N. 398 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 marzo 1990
N. 398 Ordinanza emessa il 28 marzo 1990 dal tribunale ammministrativo regionale per la Sicilia - Sezione staccata di Catania, sul ricorso proposto dalla S.p.a. "Nuova G. Barbera" contro la presidenza della regione Sicilia ed altri Regione Sicilia - Riscossione delle entrate - Concessione del servizio, in via provvisoria, ad un commissario governativo scelto fra gli istituti e le aziende di credito di cui all'art. 5, lettere a) e d), del r.d. 12 marzo 1936, n. 375 e le loro speciali sezioni autonome, nonche' fra societa' per azioni con capitale non inferiore a venti miliardi interamente costituito dai predetti istituti ed aziende di credito - Violazione dei principi fondamentali della legislazione nazionale in materia (legge n. 657/1986) concernenti il concorso tra i soggetti interessati all'affidamento in concessione del servizio di riscossione dei tributi, nonche' la tassativa indicazione dei soggetti legittimati a ricevere la concessione (per la esclusione con la norma impugnata delle societa' per azioni costituite da persone fisiche con un capitale non inferiore ad un miliardo). (Legge regione Sicilia 29 dicembre 1989, n. 19, art. 3, primo comma). (Statuto regione Sicilia, art. 17).(GU n.26 del 27-6-1990 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 411/1990 proposto dalla "Nuova G. Barbera S.p.a.", con sede in Catania, in persona del suo legale rappresentante avv. Carlo Casamichela, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Scuderi, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Catania, via V. Giuffrida, n. 37, contro la Presidenza della regione siciliana e l'assessorato per il bilancio e le finanze della regione siciliana, rappresentati e difesi per legge dall'avvocatura dello Stato di Catania, domiciliataria; e nei confronti della So.Ge.Si. S.p.a., con sede in Palermo, non costituita in giudizio; per l'annullamento: 1) della nota dell'assessore per il bilancio e le finanze della regione siciliana del 31 gennaio 1990, n. 200114 di protocollo, con cui si respinge l'istanza proposta dalla societa' ricorrente al fine di ottenere la nomina a commissario governativo per la riscossione dei tributi negli ambiti territoriali delle province di Catania, Messina, Ragusa e Siracusa; 2) dei quattro decreti emanati dall'assessorato medesimo il 23 gennaio 1990, con i quali la So.Ge.Si. S.p.a. viene nominata commissario governativo, per la riscossione dei tributi nelle quattro provincie sopra indicate; 3) della deliberazione adottata dalla giunta regionale il 17 gennaio 1990 e menzionata nei decreti sopra indicati; 4) di ogni altro atto o provvedimento, antecedente o successivo, comunque presupposto, connesso o conseguenziale; Visto il ricorso con i relativi allegati; Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti impugnati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate; Viste le memorie prodotte dalla ricorrente a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la camera di consiglio del 28 marzo 1990 il consigliere dott. Vincenzo Zingales e udito, per la ricorrente, l'avv. Andrea Scuderi; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue; F A T T O Col ricorso in esame, notificato il 23 febbraio 1990 e depositato il giorno successivo, la "Nuova G. Barbera", con sede in Catania, costituita fra persone fisiche con capitale sociale di L. 1.200.000.000, avente ad oggetto esclusivo "la gestione in concessione o il altra forma del servizio di riscossione dei tributi e di ogni altra entrata dello Stato e di altri enti pubblici", nonche' "l'assunzione del servizio di ricevitoria e, se richiesta, del servizio di tesoreria di enti locali", e con espressa previsione statutaria di inefficacia nei confronti della societa' del trasferimento delle azioni per atto tra vivi non preventivamente autorizzato dal Ministero delle finanze (artt. 3 e 6 dello statuto sociale, allegato, alla lett. C all'atto costitutivo rogato dal notaio Giorgio Licciardello di Catania in data 15 settembre 1986; atti entrambi prodotti in giudizio), ha chiesto l'annullamento, previa sospensione, dei seguenti provvedimenti: 1) della nota dell'assessore per il bilancio e le finanze della regione siciliana del 31 gennaio 1990, n. 200114 di protocollo, con cui si respinge l'istanza proposta dalla societa' ricorrente al fine di ottenere la nomina a commessario governativo per la riscossione dei tributi negli ambiti territoriali delle provincie di Catania, Messina, Ragusa e Siracusa; 2) dei quattro decreti emanati dall'assessorato medesimo il 23 gennaio 1990, con i quali So.Ge.Si S.p.a. viene nominata commissario governativo, per la riscossione dei tributi nelle quattro provincie