N. 84 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 dicembre 2018

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'11 dicembre 2018  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Impiego  pubblico  -  Norme  della  Regione  Marche  -   Disposizioni
  finalizzate  all'armonizzazione  del  trattamento   economico   del
  personale delle Province trasferito alla Regione - Rideterminazione
  della  dotazione  del  fondo  per  il  trattamento  accessorio  del
  personale della Giunta regionale e del fondo per la retribuzione di
  posizione e di risultato del personale con  qualifica  dirigenziale
  della Giunta regionale. 
- Legge della Regione Marche  3  ottobre  2018,  n.  39  ("Variazione
  generale al bilancio di previsione 2018/2020 ai sensi del  comma  1
  dell'articolo 51 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.  118  -
  (1° provvedimento)"), art. 5. 
(GU n.3 del 16-1-2019 )
    Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  c.f.  n.  80224030587,  fax
06/96514000 e pec:  roma@mailcert.avvocaturastato.it,  presso  i  cui
uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    Nei confronti della Regione Marche,  in  persona  del  Presidente
della  Giunta  regionale  pro  tempore,  per  la   dichiarazione   di
illegittimita'  costituzionale  dell'art.  5  della  legge  regionale
Marche n. 39 del 3 ottobre  2018,  recante  «Variazione  generale  al
bilancio di previsione n. 2018/2020 ai sensi del comma l dell'art. 51
del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 11 8 -(1° provvedimento)»,
pubblicata nel B.U.R. n. 83 del 4 ottobre 2018, giusta  delibera  del
Consiglio dei ministri in data 28 novembre 2018. 
    Con la legge regionale n. 39  del  3  ottobre  2018  indicata  in
epigrafe, che consta di sei articoli, la Regione Marche ha emanato le
disposizioni  in  tema  di  «variazione  generale  al   bilancio   di
previsione 2018/2020». 
    L'art. 5, rubricato «Determinazione  dei  fondi  per  le  risorse
decentrate relative al salario accessorio del personale del  comparto
e della dirigenza della Giunta regionale», entrato in  vigore  dal  5
ottobre  2018,  dispone  che  «1.  In  relazione  agli  obiettivi  di
armonizzazione del trattamento economico del personale delle Province
trasferito alla Regione con decorrenza 1°  aprile  2016  per  effetto
della  legge  7  aprile  2014,  n.  56  (Disposizioni  sulle   citta'
metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni  di  comuni)  e
dei commi 424 e 425 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n.  190
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2015), nonche' del personale  delle
Province impiegato presso i centri  per  l'impiego,  trasferito  alla
Regione con decorrenza 1° gennaio 2018 per effetto dei  commi  793  e
795 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2017,  n.  205  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale per il  triennio  2018-2020),  con  quello  del  restante
personale regionale, ai  sensi  dell'ultimo  periodo  del  comma  800
dell'art. 1 della  medesima  legge  n.  205/2017,  il  fondo  per  il
trattamento  accessorio  del  personale   della   Giunta   regionale,
afferente l'area del comparto alla  data  del  1°  gennaio  2018,  e'
rideterminato nella sua componente stabile in € 14.250.944,90. 
    2. Per i medesimi motivi di cui al  comma  1,  il  fondo  per  la
retribuzione di posizione e di risultato del personale con  qualifica
dirigenziale della Giunta regionale, alla data del 1°  gennaio  2018,
e' rideterminato nella sua componente permanente in € 3.215.821,98.» 
    3. E' fatta  salva  l'applicazione  degli  ulteriori  adeguamenti
degli stessi fondi  previsti  dai  rispettivi  CCNL  per  il  periodo
2016/2018. 
    4. La copertura finanziaria per l'integrazione dei fondi  di  cui
ai commi 1 e 2 e' garantita: a) dalle risorse statali  derivanti  dai
commi 794 e 797 dell'art. 1 della legge  n.  205/2017,  nella  misura
della quota assegnata alla Regione Marche, iscritte  a  carico  della
Missione  15,  Programma  01;  b)  dalle  risorse  regionali  per  il
riequilibrio del  trattamento  accessorio  del  personale  trasferito
dalle Province con decorrenza 1° aprile 2016, ai sensi della legge n.
56/2014 e successiva legge regionale n. 13/2015,  iscritte  a  carico
della Missione 01, Programma 10.» 
    E' avviso del Governo che, con la norma denunciata  in  epigrafe,
la  Regione  Marche  abbia  ecceduto  dalla  propria  competenza   in
violazione  della  normativa  costituzionale,  come  si  confida   di
dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
L'art. 5 della legge Regione Marche 3  ottobre  2018,  n.  39,  viola
l'art. 117, comma 2, lett.  l),  della  Costituzione  in  materia  di
ordinamento civile e l'art. 3 della Costituzione. 
