N. 85 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 ottobre 2006

Ordinanza  emessa  il  2  ottobre  2006  dal tribunale amministrativo
regionale  della  Sicilia  - Sezione staccata di Catania, sul ricorso
proposto  da  Comune  di  Comiso  contro Presidenza del Consiglio dei
ministri ed altri

Giustizia  amministrativa  -  Controversie relative alla legittimita'
  delle  ordinanze  e  dei conseguenziali provvedimenti commissariali
  adottati  in  tutte  le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
  dell'art. 5,  comma 1,  della  legge  24 febbraio  1992,  n. 225  -
  Competenza,  in  via  esclusiva,  in  primo  grado,  attribuita  al
  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  -  sede di Roma -
  Irragionevole  deroga  al  principio della competenza del Tribunale
  amministrativo  regionale  della Regione in cui il provvedimento e'
  destinato  ad  avere incidenza - Violazione del diritto di difesa e
  del  principio  del giudice naturale - Violazione del principio del
  decentramento  territoriale  della  giurisdizione  amministrativa -
  Violazione  della  norma  statutaria  che  attribuisce al Tribunale
  amministrativo  regionale  Sicilia  le  controversie  di  interesse
  regionale.
- Decreto  legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione,   artt. 3,  24,  25  e  125;  Statuto  della  Regione
  Siciliana art. 23.
(GU n.11 del 14-3-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma
2,  legge  n. 87/1953,  sul  ricorso  594/2006 proposto dal Comune di
Comiso (Ragusa), rappresentato e difeso dall'avv. Claudia Virgadavola
con  domicilio  eletto in Catania, via Vagliasindi, 53 (presso l'avv.
Zizza Rossella) e relativi motivi aggiunti;
    Contro  la  Presidenza  del  Consiglio dei ministri, il Ministero
dell'interno,  la  Regione  Siciliana,  il  Commissario  delegato per
l'emergenza  idrica,  l'A.T.O.  Ragusa  Ambiente S.p.A., la Provincia
regionale  di Ragusa, in persona dei rispettivi rappresentanti legali
pro  tempore  e  tutti  rappresentati  e difesi dall'Avvocatura dello
Stato,  con  domicilio  eletto  in  Catania, via Vecchia Ognina, 149,
presso la sua sede; per l'annullamento con il ricorso introduttivo:
        del   decreto  coinmissariale  n. 69  del  23  gennaio  2006,
pervenuto  al  Comune di Comiso il 30 gennaio 2006, avente ad oggetto
la  nomina  del  Commissario  ad  acta  al  fine di provvedere in via
sostitutiva  del  Consiglio  comunale  di  Comiso  ad  approvare,  in
applicazione  del  decreto  presidenziale n. 209 del 7 agosto 2001 le
modifiche  apportate  allo  Statuto,  all'atto  costitutivo  ed  alla
Convenzione  di  gestione  del  Servizio idrico integrato dell'ATO di
Ragusa;
    Con i motivi aggiunti al ricorso introduttivo:
        della   delibera   n. 1  del  9  febbraio  2006  emanata  dal
Commissario  ad  acta,  avente  ad  oggetto  «ATO idrico n. 4 Ragusa.
Revoca  delibera  di  Consiglio  comunale n. 94 del 28 novembre 2005.
Approvazione   modifiche   schema   Atto   costitutivo  -  Statuto  e
Convenzione di gestione»;
        di  qualsiasi  altro  atto precedente, susseguente o comunque
collegato con il provvedimento impugnato, ivi compresa la diffida del
3  febbraio  2006,  con  la quale il Commissario ad acta diffidava il
Consiglio  comunale di Comiso a revocare la delibera consiliare n. 94
del  28  novembre  2004  e procedere all'approvazione delle modifiche
apportate  allo  statuto, all'Atto costitutivo ed alla convenzione di
gestione;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  nel  giudizio dell'Avvocatura di
Stato;
    Visti i motivi aggiunti al ricorso introduttivo;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  nella Camera di consiglio dell'11 maggio 2006 il relatore,
referendario dott. Salvatore Gatto Costantino;
    Uditi  altresi'  gli  avvocati  delle  parti,  come  da  relativo
verbale;
    Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue.

