N. 42 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 novembre 1998
N. 42 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 novembre 1998 (del Presidente del Consiglio dei Ministri) Referendum - Regione Veneto - Presentazione di proposta di legge costituzionale per l'attribuzione alla regione Veneto di forme e condizioni di autonomia - Promozione, in merito a tale proposta, di referendum consultivo regionale - Violazione dei limiti posti dallo statuto regionale e dalla Costituzione in tema di indizione di referendum da parte dei consigli regionali - Incidenza sulla tutela delle autonomie locali e sul principio del decentramento amministrativo - Lesione dei principi concernenti il procedimento per la formazione delle leggi dello Stato e per la revisione della Costituzione - Riferimento alle decisioni della Corte nn. 256/1989 e 470/1992. (Legge regione Veneto 8 ottobre 1998, n. 62). (Statuto regione Veneto, art. 47; Cost., artt. 1, 3, 5, 70, 71, 121, secondo comma, 123, e 138).(GU n.1 del 7-1-1999 )
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei confronti della regione Veneto, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica; Avverso la delibera legislativa riapprovata dal Consiglio regionale l'8 ottobre 1998 comunicata al Commissario del Governo il 13 ottobre 1998 relativa a "referendum consultivo in merito alla presentazione di proposta di legge costituzionale per l'attribuzione alla regione Veneto di forme e condizioni particolari di autonomia". F a t t o Con la deliberazione legislativa in epigrafe il Consiglio regionale del Veneto ha ritenuto di riapprovare la legge regionale gia' deliberata il 23 aprile 1998, nonostante il rinvio a nuovo esame allora disposto dal Governo della Repubblica. La legge regionale di cui trattasi e' stata riapprovata, nel medesimo testo, a maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio regionale (trentaquattro voti favorevoli su sessantacinque consiglieri assegnati). Ricorrono, pertanto, nella fattispecie, i presupposti dell'ipotesi di cui all'art. 127, ultimo comma, della Costituzione, per la proposizione della questione di legittimita' davanti all'ecc.ma Corte costituzionale: non soltanto, pero', i presupposti formali ma anche quelli sostanziali; D i r i t t o La delibera impugnata appare in contrasto con gli artt. 1, 3, 5, 70, 71, 121, 123, 138 Cost. nonche' con l'art. 47 dello statuto della regione Veneto. La deliberazione legislativa ora riapprovata non costituisce certo una novita', perche' il Consiglio regionale del Veneto, nella seduta del 20 dicembre 1991 ebbe gia' ad approvare un testo di legge, in parte analogo, relativo a "Referendum consultivo in merito alla presentazione di proposta di legge statale per la modifica di disposizioni costituzionali concernenti l'ordinamento delle regioni": testo di legge che, rinviato dal Governo a nuovo esame del Consiglio regionale, a seguito della riapprovazione del medesimo testo venne poi impugnato dinanzi alla Corte costituzionale che, con sentenza 10-24 novembre 1992 (cfr. Gazzetta Ufficiale - 1 serie speciale - n. 50 del 2 dicembre 1992), dichiaro' l'illegittimita' costituzionale della sopra richiamata deliberazione consiliare. I motivi per i quali il ricorso presentato dal Governo venne accolto dalla Corte costituzionale vanno ricondotti alla violazione dell'art. 121, secondo comma, e dell'art. 138 della Costituzione repubblicana. La Corte costituzionale, riprendendo anche i precedenti orientamenti gia' manifestati (cfr. sentenza 256 del 1989), affermo' che il Consiglio regionale ha la facolta', ai sensi dell'art. 121, secondo comma, Cost., di presentare proposte di legge alle Camere, ma non puo', attraverso la previsione di un referendum consultivo della popolazione residente, esercitare la sua influenza di indirizzo e di orientamento, anche nei confronti delle successive fasi del procedimento di formazione della legge statale, fino a condizionare scelte discrezionali affidate all'esclusiva competenza degli organi centrali dello Stato, poiche' finirebbe in tal modo per violare quel limite proprio dei referendum consultivi regionali, riferito all'esigenza di evitare "il rischio di influire negativamente sull'ordine costituzionale e politico dello Stato". La ecc.ma Corte costituzionale in quella sede