sopra indicate; 3) della deliberazione adottata dalla giunta regionale il 17 gennaio 1990 e menzionata nei decreti sopra indicati; 4) di ogni altro atto o provvedimento, antecedente o successivo, comunque presupposto, connesso o conseguenziale. A sostegno del ricorso viene dedotto il seguente unico motivo: illegittimita' costituzionale dell'art. 3, primo comma, della legge regionale 29 dicembre 1989, n. 19, per contrasto con l'art. 17 dello statuto regionale, e quindi per violazione dei principi e degli interessi generali contenuti e tutelati dalla legislazione nazionale (legge delega al governo per l'istituzione e la disciplina della riscossione dei tributi del 4 ottobre 1986, n. 557, e decreto delegato del Presidente della Repubblica del 28 gennaio 1988, n. 43, con particolare riferimento all'art. 132 dello stesso. Illegittimita' derivata. Si sono costituite in giudizio soltanto le amministrazioni intimate; ma non anche la controinteressata inrtimata So.Ge.Si. S.p.a. D I R I T T O 1. - ome gia' esposto in epigrafe e nelle premesse di fatto che precedono, l'impugnativa proposta e' rivolta avverso i provvedimenti, ivi meglio specificati, con i quali l'assessore per il bilancio e le finanze della regione siciliana ha respinto l'istanza della "Nuova G. Barbera S.p.a.", odierna ricorrente, tendente ad ottenere la nomina a commissario governativo per la gestione provvisoria del servizio di riscossione dei tributi negli ambiti territoriali delle provincie di Catania, Messina, Ragusa e Siracusa, ed ha invece conferito il predetto incarico, negli ambiti territoriali sopra indicati, alla So.Ge.Si S.p.a., odierna controinteressata. 2. - La societa' ricorrente deduce, quale unico motivo di gravame, l'illegittimita' costituzionale, nei sensi di cui appresso, dell'art. 3, primo comma, della legge regionale 29 dicembre 1989, n. 19 ("Esercizio provvisorio del bilancio della regione siciliana per l'anno finanziario 1990, norme per assicurare la riscossione delle entrate e norme relative al bilancio dell'Ente acquedotti siciliani (E.A.S.)"), in base al quale "sino all'entrata in vigore della normativa regionale prevista dall'art. 132 del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, al fine di assicurare, in via provvisoria, la riscossione dei tributi e delle altre entrate ai sensi dello stesso decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, l'assessore regionale per il bilancio e le finanze, sentita la giunta regionale, provvede direttamente alla nomina con effetto dal 1º gennaio 1990 e per la durata di mesi tre, prorogabile, per un ulteriore periodo non superiore a tre mesi, con decreto del presidente della regione, previa deliberazione della giunta regionale, da adottarsi su proposta dell'assessore regionale per il bilancio e le finanze, per ciascuno degli ambiti territoriali appresso indicati, del commissario governativo previsto dagli artt. 24 e seguenti del suddetto decreto, scegliendolo fra gli istituti e le aziende di credito di cui all'art. 5, lettere a) e d) del r.d.l. 12 marzo 1936, n. 375, e successive modifiche, le speciali sezioni autonome degli istituti ed aziende di credito previsti dalle lettere a) e d) dell'art. 5 citato, nonche' fra societa' per azioni, con capitale non inferiore a 20 miliardi, interamente costituite da predetti istituti ed aziende di credito, in possesso dei requisiti prescritti dalla normativa in materia, che ne facciano domanda entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge". La dedotta questione di illegittimita' costituzionale viene profilata assumendo il contrasto della predetta disposizione legislativa regionale con l'art. 17 dello statuto della regione siciliana in quanto risulterebbero violati "i principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato", contemplati dal predetto art. 17 e tutelati dalla legislazione nazionale (nella specie, i principi ed interessi di cui alla legge 4 ottobre 1986, n. 657, recante "delega al Governo per la istituzione e la disciplina del servizio di riscossione dei tributi", e di cui al d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, recante "Istituzione del servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma primo, della legge 4 ottobre 1986, n. 657", con particolare riferimento all'art. 132 del predetto decreto delegato, in base al quale "i principi risultanti dalla legge 4 ottobre 1986, n. 657, e dal presente decreto si applicano anche alla regione siciliana, che provvede con legge all'istituzione e alla disciplina del servizio di riscossione dei tributi nell'esercizio della competenza legislativa ad essa spettante in materia"). Viene particolarmente lamentato in proposito che, tra i principi contenuti nella legislazione