N. 194 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 giugno 2018

Ordinanza del 28 giugno 2018 della Corte  d'appello  di  Trieste  nel
procedimento civile  promosso  da  Cargnello  Tullio  contro  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia. 
 
Impiego pubblico - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
  - Abrogazione di disposizioni transitorie in materia di trattamento
  pensionistico dell'indennita' dirigenziale applicate  al  personale
  regionale cessato dal servizio successivamente al 30 settembre 1990
  -  Cessazione   dell'erogazione   dei   trattamenti   pensionistici
  integrativi con decorrenza dal 1° settembre 2014. 
- Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 4  agosto  2014,
  n. 15 (Assestamento del bilancio 2014 e  del  bilancio  pluriennale
  per gli anni  2014-2016  ai  sensi  dell'articolo  34  della  legge
  regionale n. 21/2007), art. 12, comma 3, nella parte in cui  abroga
  i commi 3 e 4 dell'art. 100 della legge regionale 27 marzo 1996, n.
  18 (Riforma  dell'impiego  regionale  in  attuazione  dei  principi
  fondamentali di riforma economico-sociale desumibili dalla legge 23
  ottobre 1992, n. 421), e comma 5. 
(GU n.3 del 16-1-2019 )
 
                    LA CORTE D'APPELLO DI TRIESTE 
                         Collegio di lavoro 
 
    composta dai signori magistrati: 
        dott. Mario Pellegrini - Presidente; 
        dott. Lucio Benvegnu' - Consigliere relatore; 
        dott. Andrea Doardo - Giudice ausiliario, 
    ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa  in  materia  di
previdenza iscritta al n. 227 del ruolo 2017, promossa in questa sede
di appello con ricorso depositato il 21 settembre 2017  da  Cargnello
Tullio, rappresentato e difeso dagli avvocati Giulia  Mito  e  Chiara
Centrone per mandato a margine del ricorso in appello - appellante; 
    Contro Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia,  in  persona  del
Presidente  in  carica,  rappresentata   e   difesa   dall'Avvocatura
distrettuale dello Stato di Trieste - appellata; 
 
                       Motivi della decisione 
                (art.23, legge 11 marzo 1953, n. 87) 
 
    1. L'appellante sig. Tullio Cargnello ha convenuto in giudizio la
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  chiedendo  l'accertamento  del   suo
diritto a percepire la pensione  integrativa  ai  sensi  della  legge
regionale n. 53/1981 e dell'art. 100 della legge regionale n. 18/1996
come interpretato autenticamente dall'art. 12 della  legge  regionale
n.  27/2014  e,  conseguentemente,  la  condanna  della  Regione   al
pagamento delle somme dovute, nonche'  alla  restituzione  di  quanto
indebitamente trattenuto a partire dal 1° settembre 2014. 
    1.1. A sostegno della sua pretesa il ricorrente ha dedotto: 
        1. di essere stato dipendenti, con la qualifica di dirigente,
della Regione Friuli-Venezia Giulia e cio' da epoca anteriore  al  1°
ottobre 1990, e di essere stato collocato  in  quiescenza  dopo  tale
data; 
        2. che la  retribuzione  da  lui  percepita  in  costanza  di
rapporto  di  lavoro  comprendeva  anche  l'indennita'  di   funzione
dirigenziale, in origine non considerata pensionabile dall'INPDAP, ma
qualificata come tale dalla Regione  Friuli-Venezia  Giulia  con  gli
articoli 21, 25 e 140 della legge regionale n. 53/1981; 
        3. che in seguito l'INPDAP ha  fatto  rientrate  la  suddetta
indennita' nella retribuzione pensionabile a decorrere dal 1° ottobre
1990 (per cui la Regione  ha  trasferito  all'Istituto  i  contributi
pagati dai dirigenti a partire da quest'ultima data); 
        4.  che  di  conseguenza  l'art.  100  comma  1  della  legge
regionale n. 18/1996 ha abrogato l'art. 140 commi  1,  2,  3  e  4  e
l'art. 143, 1° comma, 2° periodo, della legge regionale  n.  53/1981,
facendo pero' salvo (al  comma  2)  il  diritto  dei  dirigenti  gia'
