N. 393 ORDINANZA 19 - 23 novembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Fallimento  e  procedure  concorsuali  -  Corrispondenza  diretta  al
  fallito   -   Disciplina   introdotta   dall'art. 45   del  decreto
  legislativo  9 gennaio  2006,  n. 5  -  Individuazione dei soggetti
  abilitati  a  ricevere  la  corrispondenza indirizzata al fallito -
  Obbligo  in  capo agli  amministratori  o liquidatori di societa' o
  enti  soggetti  alla  procedura  di  fallimento  di  consegnare  la
  corrispondenza  riguardante  i  rapporti  compresi nel fallimento -
  Mancata  previsione  di  una  «sanzione»  in caso di inosservanza -
  Denunciata  violazione  del  diritto  di  difesa  e dei principi di
  eguaglianza  e del giusto processo - Richiesta di restituzione atti
  al remittente per ius superveniens - Reiezione.
- R.d.  16 marzo  1942, n. 267, art. 48, come modificato dall'art. 45
  del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
Fallimento  e  procedure  concorsuali  -  Corrispondenza  diretta  al
  fallito   -   Disciplina   introdotta   dall'art. 45   del  decreto
  legislativo  9 gennaio  2006,  n. 5  -  Individuazione dei soggetti
  abilitati  a  ricevere  la  corrispondenza indirizzata al fallito -
  Obbligo  in  capo agli  amministratori  o liquidatori di societa' o
  enti  soggetti  alla  procedura  di  fallimento  di  consegnare  la
  corrispondenza  riguardante  i  rapporti  compresi nel fallimento -
  Mancata  previsione  di  una  «sanzione»  in caso di inosservanza -
  Denunciata  violazione  del  diritto  di  difesa e dei principi del
  giusto  processo  -  Omessa  indicazione di uno specifico petitum -
  Manifesta inammissibilita' della questione.
- R.d.  16 marzo  1942, n. 267, art. 48, come modificato dall'art. 45
  del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.
- Costituzione, artt. 24 e 111.
Fallimento  e  procedure  concorsuali  -  Corrispondenza  diretta  al
  fallito   -   Disciplina   introdotta   dall'art. 45   del  decreto
  legislativo  9 gennaio  2006,  n. 5  -  Individuazione dei soggetti
  abilitati  a  ricevere  la  corrispondenza indirizzata al fallito -
  Obbligo  in  capo agli  amministratori  o liquidatori di societa' o
  enti  soggetti  alla  procedura  di  fallimento  di  consegnare  la
  corrispondenza  riguardante  i  rapporti  compresi nel fallimento -
  Mancata  previsione  di  una  «sanzione»  in caso di inosservanza -
  Denunciata  irragionevole  parificazione fra l'imprenditore persona
  fisica e l'imprenditore persona giuridica - Questione implicante un
  bilanciamento    di   interessi   rimesso   alla   discrezionalita'
  legislativa - Manifesta inammissibilita'.
- R.d.  16 marzo  1942, n. 267, art. 48, come modificato dall'art. 45
  del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.46 del 28-11-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio
FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 48 del regio
decreto   16 marzo  1942,  n. 267  (Disciplina  del  fallimento,  del
concordato   preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della
liquidazione    coatta   amministrativa),   cosi'   come   modificato
dall'art. 45  del  decreto  legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma
organica   della  disciplina  delle  procedure  concorsuali  a  norma
dell'articolo 1,   comma 5,   della  legge  14 maggio  2005,  n. 80),
promosso  con ordinanza del 27 giugno 2006 dal Tribunale ordinario di
Brescia nel procedimento civile vertente tra il Fallimento Panatronic
S.r.l.  e  Poste  Italiane  S.p.A.,  iscritta  al n. 278 del registro
ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 17, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 10 ottobre 2007 il giudice
relatore Paolo Maria Napolitano.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  depositata  il 27 giugno 2006, il
Tribunale  ordinario di Brescia ha sollevato questione incidentale di
costituzionalita',  in  riferimento  agli  artt. 3,  24  e  111 della
Costituzione,  dell'art. 48  del  regio decreto 16 marzo 1942, n. 267
(Disciplina    del    fallimento,    del    concordato    preventivo,
dell'amministrazione   controllata   e   della   liquidazione  coatta
amministrativa),  cosi'  come  modificato  dall'art. 45  del  decreto
legislativo  9 gennaio  2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina
delle procedure concorsuali a norma dell'art. 1, comma 5, della legge
14 maggio  2005,  n. 80),  nella  parte  in cui tale disposizione non
prevede  piu'  che  la corrispondenza diretta al fallito debba essere
consegnata direttamente al curatore del fallimento;
        che  il  rimettente  e'  chiamato  a  giudicare  in ordine al
reclamo  presentato  dal  curatore  del fallimento di una societa' di
capitali  avverso  il  provvedimento col quale era stata rigettata la
richiesta  di  emissione  di  misura  cautelare volta ad ottenere, ai
sensi  dell'art. 48  legge fall., l'ordine a Poste Italiane S.p.A. di
consegnare   al   predetto  curatore  la  corrispondenza  che  «fosse
giacente, pervenisse o fosse indirizzata» alla societa' fallita;
        che,   affermata   l'applicabilita'  al  fallimento  de  quo,
dichiarato con sentenza del 4 febbraio 2006, dell'art. 48 legge fall.