                              In fatto

    Con  ricorso  notificato  il 13 febbraio 2006 il Comune di Comiso
impugnava  il decreto commissariale n. 69 del 23 gennaio 2006, con il
quale  il  Presidente  della  Regione  Sicilia,  n.q.  di Commissario
delegato  per l'emergenza idrica, aveva nominato il dott. Pietro Fina
come  Commissario  ad  acta  affinche', in sostituzione del Consiglio
comunale  del  predetto  Ente,  provvedesse ad approvare le modifiche
allo statuto, Atto costitutivo e convenzione di gestione del Servizio
idrico integrato (S.I.I.) dell'ATO di Ragusa.
    Con   i   motivi   aggiunti  il  comune  impugnava,  poi,  l'atto
commissariale di approvazione delle modifiche sopra indicate.
    Espone, a tale proposito, la parte ricorrente che alla conferenza
dei  sindaci  del  15  settembre  2005  si era proposto di modificare
l'atto  costitutivo,  lo  statuto  e  la  convenzione di gestione del
S.I.I. a loro volta gia' approvati nella precedente conferenza del 20
dicembre   2002   ed   in   conformita',  dalla  delibera  consiliare
n. 83/2004.
    Il  Comune  di  Comiso, con deliberazione consiliare n. 94 del 28
novembre 2005, deliberava di non ratificare tali proposte.
    Interveniva  cosi'  il  commissariamento dell'Ente, ai fini della
approvazione  dei  suddetti  atti,  con  i  provvedimenti in epigrafe
contro  i  quali,  ritenuti  lesivi  delle  prerogative del Consiglio
comunale,  sono  state sollevate (sia con il ricorso che con i motivi
aggiunti) le seguenti censure:
        violazione ed errata applicazione dell'art. 9, comma 3, legge
n. 36/1994  dell'art. 24,  legge  regionale  n. 44/1991  - Eccesso di
potere   per   travisamento  dei  fatti  e  sviamento  dall'interesse
pubblico;
        violazione dell'art. 24. legge regionale n. 44/1991 - Eccesso
di potere.
    L'Avvocatura distrettuale, costituitasi con memoria depositata il
6  marzo 2006, oltre a resistere al ricorso ed ai motivi aggiunti, ha
sollevato   l'eccezione  di  incompetenza  funzionale  del  Tribunale
amministrativo regionale adito in favore del Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, a mente dell'art. 3 della legge 27 gennaio 2006,
n. 21,  trattandosi  del  ricorso rivolto contro atti e provvedimenti
commissariali  in  una  situazione  di  emergenza  dichiarata a norma
dell'art. 5, comma 1 della legge n. 225/1992.
    Nella   Camera  di  consiglio  dell'11  maggio  2006  la  domanda
cautelare e' stata trattenuta per la decisione.

                            D i r i t t o

    La    parte    ricorrente    lamenta    la   illegittimita'   del
commissariamento  regionale  e  del  conseguente provvedimento con il
quale  e' stata ratificata per il Comune di Comiso la modifica, della
costituzione  degli  organi  dell'ATO  per l'affidamento del Servizio
idrico integrato.
    I)  Il  ricorso  e'  rivolto  avverso  un  provvedimento adottato
all'esito  di  una  procedura  posta  in  essere dal Presidente della
Regione  Sicilia  nell'esercizio  dei  poteri  a  questo conferiti in
qualita' di Commissario delegato di protezione civile per l'emergenza
idrica.  Pertanto,  il Collegio deve affrontare la questione relativa
alla  competenza  inderogabile  recentemente  attribuita al Tribunale
amministrativo regionale del Lazio per la cognizione di vicende quale
quella in esame, come sollevata dall'Avvocatura di Stato.