cessati dal servizio entro  il  30  settembre  1990  a  continuare  a
percepire i trattamenti gia' loro concessi ai sensi della  disciplina
abrogata e (al comma 4) il diritto  dei  dirigenti  cessati  dopo  la
suddetta data, i quali avessero pero' gia' maturato i  requisiti  per
il trattamento pensionistico regionale, a ricevere  un  assegno  pari
alla  differenza  «tra  l'ammontare  del  maturato  ai  sensi   della
normativa di cui all'art. 140 della  legge  regionale  n.  53/1981  e
l'incremento  di  pensione  spettante  dall'INPDAP  -  CPDEL  con  la
valutazione dell'indennita' di funzione»; 
        5.  di  avere  quindi  percepito,  dopo  il  collocamento  in
quiescenza, l'assegno pensionistico integrativo  regionale  ai  sensi
dell'art. 100 della legge regionale  n.  18/1996,  in  aggiunta  alla
pensione erogata dall'INPDAP; 
        6. che l'art. 12 comma 3 della legge regionale n. 15/2014  ha
abrogato l'art. 100, commi 1, 3 e 4 della legge regionale n. 18/1996,
facendo cosi' venire meno (a decorrere dal 1°  settembre  2014,  come
previsto  nel  successivo  comma  5)   il   trattamento   integrativo
regionale, ma lo ha fatto salvo per i dirigenti cessati dal  servizio
entro il 30 settembre 1990  (tutelati  dall'art.  100  comma  2,  non
abrogato dalla  legge  regionale  n.  15/2014)  e,  a  seguito  della
modifica introdotta dall'art. 12 comma 1  della  legge  regionale  n.
27/2014, per il «personale cessato dal  servizio  nei  cui  confronti
l'Inpdap non ha riconosciuto nell'imponibile  pensionabile  utile  ai
fini  della  determinazione  della  quota  A  di  pensione  l'importo
dell'indennita' di funzione o di posizione»; 
        7.  che  si  deve  pertanto  ritenere  che,  in   virtu'   di
quest'ultima norma, egli  abbia  nuovamente  diritto  al  trattamento
integrativo di cui all'art. 140 della legge regionale n. 53/1981; 
        8. che in caso contrario l'art. 12 commi 3 a  5  della  legge
regionale  n.  15/2014  dovrebbe  essere  ritenuto   illegittimo   in
relazione  agli  articoli  3,  11,  23,  36,  38,  53  e  117,  della
Costituzione, avendo violato il principio  comunitario  di  legittimo
affidamento; il principio  di  certezza  del  diritto  sancito  dalla
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali; il riparto di competenze fra Stato e  Regione;
il principio di ragionevolezza come limite alla modifica dei  diritti
quesiti; le norme fondamentali di riforma economico sociale contenute
nella  legge  n.  421/92;  il  principio  di  proporzionalita'  della
retribuzione e  di  adeguatezza  del  trattamento  pensionistico;  il
principio  di  universalita'  e  di  corrispondenza  alla   capacita'
contributiva dell'imposizione fiscale; 
    1.2. Si e'  costituita  in  giudizio  la  Regione  Friuli-Venezia
Giulia replicando, in sintesi, che l'art.  12  comma  3  della  legge
regionale n. 15/2014 ha abrogato  la  disciplina  previgente  perche'
comportava degli oneri non piu' giustificabili a carico della finanza
pubblica, in contrasto con le norme fondamentali di riforma economico
sociale  e  con  il  principio   di   economicita'   delle   gestioni
previdenziali; e che non vi e' stata alcuna violazione del  principio
di tutela del legittimo affidamento ne' del canone di ragionevolezza,
essendo al contrario l'intervento legislativo oggetto di  discussione
giustificato (e  imposto)  dalla  necessita'  di  salvaguardia  degli
equilibri di bilancio e di contenimento della spesa  pubblica  (tanto
piu'  che  la  prestazione  rivendicata   costituiva   una   indebita
duplicazione di importi gia'  riconosciuti  dall'Ente  previdenziale,
essendo il ricorrente titolare  di  una  pensione  calcolata  con  il
sistema retributivo); e che neppure sono stati violati i principi  di
uguaglianza, di proporzionalita' della retribuzione,  di  adeguatezza
del trattamento pensionistico  e  di  corrispondenza  alla  capacita'
contributiva. 
