N. 86 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2018

Ordinanza  del  27  novembre  2018  del  Tribunale  di  Firenze   nel
procedimento penale a carico di E.S.. 
 
Reati e pene - Ragguaglio tra pene  pecuniarie  e  pene  detentive  -
  Coefficiente di ragguaglio - Mancata previsione di un  criterio  di
  ragguaglio analogo al coefficiente previsto  dall'art.  459,  comma
  1-bis, cod. proc. pen. 
- Codice penale, art. 135. 
(GU n.24 del 12-6-2019 )
 
                        TRIBUNALE DI FIRENZE 
          Terza sezione penale in composizione monocratica 
 
    Con decreto di citazione a giudizio emesso in data 15 luglio 2015
E.S. veniva citato dal pubblico  ministero  presso  il  Tribunale  di
Firenze per rispondere dei reati ex articoli 612  e  339  del  codice
penale. 
    All'udienza di smistamento  dell'11  luglio  2018  l'imputato,  a
mezzo del difensore munito di  procura  speciale,  ha  anticipato  la
volonta' di avanzare istanza di  applicazione  della  pena  di  venti
giorni di reclusione convertita nella pena finale di euro 1.500,00 di
multa previa conversione della pena detentiva  in  quella  pecuniaria
corrispondente pari a euro 75,00 di multa per  ogni  giorno  di  pena
detentiva. In merito a tale richiesta il difensore ha evidenziato che
in base alla normativa  vigente  la  conversione  nei  termini  sopra
indicati non e' pero' possibile. 
    Questo  giudice,  nell'ambito  della  fattispecie  sottoposta  ad
esame, relativa alla contestazione  degli  articoli  612  e  339  del
codice penale, sottopone alla attenzione della Corte la questione  di
legittimita' costituzionale dell'art.  135  del  codice  penale,  con
rifermento all'art. 3 della Carta costituzionale nella parte  in  cui
la norma stabilisce che il «computo ha luogo calcolando euro  250,00,
o frazione di euro 250,00 di pena pecuniaria per un  giorno  di  pena
detentiva» con una irragionevole disparita' di trattamento rispetto a
quanto previsto dall'art. 459, comma 1-bis del  codice  di  procedura
penale, che recita «Nel caso di irrogazione di una pena pecuniaria in
sostituzione di una  pena  detentiva,  il  giudice,  per  determinare
l'ammontare della pena pecuniaria, individua il valore giornaliero al
quale puo' essere assoggettato  l'imputato  e  lo  moltiplica  per  i
giorni di pena detentiva. Nella determinazione dell'ammontare di  cui
al  periodo  precedente  il  giudice  tiene  conto  della  condizione
economica complessiva dell'imputato e del suo  nucleo  familiare.  Il
valore giornaliero non puo' essere inferiore alla somma di euro 75 di
pena pecuniaria per un giorno di pena detentivi e non  puo'  superare
di tre  volte  tale  ammontare.  Alla  pena  pecuniaria  irrogata  in
sostituzione della pena  detentiva  si  applica  l'art.  133-ter  del
codice penale». 
    La questione di legittimita' appare  rilevante  per  il  processo
penale  in  corso  essendo  interesse   dell'imputato   chiedere   la
definizione  ex  art.  444  del  codice  di  procedura  penale,   con
conversione della pena finale nella  corrispondente  pena  pecuniaria
alla luce del nuovo assetto  normativo  delineato  con  l'entrata  in
vigore della legge n. 103/2017 (cd legge Orlando); l'art. 53, comma 2
della legge n. 689/1981, che disciplina la  sostituzione  delle  pene
detentive, prescrive che: «nella determinazione dell'ammontare di cui
al  precedente  periodo  il  giudice  tiene  conto  della  condizione
economica complessiva dell'imputato e del suo  nucleo  familiare.  Il
valore giornaliero non puo'  essere  inferiore  alla  somma  indicata
dall'art. 135 del codice penale e non puo' superare  di  dieci  volte
tale ammontare.  Alla  sostituzione  della  pena  si  applica  l'art.
133-ter del codice penale». 
    A tenore dell'art. 135 del codice penale  «quando  per  qualsiasi
effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio tra pene pecuniarie
e pene detentive, il  computo  ha  luogo  calcolando  euro  250,00  o
frazione di euro 250,00 di pena pecuniaria  per  un  giorno  di  pena
detentiva». 
    In merito alla non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale,  l'art.  1,  comma  53  della  legge  n.
103/2017 nel libro VI del codice di  procedura  penale,  relativo  ai
procedimenti speciali, ha introdotto all'art. 459, comma  1-bis  «Nel
caso di irrogazione di una pena pecuniaria  in  sostituzione  di  una
pena detentiva, il giudice, per determinare  l'ammontare  della  pena
pecuniaria, individua il valore  giornaliero  al  quale  puo'  essere
assoggettato  l'imputato  e  lo  moltiplica  per  i  giorni  di  pena
detentiva. Nella determinazione  dell'ammontare  di  cui  al  periodo
precedente  il  giudice  tiene  conto  della   condizione   economica
complessiva dell'imputato e  del  suo  nucleo  familiare.  Il  valore
giornaliero non puo' essere inferiore alla somma di euro 75  di  pena
pecuniaria per un giorno di pena detentiva e non puo' superare di tre
volte tale ammontare. Alla pena pecuniaria irrogata  in  sostituzione
della pena detentiva si applica l'art. 133-ter  del  codice  penale».
Tale norma pertanto ha introdotto una deroga all'art. 135 del  codice
penale nella misura in cui consente un computo tra pena  detentiva  e
pena pecuniaria nei termini sopra precisati. 
    Infatti,  il  legislatore  con  la  citata  legge  ha  modificato
soltanto  la  norma  relativa  al  procedimento  per  decreto   senza
intervenire sulla norma generale stabilita in materia di  conversione
delle pene detentiva in pene pecuniarie,  di  cui  all'art.  135  del
codice penale. 
    L'attuale  sistema  normativo  prevede  che,  su  istanza  e  per
iniziativa autonoma del pubblico ministero,  il  procedimento  penale
possa essere definito con un rito speciale, nella specie del  decreto
penale di condanna ex  art.  459  del  codice  di  procedura  penale,
novellato, e che in tale unico caso, laddove  si  debba  procedere  a
sostituzione della pena detentiva, il ragguaglio avvenga secondo  una
forbice che variera' tra 75 e 225 euro per ogni giorno di detenzione,
in concreto tenendo conto delle reali condizioni economiche del reo. 
    Ove invece il pubblico ministero non avra' richiesto  il  decreto
penale di condanna, l'imputato si trovera'  a  dovere  affrontare  il
giudizio e in quella sede, in atti preliminari, potra' richiedere  la
definizione  del  procedimento,  anche  in  caso  di  pena  detentiva
sostituibile, con un diverso rito speciale, quale nel caso di  specie
l'applicazione di pena  su  richiesta  ex  art.  444  del  codice  di
procedura penale, senza pero' poter ambire ad un ragguaglio che tenga
conto delle sue reali condizioni economiche. 
    Nella sostanza per uno stesso fatto di reato, a  seconda  che  il
pubblico ministero esserci l'azione penale ricorrendo al procedimento
per  decreto  o  invece  alla  richiesta  di  rinvio  a  giudizio   o
all'emissione del decreto di citazione a giudizio (scelta questa  non
rimessa all'iniziativa dell'imputato e che non  rientra  tra  le  sue
facolta'), si avranno conseguenze sensibilmente diverse,  in  maniera
del tutto ingiustificata, sotto il profilo sanzionatorio. 
    Quanto sopra evidenzia un netto  contrasto  con  l'art.  3  della
Costituzione attribuendo  irragionevolmente  un  potere  al  pubblico
ministero nella scelta del rito da chiedere, irragionevolezza che  si
riverbera, in termini di diversa sanzione in  concreto  da  irrogare,
sull'imputato. 
    Tra l'altro va sottolineato come  alla  sostituzione  della  pena
detentiva in pena pecuniaria si addivenga in forza  della  previsione
dell'art. 53 della legge n. 689/1981,  che  fa  espresso  riferimento
