N. 52 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 agosto 1997
N. 52 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 13 agosto 1997 (del vice commissario dello Stato per la regione siciliana) Lavoro (Tutela del) - Regione siciliana - Interventi per il sostegno e la promozione dell'occupazione - Possibilita' per gli uffici giudiziari e le prefetture di presentare progetti di utilita' collettiva, di cui alla legge regionale n. 85 del 1995 - Utilizzabilita' del personale impegnato nei lavori socialmente utili anche per supporre le attivita' istituzionali degli Enti pubblici - Autorizzazione a favore dell'assessore regionale per il lavoro a stipulare convenzioni con gli enti privati preposti alla formazione professionale nonche' affidamento ai centri interaziendali per l'addestramento professionale nell'industria (CIAPI) di funzioni di assistenza tecnica e supporto amministrativo a favore dell'assessorato del lavoro e a favore dell'Agenzia per l'impiego e la formazione professionale - Fissazione con decreto dell'assessore del lavoro dei criteri, modalita' e procedure per il finanziamento dei progetti volti all'inserimento dei giovani disoccupati - Violazione dei limiti posti alla competenza regionale in materia di legislazione sociale e ordinamento degli uffici e del personale - Lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione - Incidenza sull'obbligo di copertura finanziaria per nuove e maggiori spese - Richiamo alle decisioni della Corte costituzionale nn. 81/1983, 407/1995, 271/1996 e 91/1997. (Legge regione Sicilia 28 luglio 1997, n. 381, artt. 19, comma 2, 22, 23 e 27, comma 1 e 3). (Statuto Sicilia artt. 12, 14 e 17, lett. f); Cost., artt. 3, 51, 81, comma quarto, 97 e 136, d.-l. 16 maggio 1994, n. 299, art. 14, convertito in legge 19 luglio 1994, n. 451; legge 24 giugno 1997, n. 196, artt. 20, 21 e 22; legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 2, lett. r)).(GU n.41 del 8-10-1997 )
COMMISSARIATO DELLO STATO PER LA REGIONE SICILIANA L'assemblea regionale siciliana nella seduta del 28 luglio 1997 ha approvato il disegno di legge n. 381, dal titolo: "Misure di politiche attive del lavoro in Sicilia. Modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85. Norme in materia di attivita' produttive e di sanita'. Disposizioni varie", pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 31 luglio 1997. Il provvedimento legislativo contiene un articolato e complesso insieme di interventi pubblici per il sostegno e la promozione dell'occupazione, con cui il legislatore siciliano sfrutta appieno la competenza concorrente attribuitagli dall'art. 17 dello Statuto speciale in materia di legislazione sociale e del lavoro. L'assemblea regionale, consapevole della grave situazione economica in cui versa da tempo la regione, ha destinato cospicue risorse finanziarie per incentivare le iniziative dell'imprenditoria privata per le auspicabili ricadute sui livelli occupazionali nonche' specifiche misure finalizzate all'utilizzazione, seppure temporanea, di personale presso le amministrazioni pubbliche. Nell'ambito della disciplina preordinata al raggiungimento delle predette finalita' intese ad alleviare il dramma della disoccupazione nell'isola, sono presenti talune disposizioni che si ritiene di dover sottoporre al vaglio di codesta eccellentissima Corte. L'art. 22, che di seguito si tracrive da' infatti adito a censure di costituzionalita', sotto il profilo della violazione degli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale nonche' dell'art. 97 della Costituzione: "Art. 22: progetti di utilita' collettiva. Disposizioni speciali per gli uffici giudiziari e le prefetture. 1. - Al fine di fare fronte alle gravi carenze degli uffici giudiziari ordinari, amministrativi e contabili, nonche' delle prefetture dell'isola e nelle more di un intervento organico da parte dello Stato, le amministrazioni da cui detti uffici dipendono possono presentare progetti di utilita' collettiva di cui agli artt. 11 e 12 della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 che prevedono l'impiego di soggetti beneficiari di cui all'art. 1 della medesima legge e all'art. 1 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 24, presso gli uffici e le prefetture medesime. 2. - I progetti dovranno riguardare attivita' di integrazione, supporto e potenziamento dei servizi istituzionali degli uffici di cui al comma 1. 