nel testo riformato dall'art. 45 del d.lgs. n. 5 del 2006, il giudice
a  quo  ha  precisato  che,  mentre  il testo previgente della citata
disposizione  prevedeva  che  la  corrispondenza  inviata  al fallito
dovesse  essere consegnata al curatore, il quale tratteneva presso di
se'  solo quella riguardante il fallimento, l'attuale testo normativo
prevede  che  sia  il  fallito,  ricevuta  la  corrispondenza  a  lui
indirizzata,  a  dover  consegnare  al  curatore  quella  inerente  i
rapporti compresi nel fallimento;
        che,   secondo   il   rimettente,  alla  luce  della  vigente
legislazione, il reclamo cautelare dovrebbe essere respinto, con cio'
evidenziandosi,  sotto  il profilo della rilevanza, la ammissibilita'
della questione di legittimita' costituzionale;
        che,  quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale di
Brescia, ritenuto di doverla esaminare alla stregua degli artt. 3, 24
e  111  della  Costituzione,  rileva  che l'art. 142 legge fall., nel
testo   vigente   a   decorrere   dal  16 luglio  2006,  prevede  che
l'imprenditore   fallito,   se  persona  fisica,  possa  ottenere  il
beneficio  della  «esdebitazione» a condizione di non aver violato le
disposizioni  di  cui  all'art. 48 della stessa legge, mentre, per il
caso dell'amministratore della societa' di capitali, non e' prevista,
in caso di violazione dell'art. 48 legge fall., alcuna «sanzione»;
        che, ad avviso del rimettente, sarebbe, in tal modo, di fatto
consentito  agli  amministratori  di  societa'  di  non consegnare al
curatore  del  fallimento la corrispondenza indirizzata alla societa'
medesima, occultando informazioni utili per l'individuazione dei beni
sottoposti   alla   procedura,   con   nocumento  dei  creditori  che
risulterebbero cosi' privi di adeguata tutela processuale, risultando
in tal modo violato l'art. 111 della Costituzione;
        che,  per  il  giudice  a  quo,  sarebbe,  altresi',  violato
l'art. 24   della  Costituzione,  poiche'  la  tutela  dei  creditori
fallimentari  sarebbe  subordinata alla volonta' del soggetto passivo
della procedura;
        che,  infine,  la  norma  impugnata  si porrebbe in contrasto
anche  con l'art. 3 della Costituzione, in quanto prevede la medesima
disciplina   sia   nei  riguardi  dell'imprenditore  individuale,  in
relazione  al  quale possono effettivamente sussistere le esigenze di
tutela   della   riservatezza  richiamate  a  livello  costituzionale
dall'art. 15  della  Costituzione, sia nei riguardi dell'imprenditore
che operi sotto forma di societa' di capitali, la cui corrispondenza,
necessariamente  relativa a soli rapporti commerciali, non giustifica
la medesima tutela;
        che  l'applicabilita'  della medesima disciplina a situazioni
fra loro cosi' difformi sarebbe indice della sua irragionevolezza;
        che    ulteriore    profilo   di   irragionevolezza   sarebbe
rappresentato  dal fatto che, essendo la preclusione all'accesso alla
esdebitazione  applicabile  solo all'imprenditore individuale che non
consegni  al  curatore la corrispondenza inerente al fallimento, solo
questo   sara'   «spinto»   ad  adempiere  all'obbligo  di  consegna,
strumentale alla tutela dei creditori;
        che  in tal modo, pero', il bilanciamento degli interessi fra
tutela  della  segretezza della corrispondenza e tutela dei creditori
concorsuali  risultera'  irragionevolmente sperequato, nel senso che,
la'   dove  e'  minore  -  se  non  inesistente  -  l'interesse  alla
riservatezza,  di  fatto  minore sara' anche la tutela dei creditori,
che  risultera'  piu'  intensa  la'  dove  e',  invece, riscontrabile
un'apprezzabile esigenza di riservatezza;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato, il quale ha concluso per la infondatezza della questione;
        che  per  l'Avvocatura  la  norma  in  questione  e' volta ad
assicurare  tutela  alla  segretezza  della  corrispondenza,  secondo
quanto  previsto  dall'art. 15  della  Costituzione,  senza  porsi in
contrasto  con  gli  artt. 111  e  24  della  Costituzione, poiche' i
creditori  fallimentari  possono  agire nei confronti del fallito per
l'adempimento dell'obbligo di consegna su di lui gravante;
        che  la  previsione  della  impossibilita'  di  accedere alla
esdebitazione solo nei confronti delle persone fisiche e' conseguenza
della   diversita'   strutturale  fra  queste  ultime  e  le  persone
giuridiche;
        che  la  necessita'  del  generale rispetto di quanto dettato
dall'art. 15  della Costituzione giustifica la ampiezza della portata
della  norma denunciata della quale, in quanto collegata al ricordato
precetto costituzionale, non e' concepibile la secca rimozione;
