N. 428 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 dicembre 2006
Ordinanza emessa il 4 dicembre 2006 dal tribunale di Bolzano nel procedimento civile promosso da Azienda Energetica S.p.A. - Etschwerke AG contro I.N.P.S. Previdenza e assistenza sociale - Contributi di malattia dovuti dal datore di lavoro all'INPS - Esonero dall'obbligo di versamento in ipotesi di obbligo per il datore di lavoro, derivante da contratto collettivo, di continuare a corrispondere la retribuzione durante la malattia del lavoratore - Mancata previsione secondo il «diritto vivente» - Violazione dei principi di solidarieta' sociale per l'assenza di logica e razionalita' nella distribuzione dell'onere solidaristico - Lesione del principio di uguaglianza - Incidenza sul principio di liberta' di iniziativa economica privata - Riproposizione, da parte del medesimo giudice nello stesso giudizio principale, della questione gia' oggetto della ordinanza di manifesta inammissibilita' n. 241 del 2004. - Legge 11 gennaio 1943, n. 138, artt. 6 e 9; d.lgs.lgt. 2 aprile 1946, n. 142, artt. 1 e 2; d.lgs. Capo provvisorio dello Stato 31 ottobre 1947, n. 1304, art. 2; legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 74; legge 23 aprile 1981, n. 155, art. 14; legge 28 febbraio 1986, n. 41, art. 31. - Costituzione, artt. 2, 3, 38 e 41.(GU n.24 del 20-6-2007 )
IL TRIBUNALE A scioglimento della riserva, pronuncia la seguente ordinanza nella causa previdenziale corrente sotto il numero n. 482/05 RGL, promossa da Azienda energetica S.p.A. - Etschwerke AG, rappresentato e difeso dagli avv. prof. Cinelli e Paltrinieri, nei confronti dell'INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, rappresentato difeso dagli avv. Bauer ed Orsingher, avente ad oggetto un'azione di accertamento negativa avverso una pretesa contributiva dell'INPS. Va premesso che questo giudice con ordinanza dd. 30 settembre 2005, ha sollevato la seguente questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 6, secondo comma, legge 1° gennaio 1943, n. 138, in relazione agli articoli 2, 3, 38 e 41 della Costituzione: «L'azienda energetica - Etschwerke appartiene alla categoria delle aziende municipalizzate, trasformate in societa' per azioni. Il capitale sociale e' interamente in mano pubblica. Per quanto riguarda le cosiddette assicurazioni minori, compresa l'assicurazione contro le malattie, tutto il personale e' iscritto all'INPS. La disciplina dei rapporti di lavoro era regolata, in passato, da contratti collettivi corporativi ed e' regolata, ora, dal contratto collettivo nazionale di lavoro per gli addetti al settore elettrico dd. 24 luglio 2001. Questo, all'articolo 32, contenendo una disciplina migliorativa per i dipendenti rispetto alla disciplina generale prevista dalla legge, obbliga i suoi iscritti all'erogazione del trattamento economico di malattia in misura pari all'intera retribuzione globale per un periodo massimo di 12 mesi, prolungabile fino a 32 mesi. Di conseguenza si applica la fattispecie dell'articolo 6, comma 2, della legge 11 gennaio 1943 n. 138 (legge istitutiva dell'INAM e dell 'assicurazione obbligatoria contro le malattie,), ai sensi del quale l'indennita' di malattia non e' dovuta (dall'INAM, ora INPS,), quando il trattamento economico di malattia sia corrisposto per legge o per contratto collettivo dal datore di lavoro ... in misura pari o superiore a quella fissata dai contratti collettivi. L'azienda non rientra nel campo di applicazione della cassa integrazione guadagni (cfr. art. 3 d.lgs. C.p.S. 12 agosto 1947 n. 869, cosi' come interpretato da Cass. n. 4600/1993) ed era finora anche esonerata dall'obbligazione contributiva per la malattia (da ultimo vedi circolare INPS datata 27 marzo 1996). Con la sentenza n. 10232/2003 le sezioni unite della Corte di cassazione, componendo un contrasto giurisprudenziale, avevano interpretato l'articolo 6 citato nel senso che, non sussistendo un nesso di reciproca giustificazione causale fra le prestazioni ed i contributi, l'assunzione attraverso il contratto collettivo del rischio malattia in capo al datore di lavoro (con conseguente esonero da parte dell'INPS), non vale ad esonerarlo dall'obbligo di versare la contribuzione a favore dell'ente previdenziale. Sulla scia di questa sentenza, gli ispettori dell'INPS, redatto un verbale ispettivo culminato in un avviso di pagamento, chiedono ora all'azienda energetica il pagamento dei contributi di malattia nella misura di Euro 1.458.691,76 (di cui a titolo capitale Euro 873.789,00, il resto