N. 35 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 1997
N. 35 Ordinanza emessa il 20 novembre 1997 dal tribunale di Savona nel procedimento penale a carico di Vinci Vincenzo ed altra Processo penale - Dibattimento - Valutazione delle prove - Nuova normativa - Disciplina transitoria - Dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da imputati in procedimento connesso di cui sia gia' stata data lettura - Utilizzabilita' di tali dichiarazioni posta la rilevanza al consenso espresso dalla difesa prima dell'entrata in vigore della novella - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto agli imputati che, trovandosi nella stesso posizione processuale, si siano limitati a non opporsi - Violazione dei principi di legalita' e di obbligatorieta' dell'azione penale. Processo penale - Esame di persona imputata in procedimento connesso - Modifiche normative - Esercizio della facolta' di non rispondere - Lettura dei verbali contenenti le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari gia' assunte prima della entrata in vigore della novella - Divieto di acquisizione - Irragionevolezza della preclusione comportante sottrazione al processo di materiale probatorio ritualmente assunto - Disparita' di trattamento tra imputati - Violazione del principio di obbligatorieta' dell'azione penale. (Legge 7 agosto 1997, n. 267, art. 6, commi 2 e 5; c.p.p. 1988, art. 513, comma 2, modificato dalla legge 7 agosto 1997, n. 267). (Cost., artt. 3, 25, 101 e 112).(GU n.6 del 11-2-1998 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza sulle eccezioni di legittimita' costituzionale proposte dal p.m., sentiti i difensori delle parti. O s s e r v a 1. - All'udienza del 2 giugno 1997, Laugelli Francesco, imputato di reato connesso e citato quale teste dal p.m., si avvaleva della facolta' di non rispondere; su richiesta del p.m., veniva data lettura delle dichiarazioni dallo stesso rese al p.m. All'udienza del 9 ottobre 1997, la difesa dell'imputato Vinci chiedeva - ai sensi dell'art. 6, comma 2, legge n. 267/1997 - che venisse risentito il teste e il tribunale all'udienza del 16 ottobre 1997 disponeva la citazione dello stesso per l'odierna udienza, nella quale il teste comparso ha dichiarato che intende avvalersi della facolta' di non rispondere. All'udienza del 9 ottobre 1997, De Leva Vittorio, imputato di reato connesso e citato quale teste dal p.m., si avvaleva della facolta' di non rispondere. Le parti non esprimevano un accordo relativamente alla lettura delle precedenti dichiarazioni. Il p.m. in udienza ha proposto questioni di legittimita' costituzionale sia riguardo alla norma transitoria di cui all'art. 6 legge n. 267/1997, sia in relazione all'art. 513 c.p.p. 2. - Ritiene in merito il tribunale: A) Sulla rilevanza delle eccezioni proposte: a) con riferimento al teste Laugelli viene in considerazione l'applicazione dell'art. 6, comma 5, della legge n. 267/1997, norma che fissa un criterio di valutazione dell'elemento di prova, restringendo e puntualizzando i criteri e la portata dell'art. 192, commi 3 e 4, c.p.p. Evidente e' la rilevanza allo stato attuale del giudizio di detta norma, in quanto nel momento stesso in cui il p.m. ha indicato il Laugelli come teste, questi ha dichiarato di avvalersi della facolta' di non rispondere, e' stata disposta la lettura senza il consenso unanime dei difensori, si e' provveduto alla nuova citazione e ancora il teste ha dichiarato di avvalersi della facolta'. Diviene, pertanto, applicabile la norma in esame nell'attule momento di formazione delle prove, non dovendosi attendere - per tale valutazione di rilevanza - la fase decisionale, nella quale si dovra' procedere alla valutazione dei vari elementi di prova acquisiti; b) con riguardo al De Leva assume rilevanza la mancanza di accordo in ordine alla lettura delle dichiarazioni in precedenza rese, con la conseguente applicazione del disposto dell'art. 513 comma 2 c.p.p., che non