N. 217 ORDINANZA 6 - 18 giugno 2007
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Sentenza di proscioglimento - Appello del pubblico ministero - Preclusione (salvo nelle ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, se la nuova prova e' decisiva) - Sopravvenuta dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma censurata - Necessita' di riesame della rilevanza della questione - Restituzione degli atti al giudice rimettente. - Cod. proc. pen., art. 593, comma 2, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46. - Costituzione, artt. 3 e 111, comma secondo.(GU n.25 del 27-6-2007 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), promosso con ordinanza del 26 aprile 2006 dalla Corte di appello di Milano nel procedimento penale a carico di P. A., iscritta al n. 553 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 49, 1ª serie speciale, dell'anno 2006. Udito nella Camera di consiglio del 23 maggio 2007 il giudice relatore Giovanni Maria Flick. Ritenuto che la Corte di appello di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, come sostituito dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui prevede che il pubblico ministero puo' proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento solo nelle ipotesi di cui all'art. 603, comma 2, cod. proc. pen., se la nuova prova e' decisiva; che il rimettente - premesso di essere chiamato a celebrare il giudizio di appello a seguito di impugnazione proposta dal pubblico ministero avverso una sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado - afferma che la questione proposta e' senza dubbio rilevante poiche', essendo entrata in vigore nelle more del procedimento la legge n. 46 del 2006 e non essendo state dedotte nuove prove, l'appello del pubblico ministero dovrebbe essere dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 10 della medesima legge; che, quanto alla non manifesta infondatezza, sarebbe violato in primo luogo il principio della parita' tra le parti (art. 111, secondo comma, Cost.), in quanto la disciplina censurata, privando il pubblico ministero e l'imputato della possibilita' di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento, lungi da realizzare una condizione di parita', pone l'organo della pubblica accusa in una «posizione deteriore» rispetto all'imputato, giacche' essa verrebbe, nella sostanza, a limitare il potere di impugnazione di quella sola, fra le parti, che ha interesse a dolersi di tali sentenze, ossia il pubblico ministero; che sarebbe inoltre configurabile la violazione del principio di ragionevolezza sotto almeno due distinti profili: sarebbe irragionevole, innanzitutto, aver soppresso il potere d'appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento e mantenuto allo stesso tempo in capo all'imputato il potere di appello avverso le sentenze di condanna; ed, ancora, sarebbe irragionevole aver conservato all'organo della pubblica accusa il potere di impugnazione nel merito delle sentenze di condanna ed avergli sottratto invece analogo potere nei confronti delle sentenze di proscioglimento; che la disparita' di trattamento, a giudizio del rimettente, non trova alcuna ragionevole giustificazione nella tutela di altri interessi di rilievo costituzionale: in particolare, ne' nel principio della ragionevole durata del processo, ne' nel principio di presunzione di non colpevolezza. Considerato che il dubbio di costituzionalita' sottoposto a questa Corte ha per oggetto la preclusione, conseguente alla modifica dell'art. 593 del codice di procedura penale ad opera dell'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, dell'appello delle sentenze dibattimentali di proscioglimento da parte del pubblico ministero; che, successivamente all'ordinanza di rimessione, questa Corte, con sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui, sostituendo l'art. 593 del codice di procedura penale, esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento, fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, del medesimo codice, se la nuova prova e' decisiva», e dell'art. 10, comma 2, della citata legge n. 46 del 2006, «nella parte in cui prevede che l'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della medesima legge e' dichiarato inammissibile»; che, alla stregua della richiamata pronuncia di questa Corte, gli atti devono essere pertanto restituiti al giudice rimettente per un nuovo esame della rilevanza della questione.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Ordina la restituzione degli atti alla Corte di appello di Milano. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2007. Il Presidente: Bile Il redattore: Flick Il cancelliere: Fruscella Depositata in cancelleria il 18 giugno 2007. Il cancelliere: Fruscella 07C0812