N. 94 SENTENZA 22 giugno - 11 luglio 1966

                                  N. 94
                         SENTENZA 22 GIUGNO 1966
                Deposito in cancelleria: 11 luglio 1966.
    Pubblicazione in "Gazzetta Ufficiale" n. 175 del 16 luglio 1966.
                     Pres. AMBROSINI - Rel.  VERZI'
     Giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale  -
 Ordinanza del giudice a quo - Valutazione della rilevanza - Sufficiente
 e adeguata motivazione - Insindacabilita'.   (Legge 11 marzo  1953,  n.
 87, art. 23).
     Giudizio  di  legittimita'  costituzionale  in  via  incidentale  -
 Ordinanza del giudice a quo -  Delimitazione  dell'oggetto  -  Legge  6
 dicembre 1962, n. 1643, art. 6. (Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23).
     Energia  elettrica  - Nazionalizzazione - Legge 6 dicembre 1962, n.
 1643, art. 6 - Divieto di distribuire dividendi superiori al  5,50  per
 cento per l'esercizio 1962 - Pretesa violazione degli artt. 3, 42, 43 e
 47  della  Costituzione  - Insussistenza - Esclusione di illegittimita'
 costituzionale.
(GU n.168 del 9-7-1966 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     composta dai signori: Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente  -  Prof.
 NICOLA  JAEGER  -  Prof. GIOVANNI CASSANDRO - Prof. BIAGIO PETROCELLI -
 Dott.  ANTONIO MANCA - Prof.  ALDO SANDULLI - Prof.  GIUSEPPE BRANCA  -
 Prof.    MICHELE  FRAGALI - Prof.   COSTANTINO MORTATI - Prof. GIUSEPPE
 CHIARELLI - Dott. GIUSEPPE VERZI' - Dott.  GIOVANNI BATTISTA  BENEDETTI
 - Prof.  FRANCESCO PAOLO BONIFACIO, Giudici,
     ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
     nei  giudizi  riuniti  di  legittimita' costituzionale dell'art. 6,
 quarto  comma,  della  legge  6  dicembre  1962,   n.   1643,   recante
 "Istituzione    dell'Ente   nazionale   per   l'energia   elettrica   e
 trasferimento ad esso delle imprese esercenti le industrie elettriche",
 promossi con ordinanza emessa il 3 febbraio 1965 dal Tribunale di Parma
 nel procedimento civile vertente tra  l'Ente  nazionale  per  l'energia
 elettrica   (E.N.EL.),   la   Societa'   emiliana   esercizi  elettrici
 (S.E.E.E.), la Societa' Edison, Guazzo Aldo e Vicini  Giuseppe,  e  con
 tre  ordinanze  emesse  l'8  febbraio  1965 dal Tribunale di Genova nei
 procedimenti civili vertenti tra  l'E.N.EL.,  la  Societa'  Edison,  la
 Societa' Compagnia imprese elettriche liguri (C.I.E.L.I.) e la Societa'
 italiana  partecipazioni  industriali  (ITAL.P.I.), iscritte ai nn. 94,
 98, 99 e 100 del Registro ordinanze 1965 e  pubblicate  nella  Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 151 del 19 giugno 1965.
     Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri  e  di  costituzione  dell'E.N.EL.,  delle  Societa'   Edison,
 S.E.E.E., C.I.E.L.I. e ITAL.P.I., di Guazzo Aldo e Vicini Giuseppe;
     udita  nell'udienza  pubblica  del  31 maggio 1966 la relazione del
 Giudice Giuseppe Verzi';
     uditi gli  avvocati  Giuseppe  Ferri,  Rosario  Nicolo'  e  Antonio
 Sorrentino,  per  le  societa'  elettriche  e  per Guazzo Aldo e Vicini
 Giuseppe, gli  avvocati  Francesco  Santoro  Passarelli,  Mario  Nigro,
 Leopoldo  Piccardi  ed Ercole Graziadei, per l'E.N.EL., ed il sostituto
 avvocato generale dello Stato Luciano Tracanna, per il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto:
     L'Ente  nazionale  per  l'energia elettrica (E.N.EL.)  conveniva in
 giudizio dinanzi il Tribunale di Parma la  Societa'  emiliana  esercizi
 elettrici  (S.E.E.E.)  e  la  Societa'  Edison  per ottenere, previe le
 declaratorie del caso, il pagamento della somma  di  lire  583.431.558,
 saldo  di  un conto che la S.E.E.E. aveva costituito presso la Societa'
 Edison, disponendo che dovesse intendersi ad ogni effetto  vincolato  a
 favore  degli  aventi  diritto.    A  sostegno della domanda, l'E.N.EL.
