N. 10 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 4 dicembre 1989
N. 10 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 27 marzo 1990 (della regione autonoma della Sardegna) Parchi nazionali e riserve naturali - Decreto del Ministro dell'ambiente 4 dicembre 1989, recante "Individuazione della zona di importanza naturalistica nazionale ed internazionale di monte Arcosu" - Asserita violazione della competenza regionale in materia di istituzione di parchi nazionali e riserve naturali, attesa la non configurabilita' di un obbligo internazionale che giustifichi la deroga alla competenza regionale stessa - Elusione del giudicato della sentenza della Corte costituzionale n. 830/1988 - Adozione dell'atto impugnato (anche nel caso si dovesse, contrariamente a quanto ritenuto dalla regione ricorrente, considerare quale atto di indirizzo e coordinamento) senza la prescritta procedura del provvedimento del Presidente del Consiglio di Ministri previa delibera del Consiglio dei Ministri. (Decreto Ministro dell'ambiente 4 dicembre 1989). (Statuto regione Sardegna, artt. 3 e 6).(GU n.15 del 11-4-1990 )
Ricorso della regione autonoma della Sardegna, in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore, on. Mario Floris, giusta deliberazione della giunta n. 10/1 del 13 marzo 1990, rappresentata e difesa, per procura a margine del presente atto, dal prof. avv. Sergio Panunzio e presso di esso elettivamente domiciliata in Roma, piazza Borghese n. 3, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio di carica, per il regolamento di competenza in relazione al decreto del Ministro dell'ambiente 4 dicembre 1989, recante "Individuazione della zona di importanza naturalistica nazionale ed internazionale di monte Arcosu", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 gennaio 1990, n. 15. F A T T O Il Ministero dell'ambiente con il decreto 4 dicembre 1989 che origina il presente ricorso per conflitto di attribuzione pervicacemente insiste nella invasione della competenza di questa regione a statuto speciale. Siamo di fronte, infatti, alla sostanziale reiterazione del precedente decreto 22 luglio 1987, n. 421, annullato da codesta sovrana Corte con la recente sentenza n. 830/1988. In quella occazione il Ministero dell'ambiente, richiamando gli stessi interessi nazionali e sovranazionali e la medesima direttiva 79/409/CEE che - come nulla fosse| - ancor oggi viene richiamata, disponeva l'"Istituzione della riserva naturale statale foresta di monte Arcosu" ai sensi dell'art. 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Oggi lo stesso Ministero, dimentico della sentenza di codesta sovrana Corte, e della dichiarazione di competenza ivi contenuta, dispone la "individuazione della zona di importanza naturalistica nazionale ed internazionale di monte Arcosu", sempre ai sensi dell'art. 5 della legge 8 luglio 1986, n. 349. La sostanziale identita' dei due atti e' dimostrata non solo dal richiamo del medesimo art. 5 della legge n. 349/1986, ma da quanto statuito nel decreto stesso, laddove, all'art. 2, impone l'istituzione di un consorzio per la gestione della riserva naturale tra il Ministero dell'ambiente, la regione Sardegna, gli enti locali interessati e l'associazione WWF. L'invasione della competenza regionale che in questo modo si realizza e' tanto piu' grave in quanto essa appare del tutto gratuita, poiche' non solo non v'e' una giustificazione a livello giuridico, ma neppure a livello di opportunita', per cosi' dire in linea di fatto. Potrebbe infatti pensarsi che lo Stato sia stato spinto al comportamento antigiuridico dal desiderio di sostituirsi all'inerzia della regione nella tutela della foresta di monte Arcosu. Ma cosi' non e' poiche' la regione Sardegna con la legge regionale 7 giugno 1989, n. 31, ha gia' ricompreso la foresta del monte Arcosu (anche in accoglimento della domanda dell'associazione italiana per il World Wildlife Fund proprietaria della foresta stessa) integralmente nell'ambito dell'istituendo parco