    2. I dubbi di costituzionalita' sollevati dal ricorrente in primo
grado sono certamente rilevanti ai fini  della  decisione;  l'odierna
appellante chiede infatti di ottenere nuovamente (e di conservare per
il futuro)  il  trattamento  pensionistico  integrativo  previsto,  a
carico della Regione, dall'art. 100 commi 3 e 4 della legge regionale
n. 18/1996, abrogati dall'art. 12 comma 3 della  legge  regionale  n.
15/2014:   e   pertanto   solo    eliminando    quest'ultima    norma
dall'ordinamento,  tramite  una   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale, egli potrebbe conseguire il risultato  perseguito  in
causa (e cioe' il riconoscimento del suo diritto a percepire  ancora,
in base al citato art. 100  della  legge  regionale  n.  18/1996,  la
differenza fra il trattamento stabilito  dall'art.  140  della  legge
regionale  n.  53/1981   e   l'incremento   derivante   dal   computo
dell'indennita' dirigenziale nella pensione erogata dall'INPDAP, oggi
INPS). 
    3. Le questioni sollevate dall'appellante non sono manifestamente
infondate. 
    3.1. A questo proposito si deve ricordare, in linea generale: 
        1. che il legislatore puo' modificare in senso sfavorevole la
disciplina  dei  rapporti  di  durata,  anche  incidendo  su  diritti
soggettivi perfetti previsti da leggi precedenti, a condizione di non
introdurre una disciplina irrazionale e arbitraria «frustrando  cosi'
anche l'affidamento  del  cittadino  nella  sicurezza  giuridica  che
costituisce elemento fondamentale e  indispensabile  dello  Stato  di
diritto» (cosi' Corte costituzionale n. 179/1996; nello stesso  senso
le pronunce n. 206/2009 e n. 166/2012); 
        2. che le esigenze di bilancio e di contenimento della  spesa
pubblica  possono  giustificare  un  intervento  del  legislatore  su
posizioni soggettive consolidate, purche' il sacrificio  imposto  sia
ragionevole  (ovvero  non  arbitrario),   eccezionale   (o   comunque
temporaneo) e proporzionato (cosi' Corte costituzionale n.  245/1997,
n. 299/1999, n. 92/2013); 
        3. che un'imposizione tributaria, sotto forma di riduzione di
un trattamento retributivo o pensionistico  finalizzato  a  garantire
l'equilibrio di bilancio e il contenimento della spesa  pubblica,  e'
legittima a condizione di non essere irragionevole e di rispettare  i
principi sanciti dagli articoli 3, 36 e  38  della  Costituzione  (in
questo senso Corte costituzionale nn. 223/2012,  116/2013,  304/2013,
154/2014). 
    3.2. Nel caso in esame si puo' effettivamente dubitare che questi
limiti siano stati rispettati dal legislatore regionale. 
    Sul punto si deve infatti osservare: 
        1. che  il  sacrificio  imposto  all'appellante  non  e'  ne'
eccezionale, ne' temporaneo, poiche' l'art. 12  commi  3  e  5  della
legge regionale n. 15/2014 non ha previsto una riduzione  transitoria
e parziale della pensione  integrativa  a  lui  spettante  in  virtu'
dell'art. 100 commi 3 e 4 della legge regionale  n.  18/1996,  ma  ha
radicalmente e definitivamente eliminato il diritto, in contrasto con
il legittimo affidamento del titolare sulla  certezza,  stabilita'  e
adeguatezza  della   sua   posizione   (gia'   retributiva   e   ora)
previdenziale; 
        2. che il legislatore regionale ha creato  una  irragionevole
disparita' di trattamento, poiche', fra tutti i dirigenti  che  hanno
versato i contributi previdenziali  sull'indennita'  della  legge  n.