nazionale, risulterebbero illegittimamente disattesi dal legislatore regionale nell'emanazione della predetta legge n. 19 del 29 dicembre 1989: a) il principio secondo cui il ricorso all'istituto del commissario governativo e' possibile nel solo caso di revoca o decadenza della concessione (art. 1, primo comma, lett. g), della legge n. 657/1986; art. 24 del d.P.R. n. 43/1988); b) il principio secondo cui la riscossione, anche nel caso di nomina di un commissario governativo, puo' essere affidata, fra gli altri soggetti, anche alle societa' per azioni costituite non solo da aziende ed istituti di credito ma anche da persone fisiche, con capitale interamente versato non inferiore ad un miliardo, aventi per oggetto esclusivo la gestione in concessione del servizio, ed il cui statuto preveda l'inefficacia nei confronti della societa' del trasferimento delle azioni per atto tra vivi non preventivamente autorizzato dal Ministro delle finanze (art. 1, primo comma, lett. e), punto 3, della legge n. 657/1986; art. 24, primo comma, ed art. 31, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 43/1988). 3. - Ritiene il tribunale che la dedotta questione di costituzionalita' sia rilevante ai fini del decidere e non manifestamente infondata. 4. - Quanto alla rilevanza della questione occorre appena osservare che, avendo l'assessore regionale per il bilancio e le finanze respinto la domanda presentata dalla societa' ricorrente, per la nomina a commissario governativo dalla odierna ricorrente "Nuova G. Barbera S.p.a." (in possesso di tutti i requisiti prescritti dalla sopra richiamata normativa statale, come risulta dall'atto costitutivo e dallo statuto sociale versati in atti, e come si e' gia' detto nelle premesse di fatto) motivando il diniego con l'affermazione che la stessa "non rientra tra i soggetti a tali fini contemplata dall'art. 3 della legge regionale n. 19/1989", ed avendo invece accolta l'analoga domanda della So.Ge.Si. S.p.a. in base alla stessa disposizione di legge, nonche' dovendosi, inoltre, necessariamente respingere la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati per l'ostacolo insormontabile costituito (allo stato attuale) dall'art. 3, primo comma, della legge regionale n. 19/1989 di cui trattasi, la risoluzione della predetta questione si pone assolutamente ed incontrovertibilmente, a norma dell'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, quale necessaria pregiudiziale per la definizione della controversia portata all'esame del tribunale, in quanto, ovviamente, soltanto dalla declaratoria di illegittimita' della disposizione denunziata potrebbe derivare l'illegittimita' dei provvedimenti impugnati esclusivamente in base alla lamentata illegittimita' costituzionale (con il conseguente accoglimento del ricorso in esame). 5. - Quanto alla non manifesta infondatezza della questione proposta, ritiene il tribunale che il ripetuto art. 3, primo comma, della legge regionale n. 19/1989 si ponga effettivamente in strindente contrasto con i principi generali che presiedono all'esercizio della potesta' legislativa nelle materie per le quali l'art. 17 dello statuto della regione siciliana attribuisce all'assemblea regionale, "entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato", una competenza non esclusiva ma soltanto concorrente (o ripartita o sussidiaria) con quella dello Stato, ed in particolare in contrasto con i principi sopra indicati sub 2), risultanti: a) dagli artt. 1, primo comma, lett. g), della legge n. 657/1986 e 24 del d.P.R. n. 43/1988; b) dagli artt. 1, primo comma, lett. e), punto 3, della stessa legge, nonche' dagli artt. 24, primo comma, e 31, primo comma, lett. c), dello stesso d.P.R. 5.1. - Appare opportuno, innanzitutto, ricordare che la potesta' legislativa della regione siciliana in materia tributaria si fonda sull'art. 36, primo comma, dello statuto (approvato con r.d.-l. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dalla legge cotituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), in base al quale "al fabbisogno finanziario della regione si provvede con i redditi patrimoniali della regione e a mezzo di tributi, deliberati dalla medesima". Giova subito rilevare in proposito, sia pure sinteticamente, che la collocazione di tale norma in un titolo a parte (titolo V - Patrimonio e finanze) rispetto a quello in cui (titolo II) sono inseriti i precedenti artt. 14 e 17 (che, rispettivamente, attribuiscono alla regione siciliana, com'e' noto, la potesta' o competenza legislativa esclusiva e quella concorrente), e comunque al di fuori del testo dei predetti artt. 14 e 17, non vale ovviamente a porre in dubbio la sussisteza della potesta' legislativa tributaria della regione