    Tale  competenza  sorge per effetto della norma di cui alla legge
n. 21/2006,  pubbl.  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 23 del 28 gennaio
2006, che, all'art. 3, per quel che qui rileva dispone:
        ...  omissis...  «2-bis.  In tutte le situazioni di emergenza
dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio
1992,  n. 225,  la  competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della
legittimita'   delle   ordinanze   adottate   e   dei  consequenziali
provvedimenti  commissariali  spetta  in  via  esclusiva,  anche  per
l'emanazione   di   misure  cautelari,  al  Tribunale  amministrativo
regionale del Lazio, con sede in Roma.
        2-ter.  Le  questioni  di  cui  al comma 2-bis, sono rilevate
d'ufficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con  sentenza succintamente motivata ai sensi dell'articolo 26, della
legge  6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando
applicazione  i  commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa
legge.
        2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    Osserva  il  Collegio  che  la  fattispecie  in esame e' attratta
nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3, in quanto il
potere  amministrativo  posto in essere da parte del Presidente della
Regione  Sicilia  e  del  commissario  ad  acta da questi nominato e'
esercitato come delegato dell'emergenza idrica, rientrante nel novero
delle  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5,
comma  1,  della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e proprio l'esercizio
di  tale  potere  ed i suoi limiti costituiscono l'oggetto principale
del ricorso.
    Il  collegio,  pertanto,  ritenendola  rilevante  ai  fini  della
decisione da assumere in ordine alla predetta trasmissione degli atti
al  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio  e non manifestamente
infondata,  solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale  del
predetto  art. 3,  e  segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni
bis,  ter,  quater,  come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come
gia'  fatto  in  ordine  ad altra fattispecie per la cui decisione e'
venuta  in  rilievo  la medesima norma (cfr. Tribunale amministrativo
regionale Sicilia, I, ord. n. 90 del 7 marzo 2006).
    I)  La  rilevanza  della  questione  ai  fini  della decisione da
assumere e' di tutta evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base
della    normativa   sopravvenuta   -   ove   non   dubitasse   della
incostituzionalita'   di  essa  e  quindi  non  ritenesse  necessario
investire  il  Giudice  delle  leggi  della  relativa  questione  - a
trasmettere  gli  atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio, e
cio'   per  espressa  disposizione  della  nuova  disciplina  che  ne
prescrive  l'applicazione ai procedimenti pendenti e quindi anche per
il  procedimento  odierno,  trattenuto in decisione dopo l'entrata in
vigore  della disciplina in esame (la quale e' stata pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  del  23  gennaio 2006 ed e' entrata in vigore il
giorno successivo alla sua pubblicazione).
    Non  vale  a  mutare  la superiore considerazione il fatto che il
giudizio sia stato chiamato ad essere trattato in Camera di consiglio
per  la sua sola domanda cautelare, posto che la chiara dizione delle
disposizioni  in  esame  non  lascia adito a dubbi e, per effetto del
combinato  disposto  di  cui  all'art. 21  e 26 della legge Tribunale
amministrativo regionale ivi richiamato, anche in sede di trattazione
cautelare  il  Collegio  dovrebbe  con  sentenza  breve dichiarare la
competenza  del Tribunale amministrativo regionale Lazio e concludere
il  giudizio,  salva  la  riassunzione di esso di fronte al Tribunale
amministrativo regionale competente, normativamente prevista.
    II)  Circa  la  non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno
sospettare  le  norme  in  esame  di  incostituzionalita', osserva il
collegio  che  la  normativa  introdotta dal legislatore con l'art.3,
comma   2,  da  bis  a  quater,  della  legge  n. 21/2006,  contrasta
innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il
principio  della articolazione su base regionale degli organi statali
di  giustizia  amministrativa  di  primo  grado  ivi espressa («Nella
regione  sono  istituiti  organi di giustizia amministrativa di primo
grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica» che
implica  il  rilievo  e  la  garanzia  costituzionale  della sfera di
competenza dei singoli organi predetti.
