N. 626 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 ottobre 1998
N. 626 Ordinanza emessa il 5 ottobre 1998 dal tribunale, sezione per il riesame di Napoli nel procedimento penale a carico di Provisiero Vincenzo Successione ereditaria - Procedimenti relativi all'apertura della successione - Apposizione dei sigilli - Competenza del pretore (oggi giudice unico) - Difetto di terzieta' dell'autorita' giudiziaria nello svolgimento di tale funzione - Incidenza sui diritti della personalita' dei congiunti del de cuius - Violazione del diritto di difesa. Cod. proc. civ., artt. 752, comb. disp., 755, 757 e 759. Costituzione, artt. 2, 24 e 101.(GU n.46 del 17-11-1999 )
IL TRIBUNALE Riunito in camera di consiglio ha pronunziato la seguente ordinanza nei confronti di Provisiero Vincenzo in atti generalizzato, su appello presentato contro l'ordinanza emessa dal tribunale di Napoli, VI sezione penale, in data 17-21 luglio 1998 con la quale veniva rigettata istanza di liberazione presentata nell'interesse del detto Provisiero, sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, per sopravvenuta inefficacia. Letti gli atti: O s s e r v a Il proposto appello impone al tribunale di affrontare il tema della legittimita' costituzionale degli articoli 294 e 302, c.p.p., sollevato dalla difesa dell'appellante nel corso dell'udienza camerale di discussione. Oggetto del proposto appello e' l'ordinanza con la quale il tribunale di Napoli, VI sezione penale, in data 17-21 luglio 1998, ha rigettato la richiesta presentata nell'interesse di Provisiero Vincenzo, volta ad ottenere la liberazione di quest'ultimo, attualmente in stato di custodia cautelare in carcere, per sopravvenuta inefficacia della misura cautelare in conseguenza dell'omesso interrogatorio dell'imputato nei termini di cui all'art. 294 del codice di rito. La VI sezione penale del tribunale di Napoli, nel rigettare l'istanza difensiva, rilevava che il Provisiero Vincenzo era stato tratto in arresto, in esecuzione del titolo custodiale emesso nei suoi confronti, il 24 febbraio 1997 ovvero circa un mese dopo la trasmissione degli atti da parte del g.i.p. al giudice del dibattimento, avvenuta il 20 gennaio 1997. Di conseguenza, tenuto conto della fase processuale in cui l'imputato veniva privato della liberta' personale, non vi era, secondo il tribunale, alcun obbligo di sottoporre il Provisiero all'interrogatorio di garanzia, nemmeno alla luce della nuova formulazione assunta dall'art. 294, c.p.p., a seguito della sentenza della Corte costituzionale 3 aprile 1997, n. 77. Come e' noto, con tale sentenza e' stata dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 294, comma 1, nella parte in cui non prevede che, fino alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, il giudice proceda all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio della esecuzione della custodia. Conseguentemente e' stata dichiarata con la stessa pronuncia, anche l'incostituzionalita' dell'art. 302, c.p.p., limitatamente alle parole "disposta nel corso delle indagini preliminari". Ritenendo dunque che l'obbligo di procedere all'interrogatorio di garanzia non possa oltrepassare il limite rappresentato dalla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, il tribunale, come si e' detto, rigettava la richiesta difensiva. Tanto premesso, in sede di gravame, la difesa del Provisiero, riproponeva la richiesta di scarcerazione per omesso interrogatorio, eccependo in via subordinata la illegittimita' costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 294 del codice di rito, nella parte in cui non prevede l'obbligo del giudice di procedere tempestivamente all'interrogatorio della persona sottoposta alla custodia cautelare in carcere dopo la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, nonche' dell'art. 302, c.p.p., nella parte in cui non sanziona con la perdita di efficacia della misura custodiale la violazione del suddetto obbligo anche dopo quel momento. Ritiene il collegio preliminarmente che la dedotta questione di legittimita' costituzionale debba ritenersi rilevante, in quanto le norme di cui si denuncia la non conformita' a Costituzione, sono le uniche applicabili alla fattispecie concreta, trattandosi di gravame fondato esclusivamente sulla prospettata inefficacia del titolo custodiale per omesso interrogatorio di garanzia dell'imputato. Appare necessario, sotto il profilo della rilevanza, che la Corte sia chiamata ad affrontare la questione del dovere di procedere ad interrogatorio anche in una fase ulteriore rispetto alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, non potendosi giungere a tale conclusione per via interpretativa da parte del giudice remittente, in quanto, nella formulazione assunta dalla norma di cui all'art. 294, c.p.p. in conseguenza dell'intervento del giudice delle leggi, l'obbligo per il giudice di procedere ad interrogatorio dell'imputato trova il suo limite temporale nella trasmissione degli atti al giudice del dibattimento. La dedotta questione di legittimita' costituzionale deve, inoltre, ritenersi non manifestamente infondata. Sotto quest'ultimo profilo la stessa sentenza n. 77 del 1997, nell'estendere la portata applicativa dell'art. 294, del codice di rito, non ha posto come principio di diritto che l'obbligo per il giudice di procedere ad interrogatorio dell'imputato in vinculis sia limitato alla sola fase compresa tra la richiesta di rinvio a giudizio e la conclusione dell'udienza preliminare, con lo sbarramento costituito dalla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento. Si e' al riguardo osservato in dottrina che "in motivazione la Corte costituzionale precisa che la questione sottoposta al suo esame concerne solo la fase ricompresa tra la richiesta di rinvio a giudizio e la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, ma afferma, poi, in termini che sembrerebbero poter consentire analoghe conclusioni anche per le fasi processuali successive, che va esclusa, di norma, la compatibilita' con il diritto di difesa di limiti al dovere di procedere all'interrogatorio previsto dall'art. 294, comma 1, per motivi collegati unicamente alla fase in cui la custodia cautelare abbia il suo inizio". Limitare l'obbligo del giudice di procedere ad interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare alla fase ricompresa tra la richiesta di rinvio a giudizio e la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, significherebbe, ad avviso del remittente, violare gli articoli 13, comma primo e secondo, 24, comma secondo e 3, comma primo della Costituzione. Al riguardo occorre soffermarsi brevemente sulla funzione dell'interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale, attraverso il quale il giudice, giusto il disposto dell'art. 294, comma 3, c.p.p., valuta se permangono le condizioni di applicabilita' e le esigenze cautelari previste dagli artt. 273, 274 e 275. Risulta evidente dalla formulazione della norma la finalita' di garanzia dell'atto, piu' volte sottolineata dalla stessa Corte costituzionale in diverse pronunce nelle quali si e' ribadito come l'interrogatorio sia uno "strumento di difesa che mira a garantire all'imputato l'esercizio effettivo del relativo diritto in quanto gli consente di contestare l'accusa, in fatto ed in diritto, in tutto o in parte, a meno che lo stesso imputato non presti la sua adesione, totale o parziale, o eserciti la facolta' di non rispondere" (cfr. Corte costituzionale, n. 221 del 20-24 maggio 1991). La esclusiva finalita' garantista e' l'elemento che contraddistingue l'interrogatorio previsto dall'art. 294, c.p.p., differenziandolo per questa sua peculiarita', dagli altri tipi di interrogatorio che il codice di rito consente sia al p.m. (artt. 364 e 388) sia al giudice (art. 391). Ed invero solo per l'interrogatorio di garanzia, in caso di mancato compimento dell'atto nei termini di legge, l'art. 302 del codice di rito prevede la sanzione dell'inefficacia della misura cautelare imposta, con obbligo, ai fini di una nuova applicazione della misura, di interrogare in stato di liberta' l'indagato. In questa prospettiva deve essere ricondotto l'intervento riformatore concretizzatosi nella legge 8 agosto 1995, n. 332, che ha rinnovellato l'art. 294, c.p.p., prevedendo, nel comma 6, il divieto per il pubblico ministero di procedere ad interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare prima del giudice. Cio' ha significato rafforzare la funzione di garanzia e di controllo di tale interrogatorio, che, in difetto della novella, rischiava di ridursi in concreto ad una mera ripetizione di quello effettuato dal pubblico ministero con finalita' prevalentemente investigative e che, invece, viene adesso dotato, come e' stato osservato, "di una capacita' cognitiva conforme all'autorevolezza che discende dalla ... completa estraneita'" del giudice "alla conduzione delle indagini". E' pur vero che, una volta iniziata la fase del giudizio (Libro VIII del codice di rito) in conseguenza della trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, l'imputato destinatario di un'ordinanza custodiale, puo' utilizzare