consente, in tal caso, di utilizzare dette dichiarazioni. Anche in questo caso e' nell'attuale momento del dibattimento, di formazione della prova, che sorge la rilevanza della norma. B) Sulla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 6, commi 2 e 5, della legge n. 267/1978. Violazione degli artt. 3, 25, 101 e 112 della Costituzione nella parte in cui attribuisce rilevanza al consenso espresso dalla difesa ai fini della valutazione della prova - consistente in dichiarazioni rese da coimputati e da imputati o da indagati in procedimento connesso o probatoriamente collegato di cui sia stata data lettura ai sensi dell'art. 513 c.p.p. La norma, infatti, appare in contrasto con i principio di uguaglianza, di legalita', di obbligatorieta' e coerenza logica della motivazione e di obbligatorieta' dell'azione penale, risultando incompatibile con l'ordinmento costituzionale un'interferenza tra volonta' delle parti del processo e valutazione della prova. La norma attribuisce rilevanza ai comportamenti tenuti dalle parti' che abbiano - anteriormente all'entrata in vigore della novella - prestato o meno il loro consenso alla lettura dei verbali delle dichiarazioni rese in precedenza. Macroscopica sarebbe la violazione del principio di uguaglianza nel caso in cui il giudice, essendo obbligato a valutare diversamente le dichiarazioni acquisite ai sensi dell'art. 513 (vecchio testo) c.p.p. in relazione a ciascun imputato, pervenisse ad una sentenza di condanna nei confronti di quegli imputati i cui difensori, prima dell'entrata in vigore della novella, avessero consentito espressamente alla lettura, e di assoluzione nei confronti di altri imputati che, trovandosi nell'identica posizione processuale, si fossero anche solo limitati a non opporsi, rendendo cosi' operante il disposto della norma transitoria. C) Sulla non manifesta infondatezza dell'art. 513, comma 2, c.p.p. nel testo novellato dalla legge n. 267/1997. Violazione degli artt. 3 e 112 della Costituzione nella parte in cui non consente la lettura di dichiarazioni rese al p.m., alla p.g. delegata o al g.i.p. nella fase delle indagini ovvero al g.u.p. senza le forme degli artt. 498 e 499 c.p.p. da persone indagate o utate in procedimento connesso o probatoriamente collegato, che si siano avvalse della facolta' di non rispondere nel caso che le dichiarazioni siano state assunte prima dell'entrata in vigore della novella. Pur comprendendosi il favore del legislatore per il ricorso all'incidente probatorio come metodo normale di assunzione delle prove suindicate, donde l'inutilizzabilita' delle prove diversamente formate, appare ingiustificata una tale sanzione in relazione ad un comportamento dell'inquirente che non aveva, al momento del suo compimento, alternative, non essendo, prima dell'entrata in vigore della novella, consentito dal Codice, nella fattispecie, il ricorso all'incidente probatorio. In tal caso la sanzione si traduce in una pura e semplice sottrazione al processo di materiale probatorio ritualmente assunto, di cui e' divenuta impossibile la ripetizione. La norma in esame contrasta anche con l'art. 112 della Costituzione nella misura in cui, il p.m., obbligato a svolgere indagini e ad assicurare al dibattimento le prove che potrebbero essere disperse, si trova nelle condizioni di non poter utilizzare - per effetto della irripetibilita' dell'atto - la prova raccolta e di non poterne piu' chiedere l'assunzione con modalita' tali da impedirne la dispersione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 6, commi 2 e 5, della legge 7 agosto 1997 n. 267 per violazione degli artt. 3, 25, 101, 112 della Costituzione, nei termini di cui in motivazione; Sospende il processo in corso; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria copia della presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidente delle due Camere del Parlamento. Savona, addi' 20 novembre 1997 Il presidente: (firma illeggibile) 98C0075