 adduceva trattarsi per la maggior parte  di  somma  ad  esso  spettante
 perche'  accantonata,  in base a deliberazione assembleare del 3 aprile
 1963 per  la  distribuzione  agli  azionisti  di  utili  dell'esercizio
 sociale  1962,  eccedenti  il  limite  del  5,50 per cento disposto dal
 quarto comma dell'art. 6 della legge 6 dicembre 1962, n.  1643.
     Costituitesi in giudizio  le  societa'  convenute,  ed  intervenuti
 anche  gli azionisti della S.E.E.E. ing.  Aldo Guazzo e signor Giuseppe
 Vicini,  costoro  contestavano  la  fondatezza  della  domanda  ed   in
 particolare  -  contro  la  pretesa  dell'E.N.EL.  avanzata sulla quota
 accantonata dei dividendi  eccedenti  il  suindicato  limite  legale  -
 eccepivano  l'incostituzionalita' del quarto comma del ripetuto art. 6,
 in quanto  il  divieto  di  distribuzione  di  una  parte  degli  utili
 attuerebbe   una   espropriazione  senza  indennizzo,  in  danno  degli
 azionisti.
     Con  ordinanza  del  3  febbraio  1965,  il  Tribunale  di   Parma,
 dichiaratane la rilevanza e la non manifesta infondatezza, ha sollevato
 la  questione di legittimita' costituzionale del quarto comma dell'art.
 6 della legge 6 dicembre 1962, n.  1643, in riferimento agli artt.  42,
 43, 47 e 3 della Costituzione.
     Secondo  l'ordinanza,  la norma denunziata inciderebbe direttamente
 sul diritto individuale  degli  azionisti  al  dividendo:  essendo  gli
 azionisti i naturali e necessari destinatari degli utili realizzati con
 l'attivita'  sociale,  ove  si addivenga al riparto, soltanto i soci (e
 non  soggetti  diversi  quali  l'E.N.EL.)  ne  possono  fruire.    Essi
 divengono, appena posto in essere l'atto formale della deliberazione di
 distribuzione,  creditori  della  Societa' ai sensi degli artt.  2247 e
 2350 del Codice civile, anche nel  caso  in  cui  la  deliberazione  di
 approvazione  del bilancio per l'esercizio del 1962, e di distribuzione
 degli utili sia posteriore al trasferimento  delle  imprese  elettriche
 all'E.N.EL.
     Dopo avere confutato la tesi dell'E.N.EL., secondo cui: a) la norma
 limitativa  della  distribuzione  degli  utili  dell'esercizio 1962 non
 sarebbe  altro  che  un  aspetto  del  sistema  di  indennizzo  per  la
 espropriazione  avente  ad  oggetto tutta l'impresa; b) e troverebbe il
 suo corrispettivo in una disposizione largamente riequilibratrice quale
 e'  quella  dell'assunzione  a  carico  dell'E.N.EL.,  delle  eventuali
 perdite dell'ultimo esercizio precedente la espropriazione dell'impresa
 elettrica,  l'ordinanza  pone  in  rilievo  che occorre tenere presente
 l'estraneita', alla impresa espropriata,  degli  utili  maturatisi  nel
 1962  ed  acquisiti  a  favore degli azionisti; e conclude che la norma
 impugnata concreta una sostanziale  espropriazione  di  beni  in  danno
 degli azionisti.  Pertanto, essa violerebbe:
     1)  l'art.  43,  in  quanto la devoluzione all'E.N.EL., della quota
 eccedente il 5,50 per cento  non  potrebbe  giustificarsi  se  non  col
 considerare  la  quota  stessa  come elemento patrimoniale dell'impresa
 trasferita, il che non sembra giuridicamente esatto;
     2) l'art. 42, perche' l'espropriazione  degli  utili  suddetti  non
 sarebbe  giustificata  da  motivi  di interesse generale (cosi' come e'
 stato ritenuto per le imprese elettriche) e perche' la norma  in  esame
 concreterebbe  un  esproprio  senza  indennizzo  e, comunque, una forma
 aleatoria e non seria e concreta di indennizzo;
     3)  l'art.  47,  che  assegna  allo Stato il compito di tutelare il
 risparmio  e  di  favorire  l'accesso  del  risparmio   popolare   allo
 investimento  azionario  dei  grandi complessi produttivi del paese.  E
 l'inclusione coattiva nella impresa degli utili  del  1962,  imporrebbe
 all'azionista  un  sacrificio  non  necessario, oltre che estraneo agli
 interessi tutelati dall'art. 47;
     4) l'art. 3, in quanto la norma creerebbe disparita' di trattamento
 rispetto alle societa' miste, che sono quelle che non esercitano in via
 esclusiva e principale l'attivita' elettrica, per le quali non vige  il
 divieto di cui trattasi e rispetto alle societa' per azioni non quotate
 in borsa, alle quali non si dovrebbe applicare il divieto stesso.