agli art. 135  del  codice  penale,  quanto  al  ragguaglio,  e  agli
articoli 133-bis e ter, in particolare all'art.  133-bis  del  codice
penale, che prevede che «nella  determinazione  dell'ammontare  della
multa o della ammenda il giudice deve  tener  conto,  oltre  che  dei
criteri indicati dall'articolo  precedente,  anche  delle  condizioni
economiche del reo». Un richiamo, quello contenuto nell'art.  53  che
disciplina per l'appunto le sostituzioni, all'art. 133-bis del codice
penale, oltre che all'art. 135 del codice penale, che equivale ad una
chiara indicazione data dal legislatore al  giudice  affinche'  ponga
particolare  attenzione,  anche   e   proprio   nel   momento   della
sostituzione della  pena  detentiva  con  la  pena  pecuniaria,  alle
capacita' economiche del reo. 
    Da qui l'irragionevole disparita' di trattamento  tra  situazioni
del tutto analoghe, di  soggetti  che  accedono  a  riti  alternativi
egualmente premiali e che si vedono negata, in caso  di  applicazione
della pena su richiesta,  una  pena  detentiva  sostituita  ai  sensi
dell'art. 135 del codice penale, e non commisurata ne'  commisurabile
alle sue reali condizioni economiche. 
    Peraltro l'impossibilita' di graduare la pena  al  caso  concreto
costituisce violazione non solo dell'art.  3  della  Costituzione  ma
altresi' dell'art. 27 della Carta costituzionale.  Difatti  una  pena
«eccessiva» rispetto alle reali condizioni economiche del reo non  e'
di fatto ottemperabile, con la evidente  conseguenza  che  non  sara'
possibile  perseguire  e  raggiungere  uno  degli  obiettivi  primari
affidati dal legislatore alla pena, che e' la funzione rieducativa. 
    Pertanto, dopo il recente intervento legislativo,  puo'  accadere
che  uno  stesso  reato  venga  sanzionato  con  la  pena  pecuniaria
corrispondente alla pena  detentiva,  all'esito  del  ragguaglio,  in
misura diversa a seconda che si sia proceduto ai sensi dell'art.  459
del codice di procedura penale, o secondo rito ordinario  o  uno  dei
diversi riti alternativi  (patteggiamento  e  abbreviato).  Si  viene
quindi a delineare una irragionevole e ingiustificata  disparita'  di
trattamento, in palese violazione dell'art. 3 della Costituzione, con
conseguente e concreta lesione anche dell'art. 27 della Costituzione,
per quanto in precedenza detto. 
    Rilevato che il  pendente  giudizio  non  possa  essere  definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione e  23  della  legge  11
marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata ai sensi  degli
articoli 3 e 27  della  Costituzione  la  questione  di  legittimita'
avanzata dalla difesa di E.S. con riferimento all'art. 135 del codice
penale, laddove tale articolo  prevede  che  «Quando,  per  qualsiasi
effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie
e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 250, o frazione
di euro 250, di pena pecuniaria per un giorno di  pena  detentiva»  e
non prevede invece che, analogamente a quanto previsto dall'art. 459,
comma 1-bis del codice di procedura penale, il  ragguaglio  tra  pena
detentiva e pena pecuniaria venga calcolato sulla somma di  euro  75,
non superabile di oltre tre volte, di pena pecuniaria per  un  giorno
di pena detentiva  tenuto  conto  anche  della  condizione  economica
complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare; 
    Dispone  la  sospensione   del   presente   procedimento   e   la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    Dispone altresi', che  a  cura  della  Cancelleria,  la  presente
ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei  ministri  e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Manda  alla
Cancelleria per quanto di competenza. 
      Firenze, 27 novembre 2018 
 
                        Il Giudice: Giordano