N. 638 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 maggio 1997

                                N. 638
  Ordinanza emessa il 28  maggio  1997  dal  pretore  di  Salerno  nel
 procedimento civile vertente tra Lettieri Giovanni e Ferri Giancarlo
 Procedimento civile - Giuramento decisorio - Obbligo di prestazione
     della  parte  cui  il  giuramento  e'  stato  deferito - Prevista
    soccombenza in caso di mancata prestazione o  mancato  riferimento
    all'avversario  -  Lesione  del  principio  di eguaglianza e della
    eguale liberta' di tutte  le  confessioni  davanti  alla  legge  -
    Violazione  delle  liberta' di professione della propria fede e di
    manifestazione del pensiero - Incidenza sul diritto di difesa.
 (C.P.C., artt. 238 e 239).
 (Cost., artt. 3, 8, 19, 21 e 24).
(GU n.40 del 1-10-1997 )
                              IL PRETORE
   Letti  gli atti e sciolta la riserva osserva quanto segue: con atto
 di citazione iscritto in  data  2  dicembre  1996  Lettieri  Giovanni
 conveniva  in  giudizio  dinanzi  a questo pretore Ferri Giancarlo ex
 art. 615 c.p.c. deducendo la insussistenza del diritto del  convenuto
 a  procedere  alla  minacciata  esecuzione mobiliare in suo danno, si
 costituiva ritualmente  Ferri  G.  contestando  l'avverso  dedotto  e
 concludendo  per  il  rigetto  della  domanda contro di lui azionata.
 Superata la fase della prima comparizione e della  prima  trattazione
 all'udienza  fissata  per  l'ammissione  dei  mezzi di prova l'attore
 deferiva giuramento decisorio  al  convenuto,  cui  peraltro  non  si
 opponeva parte convenuta, questo pretore si riservava.
   Il ricorso all'istituto della riserva da parte di questo pretore si
 rendeva   necessario   alla   luce   dei   dubbi   sulla  conformita'
 costituzionale dello strumento probatorio invocato.
   Investito piu' volte dai  giudici  di  merito  della  questione  di
 conformita'  del  giuramento del testimone, il giudice delle legge ha
 testualmente affermato  che  "poiche'  la  coscienza  individuale  ha
 rilievo  costituzionale  quale principio creativo che rende possibile
 la realta' delle liberta' fondamentali dell'uomo e quale regno  delle
 virtualita'  di espressione dei diritti inviolabili del singolo nella
 vita  di  relazione,  essa  gode  di  una  protezione  costituzionale
 commisurata  alla  necessita'  che quelle liberta' e quei diritti non
 risultino irragionevolmente  compressi  nelle  loro  possibilita'  di
 manifestazione  e  di svolgimento a causa di reclusioni o impedimenti
 ingiustificatamente posti alle potenzialita' di determinazione  della
 coscienza  medesima"  indi e' giunto, prima, con sentenza additiva ad
 inserire  clausola  che  salvaguardasse  la  liberta'   negativa   di
 professare  una fede, poi, a ritenere irragionevole ed ingiustificata
 la disparita'  di  trattamento  riservata  al  teste  a  seconda  che
 rivestisse tale munus nel processo penale o nel processo civile.
   Ma  se  il giuramento del teste di per se' provoca nell'animo umano
 quei turbamenti  che  incidono  irreparabilmente  sulla  liberta'  di
 coscienza  bene  supremo  tra quelli costituzionalmente garantiti non
 v'e' motivo per non dubitare che a maggior ragione l'istituto di  cui
 all'art.  238 c.p.c. confligga irrimebiabilmente con i principi della
 Carta  del  1948. La stessa formula del giuramento "Consapevole della
 responsabilita' che col  giuramento  assumo  davanti  a  Dio  e  agli
 uomini,  giuro..."  comporta la violazione della liberta' negativa di
 fede, dal momento in cui la decisione della Corte  costituzionale  10
 ottobre   1979  n.     117  dispiega  i  suoi  effetti  limitatamente
 all'istituto di cui all'art.  251 c.p.c. specificatamente  sottoposto
 all'esame  ed  a quelli strettamente ad esso connessi, ma soprattutto
 un effetto invasivo nella coscienza della  parte  che  ne  limita  la
 liberta' imponendole, pena conseguenze anche sfavorevoli, un atto con
 contenuto religioso vulnerando irreparabilmente la coscienza non solo
 dell'ateo  quanto del credente cui la fede di appartenenza imponga il
 divieto di prestazione, specie ove si rilevi che  il  legislatore  e'
 rimasto  inadempiente  all'invito  all'adeguamento della formula, con
 espressioni  alternative   parimenti   impegnative   a   quella   del
 giuramento,  e tale inerzia finisce con il conservare all'ordinamento
 disposizioni giudicate da espungere.