    Non  appaiono,  all'evidenza,  manifeste  o  comunque sufficienti
ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera
di  competenze  costituzionalmente  garantita  nella  materia  di cui
trattasi  quando,  come  nel  caso in esame, le singole situazioni di
emergenza   hanno   rilievo   spiccatamente  locale  con  conseguente
efficacia  locale  dei  relativi  provvedimenti adottati dai soggetti
delegati  alla  cura  delle  varie  situazioni emergenziali, anche se
(arg.   ex  art. 2,  comma  1,  lett.  c)  della  legge  n. 225/1992,
richiamato  dall'art. 5,  comma 1, legge cit.) essi sono adottati per
fare  fronte  a  situazioni che «per intensita' ed estensione debbono
essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari».
    III)   Anzi,   sotto   questo   aspetto,  la  norma  e'  altresi'
contraddittoria  ed  irrazionale  in  quanto  sottopone  al  medesimo
trattamento  processuale  situazioni  disparate  e  differenti tra di
loro.
    In questo quadro, l'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992,
n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione
normativa,  i  casi  in cui (ex art. 2, comma 1, lett. c) della legge
n. 225/1992)   sia   necessario   fare  fronte  con  mezzi  e  poteri
straordinari  alle  calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi
che  richiedano  tale  intervento  per  intensita'  ed estensione. La
previsione  di  cui  alla  legge  n. 21/2006 radica la competenza del
Tribunale  amministrativo  regionale Lazio in tutti i casi in cui sia
dichiarato  lo  stato  di  emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5
appena  citato  e  quindi  con  esclusione  dei casi di intervento di
protezione  civile  per  gli  eventi  che  possano  essere affrontati
mediante  interventi  attuabili  dai  singoli  enti e amministrazioni
competenti  in  via  ordinaria  (art. 2,  lett.  a)  e  di quelli che
richiedano intervento coordinato di questi ultimi (art. 2, lett. b).
    Quindi,  il sistema della Protezione civile e' articolato in vari
livelli  di  intervento,  contraddistinti dal corrispondente grado di
ampiezza  della  situazione  emergenziale. Sicche' per ogni tipologia
territoriale   e  «qualitativa»  della  situazione  di  emergenza  e'
chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino
alla  concreta  dimensione  delle  comunita'  colpite  e della natura
dell'emergenza,  secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e senza
escludere - funzionalmente e residualmente - che determinate funzioni
siano   «trasversali»   ossia   comprendano  le  competenze  di  piu'
amministrazioni o livelli di governo.
    A  fronte  di  questa  multiformita'  possibile di manifestazioni
concrete   dell'esercizio   del   potere,   la   regola  generale  di
ripartizione  delle  competenze  delineata  dagli artt. 2 e ss. della
legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente
con  l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della
legge  n. 21/2006, contraddittoriamente ed immotivatamente assegna ex
lege   rilevanza   nazionale   a   qualsiasi   controversia   insorga
nell'esercizio  del  potere  di  protezione civile, facendo leva solo
sulla  necessita'  che  esso presupponga l'intervento extra ordinem e
quindi  a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge
n. 225/1992,  posto  che assegna la competenza funzionale a conoscere
delle  relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio
(e  quindi  spinge  l'interprete  a dover ritenere che il Legislatore
abbia  cristallizzato  una  valutazione  di  rilevanza  nazionale  di
qualsiasi   questione,   inerente   la  Protezione  civile,  richieda
interventi  extra  ordinem).  Vengono  cosi' attratte alla competenza
funzionale  dell'unico giudice nazionale, anche tutte le questioni di
entita'  ed  effetti  manifestamente  circoscritti alla sola parte di
territorio  regionale interessata dall'emergenza locale, specialmente
quando si verte in ordine a provvedimenti commissariali applicativi o
esecutivi  dell'ordinanza  che dichiara l'emergenza ai sensi del piu'
volte citato art. 5, senza alcuna logica o esigenza reale che imponga
una valutazione «accentrata» di esse.