a titolo di sanzioni e interessi, pari ad un'aliquota del 2,22 % sulla base imponibile riferita al personale con la qualifica operaia (gli impiegati, i quadri e dirigenti sono espressamente esclusi da detta assicurazione: vedi d.lgt. n. 213/1946). Il periodo preso in considerazione dagli ispettori va dal 1/1999 al 12/2004. Contro questa pretesa l'azienda ha proposto un'azione di accertamento negativa, chiedendo la dichiarazione di infondatezza dell'obbligo contributivo, previa, se ritenuto necessario, la rimessione degli atti alla Corte costituzionale al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 6 (secondo comma,) della legge n. 138/1943 nella sua interpretazione attualmente vigente in seguito alla sentenza delle s.u. sopra accennata. L'INPS si e' costituito in giudizio ed ha chiesto in via riconvenzionale la condanna dell'azienda energetica al pagamento dell'importo ingiunto con l'avviso di pagamento. A parere di questo giudice, la questione di legittimita costituzionale dell'articolo 6, secondo comma della della legge n. 138/1943 non e' manifestamente infondata ed e' anche rilevante ai fini della decisione della presente vertenza. Si fa presente che questo giudice ha gia' sollevato analoga questione di legittimita' costituzionale nel processo promosso dalla societa' «Metro Italia Cash and Carry S.p.A.» nei confronti dell'INPS (e nei confronti dell'Esatri-Esazione Tributi S.p.A. e nei confronti del SCCI S.p.A.). La presente ordinanza ne approfondisce alcuni aspetti. Va premesso che l'articolo 6, comma 2, n. 138/1943, mentre libera l'ente assicurativo pubblico dalla sua obbligazione (obbligo di erogare la prestazione di malattia), nulla dice in ordine al permanere o meno dell'obbligo contributivo in capo al datore di lavoro che contrattualmente si era accollato il rischio della malattia. Astrattamente, il vuoto puo' essere colmato attraverso tre differenti variazioni interpretative, con il venire meno dell'obbligazione in capo all'ente assicurativo, e' venuto meno anche l'obbligo contributivo in capo al datore di lavoro; l'obbligo contributivo in capo al datore di lavoro, se non e' venuto meno, si e' almeno ridotto; essendo le due obbligazioni del tutto autonome e indipendenti il venire meno dell'obbligazione in capo all'ente assicurativo, non ha fatto venire meno - e neppure ridotto - l'obbligo contributivo in capo al datore di lavoro. Quest'ultima interpretazione e' stata accolta da Cass. s.u. 10.232/03. Essa sembra violare alcuni precetti costituzionali. Violazione degli articoli 3 e 41 della Costituzione. Da un lato esistono le imprese, quale l'azienda elettrica ricorrente, che assumono su se stesse, attraverso il contratto collettivo, il rischio dell'evento malattia, continuando a versare ai dipendenti la retribuzione all'atto del suo verificarsi. Esse, continuando a versare la retribuzione piena durante la malattia, assolvono gia' al debito solidaristico, almeno nei confronti del proprio personale. Anzi, visto dal punto di vista del singolo lavoratore, il trattamento di malattia erogato dal datore di lavoro e' notevolmente superiore, sia sotto il profilo del quantum (il datore di lavoro continua a pagare la retribuzione piena) che sotto il profilo del tempo (il datore di lavoro puo' arrivare fino a 32 mesi a sostenere il lavoratore malato) rispetto al trattamento di malattia erogato dall'INPS (l'indennita' di malattia, di regola, ammonta al 60% della retribuzione e l'ente previdenziale sostiene il lavoratore malato per periodi notevolmente inferiori). Inoltre, la stessa retribuzione versata durante la malattia e' a sua volta soggetta a imponibile contributivo, di guisa che queste imprese sono soggette ad una sorta di duplicazione contributiva. Benche' l'INPS fosse esonerato dalla corrispondente prestazione di malattia, le imprese, non avendo alcun vantaggio contributivo, sono obbligate a versare in pieno, senza alcuna riduzione, il corrispondente contributo di malattia. Non sussiste alcuna differenziazione rispetto alle imprese che non si accollano il rischio della malattia, lasciandolo gravare sull'INPS. Situazioni sostanziali differenti - da una lato le imprese che accollano su se stesse il rischio malattia, dall'altro lato le imprese che caricano il rischio malattia sull'INPS - dovrebbero trovare un trattamento differenziato sotto il profilo contributivo, pena la violazione dell'articolo 3 della Costituzione. Ma vi e' di piu'. Mentre sopra e' stato evidenziato come situazioni sostanziali differenti non trovino un trattamento