     L'ordinanza   e'   stata   regolarmente  notificata,  comunicata  e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  151  del  19
 giugno 1965.
     Nel  giudizio  dinanzi questa Corte, si sono costituiti la Societa'
 emiliana esercizi elettrici, la Edison, l'E.N.EL., e gli azionisti sig.
 Guazzo e sig. Vicini. E' intervenuto anche il Presidente del  Consiglio
 dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello
 Stato.
     In  altri  analoghi  procedimenti  civili,  promossi  dall'E.N.EL.,
 contro  la  Societa' Compagnia imprese elettriche liguri (C.I.E.L.I.) e
 la Societa'  Edison;  e  contro  la  Societa'  italiana  partecipazioni
 industriali  (ITAL.P.I.)  e  la  Edison,  il  Tribunale  di  Genova con
 ordinanze  dell'8  febbraio  1965,  ha  sollevato   la   questione   di
 legittimita' costituzionale dello stesso quarto comma dell'art. 6 della
 legge  6 dicembre 1962, n. 1643, in riferimento pero' soltanto all'art.
 42 della Costituzione.
     Premesse  considerazioni  analoghe  a  quelle  dell'ordinanza   del
 Tribunale  di  Parma,  e  dopo avere affermato che la limitazione degli
 utili  spettanti  ai   soci   delle   imprese   elettriche   trasferite
 all'E.N.EL.,  concreta  una  vera  espropriazione  senza indennizzo, il
 Tribunale osserva che, in riferimento agli artt. 41, 43, 47 e  3  della
 Costituzione  la  questione  e' manifestamente infondata.  Essa sarebbe
 invece fondata in riferimento all'art.  42,  per  le  medesime  ragioni
 addotte dal Tribunale di Parma.
     Le  ordinanze  sono  state  regolarmente  notificate,  comunicate e
 pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  151  del  19
 giugno  1965.  E, nel giudizio innanzi questa Corte, si sono costituite
 le Societa' C.I.E.L.I., ITAL.P.I., Edison e l'E.N.EL.
     Con gli atti di costituzione e con la memoria del 16 maggio 1966  i
 difensori  della  Edison e delle altre Societa' elettriche rilevano che
 le censure di incostituzionalita' hanno per presupposto che  la  legge,
 stabilendo  il  divieto  di attribuzione agli azionisti di un dividendo
 superiore  al  5,50  per  cento  abbia  disposto   l'avocazione   della
 differenza   all'E.N.EL.   Il  che  non  sarebbe  esatto,  perche',  in
 conformita' ad analoghe precedenti limitazioni disposte  per  legge  di
 utili  spettanti  agli  azionisti,  la  parte  non distribuita dovrebbe
 rimanere nel patrimonio e nella disponibilita' della societa'.    Anche
 la Commissione ministeriale, formata a norma dell'art. 5 della legge di
 nazionalizzazione  delle  imprese  elettriche  per  esaminare i ricorsi
 contro le liquidazioni effettuate dall'E.N.EL., con la decisione n.  76
 del  16  ottobre  1965,  ha  stabilito  che  "la  quota  di  utili  non
 distribuiti  si  traduce  in  un  apporto  coatto (ex lege) di quote di
 capitale da parte degli azionisti, che ne erano i destinatari, a favore
 della societa'; apporto che va computato in applicazione dell'art. 5 n.
 3, prima parte, della legge di nazionalizzazione".