    Il  problema  acquista  uno  spessore  considerevole  se  solo si
riflette  sul  fatto  che, «ordinariamente», tali provvedimenti extra
ordinem delegano quali commissari per l'emergenza il presidente della
regione  o  altri  organi  locali  gia'  titolari di poteri propri in
quella  materia; in tal senso, spesso non fanno altro che «istituire»
poteri  e  programmi  di  emergenza  affidandoli quindi (per nomina o
delega),  a  quegli  stessi organismi regionali o comunque locali che
con  i  poteri  ordinari  loro  conferiti  dall'Ordinamento non hanno
saputo fare fronte alle cause che hanno determinato l'emergenza (come
il   caso   dell'emergenza   rifiuti   o   dell'emergenza  idrica,  o
dell'emergenza  traffico).  Pertanto,  l'effetto  di  tale  prassi e'
essenzialmente   quello  di  rendere  i  provvedimenti  degli  organi
regionali «rafforzati» sotto il profilo della capacita' di derogare a
norme   dell'ordinamento;   a   tale   gia'  rilevante  «alterazione»
dell'Ordinamento  medesimo, si aggiunge quindi una ulteriore «tutela»
giurisdizionale,  sottraendo  la  cognizione  della lite ai Tribunale
amministrativo  regionale  regionali  su  provvedimenti  che  sono  e
restano  a  tutti gli effetti locali per provenienza soggettiva oltre
che  per  effetti, per affidarla ad un unico giudice nazionale con il
quale essi non hanno alcun collegamento «naturale».
    Appare  utile  rilevare,  in  questa sede, come la giurisprudenza
della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che:
        con  l'articolo  5 della legge n. 225 del 1992, e' attribuito
al  Consiglio  dei  ministri  il  potere  di  dichiarare  lo stato di
emergenza  in  ipotesi  di  calamita'  naturali,  ed  a seguito della
dichiarazione  di  emergenza,  e  per  fare fronte ad essa, lo stesso
Presidente  del  Consiglio dei ministri o, su sua delega, il Ministro
dell'interno   possano   adottare   ordinanze   in   deroga  ad  ogni
disposizione    vigente,   nel   rispetto   dei   principi   generali
dell'ordinamento giuridico;
        l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo
31   marzo   1998,   n. 112   (Conferimento  di  funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta,
chiarisce  che  tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che
il   riconoscimento   di   poteri  straordinari  e  derogatori  della
legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale;
        queste  ultime  due  previsioni,  inoltre,  sono  gia'  stata
ritenute  dalla  Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come
espressive   di   un   principio  fondamentale  della  materia  della
protezione  civile,  sicche'  deve  ritenersi  che esse delimitino il
potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze
legislative  delineato  dalla  legge  costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione).
    Alla  luce  di  quanto  sopra  ricordato,  la Corte ha dichiarato
illegittimo l'articolo 4, comma 4, della legge della Regione Campania
n. 8  del  2004, nella misura in cui essa ha attribuito al Sindaco di
Napoli  i  poteri  commissariali  dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del
Ministro  dell'interno,  dopo  la  scadenza  della emergenza alla cui
soluzione  tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con
l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2005).
    Tale   ragionamento   comporta   che,  in  relazione  alla  legge
n. 225/1992  ed  all'art. 107,  comma  1,  lettere  b)  e  c), d.lgs.
n. 112/1998,  possiedono  rilievo  nazionale «solamente» il potere di
dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure
ad    esso   finalisticamente   connesso,   di   derogare   a   norme
dell'ordinamento.
    Ne  consegue  dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame
e'  irragionevole  per contraddittorieta' e disparita' di trattamento
processuale,  poiche'  utilizza  lo stesso trattamento per situazioni
del  tutto  differenti  quanto  ad  ambito  territoriale  e livello e
qualita'  degli  interessi  pubblici coinvolti, nonche' per contrasto
con  l'art. 117  della  Costituzione, poiche' implicitamente, finisce
per  attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla
competenza regionale.