siciliana, trattandosi di un fatto ermeneuticamente neutro in quanto non tutte le materie devolute alla sua competenza legislativa sono previste in tali norme, com'e' provato dal fatto che in relazione ad altre materie la potesta' legislativa e' stata attribuita con gli artt. 3 e 15. Nonostante, quindi, la non certo perspicua dizione della norma in esame ("al fabbisogno finanziario... si provvede... a mezzo di tributi deliberati..."), non puo' sussistere in realta' alcun dubbio in ordine all'effettiva attribuzione della potesta' legislativa tributaria alla regione siciliana in forza del menzionato primo comma dell'art. 36, dato che "deliberare" tributi, per gli enti pubblici territoriali quali le regioni (specie se a statuto speciale), dotati di organi legislativi, non puo' significare altro che legiferare sugli stessi. Ne' si potrebbe in alcun modo ritenere che il potere di deliberare in materia tributaria e' stato conferito alla regione siciliana limitatamente ai tributi di carattere regionale che essa intenda istituire. Una simile interpretazione restrittiva (che e' stata respinta dall'alta Corte per la regione siciliana con sentenza 20 luglio 1949-7 febbraio 1950, nonche' dalla Corte costituzionale con sentenza n. 9/1957), infatti, e' in assoluto contrasto con la dizione usata dal legislatore, sia perche' di una tale distinzione la norma in esame non fa' parola (l'art. 36, primo comma, contempla un'attivita' deliberativa - idest: legislativa - da parte della regione in ordine ai tributi in generale, e non limitatamente ai tributi di carattere regionale), e sia perche', al contrario, l'eccezione contenuta nel secondo comma ("sono pero' riservate allo Stato le imposte di produzione e le entrate dei tabacchi e del lotto") fa chiaramente comprendere che i tributi, in detto capoverso non indicati, sono passati alla regione sia per la deliberazione vera e propria che per l'accertamento e la riscossione. 5.2. - Cio' posto, occorre ancora precisare al riguardo che, in base alla costante giurisprudenza costituzionale, la potesta' legislativa tributaria della regione siciliana non ha carattere esclusivo bensi' concorrente. Ed invero, la potesta' di legiferare, in via esclusiva, ai termini e nei limiti dell'art. 14 dello statuto siciliano non puo' essere riferita, per il suo carattere eccezionale, se non a materie esplicitamente e tassativamente indicate. Il che e' particolarmente giustificabile in ordine alla materia tributaria, dato che una potesta' normativa, nel senso indicato, potrebbe turbare il sistema tributario dello Stato. Ne deriva quindi che la legislazione regionale, nella materia di cui trattasi, non essendo questa menzionata nel predetto art. 14 dello statuto siciliano, non puo' avere se non carattere concorrente o sussidiario. E' percio' necessario, anzitutto, che le leggi della regione riguardanti i tributi rispettino non soltanto le leggi costituzionali ed i limiti territoriali, ma anche quelli derivanti dai principi e dagli interessi generali cui si uniformano le leggi dello Stato, secondo quanto dispone la prima parte dell'art. 17 dello statuto siciliano per la legislazione concorrente. Inoltre, poiche' risponde ad una esigenza fondamentale per l'economia e per l'eguaglianza di tutti i cittadini, a qualsiasi parte del territorio della Repubblica appartengono, che l'obbligazione tributaria si ricolleghi ad un sistema unitario, in ordine alle caratteristiche di ciascun tributo, ai cespiti colpiti e alle modalita' di riscossione, la legislazione regionale deve essere coordinata con la finanza dello Stato e degli altri enti locali, affinche' non derivi turbamento ai rapporti tributari nel resto del territorio nazionale; e deve uniformarsi all'indirizzo ed ai principi fondamentali della legislazione statale per ogni singolo tributo (cfr. in tal senso, fra altre, le sentenze della Corte costituzionale n. 9/1957, cit., n. 42/1957, n. 52/1957, n. 158/1973, n. 959/1988, nonche' quelle dell'alta Corte per la regione siciliana 9 marzo-19 maggio 1951, 30 aprile-30 giugno 1952, 12 maggio-20 agosto 1953). 