N. 288 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 febbraio 1997

                                N. 288
  Ordinanza emessa il 5 febbraio 1997  del  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  il tribunale di Rimini nel procedimento penale a
 carico di Spinola Salvatore ed altro
 Processo penale - Applicazione della pena su richiesta delle parti  -
    Effetti - Estinzione del reato nel caso di mancata commissione del
    delitto   o   contravvenzione  della  stessa  indole  nei  termini
    stabiliti  -   Lamentata   mancata   previsione   di   sospensione
    dell'esecuzione  della  sentenza  di  applicazione  della pena nei
    detti termini - Disparita' di trattamento derivante  dell'avvenuta
    o  meno  concessione  della  sospensione condizionale della pena -
    Eccesso di delega.
 (C.P.P. 1988, art. 445, comma 2).
 (Cost., artt. 3 e 76, in riferimento alla legge 16 febbraio 1987,  n.
    81, dir. n. 45).
(GU n.23 del 4-6-1997 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha emesso la seguente ordinanza nel processo penale a carico di:
     Spinola  Salvatore,  nato  a  Napoli  il  20 settembre 1971, res.
 Napoli, vico Cavaiole, Monte Calvario n. 22, dif. fid. avv. Nicoletta
 Gagliani del Foro di Rimini;
     Tarantino Giuseppe, nato a Napoli il 19 maggio 1977, res. Napoli,
 via Grazia n. 15, dif. fid. avv. Paola Morosi del Foro di Rimini.
   Imputati entrambi:
     A) del reato di cui agli artt. 110,  628  c.p.  per  essersi,  in
 concorso   tra   loro,   il  primo  usando  violenza  sul  braccio  e
 pronunciando minacce, il secondo aspettando  con  il  ciclomotore  in
 moto per la fuga, impossessati di un orologio Rolex, sottraendolo con
 la  modalita'  anzidetta  a  Luminasi Lilia, al fine di procurarsi un
 profitto. In Riccione il 16 luglio 1996.
   Tarantino inoltre:
     B) del reato di cui all'art. 189 cod. str., 61  n.  2  c.p.,  per
 evere  omesso  di  fermarsi  e  di  prestare  assistenza  a  Grimaldi
 Gabriella, dal Tarantino investita nella fuga,  a  cio'  al  fine  di
 conseguire l'immunita' dal reato di cui al capo A). In Riccione il 16
 luglio 1996.
   Nell'udienza  preliminare  le  parti concordemente hanno chiesto la
 definizione del processo, esclusa la colpevolezza  del  Tarantino  in
 ordine  al  reato di cui al capo B), mediante applicazione della pena
 di anni uno di reclusione e L. 2.000.000 di multa, a  ciascuno  degli
 imputati,  per  il  reato  di  cui  al  capo  A),  con la sospensione
 condizionale quanto allo Spinola.
   Il difensore del Tarantino, i cui precedenti penali  sono  ostativi
 alla  concessione  della  sospensione  condizionale  della  pena,  ha
 chiesto che  venga  disposta  la  sospensione  dell'esecuzione  della
 sentenza  nei  confronti  del Tarantino per la durata di cinque anni,
 per  consentire  al  medesimo  di  ottenere  l'estinzione  del  reato
 prevista  dall'art.   445, secondo comma, c.p.p. e, conseguentemente,
 l'estinzione della pena.
   Il giudice ritiene applicabile  la  pena  nella  misura  richiesta,
 apparendo  concepibili le attenuanti generiche e del danno risarcito,
 da considerare prevalenti sull'aggravante di cui all'art. 628,  terzo
 comma,  n.  1 ultima parte, c.p., implicitamente contestata, mediante
 un calcolo della pena a partire  dalla  pena  base  di  anni  tre  di
 reclusione  e  L.  4.000.000  di multa, diminuita congruamente per le
 attenuanti e da ultimo  ex  art.  444  c.p.p.  La  concessione  delle
 attenuenti  e'  giustificata  dalla  giovane  eta'  dello  Spinola  e
 giovanissima del Tarantino, e dalla loro  piena  confessione,  indice
 significativo  di  ravvedimento  e  di  volonta'  di recupero umano e
 sociale, nonche' dal risarcimento del danno nei confronti della  p.o.
 Luminasi  Lilia, documentato mediante produzione della corrispondenza
 intercorsa e dei vaglia telegrafici.
   Riguardo all'istanza di sospensione dell'esecuzione della  sentenza
 formulata  dal  difensore  del Tarantino, il giudice osserva che essa
 non e' ammissibile, quantomeno in questa sede, non  essendo  prevista
 da alcuna disposizione di legge.
   Quantomeno  in  questa sede, poiche' sede idonea parrebbe essere un
 procedimento di esecuzione ex art. 666 e ss. c.p.p., nel quale  venga
 posta  in  questione  l'esistenza  o l'efficacia del titolo esecutivo
 penale.