naturale del Sulcis. Inoltre l'art. 26 della citata legge regionale detta minuziose norme di salvaguardia aventi un contenuto semmai piu' ricco di quello di cui all'allegato 2 del decreto impugnato ed una durata ben maggiore (cinque anni in luogo dei tre anni stabiliti come termine di validita' delle misure di salvaguardia dall'art. 2 del decreto ministeriale impugnato). Il decreto del Ministro dell'ambiente 4 dicembre 1989 e' gravemente lesivo delle attribuzioni costituzionali della regione Autonoma della Sardegna, e viene pertanto impugnato per i seguenti motivi D I R I T T O 1. - Violazione, sotto vari profili, delle competenze regionali di cui agli artt. 3 e 6 dello statuto speciale per la Sardegna, e relative norme d'attuazione (spec. art. 58 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348). Conflitto di attribuzioni. Il decreto ministeriale impugnato pretende di individuare una c.d. zona di importanza naturalistica nazionale ed internazionale sul territorio della regione Sardegna, mentre invece spetta solo alla stessa regione autonoma della Sardegna - in base alle disposizioni citate - la competenza esclusiva ad istituire parchi e riserve naturali nel proprio territorio, nonche' - ancor prima - ad individuarne l'area. Il decreto ministeriale assume di fondarsi sull'art. 5 della legge n. 349/1986. Ma, come ha ribadito codesta Corte nella sentena n. 830/1988, "tale norma attribuisce al detto Ministero un mero potere di proposta per l'individuazione delle riserve naturali e di parchi e non immuta affatto la precedente disciplina circa la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni. Nessun potere puo' essere dunque riconosciuto allo stesso organo ai fini della istituzione di nuove riserve naturali, sicche' la dedotta argomentazione si appalesa priva di giuridico fondamento". Dunque, nessun nuovo potere, che vada al di la' di quelli gia' previsti ed espressamente riservati allo Stato dall'art. 83 del d.P.R. n. 616/1977, risulta attribuito dall'art. 5 della legge n. 349/1986 al Ministro dell'ambiente. Ma la disciplina dell'art. 83 del d.P.R. n. 616/1977 relativa alla riserva di poteri in capo allo Stato (commi dal secondo al quinto) non e' applicabile alla Sardegna, e non e' stata infatti riprodotta dall'art. 58 del d.P.R. n. 348/1979. In particolare non e' applicabile alla Sardegna, per il suo stesso carattere geografico di "isola", la disciplina del quarto comma dell'art. 83 del d.P.R. n. 616/1977, poi ripresa dall'art. 5 della legge n. 349/1986, relattiva alla "individuazione" dei territori sui quali istituire le riserve naturali ed i parchi di carattere "interregionale". Come infatti ha affermato codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 223/1984, il carattere della "interregionalita'" e' da intendersi in senso esclusivamente territoriale o geografico (nel senso che attiene a quelle sole "situazioni che territorialmente interessino piu' regioni"), e non gia' - secondo la tesi sostenuta invece dalla difesa dello Stato - nel senso che la interregionalita' sia invece "insita nella portata sovraregionale e quindi nazionale degli interessi tutelati". L'art. 5 della legge n. 349/1986 non e' pertanto applicabile alla Sardegna per quanto riguarda il potere statale di "individuazione" di aree su cui costituire riserve naturali (o parchi). Non il primo comma, che rinvia al quarto comma dell'art. 83 del d.P.R. n. 616/1977 che pero, a sua volta, non e' stato esteso alla regione Sardegna dall'art. 58 del d.P.R. n. 348/1979 (recante le norme di attuazione per la Sardegna in riferimento al d.P.R. n. 616/1977), che ha riprodotto solo la disciplina del primo comma del suddetto art. 83; e neppure il secondo ("individuazione delle zone di importanza naturalistica nazionale e internazionale"). Infatti - mettendo per un momento da parte le zone di importanza naturalistica internazionale (che pongono il problema della riserva di competenza statale in relazione ai rapporti internazionali, di cui si dira' fra poco) - le