5.3. - Qanto sopra preliminarmente rilevato osserva il tribunale che il giudizio di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' di cui si discute trova essenziale e specificamente la sua base giuridica nei principi generali sui rapporti fra leggi statali e leggi regionali siciliane in tema di riscossione dei tributi. Principi alla cui rilevazione e ricognizione e' necessario ulteriormente procedere. Mediante l'art. 1 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 55 ("Nuove norme per la gestione del servizio di riscossione delle imposte dirette in Sicilia") e' stato prescritto che, "nelle more della generale riforma nazionale del servizio di riscossione, l'assessore regionale per il bilancio e le finanze promuove la costituzionalita' di una societa', avente come oggetto sociale la gestione, secondo le norme vigenti, delle esattorie delle imposte dirette in Sicilia" (primo comma), e che a tale societa' possono partecipare "istituti di credito di diritto pubblico, banche di interesse nazionale, la Cassa centrale di risparmio Vittorio Emanuele per le province siciliane, nonche' aziende di credito operanti in Sicilia ed aventi capitale totalmente pubblico" (secondo comma). Alla societa' medesima - "in deroga alle ordinarie procedure di collocamento" ed "in regime di esonero dalle procedure concorsuali previste dalle norme che regolano la materia" - venivano poi conferite tanto le esattorie "gestite in delegazione governativa ai sensi della legge regionale 1º ottobre 1982, n. 123, quanto le esattorie che si rendessero "vacanti per qualsiasi causa nel corso dell'anno 1984"; mentre si doveva provvedere con identiche modalita' al conferimento di "tutte le esattorie delle imposte dirette della Sicilia", "a decorrere dal 1º gennaio 1985" (cfr. i successivi artt. 3 e 4 della predetta legge regionale n. 55/1984). La "generale riforma nazionale del servizio di riscossione" e' pero' sopraggiunta negli ultimi anni, ad opera della gia' menzionata legge n. 657/1986 seguita dal d.P.R. n. 43/1988, pure sopra gia' menzionato. E come si e' gia' visto, con l'art. 132 del predetto d.P.R. si dispone che "i principi risultanti dalla legge 4 ottobre 1986, n. 657, e dal presente decreto si applicano anche alla regione siciliana, che provvede con legge all'istituzione e alla disciplina del servizio di riscossione dei tributi nell'esercizio della competenza legislativa ad essa spettante in materia". Tale norma di legge e' perfettamente aderente alla natura concorrente della potesta' medesima, quale si desume dal combinato disposto degli artt. 17 e 36 dello statuto siciliano. Natura che la Corte costituzionale, come si e' visto, ha piu' volte riaffermato, dalla sentenza n. 9/1957 fino alla sentenza n. 959/1988 (nella quale si argomenta che le leggi regionali sulla riscossione dei tributi potrebbero solo contenere "disposizioni di capillare dettaglio"). Le conseguenze che se ne possono trarre, ai fini del presente discorso, sono di un duplice ordine. In primo luogo, l'art. 3, primo comma, della legge regionale n. 19/1989 ha trascurato il fondamentale principio del concorso dei soggetti interessati per l'affidamento del servizio in concessione amministrativa; principio che emerge con la massima chiarezza tanto dalla legge delegante quanto dal decreto legislativo delegato. In secondo luogo, con la stessa disposizione si e' derogato al principio concernente la tassativa indicazione dei soggetti astrattamente legittimati a ricevere le concessioni, in quanto, escludendosi da tale novero le societa' per azioni costituite da persone fisiche con un capitale non inferiore ad un miliardo (come invece previsto dai ripetuti art. 1, primo comma, lett. e), punto 3, della legge n. 657/1986, nonche' dagli artt. 24, primo comma, e 31, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 43/1988) e' stata illegittimamente ristretta la serie dei soggetti medesimi. La serie dei soggetti, ai quali potranno essere conferite le concessioni, e' in effetti chiusa o tassativa. Sia l'art. 1, primo comma, lett. e), della legge n. 657/1986, sia l'art. 31, primo comma, del d.P.R. n. 43, prevedono infatti, nei medesimi termini, che si tratti "esclusivamente" delle aziende e degli istituti di credito, nonche' delle Casse rurali ed artigiane di cui all'art. 5 del r.d.-l. 12 marzo 1936, n. 375, di loro speciali sezioni autonome, di particolari societa' per azioni aventi per unico oggetto la gestione del servizio in esame, e di societa' cooperative gia' titolari di gestioni esattoriali. A fronte di questa disciplina, che certamente riguarda l'ossatura del previsto servizio di riscossione dei tributi, il legislatore regionale noon puo' legittimamente ridurre il novero dei potenziali concessionari, depennando alcuni tipi di soggetti relativamente ai tributi da riscuotere in Sicilia, ne' puo' estendere tale novero. Non varrebbe obiettare, come esattamente rilevato dalla ricorrente, che esclusioni siffatte lescerebbero indenni quei "principi ed interessi generali" informati la legislazione dello Stato, cui deve in materia attenersi la regione. Si e' gia' rilevato, infatti, come la determinazione dei potenziali concessionari attenga, logicamente, alle strutture portanti del servizio di riscossione dei tributi. Al di la' di questo, tuttavia, e' risolutivo il puro e semplice fatto che la determinazione stessa non risulti dalla sola legge