   Il giudice osserva peraltro che l'istanza del difensore suscita una
 serie di perplessita' sulla effettiva portata del disposto  dell'art.
 445,  secondo  comma,  c.p.p.,  che  inducono  a  sollevare d'ufficio
 questione di legittimita' costituzionale.
   Questa disposizione contempla una causa di  estinzione  del  reato,
 con  formula  sostanzialmente,  e  anche  letterariamente,  analoga a
 quella contenuta nell'art. 167 c.p. con riferimento alla  sospensione
 condizionale  della  pena.  Tuttavia,  mentre,  per definizione e per
 espressa previsione normativa, nel periodo di "prova" quinquennale  o
 biennale  previsto per quest'ultimo istituto, l'esecuzione della pena
 e' appunto sospesa, tanto che, decorso positivamente tale termine, il
 reato e'  estinto  e  l'esecuzione  della  pena  non  ha  luogo,  non
 esistono,   riguardo   al   periodo   di   "prova"  previsto  per  il
 patteggiamento della pena, analoghe disposizioni.  Non  solo,  ma  e'
 prevista  la possibilita' che la pena patteggiata venga sospesa, alle
 condizioni di legge, e addirittura che l'efficacia della richiesta di
 applicazione della pena sia subordinata dalla parte alla  concessione
 della   sospensione   condizionale.   Ne  consegue,  argomentando  "a
 contrario", che, secondo il  sistema  normativo  introdotto  con  gli
 artt.  444  e  ss.  c.p.p.,  l'espressa  previsione  di un periodo di
 "prova"  ai  fini  dell'estinzione   del   reato   e'   perfettamente
 compatibile con l'esecuzione della pena.
   Se  si  considera  inoltre  che  la sentenza applicativa della pena
 prescinde dall'accertamento del reato, ne consegue  che  in  caso  di
 estinzione  del  reato  per  buona  condotta quinquennale o biennale,
 secondo i  casi,  qualora  vi  sia  stata  esecuzione,  si  e'  avuta
 espiazione  di  pena  non  quale  sanzione  per un reato estinto, che
 sarebbe  gia'  cosa  quantomeno  discutibile,  ma  addirittura  quale
 sanzione penale per un non-reato, perdipiu' estinto.
   Tutto cio' appare al giudicante francamente illogico e irrazionale.
   Appare  priva di senso una promessa di estinzione del reato in caso
 di buona condotta, priva di una correlativa sospensione per la durata
 del periodo di prova.
   Cio' in particolare se si considera che la  non  esecuzione  (o  la
 cessazione   dell'esecuzione)   della   pena  e',  quando  possibile,
 l'effetto  principale   dell'estinzione   del   reato   (argomentando
 dall'art. 151, primo comma, c.p., oltre che dal senso comune).
   Quando  possibile, poiche' puo' avvenire che la causa estintiva del
 reato si verifichi, per ragioni oggettive, inerenti  generalmente  al
 decorso del tempo, quando la pena sia stata totalmente o parzialmente
 espiata.
   Il  patteggiamento  seguito da buona condotta per il tempo previsto
 dall'art. 445,  secondo  comma,  c.p.p.,  costituisce  una  causa  di
 estinzione  del  reato  a struttura complessa, rimessa, quanto al suo
 perfezionamento, anche alla condotta del "reo", in favore  del  quale
 la legge costituisce una sorta di legittima aspettativa, in vista del
 conseguimento di quello che ben puo' definirsi in "beneficio".
   Parrebbe logico che il sistema, mentre attribuisce tanta importanza
 alla  condotta  dell'interessato,  ai  fini del perfezionamento della
 causa estintiva, provvedesse anche a correlare in modo conseguenziale
 e inscindibile il conseguimento del  beneficio,  e  il  godimento  di
 tutti  gli  effetti  dello  stesso,  in condizioni di uguaglianza tra
 tutti i soggetti, alla effettiva corrispondenza della condotta tenuta
 nel periodo di "prova" con i criteri indicati nell'art. 445,  secondo
 comma.
   Come  si  e' osservato, tra le cause di estinzione del reato quella
 in esame presenta forti  analogie  con  la  sospensione  condizionale
 della   pena,   sia   nella  ratio  che  nella  struttura,  e  appare
 incomprensibile la ragione per cui non ne riproduca anche un elemento
 ad  un  tempo  coerente  e  indispensabile  per  qualsiasi  forma  di
 "probation",  cioe'  la  sospensione  degli  effetti  negativi  della
 sentenza per il tempo offerto all'interessato al fine di elidere, con
 la propria buona condotta l'efficacia stessa della sentenza.
   I lavori preparatori non illuminano sul punto,  apparendo  pacifico
 per   il   legislatore   delegato  che  in  mancanza  di  sospensione
 condizionale, la pena patteggiata venga eseguita.
