N. 765 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 aprile 2007
Ordinanza emessa il 10 aprile 2007 dal tribunale di Napoli nel procedimento civile promosso da Morlando Tommaso contro Banca Intesa S.p.A. Societa' - Controversie in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria - Procedimento di primo grado dinanzi al tribunale in composizione collegiale - Disciplina introdotta dal legislatore delegante - Mancata o insufficiente indicazione di principi e criteri direttivi nella legge di delegazione - Illegittimita' derivata della disciplina introdotta dal legislatore delegato. - Legge 3 ottobre 2001, n. 366, art. 12; «per derivazione», decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17. - Costituzione, art. 76.(GU n.46 del 28-11-2007 )
IL TRIBUNALE Letti gli atti relativi alla causa civile iscritta al n. R.G. 1362/2006, nello sciogliere la riserva formulata all'udienza collegiale del 7 marzo 2007; O s s e r v a i n f a t t o Con atto di citazione notificato il 22 dicembre 2005 il sig. Morlando Tommaso, titolare del c/c n. 302552/01 acceso presso la. filiale di S. Antimo della S.p.A. Banca Intesa, riferiva di aver impartito al suddetto istituto di credito ordini di acquisto di titoli argentini per il complessivo importo di 85.822,84 euro. Detti acquisti, avvenuti su proposta e sollecitazione dei funzionari della banca, erano stati effettuati nella convinzione che si trattasse di titoli sicuri, con restituzione garantita del capitale, da parte dell'istante cheaveva sempre mostrato scarsa propensione al rischio. La precaria situazione economica e anziana dello Stato Argentino era invece ben nota all'operatore bancario che, incurante degli interessi del cliente, nessuna informazione aveva fornito circa la pericolosita' dei titoli acquistati e coinvolti nel notorio default del 2001. Cio' premesso l'esponente, asserendo che la S.p.A. Banca Intesa aveva dato corso a ordini nulli per difetto della necessaria forma scritta, aveva agito in conflitto di interessi ed aveva operato in violazione delle norme imperative di settore che le imponevano di richiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza finanziaria e propensione al rischio, di consegnargli il documento sui rischi generali degli investimenti e di fornire le necessarie formazioni circa la natura ed i rischi delle specifiche operazioni compiute, la conveniva in giudizio chiedendo al tribunale adito di dichiarare la nullita' dei contratti di intermediazione finanziaria in questione per le indicate causali con condanna della banca alla restituzione della somma di 85.222,84 euro oltre interessi legali dalla data del default. In subordine veniva richiesto al tribunale di dichiarare la risoluzione per inadempimento degli indicati contratti sulla scorta delle contestate violazioni con condanna in ogni caso dell'istituto di credito al risarcimento del danno patito da ragguagliare al capitale perduto, ai patimenti esistenziali subiti ed alla perdita della possibilita' di impiegare la somma in investimenti piu' redditizi. Con comparsa di risposta notificata il 15 marzo 2006 la S.p.A. Banca Intesa resisteva alla domanda di cui invocava il rigetto deducendo che: a) l'obbligo della forma scritta risultava assolto mediante sottoscrizione degli ordini di acquisto dei bonds argentini e del contratto di mandato per la negoziazione in strumenti finanziari con allegata scheda che prevedeva espressamente l'acquisto di titoli volti a privilegiare la redditivita' piuttosto che la protezione del capitale; b) l'attore era persona molto competente in ambito borsistico e con alta propensione al rischio come dimostrato anche dal nuovo contratto per la negoziazione di titoli sottoscritto il 13 maggio 2003 e dalle operazioni molto speculative tuttora poste in essere; c) gli acquisti oggetto di lite erano stati effettuati in piena autonomia, senza alcuna sollecitazione del personale bancario, e dopo aver ricevuto tutte le informazioni sulla rischiosita' dell'investimento da parte dell'istituto di credito che nessuna conoscenza aveva avuto delle difficolta' dello Stato argentino fino alla dichiarazione di default; d) nessuna allegazione in fatto supportava l'affermata esistenza di un conflitto di interessi; e) il contratto di acquisto di bonds per 25.822,84 euro concluso il 27 ottobre 1997 era antecedente non solo all'entrata in vigore del Reg. CONSOB n. 11522 del 1° luglio 1998 ma anche del d.lgs. n. 58/1998 con conseguente irrilevanza dell'asserita violazione dei doveri di comportamento dell'intermediario prescritti dalle indicate norme; f) gli acquisti di bond argentini rappresentavano una quota minima degli investimenti attorei con irravisabilita' della gravita' dell'inadempimento richiesta ex art. 1455 c.c. per la risoluzione del contratto; g) il