zone di importanza naturalistica "nazionale", di cui al secondo comma dell'art. 5, si risolvono nei territori sui quali istituire riserve naturali e parchi interregionali di cui al comma precedente. Cio' appare evidente sol che si consideri che come gia' detto in precedenza - il secondo comma dell'art. 5 si limita a "trasferire" al Ministro dell'ambiente le competenze gia' proprie del Ministero dell'agricoltura in base alla disciplina legislativa vigente: rinviando cioe', essenzialmente, al regime della competenze in materia stabilito dagli artt. 66, primo comma, ed 83 del d.P.R. n. 616/1977. Ma tale disciplina, come gia' si e' detto, riserva alle regioni ogni competenza relativa alla istituzione di nuovi parchi e riserve naturali (salvo il limite di ordine generale posto dall'art. 4 in attinenza ai rapporti internazionali), mantenendo allo Stato il solo potere di individuazione dei territori sui quali istituire riserve naturali e parchi "interregionali". 2. - D'altra parte il decreto ministeriale in questione non trova giustificazione neppure nel preteso interesse non solo nazionale ma internazionale, sul piano naturalistico e scientifico, della foresta di monte Arcosu. E' chiaro, infatti, che l'eventuale importanza naturalistica inernazionale di un territorio puo' essere giuridicamente rilevante, nel senso di giustificare una deroga all'ordine delle competenze costituzionalmente riconosciute alla regione in materia di riserve naturali, solo se ed in quanto venga in questione il limite degli "obblighi internazionali" dello Stato (art. 3 dello statuto della Sardegna). In altri termini - come si ricava anche dall'insegnamento di codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 223/1984) - solo quando nei confronti della competenza primaria ed esclusiva della regione circa la istituzione di riserve naturali nel proprio territorio (art. 58 del d.P.R. n. 348/1979) sia opponibile il limite generale stabilito dall'art. 2 del d.P.R. n. 348/1979 (a sua volta riproducente il disposto dell'art. 4, primo comma, del d.P.R. n. 616/1977), secondo cui, anche nelle materie trasferite, lo Stato puo' sempre esercitare le funzioni "attinenti ai rapporti internazionali e con le Comunita' europee". E' trasparente, invero, il tentativo del Ministro dell'ambiente di giustificare in tal modo la lesione delle attribuzioni della regione ricorrente: richiamando - come si e' visto essere fatto nel preambolo del decreto in questione -, la direttiva CEE n. 79/409 e l'art. 4 della Convenzione di Berna sulla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale in Europa. Ma si tratta di un tentativo gia' posto in essere dallo Stato nel decreto 22 luglio 1987 e gia' respinto da codesta suprema Corte nella sentenza n. 830/1988. Non possiamo, quindi, che far nostre e riproporre le osservazioni da codesta Corte espresse nella sentenza suddetta: "Lo Stato richiama, poi, il limite degli obblighi internazionali, che legittimerebbe nella specie il suo intervento rispetto alle attribuzioni regionali. Il richiamo concerne precisamente la convenzione di Berna del 19 settembre 1979, ratificata in Italia, con il conseguente ordine di esecuzione, mediante la legge 5 agosto 1981, n. 503. Anzitutto non puo' omettersi di rilevare che tale convenzione, gia' in vigore alla data della richiamata sentenza n. 223/1984, non venne affatto invocata dallo Stato nello stesso giudizio. Comunque, la sussistenza dell'obbligo internazionale va desunta non gia' genericamente, ma in base ad un rigoroso procedimento ermeneutico, trattandosi di un limite alla generale competenza regionale nella materia trasferita, per di piu' diretto ad alterare una ripartizione di poteri stabilita con norme di rango costituzionale. Il detto limite e' percio' configurabile soltanto se la convenzione internazionale imponga agli Stati contraenti una precisa e compiuta regola di condotta di cui l'atto interno statale, che alteri la distribuzione di competenze, costituisca il conseguente, necessario