        che,  infine,  violerebbe la discrezionalita' del legislatore
la introduzione di un regime alternativo a quello esistente;
        che,  con  memoria  illustrativa  depositata  il 18 settembre
2007,  la  Avvocatura  dello  Stato ha informato che il Consiglio dei
ministri,  nella  seduta del 6 settembre 2007, ha approvato lo schema
di  un decreto legislativo correttivo delle modifiche introdotte alla
legge fallimentare;
        che fra le norme oggetto di «correzione» vi e' anche il nuovo
art. 48,  il  quale,  nel  testo  scaturito dal recente provvedimento
governativo,  prevede  che  l'obbligo di trasmissione al curatore del
fallimento  della  corrispondenza  ricevuta  concerna solo il fallito
persona fisica, mentre al comma 2, di nuova introduzione, prevede che
«La  corrispondenza  diretta al fallito che non sia persona fisica e'
consegnata al curatore»;
        che,  in considerazione della imminente pubblicazione di tale
provvedimento,   la   difesa  erariale  chiede  che  gli  atti  siano
restituiti  al  rimettente, per una nuova valutazione della rilevanza
della questione.
    Considerato  che  il  Tribunale  ordinario  di Brescia dubita, in
riferimento   agli  artt. 3,  24  e  111  della  Costituzione,  della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 48 del regio decreto 16 marzo
1942,  n. 267  (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo,
dell'amministrazione   controllata   e   della   liquidazione  coatta
amministrativa),  cosi'  come  modificato  dall'art. 45  del  decreto
legislativo  9 gennaio  2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina
delle  procedure  concorsuali a norma dell'articolo 1, comma 5, della
legge  14 maggio  2005, n. 80), nella parte in cui, senza distinguere
fra imprenditore persona fisica e imprenditore persona giuridica, non
prevede  piu'  che la corrispondenza diretta a soggetto del quale sia
stato  dichiarato  il fallimento debba essere direttamente consegnata
al curatore fallimentare, il quale aveva diritto di trattenere quella
riguardante interessi patrimoniali, prevedendo, invece, l'obbligo per
l'imprenditore  fallito,  o per gli amministratori o i liquidatori in
caso di fallimento di persona giuridica, di consegnare al curatore la
corrispondenza riguardante i rapporti compresi nel fallimento;
        che  deve,  preliminarmente, essere disattesa la richiesta di
restituzione  degli  atti  al  giudice  rimettente,  formulata  dalla
Avvocatura  generale  dello  Stato nella sua memoria illustrativa del
18 settembre  2007  e  fondata  sulla intervenuta modificazione della
disposizione  censurata  per  effetto della approvazione da parte del
Consiglio  dei ministri di uno schema di decreto legislativo il quale
apporta modifiche sostanziali al testo della disposizione censurata;
        che,  infatti,  cosi'  come  formulata, la richiesta non puo'
essere accolta, posto che l'avvenuta approvazione in sede governativa
dello  schema di decreto legislativo, prima del perfezionamento della
procedura volta alla formazione degli atti aventi forza di legge, non
ha  alcuna  idoneita'  a modificare il diritto oggettivo e, quindi, a
giustificare,   sulla   premessa   di   un  mutamento  normativo,  la
restituzione  degli  atti  al  giudice  rimettente  onde consentire a
questo di esaminare la perdurante rilevanza della questione;
        che   deve,   tuttavia,  rilevarsi  che,  successivamente  al
deposito  da  parte della Avvocatura erariale della ricordata memoria
illustrativa, e' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 241 del
16 ottobre  2007  il  decreto  legislativo  12 settembre 2007, n. 169
(Disposizioni  integrative  e  correttive  al  regio decreto 16 marzo
1942, n. 267, nonche' al decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, in
materia  di  disciplina  del  fallimento, del concordato preventivo e
della  liquidazione  coatta  amministrativa,  ai  sensi  dell'art. 1,
commi 5,  5-bis  e  6,  della legge 14 maggio 2005, n. 80), il quale,
all'art. 4, comma 1, modifica la norma censurata;
        che,  peraltro,  neppure  tale  circostanza  appare  idonea a
giustificare  la  restituzione  degli atti al giudice rimettente, una
volta  che  si consideri che, pur prescindendosi dai profili relativi
alla   applicabilita'   delle   modifiche   introdotte   col  decreto
legislativo   n. 169   del  2007  alle  procedure  fallimentari  gia'
pendenti,   la   data   della  sua  entrata  in  vigore  e'  fissata,
dall'art. 22,   comma 1,   del   medesimo   decreto  legislativo,  al
1° gennaio 2008;
        che  il  giudice  rimettente  ravvisa  una  violazione  degli
artt. 24 e 111 della Costituzione nel fatto che l'art. 48 legge fall.