    1. Come illustrato supra (pag. 2), l'art. 5 citato  detta  alcune
disposizioni volte all'armonizzazione del fondo  per  il  trattamento
economico accessorio del personale della Giunta  regionale  afferente
all'area del comparto e il trattamento economico di  posizione  e  di
risultato del personale dirigenziale sempre della Giunta regionale. 
    L'intervento viene adottato  in  attuazione  di  quanto  disposto
dell'art. 1, comma 800, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. 
    L'art. 1, comma 800,  della  legge  27  dicembre  2017,  n.  205,
contenente  il  «Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il  triennio  2018-2020»,
prevede che «Al fine di consentire la progressiva armonizzazione  del
trattamento economico del  personale  delle  citta'  metropolitane  e
delle province transitato in altre amministrazioni pubbliche ai sensi
dell'art. 1, comma 92, della legge 7 aprile 2014, n. 56, e  dell'art.
1, commi 424 e 425, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, con  quello
del personale delle amministrazioni di destinazione, a decorrere  dal
1° gennaio 2018 i fondi destinati al trattamento economico accessorio
del personale, anche di livello dirigenziale, degli enti  presso  cui
il predetto personale e' transitato in misura superiore al numero del
personale cessato possono essere  incrementati,  con  riferimento  al
medesimo personale, in misura non superiore alla  differenza  tra  il
valore medio individuale del  trattamento  economico  accessorio  del
personale  dell'amministrazione  di   destinazione,   calcolato   con
riferimento all'anno 2016, e quello corrisposto, in applicazione  del
citato art. 1, comma 96, lett. a), della legge n.  56  del  2014,  al
personale trasferito, a condizione che siano rispettati  i  parametri
di cui all'art. 23, comma 4, lett. a) e b), del  decreto  legislativo
25 maggio 2017, n. 75». 
    In proposito si ricorda che i parametri di cui alla sezione sopra
evidenziata  devono  essere  definiti  in  un  apposito  decreto  del
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  adottato  su  proposta  del
Ministro per la semplificazione e  la  pubblica  amministrazione,  di
concerto  con  il  Ministro  dell'economia  e  delle  finanze,   come
espressamente previsto, appunto, dall'art. 23, comma 4,  del  decreto
legislativo n. 75/17 citato; e sono riferiti alle seguenti poste: 
        a)  fermo  restando  quanto  disposto  dall'art.   1,   comma
557-quater, della legge 27  dicembre  2006,  n.  296,  contenente  le
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2007)», il rapporto tra  le  spese  di
personale e le entrate correnti considerate  al  netto  di  quelle  a
destinazione vincolata, come precisato dall'art. 23, comma  4,  lett.
a), in tema di «salario accessorio e sperimentazione», in vigore  dal
1° gennaio 2018, del  decreto  legislativo  25  maggio  2017,  n.  75
citato,  che  contiene  le  «Modifiche  e  integrazioni  al   decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli art. 16,  commi  1,
lett. a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma  1,  lettere  a),
c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e  z),  della  legge  7
agosto  2015,  n.  124,  in   materia   di   riorganizzazione   delle
amministrazioni pubbliche»; 
        b) il rispetto degli obiettivi del pareggio  di  bilancio  di
cui all'art. 9, «Equilibrio dei bilanci delle regioni  e  degli  enti
locali»,  della  legge  24  dicembre  2012,  n.  243,  contenente  le
«Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione». 
    In merito, si sottolinea che l'adozione del  citato  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri - e  la  puntuale  declinazione
dei parametri che il legislatore  definisce  in  termini  generali  -
rappresenta la condizione  indispensabile  per  l'applicazione  della
norma. 
    In  particolare,  in  assenza  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri predetto, la lett. a) dell'art. 23,  comma  4,
del decreto legislativo n. 75/17 citato risulta priva  di  contenuti,
non essendo definita la percentuale indicativa di una  situazione  di
virtuosita' finanziaria. 
    Ne deriva che, in mancanza dell'adozione del citato  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, il comma 800 dell'art. 1 della
legge n. 205/17 citata non puo' legittimamente essere  richiamato  ex
se dalle  Regioni  come  presupposto  per  la  loro  legislazione  in
materia. 
    2. Occorre, altresi', ricordare che, ai sensi del citato art.  1,
comma  800,  della  legge  n.  205/17,  le  Amministrazioni   possono
incrementare i fondi, anche  del  personale  dirigenziale,  oltre  il
tetto stabilito dall'art. 23, comma 2, del citato decreto legislativo
n. 75/2017, limitatamente alla differenza fra il numero delle  unita'
di ex provinciali trasferito  e  il  numero  di  unita'  del  proprio
personale cessato dal servizio. 
    La quantificazione del predetto  incremento  va  calcolata  sulla
base del differenziale, riferito all'anno 2016, tra il  valore  medio
pro-capite del trattamento accessorio di destinazione  ed  il  valore
medio pro-capite del trattamento accessorio di provenienza. 