3. - I progetti di cui al comma 1 saranno finanziati nell'ambito delle risorse ordinarie disponibili gia' destinate al finanziamento dei progetti di cui agli articoli 11 e 12 della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85". In buona sostanza il legislatore siciliano intenderebbe applicare agli uffici giudiziari ed alle prefetture le particolari previsioni di cui agli artt. 11 e 12 della legge regionale n. 85/1995 con i quali e' stata prevista la utilizzazione di parte degli oltre 34.000 soggetti precedentemente impegnati nei progetti di utilita' collettiva di cui all'art. 23 della legge n. 67/1988, in attivita' temporanea presso amministrazioni della regione e/o in enti dalla stessa dipendenti per aree di intervento ben disciplinate. L'attuale iniziativa prevede, infatti, l'utilizzazione dello strumento del "progetto di utilita' collettiva" quale disciplinato dal citato art. 12 della legge n. 85/1995 e dallo stesso disegno di legge teste' approvato (art. 21, quinto comma, che lo modifica nella parte in cui eleva il contributo a carico della Regione previsto dal sesto comma dello stesso art. 12), per finalita' palesemente esorbitanti dalla competenza attribuita alla regione siciliana, sia in materia di legislazione sociale che di ordinamento degli uffici e del proprio personale. Il plausibile intento di far fronte alle "gravi carenze" presupposte e nelle "more di un organico intervento statale", non puo' fare dimenticare l'inesistenza della potesta' legislativa della Regione in materia di organizzazione degli uffici statali, quali in ispecie quelli giudiziari e delle prefetture. L'intervento regionale appare ancor piu' ultroneo ove si consideri ad esempio che il Parlamento nazionale ha gia' approvato il 17 luglio 1997 il disegno di legge n. 3179-1211-1606/A, il cui art. 14 espressamente dispone "al fine di assicurare effettiva assistenza e supporto ai magistrati" l'aumento delle dotazioni organiche degli uffici giudiziari ed il contestuale immediato avvio delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale. E' ben vero che la norma prevede che le amministrazioni in questione "possono" presentare i progetti di utilita' collettiva, tuttavia anche la semplice attribuzione di una potesta' amministrativa in capo ad una amministrazione statale da parte della Regione configura uno straripamento della propria sfera di competenze, seppure la facolta' attribuita necessiti per essere attivata di una manifestazione di volonta' dell'ente statale. L'affermazione implicita nella norma de qua, di un potere di cui la Regione si riconosce titolare pur non essendone investita vale di per se' a determinare l'immediata lesione dell'ordinamento giuridico, giacche' altera la distribuzione formale delle competenze quale delineato dalla Costituzione e dallo Statuto speciale. Non ininfluente, altresi', ai fini della prospettata violazione dell'art. 97 della Costituzione, e' la conseguente diversa destinazione di risorse regionali (fondi e personale) che invece di essere utilizzate per il raggiungimento dei fini istituzionali della regione stessa vengono messi a disposizione dello Stato per l'espletamento di funzioni statali. Ne consegue che risorse finanziarie, oltretutto in un momento di gravi difficolta' economiche per la regione stessa, verrebbero inevitabilmente distolte dal soddisfacimento di esigenze primarie rientranti nella specifica competenza dell'ente territoriale. L'art. 11 della piu' volte citata legge regionale n. 85/1995, infatti, dispone, che i progetti di utilita' collettiva siano proposti per la tutela dei beni culturali e naturali, per il sostegno dell'attivita' imprenditoriale, per l'assistenza sociale e scolastica e la promozione turistica, materie rientranti nella sfera di competenza regionale e che tuttora necessitano di iniziative volte a soddisfare le relative necessita' oltre che a garantirne lo sviluppo. Dall'applicazione della censurata norma potrebbe altresi' determinarsi l'avvio di un processo di ampliamento di situazioni di precariato presso strutture statali che, in atto sono destinatarie di una normativa particolarmente rigorosa, riguardo non solo alle modalita' di accesso ma anche alla utilizzazione secondo criteri di razionalita', efficienza ed economicita' delle risorse umane e finanziarie disponibili, potendosi altresi' creare situazioni comportanti disparita' di trattamento con soggetti che sono addivenuti ad un rapporto di lavoro, ancorche' precario, con lo Stato ma a seguito di procedure di reclutamento ispirate al rispetto delle suddette modalita'. Analoghe negative conseguenze potrebbero determinarsi dall'applicazione dell'art. 23, che di seguito si riporta: "Art. 23: Lavori socialmente utili. Settori di impiego. 