differente, esistono, all'inverso, anche casi in cui situazioni sostanziali omogenee trovano ingiustificatamente un trattamento differenziato sotto il profilo contributivo. L'azienda energetica opera nel medesimo settore produttivo dell'Enel e dell'Italgas di Torino. Mentre l'Enel e l'Italgas godono di una riduzione contributiva (per l'Enel: v. d.P.R. n. 145/67), le aziende energetiche ex municipalizzate versano il contributo pieno, con la conseguenza del venire meno delle piu' elementari condizioni di par condicio fra imprese concorrenti. Esistendo differenze di trattamento all'interno delle stesse categorie produttive, si ritiene violato anche l"art. 41 della Costituzione che garantisce il diritto all'iniziativa economica in condizioni di parita'. Violazione dell'articolo 2 della Costituzione. Il dovere di solidarieta' e' il criterio ispiratore principale nell'ambito delle assicurazioni sociali. Va premesso in generale che nella realta' economica il dovere di solidarieta' soffre talmente tante eccezioni ingiustificate ed irrazionali, vaste e stratificate, basate ora su disposizioni legislative ora su semplici atti amministrativi, da far dubitare addirittura della sua stessa esistenza. Per tentare una classificazione grossolana, le eccezioni possono riguardare singole aziende (RAI ecc.), singole categorie di lavoratori (il contributo e' dovuto per gli operai, non invece per gli impiegati, quadri e dirigenti), singole categorie produttive e addirittura la stessa aliquota contributiva che, essendo differente per i singoli tipi e settori aziendali, varia in continuazione. Nelle intenzioni nobili del legislatore costituzionale, il dovere di solidarieta' non e' illimitato, ma deve essere proporzionato, circoscritto entro il limite della ragionevolezza e contenuto entro una giustificabile bilanciamento tra il vantaggio destinato al beneficiario ed il corrispondente pregiudizio dell'onerato. Questi criteri della ragionevolezza e della proporzionalita' mancano nel caso specifico. La violazione e' dovuta soprattutto alla circostanza che nei confronti dell'azienda energetica continua a sussistere l'obbligazione contributiva piena. Il contributo che essa gia' offre al dovere di solidarieta' attraverso l'accollo del rischio malattia, dovrebbe essere premiato quantomeno attraverso una diminuzione dell'obbligo contributivo, se non addirittura attraverso l'esonero totale. Il principio di solidarieta' non puo' essere sospinto ad un livello di intensita' e di incidenza redistributiva cosi' alta, come, appunto, avviene nel caso dell'articolo 6, comma 2, legge n. 138/1943 nella sua versione interpretativa fornita dalla sentenza Cass. s.u. n. 10.232/2003. Al contrario, nell'attuale fase storica, l'aspetto della solidarieta' redistributiva ha subito una notevole ridimensione, com'e' dimostrato dall'introduzione del calcolo contributivo delle pensioni nella recente norma apportata dalla legge n. 335/1995 (che ha sostituito il previdente sistema retributivo), come e' altresi' dimostrato dall'abolizione dell'Istituto dell'integrazione al trattamento minimo (con il conseguente contenimento della connotazione redistributiva) e la ristrutturazione binaria, ad opera del d.lgs. n. 124/1993, del sistema di previdenza sociale attraverso l'introduzione del secondo pilastro della previdenza complementare, notoriamente fondato sul criterio della capitalizzazione. Un'ulteriore aspetto di violazione dei criteri di ragionevolezza e proporzionalita' cui dovrebbe essere ispirato il dovere di solidarieta' emerge dai dati di bilancio dell'INPS. Essi dimostrano come l'ente pubblico sia destinatario di entrate da contribuzione di malattia assai superiore alle uscite per indennita' di malattia. Ne consegue che il sacrificio imposto alla suddetta categoria di imprese risulta privo di sostanziale giustificazione. Nel «rendiconto di bilancio INPS 2003» l'esborso per trattamenti economici di malattia effettuato nell'anno era pari a Euro 1.736.898.101,21, mentre i contributi riscossi erano pari a Euro 3.120.793.049,38. La sperequazione tra entrate e uscite e' evidente. Essa e' ingiustificata, considerando che il sistema previdenziale si fonda, nella sua generalita' sul criterio finanziario della ripartizione, cioe', sul criterio in base al quale il carico contributivo complessivo deve essere costantemente rideterminato in relazione al volume della spesa. Nel caso di specie, l'onere contributivo non risulta aggiornato, alle imprese e' richiesta una solidarieta' superiore al necessario e, per di piu', il