    Le norme in esame si limitano a  una  nuova  quantificazione  del
fondo in valore assoluto, senza  che  sia  consentito  verificare  le
modalita'  di  calcolo  e   il   rispetto   dei   presupposti   della
disposizione. 
    In assenza delle condizioni sopra descritte, la norma  regionale,
nel  porsi  in  contrasto  con  l'art.  23,  comma  2,  del   decreto
legislativo  n.  75/2017  citato,  che  rappresenta  una  cornice  di
regolazione in materia di contrattazione  integrativa  che  tutte  le
pubbliche Amministrazioni devono  rispettare,  confligge  con  l'art.
117,  comma  2,  lett.  l),  della  Costituzione,  che  riserva  alla
competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile  e,  quindi,  i
rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile. 
    Inoltre, l'art. 5 si pone in contrasto con l'art.  23,  comma  4,
del decreto legislativo n. 75/2017 citato e, conseguentemente,  viola
l'art. 117, comma 2, lett. l), della Costituzione, laddove pone  come
condizione  alla  possibilita'  di  incrementare  i  fondi   per   la
contrattazione integrativa destinata al personale in servizio  presso
le Regioni a statuto ordinario e le citta' Metropolitane, il rispetto
di determinati requisiti che dovranno, invece, essere indicati con il
gia' richiamato decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
adottato su  proposta  del  Ministro  per  la  semplificazione  e  la
pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze, come espressamente previsto,  appunto,  dall'art.  23,
comma 4, del decreto legislativo n. 75/17 citato. 
    Nelle more dell'adozione del predetto decreto del Presidente  del
Consiglio dei ministri non risulta, dunque, possibile individuare nel
citato art. 1, comma  800,  della  legge  n.  205/17  il  presupposto
dell'intervento  legislativo  attuato  con  l'art.  5   della   legge
regionale n. 39/18 citata. 
    La disposizione di cui all'art. 5 della legge Regione  Marche  n.
39/18 citato prevede, inoltre, un generico incremento del  fondo  non
attenendosi, in tal modo, ai limiti espressamente indicati dal citato
art. 1, comma 800, della legge n. 205/17. 
    Ne deriva, altresi', che l'art. 5 della legge regionale n.  39/18
citato si pone in evidente contrasto con il principio di  eguaglianza
fra i cittadini sancito dall'art. 3 della Costituzione, istituendo un
trattamento differenziato tra situazioni uguali, poiche' al personale
delle altre pubbliche Amministrazioni,  che  si  trova  nella  stessa
situazione  lavorativa,  si  troverebbe  di  fronte  a  una   diversa
qualificazione degli emolumenti. 
    Alla  luce  delle  precedenti  considerazioni   deve   ritenersi,
pertanto, che la disposizione regionale indicata in epigrafe, risulta
adottata in violazione  dell'art.  117,  comma  2,  lett.  l),  della
Costituzione che  riserva  allo  Stato  la  materia  dell'ordinamento
civile e dell'art.  3  della  Costituzione  e  in  contrasto  con  la
richiamata normativa interposta di cui alla  legge  n.  205/17  e  al
decreto legislativo n. 75/17. 
    Secondo    l'orientamento    costante    della     giurisprudenza
costituzionale, infatti, la disciplina  del  rapporto  di  lavoro  e'
retta dalle disposizioni del codice  civile  e  dalla  contrattazione
collettiva e anche la posizione dei dipendenti regionali e'  attratta
dalla citata disciplina del trattamento  economico  e  giuridico  dei
dipendenti pubblici, ai sensi  dell'art.  1,  comma  2,  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001; per cui anche  per  il  personale  delle
Regioni il rapporto di impiego e' regolato dalla  legge  dello  Stato
(sentenza  n.  160/2017,  punto  3.1.  del  Considerato  in  diritto;
sentenza n. 175/2017, punto 3.1. del Considerato in diritto). 
    La disposizione della Regione Marche di cui  all'art.  5  citato,
«concerne, comunque, un  aspetto  della  retribuzione;  e,  per  tale
assorbente profilo, incide dunque sulla materia «ordinamento civile»,
riservata  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato»,  (sentenza  n.
160/2017 citata, punto 3.2. del Considerato in diritto;). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si conclude perche' l'art. 5 della legge regionale Marche  n.  39
del 3 ottobre 2018,  recante  «Variazione  generale  al  bilancio  di
previsione 2018/2020 ai sensi del comma 1 dell'art.  51  del  decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 11 8 -(1° provvedimento)», indicato in
epigrafe, sia dichiarato costituzionalmente illegittimo. 
    Si produce l'attestazione della deliberazione del  Consiglio  dei
ministri del 28 novembre 2018. 
        Roma, 3 dicembre 2018 
 
           Il Vice Avvocato generale dello Stato: Palmieri