    IV)  Ancora, l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto
ove,  come  nella  specie, esso non sia giustificato da una effettiva
natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei
provvedimenti  sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale
amministrativo   regionale   Lazio,   comporta   indubbia  violazione
dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di
tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi enunciata al primo comma;
detta   tutela   ne   risulta  minorata,  per  la  evidente  maggiore
difficolta'  di  esercitare  le  relative  azioni presso il Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio piuttosto che presso gli organi
giurisdizionali  localmente  istituiti.  Cio'  vale  sia  per la fase
transitoria  in  cui  i  giudizi  pendenti  trasmigrano  al Tribunale
amministrativo   regionale   del  Lazio,  sia  per  le  future  nuove
controversie  che  secondo  la  nuova  normativa dovrebbero essere ab
initio instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale
    La  Corte  ha  ritenuto,  in  un caso in cui il legislatore aveva
disposto  l'estinzione  ope legis di giudizi pendenti (art. 10, primo
comma,  legge  n. 425/1984),  che  siffatta  disposizione,  in quanto
«preclude   al   giudice  la  decisione  di  merito  imponendogli  di
dichiarare  d'ufficio l'estinzione dei giudizi pendenti, in qualsiasi
stato  e  grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge
sopravvenuta»,  percio'  stesso  «viola  il valore costituzionale del
diritto  di  agire,  in quanto implicante il diritto del cittadino ad
ottenere  una  decisione di merito senza onerose reiterazioni» (Corte
costituzionale, sentenza n. 123 del 1987).
    Sebbene  la  fattispecie  in  esame sia diversa da quella oggetto
della   citata  pronuncia,  il  principio  tuttavia,  ad  avviso  del
collegio,  e' nello stesso modo applicabile. Accade infatti, nel caso
presente,  che  chi  abbia  gia'  un  giudizio  pendente  davanti  al
Tribunale  amministrativo  regionale  locale,  ed  addirittura  abbia
ottenuto  una  decisione  cautelare,  debba  proseguire altrove nella
propria  iniziativa  giudiziaria,  addirittura  (se  ne parlera' piu'
diffusamente  infra)  rimanendo  esposto  ad  una  seconda  pronuncia
cautelare  sollecitata  dalla  parte  soccombente  davanti al giudice
adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione.
    V)  Altro  profilo  di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre,
nella violazione del principio del giudice naturale precostituito per
legge,  di  cui  all'art. 25  della  Costituzione.  Nelle  precedenti
ordinanze  della Sezione, sollevate in ricorsi introdotti prima della
legge  in  esame,  si  e'  rilevato  che  la norma costituzionale ora
citata,  stabilendo  che  «nessuno  puo'  essere distolto dal giudice
naturale  precostituito  per  legge»,  esclude,  come la stessa Corte
costituzionale  afferma,  «che vi possa essere una designazione tanto
da  parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole
generali,  quanto  da  altri  soggetti,  dopo che la controversia sia
insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967»;
il principio e' in tali termini, e con tali citazioni dei precedenti,
richiamato nella sentenza della Corte n. 393 del 2002). Come la Corte
ha  insegnato,  perche'  tale principio possa considerarsi rispettato
occorre  che  «...  la  regola  di competenza sia prefissata rispetto
all'insorgere della controversia» (sentenza n. 193 del 2003); e basta
scorrere  le numerose decisioni della Corte costituzionale in materia
di  principio  del  giudice  naturale  per rilevare che e' proprio la
preesistenza  della  regola  che  individua la competenza rispetto al
giudizio  il  criterio  fondamentale  in  base  al  quale  sono state
valutate le questioni sollevate.
    Tale  profilo di incostituzionalita' si apprezza particolarmente,
ad avviso del Collegio, anche nel caso in cui il giudizio sia insorto
-  come nel caso di specie - dopo la entrata in vigore della norma in
esame.