   Si deve peraltro osservare che la causa di estinzione del reato  di
 cui   all'art.   445,  secondo  comma,  c.p.p.,  non  sembra  trovare
 fondamento nella legge delega, specificamente nella direttiva  n.  45
 che si riferisce all'applicazione della pena a richiesta delle parti.
 Appare  arduo  rocondurre  tale  causa  estintiva  alla  pur generica
 nozione di "disciplina, in  rapporto  ai  diversi  tipi  di  sanzioni
 applicate,  degli  altri  effetti  della  pronuncia", che conclude la
 direttiva. Se, per contro, si  ritiene  che  la  direttiva  legittimi
 anche la disposizione che si esamina, essa non appare contenere alcun
 elemento  che  consenta  al  legislatore  delegato  di introdurre una
 normativa avente caratteristiche che non  appare  eccessivo  definire
 paradossali e abberranti sul piano dei principi.
   L'espressione  non e' eccessiva e per rendersene conto, qualora non
 bastassero  le  considerazioni  svolte,  giovera'  un   esempio.   Si
 considerino  due  persone  che,  imputate  in concorso tra loro dello
 stesso reato,  ottengano  l'applicazione  della  pena  su  richiesta,
 entrambi  senza  sospensione  condizionale  a  causa  dei  precedenti
 penali. Uno e' detenuto per altra causa  e  deve  espiare  ancora  un
 lungo  periodo  di  detenzione,  superiore  a  cinque  anni, l'altro,
 gravato da precedenti modesti  ma  ostativi  alla  concessione  della
 sospensione  condizionale,  e' immune da pendenze esecutive. Divenuta
 irrevocabile la sentenza, il condannato (ma si puo' chiamare  cosi'?)
 libero  verra' incarcerato ed espiera' la pena. Terra' comunque buona
 condotta, in carcere e fuori, per  cinque  anni,  e  il  reato  sara'
 finalmente  estinto.  Il "condannato" detenuto continuera' ad espiare
 la pena precedentemente inflittagli,  terra'  buona  condotta,  anche
 perche'  in  carcere le occasioni per commettere reati, magari quelli
 in cui e' specializzato, sono indubbiamente meno frequenti o  mancano
 del tutto, e, decorso il quinquennio, godra' non solo dell'estinzione
 del  reato  per  buona  condotta ma evitera' l'ulteriore carcerazione
 perche', nel suo caso, l'estinzione del reato sara' intervenuta prima
 dell'esecuzione della pena. Il paradosso e' evidente: il "condannato"
 con la posizione personale meno grave espiera' la pena e godra', alla
 fine della probation di una estinzione del reato puramente  virtuale.
 Il "condannato" con la posizione personale piu' grave non solo godra'
 dell'estinzione  del  reato  ma  evitera' l'espiazione della pena. Il
 tutto per  ragioni  puramente  causali,  in  relazione  all'epoca  di
 effettiva   esecuzione  della  sentenza,  con  evidente  spregio  del
 principio di uguaglianza.
   Le incongruenze dell'istituto si traducono, ad avviso del  giudice,
 in   profili   di   illegittimita'  costituzionale  che  e'  doveroso
 sottoporre  all'esame  della  Corte,  trattandosi  di  questioni  non
 manifestamente infondate e comunque rilevanti ai fini della decisione
 sull'ammissione dell'imputato Tarantino al patteggiamento della pena.
                                P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  134  della Costituzione, 23 e ss. della legge 11
 marzo 1953,  n.  87,  solleva  d'ufficio  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 445, secondo comma, c.p.p.:
     1)  con riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in
 cui non prevede la  sospensione  dell'esecuzione  della  sentenza  di
 applicazione della pena durante il decorso dei termini previsti dallo
 stesso art. 445, secondo comma, c.p.p.;
     2)  con riferimento all'art. 76 della Costituzione per eccesso di
 delega, in relazione alla previsione di una causa di  estinzione  del
 reato  non  riconducibile  alle  direttive  contenute  nella legge 16
 febbraio 1987, n. 81, in particolare alla direttiva n. 45;
     3) con riferimento all'art. 76 della Costituzione per eccesso  di
 delega,  in relazione alla mancata previsione, nella disciplina della
 causa di estinzione del reato contenuta nell'art. 445, secondo comma,
 c.p.p.,  della  sospensione   dell'esecuzione   della   sentenza   di
 applicazione  della pena su richiesta delle parti, durante il decorso
 dei termini previsti nella stessa  disposizione,  in  contrasto,  per
 manifesta  illogicita'  e  irrazionalita', con le direttive contenute
 nella legge 16 febbraio 1987, n. 81, in particolare con la  direttiva
 n. 45.
   Dispone la sospensione del processo.
   Ordina    l'immediata    trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale.
   Ordina che a cura della cancelleria questa ordinanza sia notificata
 all'imputato,  al  difensore  e  al  pubblico  ministero  nonche'  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri, e comunicata ai Presidenti
 della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
     Rimini, addi' 5 febbraio 1997
                         Il giudice: Andreucci
 97C0517