Morlando aveva in ogni caso concorso alla produzione del danno non disinvestendo quando la difficile situazione finanziaria dell'Argentina era divenuta di pubblico dominio. In caso di accoglimento della domanda di nullita', la convenuta spiegava infine domanda riconvenzionale volta a sentir accertare l'arricchimento senza causa dell'attore per gli importi corrispondenti al valore attuale dei bond e degli interessi sugli stessi percepiti chiedendo la loro compensazione con le somme poste a carico della banca e la decurtazione di tali importi anche dall'eventuale risarcimento riconosciuto al Morlando. Operata la notifica di memorie di replica ai sensi degli artt. 6 e 7 d.lgs. n. 5/2003, l'attore notifica alla banca convenuta istanza di sanzione di udienza ai sensi dell'art. 8, d.lgs. cit. e ne curava il deposito in cancelleria con conseguente designazione del giudice relatore. Questi, nell'emettere il decreto previsto dal successivo art. 12, manifestava dubbi circa la costituzionalita' dell'art. 12 della legge n. 366/2001 in relazione all'art. 76 Cost. invitando le parti a trattare tale questione per l'udienza fissata innanzi al collegio. In tale sede il collegio si riservava ritenendo di dover affrontare preliminarmente detta questione di costituzionalita'. I n d i r i t t o L'art. 12 della legge di delega n. 366/2001 prevede che: 1) Il Governo e' inoltre delegato ad emanare norme che, senza modifiche della competenza per territorio e per materia, siano dirette ad assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti nelle seguenti materie: a) diritto societario, comprese le controversie relative al trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali; b) materie disciplinate dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, e dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni; 2) Per il perseguimento delle finalita' e nelle materie di cui al comma 1, il Governo e' delegato a dettare regole processuali, che in particolare possano prevedere: a) la concentrazione del procedimento e la riduzione dei termini processuali: b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi eccezionali di giudizio monocratico in considerazione della natura degli interessi coinvolti; c) la mera facoltativita' della successiva instaurazione della causa di merito dopo l'emanazione di un provvedimento emesso all'esito di un procedimento sommario cautelare in relazione alle controversie nelle materie di cui al comma 1, con la conseguente definitivita' degli effetti prodotti da detti provvedimenti, ancorche' gli stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri eventuali giudizi promossi per finalita' diverse; d) un giudizio sommario non cautelare, improntato a particolare celerita' ma con il rispetto del principio del contraddittorio, che conduca alla emanazione di un provvedimento esecutivo anche se privo di efficacia di giudicato; e) la possibilita' per il giudice di operare un tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi essenziali, assegnando eventualmente un termine per la modificazione o la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la causa e, in caso di mancata conciliazione, tenendo successivamente conto dell'atteggiamento al riguardo assunto dalle parti ai fini della decisione sulle spese di lite; f) uno o piu' procedimenti camerali, anche mediante la modifica degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile ed in estensione delle ipotesi attualmente previste che, senza compromettere la rapidita' di tali procedimenti, assicurino il rispetto dei principi del giusto processo; g) forme di comunicazione periodica dei tempi medi di durata dei diversi tipi di procedimento di cui alle lettere precedenti trattati dai tribunali, dalle corti di appello e dalla Corte di cassazione. In relazione alla struttura che il legislatore delegato e' stato chiamato a delineare per il processo ordinario (e con esclusione del riferimento ai principi dettati in tema di giudizio cautelare che concernono profili non rilevanti in questo giudizio) dal disposto dell'art. 12 della legge n. 366 del 2001 sono estrapolabili i seguenti principi: 1) divieto di modifica della competenza territoriale e per materia; 2) necessita' di assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti; 3) possibilita' di dettare regole processuali che in particolare possano prevedere: a) la concentrazione del procedimento e la riduzione dei termini processuali; b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi eccezionali di giudizio monocratico in considerazione della natura degli interessi coinvolti; c) la possibilita' per il giudice di operare un tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi essenziali, assegnando eventualmente un termine per la modificazione o la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la