    Infatti,  come detto sopra, la ripartizione regionale del giudice
amministrativo   e'  espressamente  contemplata  dalla  Costituzione,
all'art. 125.  Tale  previsione  consente  di  ritenere valorizzato a
livello  costituzionale  il  principio  del  giudice naturale su base
«regionale»   per   le   controversie   inerenti   la   giurisdizione
amministrativa  di  primo  grado  e  dunque  una  legge ordinaria che
sottragga  a tale previsione la cognizione di una o piu' materie, per
concentrarle presso un unico giudice «nazionale» di primo grado senza
che  sussista  una  effettiva e ragionevole necessita', in tal senso,
costituisce  sicura violazione del principio del giudice naturale per
come  cosi' precostituito. Ricorrono palesemente, dunque, le medesime
considerazioni   che,   precisamente,   la   sentenza   della   Corte
costituzionale   n. 41   del  2006  afferma,  anzi,  ribadisce  (come
testualmente   essa   si  esprime,  citando  sentenze  precedenti  in
termini),  che  «alla  nozione del giudice naturale precostituito per
legge  non  e'  affatto  estranea  "la  ripartizione della competenza
territoriale  tra  giudici,  dettata da normativa nel tempo anteriore
alla istituzione del giudizio" (sentenze n. 251 del 1986 e n. 410 del
2005)» con l'ovvia precisazione che per normativa nel tempo anteriore
alla istituzione del giudizio si deve intendere non solo quella della
legge   ordinaria,   ma   anche   (ed   a   maggior  ragione)  quella
costituzionale.
    VI)  Da  ultimo,  si  rileva un aspetto diverso che si riconnette
ancora  al tema del giudice naturale, e che deriva in via immediata e
diretta  dall'analisi  appena  esposta.  La  norma in esame, infatti,
viola   l'art. 23   dello   Statuto   della  Regione  Sicilia  (legge
costituzionale  n. 2  del  26  febbraio 1948) a norma del quale: «Gli
organi  giurisdizionali  centrali  avranno  in  Sicilia le rispettive
sezioni  per  gli  affari  concernenti  la  Regione.  Le  Sezioni del
Consiglio  di  Stato  e della Corte dei conti svolgeranno altresi' le
funzioni, rispettivamente, consultive e di controllo amministrativo e
contabile.  I  magistrati  della  Corte  dei  conti sono nominati, di
accordo,   dai  Governi  dello  Stato  e  della  Regione.  I  ricorsi
amministrativi,   avanzati   in   linea   straordinaria  contro  atti
amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente della Regione
sentite  le  Sezioni regionali del Consiglio di Stato». Tale norma e'
stata  «interpretata»  dall'art. 5  del  d.lgs  6 maggio 1948 n. 654,
contenente   norme   per  l'esercizio  delle  funzioni  spettanti  al
Consiglio  di  Stato  nella  Regione Sicilia, il quale prevede che il
Consiglio  di Giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge
al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e
provvedimenti  definitivi  «dell'amministrazione  regionale  e  delle
altre  autorita'  amministrative  aventi  sede  nel  territorio della
regione».
    Osserva  il  Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost.
in   data   12   marzo   1975   n. 61,  dichiarando  l'illegittimita'
costituzionale delle limitazioni poste dall'art. 40, legge 6 dicembre
1971, n. 1034, alla competenza del Tribunale amministrativo regionale
Sicilia,  e'  stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite
tutte,   le   controversie  d'interesse  regionale  considerate  tali
dall'art.  23, comma 1, d.l. 15 maggio 1946 n. 455, comprendendosi in
tale   categoria  le  controversie  sorte  da  impugnazione  di  atti
amministrativi  di  autorita'  centrali  aventi  effetti  limitati al
territorio   regionale  ovvero  concernenti  pubblici  dipendenti  in
servizio  nella  regione  siciliana» (Consiglio Stato, sezione VI, 26
luglio 1979, n. 595).