diversi strumenti per far valere le proprie ragioni: 1) richiesta di riesame ai sensi dell'art. 309, c.p.p.; 2) richiesta di revoca del titolo custodiale (rimedi, questi ultimi, esperibili anche nella fase delle indagini preliminari); 3) richiesta di essere sottoposto ad esame ovvero consenso ad essere esaminato in sede dibattimentale ai sensi dell'art. 208, c.p.p.; 4) facolta' di rendere in ogni stato del dibattimento dichiarazioni spontanee, giusto il disposto dell'art. 494 del codice di rito. Tuttavia tutti questi rimedi presentano la caratteristica di essere rimessi all'iniziativa delle parti, in quanto estrinsecazione del diritto di difesa, che in questa prospettiva si manifesta come diritto disponibile, potendo l'imputato decidere di non presentare richiesta di riesame o di revoca della misura cautelare, di non chiedere di essere esaminato ovvero di non prestare il proprio consenso alla richiesta di esame eventualmente presentata dalle altre parti ovvero ancora di non rendere dichiarazioni spontanee. La disponibilita' del diritto di difesa si traduce, cosi', nella disponibilita' del diritto alla liberta' personale, con la conseguenza che in tutti i casi nei quali l'imputato sceglie di non difendersi, inevitabilmente egli rinunzia anche all'intervento di un giudice che verifichi la sussistenza delle condizioni legittimanti la limitazione del diritto di liberta'. In tal modo si realizza una violazione dell'art. 13 della Costituzione, nella parte in cui statuisce la inviolabilita' della liberta' personale, da intendersi non solo nel senso che tale diritto non puo' formare oggetto di revisione costituzionale in peius, ma anche nel senso che trattasi di un diritto indisponibile ed irrinunciabile, la cui tutela non puo' essere rimessa esclusivamente al suo titolare, ma deve essere comunque garantita dall'intervento di un giudice terzo che verifichi l'effettiva sussistenza delle condizioni che ne legittimano la compressione. Cio' appare conforme alla previsione costituzionale che consente di limitare la liberta' personale attraverso un provvedimento motivato dell'autorita' giudiziaria, ma solo nei casi e nei modi previsti dalla legge, per cui il controllo da parte di un giudice terzo dei presupposti che permettono l'adozione di una misura cautelare, diventa il momento qualificante dell'attuazione della garanzia costituzionale. Unico strumento in grado di assicurare nella sua pienezza l'intervento del giudice terzo e' l'interrogatorio previsto dall'art. 294 del codice di rito, in quanto, come rilevato dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 77 del 1997, esso "costituisce preciso dovere del giudice, un dovere da assolvere in un termine immediatamente a ridosso dell'inizio della custodia", pena la caducazione della misura custodiale prevista dall'art. 302, c.p.p. Limitare l'obbligo per il giudice di procedere ad interrogatorio di garanzia al momento della trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, significa, inoltre, realizzare anche una lesione del diritto di difesa, che l'art. 24, secondo comma, Cost., definisce inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, proprio perche', come si e' gia' detto, e' l'interrogatorio, con il suo peculiare contenuto di garanzia per l'imputato, il tipico strumento in grado di assicurare in termini di effettivita' l'esercizio di siffatto diritto. Sotto questo profilo il solco tracciato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 77 del 1997 e' destinato ad allargarsi, ricomprendendo fattispecie diverse rispetto a quella in concreto presa in esame nella citata sentenza. Sul punto la posizione della Corte appare inequivocabile: "Non a caso sia il patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966 (in vigore per l'Italia dal 1977) sia la convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali del 1950 (entrata in vigore per l'Italia nel 1955), chiedono la piu' tempestiva presa di contatto con il giudice della persona arrestata o detenuta, a prescindere dalla fase procedimentale in cui la privazione dello status libertatis e' avvenuta. Il tutto con precisi riverberi sul diritto alla liberta' personale protetto dall'art. 13 Cost., trascurandosi altrimenti che l'interrogatorio rappresenta una sorta di controllo successivo sulla legittimita' della custodia tanto da collegarsi direttamente al diritto al writ of habeas corpus secondo le opzioni seguite durante il dibattito all'assemblea costituente. Cosi' da condurre alla conclusione che il diretto collegamento con la tutela della liberta' personale attraverso