medesimo viene imposto anche a categorie di imprese che, essendosi accollato su di se' il rischio malattia, non concorrono alla spesa. Come controargomento, per giustificare l'indipendenza totale e l'assenza di qualsiasi sinallagmaticita' tra obbligo di contribuzione e corrispondente trattamento di malattia, nella sentenza Cass. s.u. n. 10.232/2003 sono stati elencati, quali ipotesi esemplificative, i casi di sospensione del lavoro, di superamento del periodo di comporto o la disoccupazione. In questi casi l'INPS dovrebbe pagare l'indennita' al lavoratore anche se il datore di lavoro si fosse assunto, nel contratto collettivo, l'obbligo di continuare a pagare la retribuzione durante la malattia. A prescindere dal rilievo generale che questi casi, essendo marginali, non giustificano la pretesa del contributo di malattia pieno, occorre nuovamente ricordare che nei confronti delle aziende enrgetiche, comprese tra le imprese industriali degli enti pubblici, non si applicano le norme sull'integrazione dei guadagni degli operai. Di conseguenza, nei loro confronti la giustificazione adotta nella sentenza vale ancora meno. Violazione dell'art. 38 Costituzione. La costituzione repubblicana non ha inteso espellere il principio corrispettivo dal sistema delle assicurazioni previdenziali. Preoccupandosi unicamente ad assicurare mezzi adeguati al lavoratore al sopravvenire degli eventi malattia e vecchiaia, l'articolo 38 (secondo comma) della Costituzione si e' occupato del risultato ma non del mezzo attraverso il quale il fine andava raggiunto. Non impone alcun mezzo o strumento particolare, non esprime alcuna preferenza per un determinato sistema di assicurazione previdenziale. Sostenere il contrario, equivarebbe a tacitare di incostituzionalita' la recente riforma delle pensioni, la quale, essendo un sistema improntato esclusivamente alla sola solidarieta' sinonimo di inefficienza e di debito pubblico, aveva scartato il principio della solidarieta' generazionale (sistema retributivo), per reintrodurre il principio assicurativo-contributivo. Quella opinione, giurisprudenziale (da ultimo: Cass. 15.112/2004) e dottrinale, che riteneva espulso il principio corrispettivo o sinallagmatico dal nostro sistema assicurativo e previdenziale, sembra essere nel torto. Essa si e' spinta troppo oltre, non avendo il principio di solidarieta' mai eliminato del tutto il principio della corrispettivita'. Quest'ultimo principio era presente nelle intenzioni originarie del legislatore, quando aveva emanato l'articolo 6, comma 2 della legge n. 138/1943. La norma, benche' nulla avesse espressamente sancito, liberando l'ente assicurativo pubblico INAM (ora INPS) dalla prestazione previdenziale, implicitamente intendeva liberare il datore di lavoro dall'obbligo contributivo, conformemente al principio generale, sancito all'articolo 1886 c.c., secondo il quale anche le assicurazioni sociali andavano in quadrate tra i rapporti sinallagmatici quali le assicurazioni commerciali, disciplinate dal codice civile. Da cio' si evince che, quanto meno nella fase genetica, l'aspetto sinallagmatico sembra ineliminabile. Nel caso in esame invece esso e eliminato del tutto, poiche' l'azienda energetica contribuisce ad alimentare il fondo per le prestazioni di malattia ma non ne usufruisce. L'opinione secondo la quale qualsiasi aspetto di corrispettivita' o sinallagmaticita' sia stato espulso dal sistema della assicurazioni sociali, sembra non trovare alcuna copertura costituzionale. Concludendo, a questo giudice sembra non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale. L'articolo 6, secondo comma, della legge n. 138/1943 sembra porsi in contrasto con gli articoli 2, 3, 38 e 41 della Costituzione. La questione e' anche rilevante ai fini della decisione della presente causa. Dalla risposta dipende la fondatezza o meno della pretesa contributiva dell'INPS nei confronti dell'azienda energetica». Con l'ordinanza n. 241/2006 (depositata il 22 giugno 2006), la Corte costituzionale ha ritenuto la questione manifestamente inammissibile in considerazione del fatto che la norma nulla dispone «... quanto all'obbligo contributivo a carico del datore di lavoro ...», con la conseguenza che la sollecitata dichiarazione di incostituzionalita' non risolverebbe il dubbio circa la legittimita' della previsione, derivante dalla interpretazione della Corte di cassazione a sezioni unite, del mancato esonero del datore di lavoro dal versamento del contributo di malattia, quando lo stesso si sia obbligato, con