causa e, in caso di mancata conciliazione, tenendo in seguito conto dell'atteggiamento al riguardo assunto dalle parti ai fini della decisione sulle spese di lite. Nella legge n. 366/2001 il legislatore, dunque, si e' limitato ad indicare le materie nelle quali il governo poteva intervenire, l'obiettivo di rendere piu' rapida ed efficace la definizione dei procedimenti, il divieto di modificare la competenza per territorio e materia, la tendenziale collegialita' del procedimento, la possibilita' di valutare l'atteggiamento delle parti in sede di tentativo di conciliazione e la possibilita' di dettare regole che favorissero la riduzione dei termini e la concentrazione del procedimento. L'assoluta genericita' e parzialita' dell'indicazione relativa alle modalita' da seguire per la realizzazione dell'obiettivo dichiarato di voler assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti nelle materie individuate, a di fatto lasciato libero il legislatore delegato di creare un nuovo modello processuale che esula completamente dallo schema del procedimento ordinario disciplinato dal codice di procedura civile. A fronte della situazione di fatto venutasi a creare, che vede da un lato una legge delega che nulla o quasi dice in ordine ai principi direttivi cui si sarebbe dovuto ispirare il legislatore delegato e dall'altro un decreto legislativo che crea un nuovo modello processuale sovvertendo, nelle materie indicate dalla legge di delega, i tradizionali canoni che governano il processo civile, questo tribunale e' portato ad esprimere un dubbio di costituzionalita' dell'art. 12, legge n. 366/2001 in relazione all'art. 76 della Costituzione. Il legislatore delegante non risulta infatti aver indicato con sufficiente determinazione i principi ed i criteri normativi che avrebbero dovuto guidare l'operato del legislatore delegato e pertanto l'art. 12, legge cit. non appare soddisfare il precetto dell'art. 76 della Costituzione il quale consente la delega dell'esercizio della funzione legislativa al Governo solo previa determinazione di principi e criteri direttivi. Non ignora questo tribunale come, per giurisprudenza costante della Corte costituzionale, i principi direttivi che l'art. 76 Cost. richiede alla legge delega non escludono la possibilita' di lasciare al legislatore delegato un ampio margine di discrezionalita' nell'individuare le modalita' attraverso cui realizzare gli obiettivi prefissati dalla legge delega. Il potere attribuito al legislatore delegato pero', per quanto ampio, non puo' mai travalicare il limite della discrezionalita' nel senso che, come la Corte costituzionale insegna sin da risalenti pronunzie, «la legge delegante va considerata con riferimento all'art. 76 della Costituzione, per accertare se sia stato rispettato il precetto che ne legittima il processo formativo. L'art. 76 indica i limiti entro cui puo' essere conferito al Governo l'esercizio della funzione legislativa. Per quanto la legge delegante sia a carattere normativo generale, ma sempre vincolante per l'organo delegato, essa si pone in funzione di limite per lo sviluppo dell'ulteriore attivita' legislativa del Governo. I limiti dei principi e criteri direttivi, del tempo entro il quale puo' essere emanata la legge delegata, di oggetti definiti, servono da un lato a circoscrivere il campo della delegazione si da evitare che la delega venga esercitata in modo divergente dalle finalita' che la determinarono; devono dall'altro consentire al potere delegato la possibilita' di valutare le particolari situazioni giuridiche della legislazione precedente, che nella legge delegata deve trovare una nuova regolamentazione. Se la legge delegante non contiene, anche in parte, i cennati requisiti, sorge il contrasto tra norma dell'art. 76 e norma delegante, denunciabile al sindacato della Corte costituzionale, s'intende dopo l'emanazione della legge delegata» (cosi' Corte cost. 26 gennaio 1957, n. 3). In particolare, per quel che rileva in questa sede, nulla ha detto la legge delega in ordine allo schema processuale da adottare, lasciato non piu' alla scelta discrezionale ma all'arbitrio del legislatore delegato, come emerge chiaramente dal contenuto del decreto legislativo che ha creato un nuovo modello di processo al di fuori delle regole dettate dal codice di procedura civile. Il nuovo rito societario previsto per il processo di cognizione davanti al tribunale costituisce infatti, come indicato dalla stessa relazione della commissione ministeriale, un vero e proprio nuovo modello processuale, che si distacca volutamente sia dal modello processuale del 1942, sia da quello del processo del lavoro del 1973 ed infine anche da quello delineatosi con la riforma del 1990. Il nuovo rito di cognizione di primo grado davanti