     Questa  interpretazione  della  norma  impugnata   farebbe   cadere
 automaticamente ogni questione di legittimita' costituzionale.
     Esaminando  le  questioni  di legittimita' proposte dall'ordinanza,
 gli stessi difensori osservano che, dal coordinamento degli artt. 4, n.
 11 e 6, n. 4 della legge di nazionalizzazione nonche' dell'art.  5  del
 D.P.R.  n.  342  del  18 marzo 1965 si deduce che l'esercizio dell'anno
 1962 e' di pertinenza delle societa', e che quindi gli utili conseguiti
 in tale esercizio non sono compresi nella espropriazione delle  imprese
 elettriche.    Percio'  la  pretesa  dell'E.N.EL.,  di  far  propria la
 differenza di utili superiore al 5,50  per  cento  si  traduce  in  una
 confisca  a  danno  degli azionisti con la conseguente violazione degli
 artt. 42, 47 e 3 della Costituzione.
     L'E.N.EL., chiede, in primo luogo, che gli atti  siano  rimessi  al
 giudice  a  quo  per  un  riesame  della  rilevanza  della questione di
 legittimita' costituzionale per la decisione dei  processi  principali.
 Tale rilevanza sarebbe insussistente per un duplice motivo.
     L'E.N.EL.,  aveva  proposto  soltanto una azione di restituzione di
 somme depositate presso terzi.    Le  societa'  sono  creditrici  della
 Edison  delle  somme depositate, ed essendo siffatti crediti caduti nel
 trasferimento all'E.N.E.L.   dei  "rapporti  giuridici"  delle  imprese
 elettriche,  l'E.N.EL.,  e'  diventato, in forza di tale trasferimento,
 creditore  della  Edison.    Poiche'  sul  deposito  e'  stato  imposto
 unilateralmente   un   vincolo  a  favore  degli  aventi  diritto  (gli
 azionisti) il giudice deve decidere se siffatto vincolo abbia validita'
 ed efficacia oppure no.
     La rilevanza sarebbe insussistente anche sotto un altro aspetto. La
 norma impugnata si presenta come un elemento della complessa operazione
 espropriativa delle imprese  elettriche,  una  modalita'  necessaria  e
 conseguenziale  al  sistema adottato di determinazione dell'indennizzo,
 previsto dagli artt. 4, 5 e 6. Pertanto l'esame di  legittimita'  della
 stessa  puo' trovare ingresso soltanto nel caso in cui il giudice debba
 decidere questioni relative  all'indennizzo;  ma  nessuna  domanda  del
 genere e' stata proposta dall'E.N.EL.
     L'E.N.EL., contesta infine che la norma impugnata possa configurare
 un  caso  di  espropriazione  di  un  bene  in  danno  degli azionisti.
 Effettuando dei depositi presso la Societa' Edison, le  varie  societa'
 elettriche  hanno  costituito  in loro favore un diritto di credito che
 continua ad essere  un  elemento  del  loro  patrimonio  sociale.    La
 qualificazione  del deposito non poteva produrre l'effetto di separare,
 di distaccare la somma dal patrimonio della societa' e  di  trasferirla
 agli  azionisti,  perche' gli utili della societa' non possono assumere
 una loro individualita'.  Essi invece si concretano in  una  differenza
 di  valore  del  patrimonio  sociale  da  un esercizio all'altro, e non
 possono costituire altro che un diritto di credito  dell'azionista  nei
 confronti  della  societa'  per il pagamento del dividendo.  Dunque, la
 norma impugnata non puo' configurare un'espropriazione,  ma,  limitando
 la  libera  disponibilita' di cio' che e' stato trasferito all'E.N.EL.,
 essa regola i rapporti fra imprese espropriare ed E.N.EL.
     Non   sussistono   pertanto   le  denunziate  violazioni  di  norme
 costituzionali, neppure in riferimento all'art. 3  della  Costituzione,
 dal  momento  che  la  legge  ha  stabilito  un  metodo  di  indennizzo
 completamente diverso, a seconda che le societa' per azioni siano o non
 siano quotate in borsa  oppure  non  esercitino  in  modo  esclusivo  o
 prevalente l'attivita' elettrica.