delegata, ma sia compiutamente prestabilita dalla rispettiva legge delegante, proprio in quell'articolo nel quale si elencano i "principi e criteri direttivi" della delega. La politica delle scelte legislative, mediante le quali si fissano i principi fondamentali nelle materie di competenza regionale, rappresenta un punto in se' incontestato e incontestabile, anche se restano varie le implicazioni che se ne traggono nell'affrontare alcuni problemi piu' specifici. Orbene, nella materia in questione tali scelte sono state appunto effettuate dalla legge delegante, all'atto di fissare i principi e i criteri richiesti dall'art. 76 della Costituzione. Non a caso la legge di delega e' stata definita in dottrina come la fonte normativa che deve porre la "disciplina di fondo" della materia o come "una sorta di legge-quadro". Meno ancora varrebbe rilevare, come pure oseervato dalla ricorrente, che la spiccata peculiarita' delle situzioni esistenti in Sicilia e delle esigenze da soddisfare nell'isola impone soluzioni differenziate rispetto a quelle accolte nel restante territorio nazionale. Rilievi del genere sono di per se' fondati ma non rendono affatto derogabili, da parte del legislatore regionale, i "principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato (art. 17 statuto siciliano)". Il perseguimento delle esigenze regionali e locali va effettuato, cioe', all'interno del limite di tali principi ed interessi. A questi ed altri principi, dunque, la regione siciliana avrebbe dovuto adeguarsi, con effetto dal 1º gennaio 1990: cioe' dal momento dell'entrata in funzione del nuovo servizio sul restante territorio nazionale. Per contro, l'assemblea regionale siciliana e' rimasta a mezza strada, superando la cennata legge regionale 21 agosto 1984, n. 55, in virtu' della quale era stata attribuita alla So.Ge.S. la riscossione dei tributi per l'intera isola; ma facendo ricorso ad una ulteriore legge-provvedimento, anzi legge-fotografia, che non si conforma ai nuovi principi, bensi' li disattende ed anzi li elude. L'art. 3 della legge regionale n. 19/1989 prevede, infatti, l'immediata nomina di un commissario governativo per ciascuno degli ambiti territoriali di riscossione dei tributi; ed aggiunge che tale commissario, destinato a rimanere in carica per tre mesi, prorogabili una sola volta, dovra' essere scelto tra gli istituti e le aziende di credito che ne facciano istanza, nonche' fra societa' per azioni con capitale non inferiore a 20 miliardi, interamente costituite dai predetti istituti ed aziende di credito: ad esclusione, dunque, degli altri richiedenti individuati dall'art. 31, primo comma, del d.P.R. n. 43/1988, con particolare riguardo alle societa' per azioni costituite, con capitale non inferiore ad un miliardo, da persone fisiche, ed aventi per oggetto esclusivo la gestione in concessione del servizio. Fatta uscire dalla porta, la So.Ge.Si. rietra con cio' dalla finestra, ricomparendo sotto le vesti di potenziale commissario governativo; ed e' alla So.Ge.Si., non a caso, che a questo punto sono stati attribuiti i compiti commissariali per tutti gli ambiti fra i quali e' stata suddivisa la regione. Ora, sotto quest'ultimo aspetto, la disciplina in esame diverge ulteriormente dai principi della materia perche' nella specie non si puo' in alcun modo configurare una "vacanza" della concessione, dal momento che la riscossione dei tributi veniva e viene svolta dal medesimo soggetto, cioe' dalla So.Ge.Si., indipendentemente da qualsiasi ipotesi di revoca, di decadenza, di rinuncia o di vacanza dell'esattoria per l'impossibilita' di provvedere al conferimento di essa. Ed invero, anche a volere ammettere che la regione possa scegliere ad arbitrio i propri commissari, senza violare nessun principio fondamentale risultante dalle leggi dello Stato, bisogna pur sempre ritenere che il commissariamento sia legato all'assoluta necessita' di procedere per vie diverse da quelle normali. Se cosi' non fosse, infatti, il legislatore regionale potrebbe assai comodamente eludere il rispetto delle norme statali di principio, attraverso il semplice espediente dell'istituzione di altrettanti commissari, in luogo del concorso fra i vari soggetti aspiranti alla concessione. Nella specie, del resto, la stessa regione mostra di percepire chiaramente questa sfasatura. Nell'art. 3, primo comma, della legge n. 19/1989 non si prevede, infatti, una immediata attuazione del nuovo servizio di riscossione dei tributi, conformemente ai precetti cui si riferisce l'art. 132 del d.P.R. n. 43/1988. Si stabilisce, al contrario, che la detta disciplina regionale e' volta unicamente ad assicurare "in via provvisoria" la riscossione dei tributi dei quali si tratta, nell'attesa che entri in vigore la normativa destinata a regolare permanentemente la materia. 