mezzo di adempimento. Nella fattispecie, per contro, la convenzione di Berna, dopo aver enunciato generalissimi principi ed intenti relativi alla necessita' di tutelare la vita selvatica e l'ambiente naturale in Europa, prevede espressamente una normazione interna di attuazione (secondo la letterale formula dell'art. 6: "leggi e regolamenti"), da emanare senza limite di tempo dagli Stati contraenti per disciplinare la materia. Ora, e' evidente che attraverso tale regolamentazione nazionale bene avrebbe potuto (e dovuto) trovare attuazione la ripartizione delle attribuzioni prevista dalle norme interne di livello costituzionale, salva, in caso di successiva e persistente inerzia delle regioni, la sostituzione dello Stato, intesa ad evitare la responsabilita' verso gli altri Stati contraenti, gravante per principio a carico del medesimo. Pertanto, il richiamo alla ricordata convenzione non sembra pertinente. Neppure vale il richiamo alla direttiva del consiglio delle Comunita' europee n. 79/409 in materia di protezione dell'avifauna (modificata in minima parte con provvedimento della Commisssione in data 25 luglio 1985), la quale perimenti sussisteva gia' al momento della piu' volte richiamata sentenza n. 223/1984. Invero, la competenza per l'attuazione delle direttive comunitarie, attribuita alle regioni, nelle materie ad esse riservate, dall'art. 6 del d.P.R. n. 616/1977, puo' essere derogata attraverso il potere sostitutivo dello Stato soltanto se le medesime persistano nella loro inattivita' nonostante la sollecitazione ad adempiere e, comunque, dopo che esse siano state sentite (cfr. al riguardo anche la recente sentenza n. 304 del 1987)". "... Inoltre, sotto un profilo particolare, e' da osservare che al consiglio regionale della Sardegna era stato gia' presentato dalla giunta il disegno di legge 3 maggio 1987, n. 376, relativo all'istituzione e alla gestione dei parchi e delle riserve naurali, riguardante anche il territorio in questione: conseguentemente l'improvviso intervento statale, che ha inciso sull'attivita' regionale diretta al medesimo fine, rende ancor piu' evidente l'invasione di competenza lamentata dalla ricorrente". Ci limitiamo ad aggiungere che oggi quel disegno di legge e' divenuto la legge regionale 7 giugno 1989, n. 31, che individua l'area del monte Arcosu come parco naturale, onde sono ancora piu' evidenti gli effetti distorsivi prodotti dall'illegittimo intervento statale. 2. - Violazione, sotto ulteriori profili, delle competenze regionali di cui alle norme statutarie e d'attuazione gia' indicate; nonche' del principio di legalita' e degli altri principi che presiedono alla funzione governativa di indirizzo e coordinamento. 2.1. - In via subordinata, anche qualora - in denegata ipotesi si riconosca al Governo un potere di individuazione delle aree delle riserve naturali da istituirsi in Sardegna, comunque le competenze della regione ricorrente risulterebbero in concreto lese dal provvedimento impugnato. Fermo, infatti, che la competenza ad istituire la riserva in questione e' della regione Sardegna (sentenza n. 830/1988), la competenza dello Stato non potrebbe riguardare altro che la semplice individuazione dell'area. Ma gia' si e' detto come il d.m. 4 dicembre 1989 qui impugnato, pur autoqualificandosi come decreto di "individuazione della zona" (per cercare di superare ed eludere quanto statuito da codesta ecc.ma Corte con la sentenza n. 830/1988), contenga in realta' una disciplina che va ben al di la' della semplice individuazione territoriale, e regola invece aspetti che sono propri di un provvedimento di istituzione. Come gia' detto in precedenza, e' questo soprattutto il caso dell'art. 2 del decreto impugnato, che precostituisce il consorzio fra gli enti per la gestione della riserva: cioe' detta quella disciplina relativa alla organizzazione della risera ed alla determinazione della autorita' dotata dei relativi poteri autoritativi di governo che - secondo quanto afermato da codesta ecc.ma Corte (sentenza n. 163/1988, punto 4.2. della motivazione in diritto) - costituisce il contenuto tipico del provvedimento di istituzione della riserva. Pertanto, anche sotto questo profilo, e soprattutto in relazione all'art. 2, il provvedimento impugnato e' comunque certamente lesivo delle competenze regionali. 