   La recente pronuncia della Corte che ha dichiarato l'illegittimita'
 costituzionale  della  formula  dell'art.  251 c.p.c., come emergente
 all'esito della pronuncia n. 117/79   a cagione della  disparita'  di
 trattamento  tra quanti chiamati alla deposizione nel processo civile
 e  quant'altri  nel  processo  penale,  non  sottrae  al  dubbio   di
 legittimita'  costituzionale  la  norma  di cui all'art. 238 c.p.c in
 riferimento agli artt. 21, 8 e 19 Cost.  sia  sotto  l'aspetto  della
 violazione  della  liberta'  negativa di fede, sia sotto l'aspetto di
 una invasione della coscienza dell'uomo  assolutamente  irragionevole
 rispetto  al  fine  (la prova nel processo civile) da conseguire sia,
 quindi per le  ingiuste  conseguenze  che  il  rifiuto  comporta.  La
 solennita'  dell'atto  che  peraltro  non  e'  estraneo  alla  stessa
 previsione costituzionale - art.  54,  art.  91,  art.  93  -  ed  il
 profondo coinvolgimento delle piu' intime pieghe della coscienza, con
 il  pronunciamento  del  nome  di  Dio fuori da qualsivoglia contesto
 religioso, che esso comporta per i credenti  "il  rischio  di  essere
 sottoposti  a  gravi  turbamenti  di  coscienza a causa del conflitto
 interno tra il dovere civile di  contribuire  all'accertamento  della
 verita'  giudiziale  e  il  dovere  morale di osservare un imperativo
 religioso  da  essi  condiviso".  In  altre  parole  la  formula  del
 giuramento  non  appare  costituzionalmente  conforme  non solo nella
 parte in cui non prevede l'inciso di salvaguardia per i non credenti,
 quando nella misura in cui viola la liberta' di coscienza della parte
 fedele  a  Credo  che  vieti  il  giuramento  o   comunque   consenta
 l'invocazione  a  Dio  solo  nella  preghiera, o comunque in contesto
 religioso.
   Se la liberta' di  coscienza  costituisce  una  priorita'  assoluta
 nella  scala dei valori espressi dalla Costituzione italiana non puo'
 non  sorgere  il  dubbio   sulla   conformita'   a   tale   principio
 dell'istituto  del  giuramento  anche  sotto  l'ulteriore profilo del
 diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione,  laddove  la
 mancata prestazione comporta la soccombenza ex art. 239 c.p.c.. Anche
 in  questo  caso  emergono  non  solo  esigenze  di  bilanciamento  e
 contemperamento  tra  diversi  valori   costituzionali,   quanto   la
 necessita'  di  tutelare  il diritto di difesa di quanti, in nome del
 loro Credo religioso si rifiutino di prestare giuramento.  Ed  invero
 la  soccombenza prevista dalla norma di cui all'art. 239 c.p.c. opera
 come una sanzione indiscriminata, in nome  della  certezza  giuridica
 quale  moloch  crudele  e  spietato  ed  in  funzione  di una visione
 autoritaria della giustizia e dell'uso dei suoi strumenti.
   La norma di cui si invoca l'applicazione appare quindi in contrasto
 con le disposizioni di cui agli art. 8, 19, 21, 3 e  24  della  Carta
 costituzionale.
   La  questione quindi, anche alla luce delle precedenti pronunce del
 giudice delle leggi appare non manifestamente infondata.
   La questione e' altresi' rilevante ai fini del presente giudizio in
 quanto  la  parte  attrice  ha  deferito  giuramento   decisorio   al
 convenuto, quale strumento probatorio principale se non esclusivo.
                               P. Q. M.
   Letto  l'art.  23  della  legge  11  marzo  1953, n. 87 sospende il
 presente giudizio nr. 3964/96 r.a.c.c. di questa Pretura  e  vertente
 tra  Lettieri  Giovanni,  attore  e  Giancarlo,  convenuto,  dichiara
 rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 238 c.p.c. e 239 c.p.c. in forza  dei  quali
 la  parte  cui  sia  stato  deferito  giuramento pronuncia la formula
 "consapevole  della  responsabilita'  che  con  il  giuramento assumo
 davanti a Dio e agli  uomini"  ed  in  caso  di  mancata  prestazione
 soccombe,  per contrasto della formula con gli art. 8, 19, 21, 3 e 24
 della Costituzione nella parte in  cui  impone  il  giuramento  anche
 all'ateo, induce all'invocazione del nome di Dio il credente fuori da
 contesto  religioso  comporta  in  caso  di  mancata  prestazione  la
 soccombenza processuale, non prevede clausola di garanzia per il  non
 credente;
   Ordina  la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale in uno
 alle prove degli adempimenti di cui appresso;
   Ordina la notificazione, a cura della cancelleria,  della  presente
 ordinanza  alle  parti  ed  al  sig.  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Dispone la comunicazione della  presente  al  sig.  Presidente  del
 Senato  della  Repubblica  ed  al  sig.  Presidente  della Camera dei
 deputati.
     Salerno, addi' 28 giugno 1997
                         Il pretore: Stassano
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