5.4. - Occorre pero' domandarsi se questa natura temporanea ed anzi transitoria dell'art. 3 della legge regionale n. 19/1989 sia sufficiente a giustificarla sul piano costituzionale. La risposta da offrire a un tale quesito potrebbe, a prima vista, sembrare di segno affermativo, in considerazione di una nutrita giurisprudenza costituzionale che ha riguardato situazioni apparentemente affini a quella in esame. Piu' volte in verita', come ricorda la stessa ricorrente, la Corte ha escluso la dedotta incostituzionalita' di norme legislative transitorie e comunque temporanee, statali e regionali, fondamentalmente argomentando sotto un triplice profilo, con riferimento ad altrettante serie di casi. Innanzitutto, a partire dagli anni cinquanta e fino all'entrata in funzione delle regioni ordinarie, l'organo della giustizia costituzionale ha ripetutamente sostenuto che le regioni differenziate quali la Sicilia potessero anche disciplinare rapporti di diritto privato, nella materia dell'agricoltura, purche' mediante norme aventi "efficacia limitata nel tempo", che trovassero giustificazione nell'eccezionalita' e nella peculiarita' delle vicende locali da fronteggiare in tal modo. Il che ha rappresentato il fondamento delle decisioni di rigetto 2 luglio 1956, n. 7, 8 luglio 1957, n. 109, 27 gennaio 1958, n. 6, e cosi' via. Secondariamente, la Corte ha ammesso che, la' dove manchino le norme attuative di un istituto costituzionalmente previsto, possa intervenire - senza ancora procedere all'attuazione stessa - "una legge transitoria, provvisoria ed eccezionale, rivolta a regolare una situazione passata" (cfr. la sentenza 19 dicembre 1962, n. 106). Nella specie, percio', e' stata rigettata una impugnazione concernente la legge statale 14 luglio 1959, n. 741, che aveva disposto l'estensione erga omnes di certi contratti collettivi di lavoro; ed e' stata annullata, viceversa, la legge 1º ottobre 1960, n. 1027, che aveva protratto nel tempo l'operativita' dell'estensione medesima, con riguardo ai contratti stipulati nei dieci mesi successivi all'etrata in vigore della prima legge. Da ultimo, si e' ritenuto che il sindacato sulla ragionevolezza delle misure restrittive di liberta' costituzionalmente gatantite dovesse tener conto delle situazioni di emergenza che le avevano occasionate e causate; sicche', per converso, si e' precisato che misure siffatte "perdono legittimita', se ingiustificatamente protratte nel tempo". Con questo fondamento, si e' dunque dichiarata l'infondatezza di una impugnativa riguardante la protrazione dei termini di carcerazione preventiva, disposta negli anni settanta "per la tutela dell'ordine democratico" (cfr. la sentenza 14 gennaio 1982, n. 15). Del pari, si e' motivato piu' volte che le discipline miranti a proteggere determinati beni o determinati valori di rilievo costituzionale, senza tener conto di altri beni o di altri valori suscettibili di subire in tal modo una sproporzionata compressione od una totale negazione, sono costituazionalmente difendibili - se mai - nel breve periodo in cui non si producano illegittimi sbilanciamenti. Cosi' - per esempio - la disciplina vincolistica riguardante gli immobili ad uso non abitativo e' stata dapprima salvata perche' temporanea ed anzi "inerente ad una situazione assolutamente irripetibile" (cfr. la sentenza 3 aprile 1984, n. 89); ma poi annullata mediante una sentenza (23 aprile 1986, n. 108), nella quale la Corte ha considerato "intuitivo" che "non possa escludersi la violazione di un diritto costituzionalmente garantito, sol perche' essa e' temporalmente limitata". E similmente, con la decisione 14 luglio 1988, n. 826, la Corte ha rigettato l'impugnativa della legge 4 febbraio 1985, n. 10, in tema di trasmissioni televisive, traendo argomento dalla sua "natura chiaramente provvisoria"; ma si e' contestualmente riservata, per cio' stesso, di riesaminare l'intera questione, una volta superato "ogni ragionevole limite temporale". Contro le prime apparenze, tuttavia, nessuno di questi precedenti giurisprudenziali si puo' attagliare al caso in esame. Si deve, infatti, condividere la tesi della ricorrente secondo cui, anzi, sono proprio le decisioni teste' ricordate che offrono spunti atti a dimostrare la illegittimita' della legge regionale siciliana n. 19/1989. Cio' vale, in primo luogo, per la giurisprudenza piu' antica, concernente le norme regionali allora abilitate ad incidere sull'ordinamento generale dei contratti agrari. Nella citata sentenza n. 6/1958 si legge, in effetti, che "la semplice temporaneita' delle leggi non basta" a far respingere le sollevate questioni di legittimita' costituzionale; "la