1. - Al fine di ottimizzare l'erogazione dei servizi resi all'utenza, i progetti di lavori socialmente utili possono essere rivolti a supporto delle attivita' istituzionali degli enti attuatori". Il legislatore siciliano, infatti, nel tentativo di stabilizzare i precari livelli occupazionali dei soggetti in atto impegnati nei lavori socialmente utili ne amplia i settori di impiego modificandone in radice le finalita' e la natura stessa dell'ammortizzatore sociale in questione. Sebbene codesta Corte abbia riconosciuto con la sentenza n. 271/1996 la potesta' della regione, nell'esercizio della competenza concorrente attribuitale dall'art. 17, lett. f), dello Statuto speciale in materia di legislazione sociale, di modificare ed ampliare l'ambito di applicazione dei lavori socialmente utili "in attesa della revisione" dell'istituto da parte dello Stato, si ritiene che non possa ora, alla luce della sopravvenuta legislazione nazionale di riferimento, ritenersi ammissibile una disciplina che ne supera i canoni. L'art. 14 del decreto-legge n. 199/1994 convertito nella legge n. 451/1994 gia' prevedeva la possibilita' del ricorso ai lavori socialmente utili esclusivamente per il raggiungimento di obiettivi di carattere straordinario degli enti attuatori per ben individuati ambiti di intervento. Detto principio e' stato riconosciuto dalla recente legge n. 196 del 24 giugno 1997, che, nel rivedere agli artt. 20, 21 e 22 la disciplina dello ammortizzatore sociale in questione e nel dettare i principi cui il Governo dovra' attenersi nella predisposizione del decreto legislativo contenente la nuova normativa, esclude (art. 22) dalla elencazione dei settori ai quali rivolgere i progetti di lavori socialmente utili le attivita' di supporto al raggiungimento dei fini istituzionali degli enti proponenti. Tale preclusione e' peraltro giustificata e sorretta dalla preesistente normativa statale finalizzata, come prima detto, al riordino delle amministrazioni pubbliche secondo criteri di razionalita', efficienza ed economicita' (legge n. 421/1992). L'utilizzazione del personale impegnato nei progetti dei lavori socialmente utili, confliggerebbe, inoltre, con i principi costituzionali del reclutamente di dipendenti pubblici rivolti ad assicurare l'utilizzo di soggetti di cui sia possibile preventivamente valutare i requisiti di professionalita' e capacita' in relazione alle attivita' da svolgere. Il ricorso ai lavori socialmente utili anche per attivita' di supporto ai fini istituzionali degli enti pubblici, oltre che snaturare le finalita' proprie dell'ammortizzatore sociale in questione, e' antieconomico nei confronti del processo, gia' avviato a livello nazionale, di riforma della burocrazia, come delineato dall'art. 2 legge n. 421/1992. Le amministrazioni, invero, potrebbero essere indotte, piuttosto che ad avviare i procedimenti previsti dalla legge di riforma, ad avvalersi di dipententi, che per le modalita' stesse dell'avviamento ai lavori socialmente utili non sono stati sottoposti alle indispensabili verifiche di idoneita' e professionalita', in relazione alle esigenze degli enti pubblici alle cui attivita' istituzionali sarebbero destinati. Analoghi motivi di ricorso, con l'aggiunta della violazione dell'art. 81 della Costituzione, si prospettano in merito alla disposizione dell'art. 27, che di seguito si riporta: "Art. 27: Supporto agli uffici dell'Assessorato regionale del lavoro e rilevazione di dati. 1. - Centri interaziendali per l'addestramento professionale nell'industria (CIAPI) svolgono anche funzioni di assistenza tecnica e supporto amministrativo agli uffici centrali e periferici dell'Assessorato regionale del lavoro, della previdenza sociale, della formazione professionale e dell'emigrazione, nonche' dell'Agenzia regionale per l'impiego e la formazione professionale. 2. - All'art. 4 della legge regionale 6 marzo 1976, n. 25, sostituire le parole "dei rappresentanti degli altri soci previsti dallo statuto dei centri" con le parole "dei rappresentanti dei soci previsti dallo statuto dei Centri in numero non superiore a tre". 