    Quindi  la  legge  n. 21/2006,  in  esame,  e' costituzionalmente
illegittima  anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23
dello  Statuto  regionale,  sia nella sua formulazione letterale, che
nella   interpretazione   pacifica   che   di  esso  ha  maturato  la
giurisprudenza,   anche   costituzionale,  riserva  al  Consiglio  di
giustizia   amministrativa   ed   in   primo   grado   al   Tribunale
amministrativo  regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le
controversie   sorte   da  impugnazione  di  atti  amministrativi  di
autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale.
    Se  le  controversie quali quella in esame fossero sottratte alla
competenza  del  Tribunale amministrativo regionale Sicilia, in primo
grado  e,  affidate  alla  cognizione  dal  Tribunale  amministrativo
regionale Lazio, fossero decise da quest'ultimo, si radicherebbe, per
tale  motivo,  la  cognizione  sulla lite in appello del Consiglio di
Stato  e  non della sua Sezione costituita dal Consiglio di giustizia
amministrativa  per  la Regione Sicilia, avente competenza funzionale
sulle  liti  rientranti  nella previsione statutaria siciliana appena
citata.  Per  mero  scrupolo  espositivo,  si  deve  rilevare  che in
proposito  non  potrebbe  obiettarsi  che  la  norma «sposta» solo la
cognizione  della  lite  nel  primo  grado di giudizio, facendo salva
quella  d'appello:  se  cosi' fosse, per la Regione Sicilia, la norma
dovrebbe   essere   ulteriormente   tacciata  di  irragionevolezza  e
contraddittorieta'  perche'  la  medesima  questione, decisa in primo
grado   al   Tribunale   amministrativo   regionale   Lazio,   quindi
«concentrata»  in capo all'«unico giudice» per la sua (cristallizzata
dal Legislatore) rilevanza nazionale, tornerebbe ad essere poi decisa
in  appello  da  una  articolazione  regionale del giudice di secondo
grado,  senza  quindi  che  abbia  piu'  valenza  alcuna  la ritenuta
«centralita»   della   vicenda,   con   evidenti  ed  incomprensibili
«trasmigrazioni»  giudiziarie «vettoriali» della lite dalla Sicilia a
Roma (per il primo grado) e da Roma a Palermo (per il secondo grado).
Intuitivamente,  dunque,  questa  ipotetica  obiezione presterebbe il
fianco ad ulteriori argomenti di censura anche sotto il profilo della
effettivita' della tutela del diritto alla difesa gia' trattato prima
(nel  senso  di  obbligo  di  non  aggravamento) e, quindi, anche del
giusto  processo ex art. 111 Cost. in termini di tempi decisionali ed
adempimenti del processo.
    VII)  Per  tute  le  esposte  considerazioni,  deve sollevarsi la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma  2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt. 3,  125,  24  e  25  della  Costituzione  e  per  contrasto con
l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia.
    Deve  pertanto  essere  disposta  la trasmissione degli atti alla
Corte  costituzionale  per  la  decisione della predetta questione di
legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio, sia cautelare
che  di  merito,  instaurato  con  il  ricorso in epigrafe, fino alla
restituzione degli atti da parte della medesima Corte.
                              P. Q. M.
    Solleva,  ritenutala  rilevante  e  non manifestamente infondata,
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis,
comma  2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli
artt. 3,  125,  24  e  25  della  Costituzione  e  per  contrasto con
l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia.
    Dispone,  a  norma  dell'art. 23/2, legge n. 87/1953, l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Il giudizio, sia cautelare che di merito, resta sospeso sino alla
restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale.
    Manda   alla   segreteria  di  notificare  copia  della  presente
ordinanza  alle  parti  in  causa,  al  Presidente  del Consiglio dei
ministri, nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Catania,  in  Camera  di consiglio, in data 11
maggio 2006.
                       Il Presidente: Zingales
                   L'estensore: Gatto Costantino
07C0260