2.2. - Il potere governativo di individuazione delle aree delle istituende riserve costituisce espressione della funzione statale di indirizzo e coordinamento, come testualmente affermato dall'ultimo comma dell'art. 83 del d.P.R. n. 616/1977, e ribadito da codesta ecc.ma Corte. Sempre codesta ecc.ma Corte ha piu' volte affermato che quando l'esercizio del potere di individuazione delle aree e (di istituzione delle riserve viene a toccare competenze esclusive delle regioni ad autonomia speciale, esso non puo' che svolgersi nel rispetto di procedure di cooperazione legalmente stabilite: in particolare previa intesa con la regione interessata. Orbene, anche a volere considerare il decreto impugnato come un provvedimento di semplice individuazione dell'area (il che non e', come gia' si e' visto), esso sarebbe comunque lesivo delle competenze della regione ricorrente perche' incompatibile con i principi che presiedono all'esercizio della funzione governativa di indirizzo e coordinamento, ed in particolare - oltre che con il principio della previa intesa - anche con il principio di legalita'. Principio in base al quale occorre che allorquando sia attribuito al Governo un potere di indirizzo e coordinamento da esercitarsi in via amministrativa la legge debba definire (oltre all'oggetto) anche i criteri in base ai quali il potere stesso deve essere esercitato: criteri volti a predeterminare, sia pure nelle linee essenziali, il sostanziale contenuto normativo dei futuri atti di indirizzo (sentenza n. 150/1982 e 338/1989). Orbene, e' certo che - nel caso di specie - non vi e' nessuna norma legislativa che stabilisca che il potere governativo di individuazione delle aree delle riserve debba essere esercitato previa intesa con la regione Sardegna (e neppure previo espletamento di un'altra corrispondente procedura collaborativa). Gia' da questo risulta violato il suddetto principio di legalita' e lese le competenze della regione. Ma la lesione delle competenze regionali risulta anche dal fatto che non vi e' neppure una legge che disciplini l'esercizio del potere governativo di individuazione nei confronti della regione Sardegna, stabilendo preventivamente per esso un minimo di criteri di orientamento. Tale, infatti, non e' certo l'art. 5 della legge n. 349/1986, ma neanche il quarto comma dell'art. 83 del d.P.R. n. 616/1977 (che peraltro - oltre a limitarsi a prevedere soltanto il potere ed il suo oggetto, senza fissare alcun criterio di esercizio - per i motivi detti in precedenza - art. 58 del d.P.R. n. 348/1979 non e' neppure applicabile alla Sardegna). 2.3. - Ancora in subordine osserviamo che, di fatto, il decreto impugnato e' stato adottato senza che vi sia stata una intesa con la regione Sardegna, ed e' quindi - per cio' stesso - comunque lesivo delle competenze regionali. Ma non vi e' stata, aggiungiamo, neppure una proposta di intesa da parte dello Stato. Si consideri, infatti, che tale non potrebbe certo considerarsi neppure la nota del Ministero dell'ambiente 17 aprile 1989, richiamata nelle premesse del decreto impugnato. Basta esaminare il contenuto della nota per rendersi conto che non si tratta certo di un atto con cui lo Stato abbia avviato una procedura di intesa nel senso definito dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte. Oltre a non esservi richiamata nessuna norma di legge disciplinante l'intesa, il tenore della nota e' piuttosto nel senso che il Ministero intende procedere comunque alla individuazione dell'area. Cio' che viene chiesto alla regione e' semmai un parere, ma esso viene richiesto anche ai comuni di Uta e di Capoterra, che vengono cosi' parificati alla regione in questa singolare procedura: nella