3. - Per la realizzazione delle finalita' previste dalla lettera a), comma 6, dell'art. 2 e del comma 2 dell'art. 9 della legge regionale 21 settembre 1990, n. 36, l'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione e' autorizzato ad avvalersi, attraverso la stipula di apposite convenzioni, degli enti di cui all'art. 4 della legge regionale 6 marzo 1976, n. 23". La norma prevede due distinte fattispecie, rispettivamente al primo comma ed al terzo, tuttavia riconducibili entrambe allo svolgimento di funzioni istituzionali degli uffici centrali e periferici dell'Assessorato regionale del lavoro nonche' dell'Agenzia regionale per l'impiego da parte di strutture private e dal relativo personale mediante un sistema di convenzioni, peraltro non finanziate. Il legislatore, infatti, senza preventivamente specificare e verificare le effettive esigenze di servizio e le carenze nell'organico degli uffici in argomento, autorizza l'Assessore preposto al ramo a stipulare delle convenzioni con gli enti privati in atto preposti alla formazione professionale escludendo di fatto i centri interaziendali (CIAPI) dall'esercizio delle funzioni prima attribuite a questi ultimi con sistema convenzionale dall'art. 9, terzo comma, legge regionale n. 36/1990. Ai predetti centri verrebbero in compenso affidati compiti di assistenza tecnica e supporto amministrativo per le strutture pubbliche regionali operanti nel settore del lavoro nonche' della agenzia regionale per l'impiego, che quindi nei fatti sarebbe affiancata nello svolgimento dei suoi compiti istituzionali quali individuati dal secondo comma dell'art. 9 della cennata legge regionale n. 36/1990. In proposito, non sembra offerta alcuna sufficiente giustificazione sulle presunte disfunzioni e/o carenze delle strutture regionali, che nei fatti risultano essere nel complesso sovradimenzionate e tuttora in attesa dell'avvio delle procedure previste dalla legge n. 421/1992 e successive modifiche ed integrazioni, della quale oltretutto si attende ancora il recepimento dell'ordinamento regionale. Per quanto attiene allo svolgimento dei compiti di supporto amministrativo agli uffici regionali attribuiti ope legis al personale dei CIAPI, non possono che svolgersi le medesime considerazioni sulla impossibilita' per le amministrazioni pubbliche di avvalersi di personale di cui preventivamente non sia stata valutata con criteri di imparzialita', l'idoneita' e la professionalita' (Sentenza C.C. n. 61/1983, ripetutamente confermata e da ultimo con la sentenza n. 191/1997). Sotto il profilo della prospettata violazione dell'art. 97 della utilizzazione di risorse umane nella forma prima descritta, il legislatore non contempla l'ipotesi della quantomeno parziale dismissione del personale e dei mezzi propri della regione in atto assegnati all'agenzia regionale per l'impiego. Qualora l'intento fosse stato quello del potenziamento delle strutture preposte alla promozione ed allo sviluppo del mercato del lavoro lo strumento da prescegliere avrebbe dovuto semmai essere quello del ricorso in via prioritaria all'utilizzo delle risorse umane e finanziarie gia' a disposizione dell'amministrazione pubblica mediante l'istituto generale della mobilita' del proprio personale e la razionalizzazione e lo snellimento di procedure ed apparati. Ma anche a voler considerare indispensabile l'apporto di istituti e soggetti esterni all'amministrazione, non appare congruo e ragionevole aprioristicamente individuare quali interlocutori specifici strutture sinora impegnate in funzioni di certo non assimilabili a quelle ora previste, in quanto consistenti quasi esclusivamente nello svolgimento di attivita' didattica. Inoltre la molteplicita' e varieta' dei compiti attribuiti all'Agenzia regionale per l'impiego dal piu' volte cennato art. 9, secondo comma della legge regionale n. 36/1990 ed ora devoluti con un sistema convenzionale, risulta logicamente incompatibile con l'identificazione di un'unica categoria di enti operanti nel settore della formazione professionale, impedendo all'amministrazione pubblica l'esercizio della facolta' di scegliere il miglior contraente anche fra organizzazioni e soggetti specializzati operanti in settori diversi. Da quanto sopra esposto, potrebbe, invero, ipotizzarsi che ulteriore non dichiarato fine perseguito dal legislatore con la norma de qua sia quello di garantire la prosecuzione dell'attivita' degli enti gestori dei corsi di formazione professionale finanziati