soggiunse che il procedimento di formazione delle leggi dello Stato, quale risulta fissato negli articoli 70 e ss. della Costituzione, viene a caratterizzarsi per una tipicita' che non consente di introdurre, nella fase della iniziativa affidata al Consiglio regionale, elementi aggiuntivi non previsti dal testo costituzionale e suscettibili di aggravare, mediante forme di consultazione popolare, lo stesso procedimento. Cio' anche in relazione allo stesso art. 138 della Costituzione che gia' prevede, al secondo comma, una partecipazione popolare al procedimento, nella forma del referendum confermativo, cui puo' essere chiamato, per il rilievo fondamentale degli interessi che entrano in gioco in sede di revisione costituzionale, solo il corpo elettorale nella sua unita' nazionale. Nel presentare il progetto di legge de quo la prima commissione consiliare non aveva ignorato la pronunzia dell'ecc.ma Corte del 1992, ma aveva cercato di liberarsene disinvoltamente osservando: "E' di tutta evidenza che le affermazioni della Corte sembrano improntate piu' a ragioni di merito politico che di carattere giuridico-formale. In ogni caso la presente proposta, poiche' non attiene ad una proposta di riforma generale dell'ordinamento delle regioni, ma attiene esclusivamente al rapporto (patto) tra regione Veneto e lo Stato non puo' essere giudicata sotto il profilo sostanziale come un aggravio dei procedimenti di riforma costituzionale". Affermazione tanto piu' sorprendente perche' conclude una relazione in cui, prendendo le mosse dal progetto della commissione bicamerale "per quanto riguarda la nuova forma di Stato" e con l'intento di "consolidare e ampliare questa prospettiva" cosi si individua la portata del progetto: "La novita' della presente proposta rispetto alla precedente di legge regionale, del 1991, e' proprio in relazione al mutamento delle situazioni e degli strumenti proposti. Quella del 1991 era relativa ad una proposta generale che chiedeva di modificare la costituzione per dare una maggiore autonomia alle regioni; la presente proposta si riferisce esclusivamente alla regione Veneto. Infatti, la strada che si intende percorrere muove dal presupposto che sia possibile per la regione Veneto, nell'ambito di un nuovo patto costituzionale, negoziare con lo Stato il proprio status: ruolo istituzionale, organizzazione, fuzioni, in una parola la propria originale soggettivita'. Dunque si puo' ipotizzare un foedus, un patto destinato a durare perche' coerente, con l'esigenza di consentire alle collettivita' locali di essere non solo strumenti dell'azione politica nazionale, ma centro di imputazione di doveri e diritti riferibile innanzitutto a chi vive ed opera in un dato territorio civile: il proprio. Il nuovo statuto deve affrontare, sotto il profilo della politica istituzionale, il tema della centralita' della regione in un nuovo modello di distribuzione dei poteri e delle funzioni della Repubblica, ulteriore e profondamente diverso da quello vigente e delineare un assetto "federale" della Repubblica, configurando lo statuto della regione quale "Carta costituzionale" nella quale sono enucleati gli stessi principi fondanti di un nuovo assetto ordinamentale della regione del Veneto. Il punto di partenza non e' piu' quello di fissare le competenze regionali in rapporto alle competenze statali, ma viceversa, capovolgendo la prospettiva tradizionale, di definire le funzioni statali in rapporto al riconoscimento della centralita' delle funzioni regionali. Espressione di tale percorso sono i principi fondamentali proposti per lo statuto in particolare quello per cui lo stesso statuto regionale che riconosce e definisce la regione "autonoma ... nel quadro dell'Unione europea e dell'ordinamento federale della Repubblica" e quello che afferma la piena e generale potesta' legislativa della regione, circoscrivendo puntualmente le materie riservate allo Stato; sostanzialmente l'esemplificazione tradizionale: "spada, moneta, toga e bandiera". Ci scusiamo con la Corte di avere trascritto cosi' larga parte della richiamata relazione (che ha, naturalmente, ulteriori passaggi su singoli punti): ma difficilmente si sarebbe potuta costruire una argomentazione critica, - a sostegno del ricorso - piu' rigorosa di quanto non risulti (ex ore tuo ...) dalle