al tribunale in materia societaria prevede tutta la prima fase del processo senza l'intervento del giudice; nell'atto di citazione al sensi dell'art. 2 non e' piu' indicata l'udienza avanti al giudice ed il termine che l'attore fissa al convenuto per la comunicazione della comparsa di risposta e' stabilito solo nel minimo; cosi nella comparsa di risposta, ai sensi dell'art. 4, il convenuto puo' a sua volta fissare all'attore, per eventuale replica, un termine stabilito ancora una volta solo nel minimo; con lo stesso meccanismo l'art. 6 prevede la possibilita' di una replica da parte dell'attore e l'art. 7 la possibilita' di una controreplica da parte del convenuto e poi ancora ulteriori repliche e controrepliche. Solo a seguito dell'istanza di fissazione di udienza di cui l'art. 8 interviene il giudice, in un momento pero' in cui sia il thema decidendum che il thema probandum si sono gia' definitivamente formati totalmente al di fuori del suo controllo. D'altra parte la stessa istanza di fissazione di udienza, con gli effetti preclusivi rilevantissimi stabiliti dall'art. 10, e' uno strumento lasciato nella totale disponibilita' delle parti o anche di una sola di esse, che puo' utilizzarlo a suo piacimento, nel momento ritenuto piu' opportuno. Ancora poi va segnalato l'art. 13 in tema di contumacia o costituzione tardiva del convenuto, che introduce l'innovativo principio (di cui nella delega non vi e' traccia), per cui nel caso in cui il convenuto non notifichi la comparsa di risposta nel termine stabilito o anche solo si costituisca tardivamente 'i fatti affermati dall'attore ... si intendono non contestati e il tribunale decide sulla domanda in base alla concludenza di questa. Da quanto precede emerge con chiarezza che il legislatore delegato, in forza di una delega assolutamente carente sotto il profilo dell'indicazione di criteri direttivi, ha potuto creare una disciplina interamente nuova per il processo societario di cognizione ordinaria, anticipando quel rito ordinario prefigurato dal testo redatto dalla commissione ministeriale per la riforma del processo civile. Non reputa questo tribunale che possa andare esente da dubbi di costituzionalita' una legge delega che nel consentire la creazione di un nuovo processo, seppur circoscritto a determinate materie, si limiti ad indicare un obiettivo, quelli di «assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti», tra l'altro nemmeno particolarmente qualificante in quanto comune a qualsivoglia progetto di riforma del processo civile, un divieto di «modifica della competenza territoriale e per materia», una preferenza per la collegialita', un rilevante ruolo del tentativo di conciliazione e un'indicazione massima a favore della «concentrazione del procedimento e della riduzione dei termini processuali». Di conseguenza ad avviso del tribunale, in quanto non manifestamente infondata, va rimessa la questione di costituzionalita' dell'art. 12 della legge n. 336/2001 nella parte relativa al procedimento ordinario di primo grado e, per derivazione, degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003. La questione e' altresi' rilevante in quanto, vertendosi in materia di intermediazione mobiliare e di vendita di prodotti finanziari, il giudizio e' stato iniziato nell'alveo procedimentale previsto dal d.lgs. n. 5 del 2003, emanato in forza della predetta legge di delega, e dalla pronunzia della Corte costituzionale dipende l'applicabilita' dell'intera nuova disciplina processuale alla concreta fattispecie sottoposta al vaglio di questo tribunale. Tanto premesso, in fatto e diritto, va disposta la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione sulla questione pregiudiziale di legittimita' costituzionale in quanto rilevante e non manifestamente infondata. Alla cancelleria vanno affidati gli adempimenti di competenza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Dichiara rilevante per il giudizio e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge n. 366/2001 nella parte in cui, in relazione al giudizio ordinario di primo grado in materia societaria, di intermediazione finanziaria nonche' in materia bancaria e creditizia, non indica i principi e criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare le scelte del legislatore delegato e, per derivazione, degli articoli da 2 a 17 del decreto legislativo n. 5 del 2003; Ordina alla cancelleria di notificare la presente ordinanza al presidente del Consiglio dei ministri, nonche' di darne comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica, al Presidente della Camera dei deputati e alle parti del presente giudizio; Dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Si comunichi a cura della cancelleria. Cosi' deciso in Napoli, il 4 aprile 2007. Il Presidente: Bobbio 07C1319