temporaneita' puo' valere soltanto come indice della situazione eccezionale che abbia dato causa alle leggi, situazione la quale, appunto se e perche' eccezionale, non puo' essere che temporanea". Ma proprio questo passo lascia intendere che il precedente non puo' venire invocato a sostegno della provvisoria soluzione offerta dall'art. 3 della legge n. 19. La provvisorieta' non e' infatti collegata, in quest'ultimo caso, ad alcuna sottostante situazione eccezionale che l'assemblea regionale siciliana abbia inteso fronteggiare. Al contrario, il solo fattore causale della legge di cui si discute consiste nella riconosciuta impossibilita' di mantenere ancora in vigore una disciplina gia' in parteza provvisoria come quella dettata dalla menzionata legge regionale n. 55/1984: legge che esordiva - in modo assai significativo - dichiarando di essere destinata a vigere "nelle more della generale riforma nazionale del servizio di riscossione". Ma il naturale e necessario superamento della legge n. 55 non e' certo sopraggiunto all'improvviso, tanto da cogliere di sorpresa la regione siciliana e da costringerla ad approvare una nuova serie di disposizioni transitorie. La delega sulla quale si e' fondata la riforma del servizio di riscossione dei tributi rimonta alla legge 4 ottobre 1986, n. 657. Lo stesso decreto legislativo delegato e' stato emanato dal Presidente della Repubblica il 28 gennaio 1988; e la relativa disciplina e' per di piu' rimasta lungamente inapplicata sul restante territorio nazionale. Inoltre, i problemi concernenti l'applicazione di tali normative sono stati ampiamente discussi nelle sedi piu' diverse, nazionali e locali (come stanno a dimostrare - per esempio - gli atti del convegno sull'attuazione della riforma del sistema esattoriale nella regione siciliana, svoltosi a Catania il 12 maggio 1989). In tali circostanze, si puo' giustificare la legge-provvedimento, o meglio legge-fotografia, n. 19/1989, per il solo fatto che essa ha voluto colmare preventivamente una situazione di potenziale vuoto normativo? La risposta da offrire e' sicuramente negativa, quanto meno per un duplice ordine di motivi. Da un lato, in verita', deve condividersi il rilievo della ricorrente secondo cui la preesistente legge-provvedimento n. 55/1984 non era ancora venuta a scadenza, ma conservava la sua provvisoria efficacia; e non l'avrebbe perduta, se non nell'ipotesi che un duplice giudice l'avesse impugnata, ottenendone l'annullamento da parte della Corte costituzionale. D'altro lato, non sembra comunque sostenibile che il venir meno di una certa discplina legittimi qualunque specie di disposzioni legislative regionali destinate a surrogarla, poco importando se esse rispettino o meno i principi della materia, come stabili dalle corrispondenti leggi dello Stato. Argomenti siffatti, come pure esattamente sostiene la ricorrente, varrebbero a legittimare proroghe rinnovate o protratte indefinitamente, senza tener conto del limite dei principi che cotraddistingue la legislazione concorrente, fino a quando l'assemblea regionale siciliana non riesca ad approvare - in via permanente - una normativa rispettosa dei principi stessi. Ed e' proprio questo il pericolo che il ricorso della societa' "Nuova G. Barbera" tende in prima linea ad evitare. 6. - Per le suesposte considerazioni, la domanda di sospensione in esame, stante l'ostacolo costituito dalla norma regionale denunziata, non puo' che essere rigettata, ma, a norma dell'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, va disposta l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione incidentale di costituzionalita' di cui trattasi, disponendosi conseguentemente la sospensione del giudizio instaurato col ricorso indicato in epigrafe.
P. Q. M. Respinge la domanda di sospensione dei provvedimenti impugati col ricorso in esame, e, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 3, primo comma, della legge regionale 29 dicembre 1989, n. 19 (nei sensi indicati nella motivazione che precede), in relazione al superamento del limite dei principi della potesta' legislativa concorrente posto dall'art. 17 dello statuto della regione siciliana, dispone l'immediata trasmissione degli atti, a cura della segreteria, alla Corte costituzionale, sospendendo conseguentemente il giudizio in corso; Ordina, inoltre, alla segreteria, a norma dell'ultimo comma del predetto art. 23 della legge regionale 11 marzo 1953, n. 87, di notificare la presente ordinanza alle parti in causa ed al presidente della regione siciliana e di darne comunicazione al presidente dell'assemblea regionale siciliana. Cosi' deciso in Catania, nella camera di consiglio del 28 marzo 1990. Il presidente f.f. estensore: (firma illeggibile) 90C0764