un modello procedimentale costruito in funzione di verifica e di controllo esclude di norma la compatibilita' con il diritto di difesa di limiti al dovere di procedere all'interrogatorio previsto dall'art. 294, primo comma, per motivi collegati unicamente alla fase in cui la custodia cautelare abbia il suo inizio, perseguendo tale atto "lo scopo" - come enuncia espressamente il terzo comma dell'art. 294 c.p.p. - "di valutare se permangono le condizioni di applicabilita' e le esigenze cautelari previste dai precedenti artt. 273, 274 e 275" (v. sentenza n. 384 del 1966)". La necessita' di consentire all'imputato un contatto con il giudice, appare evidente in particolare nella fase compresa tra la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento e l'apertura del dibattimento: la persona che in tale fase fosse destinataria di un'ordinanza di custodia cautelare, non avrebbe a disposizione nemmeno quegli strumenti (richiesta di esame dell'imputato; consenso all'esame eventualmente richiesto dalle altre parti; dichiarazioni spontanee dell'imputato), che la giurisprudenza di legittimita' considera sufficienti a garantire l'esercizio del diritto di difesa e che per essere esperiti presuppongono la intervenuta dichiarazione di apertura del dibattimento e la conseguente esposizione introduttiva del pubblico ministero, sicche' in tale fase l'unico rimedio concretamente attivabile risulterebbe il procedimento incidentale de libertate (richiesta di riesame o di revoca) che gia' la Corte nella citata sentenza n. 77 del 1997 ha ritenuto non equipollente all'interrogatorio di garanzia, rilevando, con riferimento al riesame, 1) che la partecipazione al procedimento di riesame dell'imputato, "inserendosi in una procedura che non coinvolge il giudice che ha adottato il provvedimento cautelare, non puo' essere in alcun modo assimilata all'interrogatorio previsto dall'art. 294, c.p.p.: un atto che, per espressa disposizione di legge, puo' provocare, anche d'ufficio, la revoca della custodia cautelare, secondo il disposto dell'art. 294, terzo comma"; 2) che la possibilita' che l'imputato sia sentito o dal tribunale del riesame ovvero, nel caso in cui sia detenuto in luogo diverso da quello in cui ha sede quest'ultimo giudice, dal magistrato di sorveglianza, non costituisce un equipollente dell'interrogatorio, in quanto "l'oggetto dell'audizione restera' strettamente circoscritto al contenuto delle doglianze fatte valere con il gravame"; 3) che "l'attivazione del procedimento di riesame e' riservata all'indagato (o all'imputato) ovvero al difensore, laddove l'interrogatorio previsto dall'art. 294, comma 1, c.p.p., costituisce preciso dovere del giudice, un dovere da assolvere in un termine immediatamente a ridosso dell'inizio della custodia", in relazione alla richiesta di revoca, "che l'istituto in parola si colloca in una serie procedimentale profondamente diversa rispetto a quella in cui si inserisce l'interrogatorio di cui all'art. 294, c.p.p. e fisiologicamente coesiste con tale interrogatorio" e che "il presupposto per il compimento di tale atto e' che l'istanza di revoca o di sostituzione della misura sia basata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli gia' valutati (art. 299, comma 3-ter, c.p.p., introdotto dall'art. 13, legge 8 agosto 1995, n. 332). La stessa necessita' di consentire all'imputato l'immediato contatto con il giudice deve essere assicurata, naturalmente, anche nell'ulteriore ipotesi che la misura della custodia in carcere sia applicata quando sia intervenuta la sospensione di un dibattimento gia' aperto. Si ribadisce, inoltre, da parte di questo giudice che anche la possibilita' per l'imputato di essere sottoposto ad esame nel corso del dibattimento, non costituisce una valida alternativa all'obbligo di procedere ad interrogatorio di garanzia. Non solo perche', come si e' gia' rilevato in precedenza, l'esame dell'imputato rappresenta una semplice eventualita' all'interno della fase processuale, ma anche per la decisiva ragione che tale atto ha la finalita' tipica del mezzo di prova, concorrere cioe' all'accertamento della verita' processuale, rimanendo estraneo allo scopo proprio dell'interrogatorio di garanzia, che, come la Corte costituzionale ha insegnato, rimane quello "di valutare se permangono le condizioni di applicabilita' e le esigenze cautelari previste dai precedenti artt. 273, 274 e 275". Infine non puo' tacersi la violazione dell'art. 3, primo comma, Cost. - ed anche sotto tale profilo va denunciata la non manifesta infondatezza della questione sollevata - per la ingiustificata disparita' di trattamento tra soggetti che si trovano in identiche situazioni, in quanto a seconda della fase processuale in cui viene eseguita l'ordinanza custodiale, l'imputato che fosse privato della liberta' dopo la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, perderebbe lo strumento piu' efficace ai fini difensivi rispetto all'imputato ovvero all'indagato destinatario di un titolo custodiale in un momento anteriore, non potendosi far dipendere l'effettivita' del diritto di difesa, che si realizza solo attraverso l'interrogatorio di garanzia, dal momento in cui avviene la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, evento completamente indipendente dalla volonta' dell'imputato ed il cui verificarsi dipende esclusivamente dai tempi organizzativi dell'ufficio del giudice per le indagini preliminari. Al riguardo va evidenziato che, mentre dopo la sentenza n. 77 del 1997 della Corte costituzionale, l'imputato tratto in arresto in esecuzione di ordinanza custodiale, nella fase anteriore alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento e' garantito dall'obbligo di procedere ad interrogatorio, indipendentemente dall'intervallo di tempo che intercorre tra il momento del'arresto e la celebrazione dell'udienza preliminare, ove, in mancanza di detto interrogatorio, si verificherebbe il primo contatto con un giudice, viceversa l'imputato tratto in arresto successivamente alla trasmissione degli atti al giudice del dibattimento, risulta ingiustificatamente privo di tale garanzia, potendo, peraltro, verificarsi che il primo contatto con il giudice, che comunque non avrebbe il carattere dell'obbligatorieta', ne' le caratteristiche di cui all'art. 64, c.p.p, sia posposto di un lasso di tempo superiore ai cinque giorni. Cio' senza dire che la normativa risultante dopo l'intervento della Corte costituzionale potrebbe consentire al giudice di privare il soggeto destinatario della misura della garanzia ex art. 294, applicando la misura con ordinanza emessa contestualmente al decreto che dispone il giudizio ed alla trasmissione degli atti al giudice per il dibattimento. Manifestamente infondata deve, invece, ritenersi la questione di legittimita' costituzionale sollevata con riferimento all'art. 302 del codice di rito. Invero, avendo la Corte costituzionale con la sentenza n. 77 del 1997 riformulato la norma contenuta nel primo periodo dell'art. 302, escludendo le parole "disposta nel corso delle indagini preliminari", l'eventuale accoglimento della questione di legittimita' costituzionale relativa all'art. 294, c.p.p., nell'affermare l'obbligo di procedere ad interrogatorio di garanzia indipendentemente dalla fase processuale in atto, renderebbe applicabile la sanzione della inefficacia della custodia cautelare, ogniqualvolta, a prescindere dal momento processuale in cui si verifichi, non si proceda a tempestivo interrogatorio.
P. Q. M. Dihiara: 1) rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art 294, c.p.p., in relazione agli artt. 13, primo e secondo comma, 24, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'obbligo del giudice di procedere tempestivamente all'interrogatorio della persona sottoposta alla custodia cautelare in carcere dopo la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento; 2) manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 302, c.p.p., in relazione agli artt. 24, primo e secondo comma della Costituzione, nella parte in cui non sanziona con la perdita di efficacia della custodia cautelare la violazione dell'obbligo del giudice di procedere tempestivamente all'interrogatorio della persona sottoposta alla custodia cautelare in carcere dopo la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento; Dispone l'invio degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione della decisione del procedimento incidentale relativo all'appello presentato nell'interesse di Provisiero Vincenzo contro l'ordinanza emessa dal tribunale di Napoli, VI sezione penale, in data 17-21 luglio 1998 con la quale veniva rigettata istanza di liberazione presentata nell'interesse del detto Provisiero, sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, per sopravvenuta inefficacia; Ordina che copia della presente ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria, alle parti, al Presidente del Consiglio dei Ministri, comunicata al Presidente del Senato ed al Presidente della Camera; Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. Cosi' deciso in Napoli, addi' 5 ottobre 1998. Il presidente: Cariello 99C1123