contratto collettivo, a corrispondere un trattamento pari o superiore a quello erogato dall'INPS. In sostanza, la Corte costituzionale ha dichiarato la questione manifestamente inammissibile, essendo la norma denunciata diversa da quella che avrebbe dovuto formare oggetto della rimessione. Denunciando la norma sbagliata, questo giudice e' incorso in un c.d. error in obiecto o, seconda la difesa dell'INPS, di abberatio ictus. Si pone la domanda se la questione di legittimita' costituzionale possa essere riproposta dal medesimo giudice, ovviamente con correzione dell'errore e con denuncia della norma esatta. Essendo l'ordinanza n. 241/2004 annoverabile fra le decisioni processuali con le quali la Corte non denisce la questione di legittimita' costituzionale sottoposta al suo vaglio bensi' il solo giudizio-costituzionale, nulla osta a che il giudice possa riproporre la questione. In tal senso si era espressa la Corte costituzionale nell'ordinanza n. 399/2002 (depositata il 25 luglio 2002), nella sentenza n. 189/2001 (depositata l'11 giugno 2001), nella sentenza n. 42/1996 (depositata il 23 febbraio 1996), nella sentenza n. 433/1995 (depositata il 15 settembre 1995) e nella sentenza n. 451/1989 (depositata il 27 luglio 1989). Il merito della questione. In ossequio al contenuto dell'ordinanza n. 241/2006, occorre correggere l'errore, individuando le norme che prevedono e disciplinano l'obbligo contributivo. Ed invero esse sono: L'articolo 9 della legge 1° gennaio 1943 n. 138, che prevede al primo comma: «agli scopi di cui sopra sara' provveduto con il contributo dei lavoratori e dei datori di lavoro nella misura determinata dal contratto collettivo di lavoro o da deliberazione dei loro competenti organi ovvero nel decreto di cui al secondo comma dell'articolo 4». Gli «scopi di cui sopra» sono quelli previsti, appunto, all'articolo 6, contenendo gli articoli 7 e 8 semplici precisazioni in ordine ai trattamenti. Abrogato l'ordinamento corporativo con il decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 369, la disciplina e' stata modificata dall'articolo 1 del decreto legislativo luogotenenziale 2 aprile 1946, n. 142, che prevede: «A decorre dal primo periodo di paga successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto e in via provvisoria fino a che non sara' provveduto ad una organica disciplina della ripartizione degli oneri contributivi fra datori di lavoro e lavoratori per le varie forme di previdenza e assistenza sociale contemplate nel successivo articolo 2, la quota di contributi dovuta in qualunque settore della attivita' produttiva da parte dei lavoratori ai sensi delle disposizioni vigenti per le forme di previdenza e assistenza predette e' corrisposta senza alcun diritto di rivalsa dai datori di lavoro in luogo dei lavoratori stessi e sara' considerata a tale titolo a tutti gli effetti di legge e conteggiata sulla retribuzione al lordo» e dall'articolo 2 del decreto legislativo luogotenenziale 2 aprile 1946 n. 142, che appunto prevede «Le forme di previdenza e di assistenza per le quali il datore di lavoro a norma dell'articolo precedente e' tenuto alla corresponsione senza diritto a rivalsa delle quote di contributo di spettanza dei lavoratori sono le seguenti: ... 6) assicurazione obbligatoria per le malattie nell'industria, nell'agricoltura, nel commercio e nel credito, assicurazione e servizi tributari appaltati; ...». Per il settore del commercio (nel quale risulta inquadrata la societa' ricorrente) il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 31 ottobre 1947, n. 1304, all'articolo 2, secondo comma prevede: «Le indennita' giornaliere di malattia e gli altri assegni in denaro per gli iscritti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie, appartenenti al settore del commercio e a quello del credito, assicurazione e servizi tributari appaltati ed i contributi dovuti per l'assicurazione malattia sono stabiliti nelle misure indicate nelle tabelle a) e b) allegate al presente decreto e vistate, d'ordine del Capo provvisorio dello Stato, dal Ministro per il lavoro e della previdenza sociale», ferma restando l'applicazione del decreto legislativo luogotenenziale 2 aprile 1946, n.142. La normativa successiva prevede solo la determinazione delle aliquote contributive. Si tratta della legge n. 74/1951, della legge n. 692/1955, del d.P.R. n. 870/1959, della legge n. 1443/1961 e della legge n. 329/1963. Con la legge 23 dicembre 1978 n.833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, e' stato previsto all'articolo 