non  preveda alcuna «sanzione» (rectius: conseguenza pregiudizievole)
a  carico  dell'amministratore  di societa' di capitali che ometta di
consegnare  al  curatore  fallimentare  la corrispondenza a contenuto
patrimoniale  da  lui  ricevuta,  avendo  questi  la  possibilita' di
«occultare  [...]  informazioni  utili  per l'individuazione dei beni
sottoposti  ad esecuzione concorsuale», cosi' cagionando nocumento ai
creditori,  privi  di «adeguata tutela nel processo» in quanto questa
sarebbe   subordinata   «alla   volonta'  del  soggetto  passivo  del
fallimento»;
        che, anche a non voler considerare che l'evenienza, paventata
dal  ricorrente,  - per cui non sarebbe sanzionabile il comportamento
dell'amministratore  di  una  societa'  di capitali fallita il quale,
attraverso  la  mancata trasmissione al curatore della corrispondenza
riguardante  i  rapporti  compresi nel fallimento, venga a nascondere
beni  fallimentari - e' esclusa in quanto l'ordinamento prevede quale
reato  la  condotta  di  chi, rivestendo, fra l'altro, la qualita' di
amministratore  o liquidatore di societa' dichiarata fallita, occulti
beni  del  fallimento  (artt. 216  e 223 legge fall.), deve rilevarsi
che,  in  realta',  il rimettente si limita a denunciare una presunta
situazione  di  contrasto  tra  la disciplina censurata e gli evocati
parametri  costituzionali,  senza  indicare  uno  specifico petitum e
senza  precisare  quale intervento di questa Corte sarebbe necessario
onde ricondurre la norma censurata a legittimita' costituzionale;
        che analoghe considerazioni valgono in relazione alla dedotta
violazione  dell'art. 3  della  Costituzione,  argomentata sulla base
della   asserita   diversita'   fra  imprenditore  persona  fisica  e
imprenditore  persona  giuridica,  tale da non giustificare, sotto il
profilo  della  ragionevolezza, la adozione, quanto alla tutela della
liberta'   e   segretezza   della   corrispondenza  a  tali  soggetti
indirizzata, di una medesima disciplina;
        che,  in  particolare, sul punto, oltre alla indeterminatezza
del  petitum  formulato  a  questa  Corte,  emerge  il  fatto  che il
rimettente,  di  fronte  ad una fattispecie normativa che realizza un
bilanciamento  di  interessi  fra i valori costituzionali in giuoco -
quello   che   della  segretezza  e  liberta'  della  corrispondenza,
direttamente  presidiato  dall'art. 15  della  Costituzione, e quello
della  tutela  giudiziaria  della  iniziativa economica - sollecita a
questa  Corte,  sulla  base  di  una  sua personale sensibilita' alla
tematica  in questione, la adozione di un altro, diverso, criterio di
bilanciamento   la  cui  individuazione,  nella  molteplicita'  delle
soluzioni    possibili,    e',    pero',    rimessa   alla   prudente
discrezionalita' del legislatore;
        che,  attese  le considerazioni che precedono e conformemente
alla  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte  (ordinanze n. 279,
n. 186  e  n. 35  del  2007 quanto al primo profilo, nonche' sentenza
n. 377  del  1994  e ordinanza n. 302 del 1998 quanto al secondo), la
questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 48 del regio decreto 16 marzo
1942,  n. 267  (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo,
dell'amministrazione   controllata   e   della   liquidazione  coatta
amministrativa),  cosi'  come  modificato  dall'art. 45  del  decreto
legislativo  9 gennaio  2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina
delle procedure concorsuali a norma dell'art. 1, comma 5, della legge
14 maggio  2005, n. 80), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e
111  della  Costituzione,  dal  Tribunale  ordinario  di  Brescia con
l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Napolitano
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 23 novembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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