato un valido rapporto processuale, e vedendo quindi, a seguito della dichiarata inammissibilita' dell'impugnazione proposta personalmente, divenire irrevocabile l'atto di accertamento emesso dall'ufficio. Un sacrificio di tale misura del diritto di agire da parte del contribuente appare, peraltro, ancor piu' ingiustificato se si considerino le modalita' di svolgimento del procedimento dinanzi alle Commissioni tributarie, ove le decisioni vengono adottate - oltre tutto da giudici onorari non professionali - ordinariamente in camera di consiglio, senza intervento delle parti, e sulla base, oltre che dei documenti prodotti, delle istanze e delle memorie formulate per iscritto. Maggiormente consono, invece, ai principi costituzionali cui si e' fatto fin qui riferimento, sarebbe un diverso sistema normativo in cui, in caso di mancata sottoscrizione del ricorso da parte di un difensore abilitato, anziche' essere stabilita, per liti di valore superiore ai cinque milioni, l'assoluta inammissibilita' dell'azione, fosse consentito al ricorrente, che abbia agito personalmente, cosi' come avviene per le liti di valore inferiore (le quali peraltro, come piu' sopra si e' detto, possono comportare questioni di diritto di analoga o addirittura maggiore complessita'), di nominare il difensore anche successivamente alla proposizione del ricorso medesimo, eventualmente per ordine del giudice, analogamente a quanto accade per le liti di minor valore. Per le ragioni suesposte, ritenendo rilevante la questione di legittimita' costituzionale della disciplina processuale applicabile nel presente procedimento, deve essere disposta la remissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio.
P. Q. M. Solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con i principi di cui all'art. 3 ed all'art. 24, primo comma, della Costituzione, del combinato disposto degli artt. 12, comma 5 e 18, commi 3 e 4, nella parte in cui, nel caso in cui il valore della lite ecceda i cinque milioni di lire, viene sanzionato con l'inammissibilita' il ricorso sottoscritto dal solo contribuente, senza prevedere che quest'ultimo possa nominare un difensore in un momento successivo, eventualmente su disposizione del presidente di commissione o di sezione, ovvero del collegio. Sospende il giudizio e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che, a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Novara, nella Camera di consiglio del 10 ottobre 1998. Il presidente relatore: Scafi 99C0641