74, primo comma, che: «A decorrere dal 1° gennaio 1980 e sino all'entrata in vigore della legge di riforma del sistema previdenziale l'erogazione delle prestazioni economiche per malattia e per maternita' previste dalle vigenti disposizioni in materia gia' erogati dagli enti, casse, servizi e gestioni autonome estinti e posti in liquidazione ai sensi della legge 17 agosto 1974 n. 386, di conversione con modificazioni del decreto legge 8 luglio 1974, n. 264, e' attribuita all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) che terra' apposita gestione. A partire dalla stessa data la quota parte dei contributi di legge relativi a tali prestazioni e' devoluta all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ed e' stabilita con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto col Ministro del tesoro». Solo per completezza, in relazione alla determinazione del principio dei soggetti «aventi diritto», va ricordato poi l'articolo 1, primo comma, del decreto legge 30 dicembre 1979 n. 663, convertito con modificazioni nella legge 29 febbraio 1980 n. 33 che prevede: «A decorrere dal 1° gennaio 1980 per i lavoratori dipendenti, salvo quanto previsto dal successivo sesto comma, le indennita' di malattia e di maternita' di cui all'articolo 74, primo comma, della legge 23 dicembre 1978 n. 833 sono corrisposte agli aventi diritto a cura dei datori di lavoro all'atto della corresponsione della retribuzione per i periodi di paga durante il quale il lavoratore ha ripreso l'attivita' lavorativa, fermo restando l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere anticipazioni a norma dei contratti collettivi e, in ogni caso, non inferiore al 50% della retribuzione del mese precedente, salvo conguaglio». L'articolo 14 della legge 23 aprile 1981, n.155 prevede al primo comina: «La quota parte dei contributi da devolvere all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ai sensi dell'articolo 74 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, per la erogazione delle prestazioni economiche di malattia e' determinata nella misura del 2,50% della retribuzione imponibile per gli aventi diritto di tutti i settori, a esclusione di quello agricolo, per il quale contributo stesso e' determinato nella misura di 1/6 del contributo giornaliero di malattia». Da ultimo, l'articolo 31, quinto comma, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, prevede che «i contributi dovuti dai datori di lavoro per i soggetti aventi diritto alle indennita' economiche di malattia sono fissati nelle misure indicate nell'allegata tabella G». Tali aliquote contributive sono quelle attualmente vigenti. Corretto l'errore, la questione di legittimita' costituzionale per contrasto con gli articoli 2, 3, 38 e 41 della Costituzione va riferita pertanto agli articoli: 6 e 9 della legge 11 gennaio 1943, n. 138; 1 e 2 del decreto legislativo luogotenenziale 2 aprile 1946, n. 142; 2 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 31 ottobre 1947 n. 1304; 74 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; 14 della legge 23 aprile 1981, n. 155; 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41. Essendosi gia' pronunciata la Corte di cassazione a sezioni unite, la cui opinione giuridica e' da ritenere «diritto vivente», non esiste piu' alcuno spazio interpretativo per il giudice di merito, al quale non rimane altra via, se non quella di rivolgersi alla Corte costituzionale. Si fa presente che analoga questione di legittimita' costituzionale e' stata sollevata anche dal giudice del lavoro di Milano con ordinanza dd. 26 ottobre 2006.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 2, 3, 38 e 41 della Costituzione, la questione di illegittimita' costituzionale degli articoli 6 (nell'interpretazione fornita da Cass. s.u. 10.232./2003) e 9 legge n. 138/1943, 1 e 2 decreto legislativo luogotenenziale 2 aprile 1946, n. 142, due del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 31 ottobre 1947, n. 1304, 74 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, 14 della legge 23 aprile 1981, n. 155 e 31 della legge 28 febbraio 1986 n. 41; Sospende il processo e ordina alla cancelleria: l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; la notifica alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri e la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Ordina inoltre alla cancelleria che alla presente ordinanza venga allegata l'ordinanza n. 241/2006 della Corte costituzionale. Bolzano, addi' 4 dicembre 2006 Il giudice: Michaeler 07C0742