quale, dunque, non viene certo riconosciuto alla regione il ruolo peculiare che le spetta in base alla sua speciale autonomia costituzionale. Osserviamo infine che, sempre nel preambolo del decreto impugnato, viene altresi' richiamato l'art. 7, primo comma, della legge 3 marzo 1987, n. 59, ai sensi della quale - come appunto dice il decreto - il Ministero dell'ambiente "puo' adottare, sentite la regione e gli enti locali interessati ovvero decorsi trenta giorni dalla data di richiesta del parere senza che questo sia stato espresso, le necessarie misure di salvaguardia con le quali puo' essere vietata qualsiasi trasformazione dello stato dei luoghi". Si deve tuttavia rilevare come l'art. 7 della legge n. 59/1987 non sia stato appropriatamente richiamato dal decreto impugnato. Tale norma legislativa, infatti, (ammesso e non concesso che sia applicabile alla Sardegna) non era stata affatto richiamata dalla succitata nota ministeriale del 17 aprile 1989, che non aveva neppure indicato un termine per l'espressione del parere (e cio' non a caso: infatti il Ministero ben sapeva che era in corso di approvazione la legge regionale n. 31/1989 che individuava proprio l'area in questione ai fini della istituzione del parco del Sulcis, ed intanto la sottoponeva a misure di salvaguardia). Ma comunque e' chiaro che il potere di adozione delle misure di salvaguardia, di cui all'art. 7 della legge n. 59/1987, intanto puo' essere esercitato dal Ministero, in quanto quelle misure - o altre equivalenti - non siano state gia' adottate dalla regione competente in ordine al territorio in questione: come appunto, nel caso di specie, era stato gia' fatto dalla regione Sardegna - al momento della emanazione del decreto - con l'art. 26 della egge regionale n. 31/1989. Cosi come, aggiungiamo, il Governo in tanto puo' esercitare ancor prima - nei limiti della propria competenza e nelle forme legalmente stabilita' - il potere di individuazione dell'area di una riserva naturale, in quanto il provvedimento di individuazione non sia stato gia' adottato dalla regione competente. 2.4. - Da ultimo osserviamo che il decreto impugnato e' stato adottato dal Ministero dell'ambiente - come si legge nel suo preambolo - "considerato che ai sensi dell'art. 5, secondo comma, della legge 8 luglio 1986, n. 349, il Ministero dell'ambiente individua zone di importanza naturalistica nazionale ed internazionale, promuovendo in esse la costituzione di parchi e riserve naturali". In realta', l'art. 5 della legge n. 349/1986 non attribuisce al Ministro dell'ambiente il potere di individuazione (neppure con il suo secondo comma), ma invece conferisce ad esso semplicemente il potere di proposta dei provvedimenti di individuazione (primo comma). E poiche' il potere di individuazione e' espressione - come gia' si e' detto - del potere governativo di indirizzo e coordinamento (art. 83, quarto comma, del d.P.R. n. 616/1977), e' chiaro che tale potere - in mancanza di norme legislative derogatorie - dovra' essere esercitato secondo quanto stabilito dalle norme generali vigenti in materia (spec. art. 3 della legge n. 382/1975, ed art. 2, primo comma, lett. d), della legge n. 400/1988): cioe', previa delibera del Consiglio dei Ministri (in questo caso su proposta del Ministro dell'ambiente) e successivo provvedimento del Presidente del Consiglio. Pertanto, il provvedimento impugnato e' stato comunque adottato da un organo incompetente, in violazione delle norme di legge ora richiamate. Anche sotto quest'ultimo profilo risulta dunque essere lesivo delle competenze della regione autonoma della Sardegna.
P. Q. M. Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare la competenza della regione autonoma della Sardegna, e per l'effetto annullare il decreto del Ministro dell'ambiente 4 dicembre 1989, recante l'individuazione della zona di importanza naturalistica nazionale ed internazionale di monte Arcosu; Con ogni conseguenza di legge. Roma, addi' 19 marzo 1990. Prof. avv. Sergio PANNUNZIO 90C0364