51/1981 fino al 30 settembre 1990, ha inciso solo sulla posizione  di
coloro che (come l'appellante) sono andati in  pensione  dopo  quella
data (nonostante la loro posizione, riguardo ai contributi versati in
epoca anteriore, sia identica  a  quella  dei  colleghi  cessati  dal
servizio prima del 1° ottobre 1990); e ancora perche'  -  trattandosi
di un'imposizione di natura evidentemente tributaria (alla  luce  dei
criteri fissati  dalla  Corte  costituzionale  nelle  pronunce  sopra
citate) - non risulta (e non e' stato  espressamente  allegato  dalla
Regione) che un analogo sacrificio sia stato imposto - allo scopo  di
ridurre la spesa pubblica e garantire l'equilibrio di bilancio  -  ad
altri soggetti equiparabili sotto il  profilo  della  loro  posizione
(attuale o pregressa) di  dipendenti  dell'Ente  e  delle  condizioni
personali di reddito; 
        3. che nessuna specifica allegazione e' stata formulata dalla
Regione in ordine alla proporzionalita' e adeguatezza del  sacrificio
imposto all'appellante rispetto agli obiettivi  perseguiti  dall'art.
12 della legge regionale n. 15/2014. 
        Nulla e' dato sapere infatti riguardo al costo della pensione
integrativa oggetto di causa,  e  quindi  al  risparmio  conseguibile
dall'ente grazie alla sua  eliminazione;  riguardo  all'incidenza  di
questo costo sul bilancio  regionale  e  sull'equilibrio  finanziario
dell'ente (con particolare riferimento ai trattamenti  retributivi  e
previdenziali erogati); e soprattutto riguardo  al  rapporto  fra  la
pensione integrativa corrisposta all'appellante in base all'art.  100
commi 3 e 4 della legge regionale n. 18/1996 e i  contributi  da  lui
versati fino al 30 settembre 1990 in base  alla  legge  regionale  n.
53/1981 (contributi che la Regione ha trattenuto,  avendo  trasferito
all'INPDAP solo quelli relativi al periodo successivo) e quindi  alla
coerenza fra accantonamenti (del passato) e prestazioni gia' eseguite
e da erogare in futuro. 
    3.3. Il legislatore regionale ha quindi violato -  in  ipotesi  -
gli articoli 3, 36 comma 1,  38  comma  2  e  53  della  Costituzione
perche'  ha  trattato   in   modo   diverso   situazioni   identiche,
intervenendo,  solo  per  alcuni  soggetti,  su  un   diritto   ormai
acquisito; ha leso il legittimo affidamento dell'appellante (e  degli
altri pensionati nella sua stessa situazione) riguardo alla  certezza
e stabilita'  dell'ordinamento;  ha  introdotto  un  peso  di  natura
tributaria,  tale  da  incidere  sulla  adeguatezza  della  posizione
retributiva e previdenziale degli obbligati, solo per  una  specifica
categoria di contribuenti e senza effettuare e prevedere una  qualche
forma di equo bilanciamento di interessi. 
    4. I dubbi di costituzionalita' sollevati dall'appellante sin dal
primo grado  non  possono  essere  risolti,  come  da  lui  proposto,
utilizzando, in funzione interpretativa adeguatrice, l'art. 12  comma
1 della legge regionale n. 27/2014. 
    4.1.  A   questo   riguardo   si   deve   tenere   presente   che
l'interpretazione  costituzionalmente  orientata  e'  consentita   (e
doverosa) a condizione che si tratti di' una vera  interpretazione  e
cioe' della scelta, fra piu'  significati  della  norma  possibili  e
compatibili con il suo tenore letterale e con il contesto in  cui  e'
inserita, di quello conforme ai principi sanciti dalla Costituzione. 
    4.2. Nel caso in esame il testo dell'art. 100 comma 2 della legge
regionale n. 18/1996, come modificato  dall'art.  12  comma  1  della
legge regionale n. 27/2014, e' assolutamente  chiaro  e  univoco  nel
riferirsi solo ed  esclusivamente  a  coloro  cui  l'INPDAP  «non  ha
riconosciuto  nell'imponibile  pensionabile  utile  ai   fini   della
determinazione della quota A di pensione l'importo dell'indennita' di
funzione o di posizione» e in questa categoria certamente non rientra
l'appellante, cui pacificamente  (gia'  INPDAP)  eroga  una  pensione
determinata  (con  il  sistema  retributivo)  tenendo   conto   anche
dell'indennita'  dirigenziale  prevista  dalla  legge  regionale   n.