     Anche  l'avvocato generale dello Stato chiede che, ove la Corte non
 ritenga di dovere rimettere gli atti al giudice a quo  per  il  riesame
 della  rilevanza,  dichiari  non  fondata  la questione di legittimita'
 costituzionale  proposta.  E'  d'avviso  che  la  norma  impugnata   si
 inserisce nel sistema di determinazione e di pagamento dell'indennizzo,
 tanto  che  la  percentuale  di  utili  spettanti agli azionisti non va
 calcolata sul valore nominale delle azioni, ma sul valore di indennizzo
 in base  ai  criteri  indicati  dall'art.  5,  n.  1,  della  legge  di
 nazionalizzazione;  che  il  diritto di credito, derivante dal deposito
 delle somme presso la Edison, e'  compreso  fra  i  rapporti  giuridici
 trasferiti all'E.N.EL.; che la limitazione dei dividendi dell'esercizio
 1962  non  e'  altro  se  non  una  misura cautelare atta a garantire e
 conservare la consistenza della impresa fino al momento del trapasso, e
 che la norma impugnata  va  posta  in  relazione  con  le  disposizioni
 dell'art.  12  della  legge  di  nazionalizzazione,  aventi lo scopo di
 tutelare la conservazione  e  manutenzione  degli  impianti,  la  buona
 gestione  delle  imprese,  e  la  conservazione  del patrimonio e della
 efficienza produttiva delle stesse fino al momento in cui  non  vengono
 consegnate all'E.N.EL.
                         Considerato in diritto:
     1.  -  Tanto  l'ordinanza  del Tribunale di Parma quanto quelle del
 Tribunale di Genova  sollevano  la  stessa  questione  di  legittimita'
 costituzionale   del   quarto   comma   dell'art.   6  della  legge  di
 nazionalizzazione delle imprese elettriche 6 dicembre  1962,  n.  1643,
 nella  parte  in  cui  dispone  che  le  societa' azionarie relative ad
 imprese assoggettate a trasferimento,  esercenti  in  via  esclusiva  o
 principale  attivita'  elettriche, non possono - per l'esercizio 1962 -
 distribuire dividendi superiori al 5,50 per cento, calcolati sul valore
 di indennizzo dell'impresa: la  prima,  denunzia  la  violazione  degli
 artt.  42,  43,  47 e 3 della Costituzione, le altre, la violazione del
 solo art. 42.   Trattandosi  della  stessa  questione  le  cause  vanno
 riunite e decise con unica sentenza.
     2.  -  L'E.N.EL.,  ha  chiesto preliminarmente che gli atti vengano
 restituiti al giudice a  quo  per  un  riesame  della  rilevanza  della
 questione,  ma la Corte non puo' accogliere questa domanda, dal momento
 che le ordinanze espongono, con adeguata e sufficiente motivazione,  le
 ragioni  per  le quali si ritiene che, per decidere la controversia fra
 le parti, occorra applicare la norma,  sulla  quale  sorgono  dubbi  di
 legittimita'  costituzionale.    E  questa  Corte  conformemente  ad un
 principio costantemente affermato non ha motivo di sindacare le ragioni
 addotte a sostegno di tale giudizio.
     3. - Va innanzi tutto osservato che la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  e'  prospettata  esclusivamente  sotto  il  profilo dei
 diritti degli azionisti sulle eccedenze rispetto al limite  legale  dei
 dividendi,  nel  senso  che  la quota di utili sottratta in tal modo ai
 soci delle  imprese  elettriche  trasferite  all'E.N.EL.  concreta  una
 sostanziale  espropriazione  senza  indennizzo.    Di  conseguenza tale
 prospettazione, che segna precisi limiti alla indagine di questa Corte,
 preclude che i rapporti fra  societa'  espropriate  ed  E.N.EL.,  siano
 presi in esame anche limitatamente alle eccedenze di utili.
     Solo   per  il  fatto  che  le  parti  hanno  discusso  e  proposto
 subordinate domande anche  attinenti  a  tali  rapporti,  e'  opportuno
 rilevare  che  -  non  avendo le ordinanze proposto alcuna questione di
 legittimita'  delle  norme  riguardanti  l'indennizzo  attribuito  alle
 societa'  -  l'indagine  se  le  asserite  eccedenze  di utili spettino
 all'E.N.EL., oppure alle societa' si riduce all'esame se  siano,  oppur
 no, comprese fra i beni espropriati, esame questo che non investe alcun
 problema di costituzionalita'.
     4. - La questione e' infondata.