affermazioni della regione appena riportateº Dopodiche' non puo' certo giovare alla regione - per escludere "la ritenuta analogia al (diverso) caso trattato dalla sentenza n. 470/1992" - l'affermazione, contenuta nella relazione con cui si e' presentato a riapprovazione il medesimo, secondo cui "Il Governo, a torto, ritiene le due fattispecie del tutto analoghe, senza considerare che nel caso in esame l'interesse che entra in gioco non e' quello diretto ad una generale modifica della parte seconda della Costituzione, ma invece quello volto solo ed esclusivamente alla definizione di un particolare livello di autonomia per la regione Veneto, attraverso un nuovo statuto da approvarsi con legge costituzionale; cosicche' il referendum consultivo regionale viene necessariamente a coinvolgere, stante la sua funzione propedeutica all'esercizio dell'iniziativa legislativa regionale, esclusivamente la collettivita' territoriale veneta". Certamente vi e' una differenza tra i due testi di proposta di legge costituzionale del 1991 e del 1998 - ora sottoposto all'esame della Corte - ma non nel senso in cui il Consiglio regionale cerca ora di delinearla. Il Consiglio regionale infatti ha cercato di minimizzare la portata dell'attuale proposta evitando nel testo (ma non nella relazioneº) le espressioni piu' enfatiche e altisonanti del precedente: ma tale accorgimento ha solo una portata nominalistica, perche' - con formulazione piu' soft - la regione ha sostanzialmente accentuato la portata preminente - nel quadro complessivo dell'ordinamento dei poteri regionali. Non basta quindi il tentativo di notomizzare il procedimento di revisione costituzionale - che la regione Veneto vuole avviare ed in cui il referendum de quo si inserisce - attraverso una serie di "distinguo" tra i procedimenti regionali e statuali e le rispettive fasi: tentativo meritevole di apprezzamento come esercitazione casistica ma che non puo' eludere il fondamentale criterio di interpretazione giuridica - tanto piu' rigoroso quanto piu' riguarda i principi fondamentali dell'ordinamento - di ricondurre ad unita' tutti gli elementi che "cospirano" verso un risultato unitario (che, nella specie, investe lo stesso asse portante della Costituzione della Repubblica). Dire, quindi, che la Corte - nel 1992 - si era inspirata "piu' a ragioni di merito politico" che di carattere "giuridico-formale" equivale negare alla Corte il potere di valutare il rispetto dei principi fondamentali, di cui e', ed in primis - il massimo presidio. Non passeremo quindi ad esaminare analiticamente le singole previsioni della proposta: ognuna di esse conferma - in modo trasparente ed univoco - che quelle blandamente definite all'inizio come "forme e condizioni particolari di autonomia" della regione Veneto - sono attribuzioni che investono tutti i temi nodali del rapporto tra Stato e regioni (tutte le regioni) all'interno della Repubblica: e non possono riguardare "esclusivamente la regione Veneto" fino a che esiste un ordinamento unitario in cui le modificazioni essenziali attinenti ad ogni ordinamento particolare si riflettono sugli altri analoghi ed ovviamente sull'ordinamento generale. Cosicche' la proposta di legge regionale in esame - diretta ad indire un referendum consultivo della (sola) popolazione veneta in materia fondamentale di revisione costituzionale - e' in contrasto non solo con l'art. 47 dello statuto della regione Veneto e gli artt. 1, 3, 5, 70, 71, 121, 123, 138 Cost., ma pone in discussione gli stessi artt. 1, 3, 5 della Costituzione stessa. Il che induce a ritenere che tutti gli argomenti a suo tempo sottoposti all'esame della Corte ecc.ma - su ben diversi presupposti e condizioni, come la stessa regione afferma ora solennemente - richiedono di essere ripresi funditus in esame a salvaguardia - nell'ottica non solo della costituzione formale ma anche di quella materiale, dell'unita' dell'ordinamento e della volonta' politica generale di tutti i cittadini della Repubblica.
P. Q. M. Per quanto precede, si chiede di dichiarare la illegittimita' costituzionale dell'intera delibera regionale impugnata. Si produrranno il testo della delibera legislativa e la delibera del Consiglio dei Ministri. Roma, addi' 26 ottobre 1998 Il vice avvocato generale dello Stato: Plinio Sacchetto 98C1278