dalla regione, ancor prima che sia posto in essere, in attuazione anche degli artt. 17 e 19 della legge n. 196/1997, il processo di riordino del settore che non si puo' escludere possa condurre ad un ridimensionamento del personale. Sotto quest'ultimo profilo la previsione del terzo comma dell'art. 27 appare censurabile anche per violazione dell'art. 136 della Costituzione, atteso che codesta eccellentissima Corte con sentenza n. 407/1995 ha dichiarato illegittima la disposizione regionale che consentiva all'assessore regionale al lavoro di stipulare convenzioni per l'utilizzazione del personale degli enti di cui all'art. 4 legge regionale n. 24/1976 rimasto senza incarico a seguito della contrazione delle attivita' corsuali. La disposizione e', infine, censurabile per violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione giacche' omette di indicare, non solo il limite all'impegno finanziario che la regione intende assumere a proprio carico per la stipula della convenzione, ma anche le risorse con cui farvi fronte. Ultima disposizione che si sottopone al vaglio di codesta Corte, per violazione dell'art. 12 dello Statuto speciale e' l'art. 19, secondo comma, laddove si attribuisce all'Assessore regionale al lavoro il compito di dettare con proprio decreto, modalita', criteri di valutazione, procedure attuative per l'ammissione al finanziamento pubblico dei progetti per l'inserimento professionale dei giovani privi di occupazione. La previsione, cosi' come formulata, conferisce all'Assessore al ramo la competenza ad emanare una disciplina di dettaglio della materia che, seppure sia previsto che assuma la forma dell'atto amministrativo "con proprio decreto"), contiene gli elementi che ne identificano i caratteri normativi. La disciplina che dovra' essere emanata ha la funzione di rendere possibile la concreta attuazione della previsione legislativa, per sua natura generale ed astratta, e sotto tale profilo, non puo' che essere contenuta in un regolamento di esecuzione, cioe' in uno dei regolamenti previsti dall'art. 17 della legge 23 agosto 1988 n. 400. Stante la suddetta qualificazione della norma, questa avrebbe dovuto pertanto essere emanata con atto del presidente della regione su deliberazione del Governo regionale, nel rispetto del chiaro dettato dell'art. 12 dello Statuto. Anche a volre prescindere da ogni altra considerazione relativa alla sovrapponibilita' o meno delle funzioni esercitate dai Ministri della Repubblica con quelle esercitate dagli Assessori regionali, la predetta disposizione statutaria preclude di per se' la possibilita' che venga considerato applicabile, per analogia, il comma 3 dell'art. 17 della citata legge n. 400/800, che disciplina la emanazione di regolamenti ministeriali o interministeriali.
P. Q. M. e con riserva di presentare memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto dott. Francesco Camerino, vice commissario dello Stato per la regione siciliana, nella qualita' di Commissario dello Stato f.f., ai sensi dell'art. 28 dello Statuto speciale, con il presente atto impugna i sottoelencati articoli del disegno di legge n. 381 dal titolo: "Misure di politiche attive del lavoro in Sicilia. Modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85. Norme in materia di attivita' produttive e di Sanita'. Disposizioni varie", approvato dall'Assemblea regionale siciliana il 28 luglio 1997: art. 19, secondo comma, per violazione dell'art. 12 dello Statuto speciale; art. 22 per violazione dell'art. 97 della Costituzione nonche' degli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale; art. 23 per violazione degli artt. 3, 51 e 97, dell'art. 14 del decreto-legge n. 299/1994 convertito con modificazioni nella legge n. 451/1994 e degli artt. 20, 21 e 22 della legge n. 196/1997 in relazione ai limiti posti dall'art. 17, lett. f), dello Statuto speciale nonche' dell'art. 2, lett. r) legge n. 421/1992 in relazione ai limiti posti dall'art. 14 dello Statuto speciale. art. 27, primo comma per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione; art. 27, terzo comma per violazione degli artt. 3, 51, 81, quarto comma, 97 e 136 della Costituzione nonche' dell'art. 2, lett. r), legge n. 421/1992 in relazione ai limiti posti dall'art. 14 dello Statuto speciale; Palermo, addi' 5 agosto 1997 Il vice commissario dello Stato per la regione siciliana: commissario dello Stato f.f. prefetto Francesco Camerino 97C1010