53/1981. 
    Oltre al dato letterale vi e' da considerare anche  un  argomento
sistematico; interpretata nel senso voluto  dal  sig.  Cargnello,  la
disciplina risultante dal combinato disposto dell'art.  100  comma  2
della legge regionale n. 18/1996, come integrato dall'art. 12 comma 1
della legge regionale n. 27/2014, e dell'art. 12 commi 3  e  5  della
legge  regionale   n.   15/2014   sarebbe   palesemente   assurda   e
contraddittoria: il legislatore regionale, infatti, avrebbe,  da  una
parte, eliminato (abrogando l'art.  100  commi  3  e  4  della  legge
regionale n. 18/1996 mediante l'art. 12 comma 3 della legge regionale
n. 15/2014) la pensione  integrativa  prevista  dall'art.  140  della
legge regionale n.  53/1981  (che,  va  ricordato,  compete  solo  ed
esclusivamente a un numero ben definito  e  chiuso  di  ex  dirigenti
regionali,   fra   cui   l'appellante)   e,   dall'altra,   l'avrebbe
reintrodotta (tramite l'art. 12 comma  1  della  legge  regionale  n.
27/2014) per i medesimi soggetti (che sono, si ripete,  gli  unici  a
beneficiarne). 
    In sintesi la Regione Friuli-Venezia Giulia avrebbe  prima  tolto
la pensione integrativa all'appellante (e agli altri dirigenti  nella
sua stessa posizione), e cio' «ai fini del contenimento  della  spesa
pubblica e nel rispetto dei principi fondamentali di coordinamento di
finanza  pubblica»,  e  poi,  smentendo  se  stessa  e  le  finalita'
espressamente dichiarate nell'art. 12 comma 3 della  legge  regionale
n. 15 del 4 agosto 2014, l'avrebbe subito reintrodotta con l'art.  12
comma 1 della legge regionale 30 dicembre 2014, n. 27;  il  risultato
sarebbe una sorta di corto circuito legislativo, poiche'  l'art.  100
comma  2  della  legge  regionale  n.  18/1996   darebbe   di   nuovo
all'appellante cio' che i successivi commi  3  e  4  (ormai  abrogati
dall'art. 12 comma 3 della legge regionale  n.  15/2014,  tuttora  in
vigore) non concedono piu' a partire  dal  1°  settembre  2014  (come
stabilisce  l'art.  12  comma  5  della  medesima  legge   regionale,
anch'esso mai abrogato e quindi vigente). 
    4.3.  E'  quindi  inevitabile  rimettere  la  valutazione   della
legittimita' dell'art. 12 commi  3  e  5  della  legge  regionale  n.
15/2014 alla Corte costituzionale. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte di appello di Trieste, cosi' decide, 
    Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 legge costituzionale n.
1/1948 e 23 legge n. 87/1953 dichiara rilevante e non  manifestamente
infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  12
commi 3 e 5 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 4  agosto
2014, n.  15,  intitolata  «Assestamento  del  bilancio  2014  e  del
bilancio pluriennale per gli anni 2014-2016  ai  sensi  dell'art.  34
della legge regionale n. 21/2007», nella parte  in  cui  ha  abrogato
l'art. 100 commi 3 e 4 della legge regionale 27  marzo  1996,  n.  18
(«Riforma  dell'impiego  regionale   in   attuazione   dei   principi
fondamentali di riforma economico sociale desumibili dalla  legge  23
ottobre  1992,  n.  421»)  e  fatto  venire   meno   il   trattamento
pensionistico ivi previsto a decorrere  dal  1°  settembre  2014,  in
relazione gli articoli 3, 36, 38 e 53 della Costituzione; 
    Sospende il presente giudizio  e  rimette  gli  atti  alla  Corte
costituzionale; 
    Ordina che a cura della cancelleria di questa Corte  la  presente
ordinanza venga trasmessa alla Corte costituzionale e sia  comunicata
al  Presidente  della  Giunta  regionale  del  Friuli-Venezia  Giulia
nonche' al Presidente del Consiglio  regionale  di  detta  Regione  e
notificata alle parti in causa. 
      Trieste, 28 giugno 2018 
 
                      Il Presidente: Pellegrini