     Non  puo'  porsi  in  dubbio  che,  per le societa' interessate nel
 presente giudizio, l'esercizio relativo all'anno 1962 e' considerato di
 transizione, nella complessa procedura  di  trasferimento  dell'impresa
 all'E.N.EL.
     Dalla norma del numero 1 dell'art. 5 che stabilisce l'indennizzo in
 misura  pari  alla  media  dei valori del capitale azionario secondo le
 quotazioni di borsa del triennio 1 gennaio  1959-31  dicembre  1961,  e
 dalle  altre  norme le quali dispongono il trasferimento della gestione
 all'E.N.EL., a decorrere dal 1 gennaio 1963, deriva  la  necessita'  di
 disciplinare la gestione stessa nel periodo intermedio, compreso fra il
 momento  della  determinazione  dell'indennizzo e quello dell'effettivo
 trasferimento dell'impresa, tenendo  anche  di  mira  la  finalita'  di
 evitare   eventuali   diminuzioni   della   consistenza   economica   e
 patrimoniale della societa'.
     Il carattere di transitorieta' di tale gestione, che era  esplicito
 nel  progetto  di legge, e' rimasto - per le suindicate ragioni - anche
 dopo  le  modifiche  apportate  al  progetto,  in  sede   parlamentare,
 allorquando  -  in  considerazione dello scorrimento di un semestre del
 trasferimento -  si  e'  disposto  che  le  societa'  di  cui  trattasi
 provvedano  alla redazione del bilancio e del conto profitti e perdite,
 per l'esercizio 1962 con il divieto di distribuire utili  superiori  al
 5,50 per cento.
     5.  -  Il limite si spiega con un duplice ordine di considerazioni.
 Da un  canto  l'E.N.EL.,  assumeva  a  proprio  carico  il  rischio  di
 eventuali perdite nel corso dell'esercizio del 1962, come risulta e dai
 lavori  preparatori  e  dalla  norma  dell'art. 5, n. 3, della legge di
 nazionalizzazione; la quale, soltanto per le societa' diverse da quelle
 con azioni quotate in borsa, dispone che dal valore d'indennizzo  siano
 portate  in detrazione le perdite attinenti agli esercizi successivi al
 1960.
     D'altro canto, sia per il Codice civile che per la  legge  4  marzo
 1958,  n.  151,  la  formazione  del bilancio e la determinazione degli
 utili comportano complesse valutazioni delle  assemblee  delle  singole
 societa',  di  cui,  per  la  loro  natura,  sarebbe stato difficile un
 sostanziale controllo; onde la  necessita'  di  fissare  un  limite  al
 potere  deliberativo  di  quelle  assemblee,  superato il quale avrebbe
 potuto sorgere il pericolo di vedere diminuita la consistenza economica
 del complesso trasferibile all'E.N.EL., mediante un eccessivo  distacco
 di beni, o mediante un qualunque altro accorgimento contabile.
     La  limitazione  disposta  dalla  norma  impugnata fa parte di quel
 sistema, cui  si  ispira  la  legge,  inteso  ad  ovviare  al  pericolo
 predetto, ed immediatamente realizzato con le misure cautelari previste
 dall'art.  12; responsabilita' dei legali rappresentanti delle societa'
 soggette a trasferimento per  la  conservazione  e  manutenzione  degli
 impianti,  nonche'  per  la  buona  gestione  delle  imprese  stesse; e
 nullita' degli atti in qualsiasi forma compiuti  dopo  il  31  dicembre
 1961,  che  abbiano  comunque  diminuito  la  consistenza  economica  e
 patrimoniale o l'efficienza produttiva e tecnica delle imprese  stesse.
 Tale  sistema,  protettivo  delle  finalita'  perseguite dalla legge di
 nazionalizzazione, non puo' qualificarsi  di  carattere  espropriativo,
 come invece hanno ritenuto le ordinanze di rimessione.
     La legge, mediante la limitazione contenuta nella norma denunciata,
 ha  compiuto  una  valutazione approssimativa di cio' che (in base agli
 accertamenti degli utili conseguiti negli anni precedenti al  1962,  di
 quelli   concernenti   gli  utili  distribuiti  negli  anni  stessi,  e
 dell'andamento della gestione di transizione) era  prevedibile  che  si
 potesse  distribuire.    E  tenute  nel  debito conto le esigenze delle
 societa' e le finalita' della legge di nazionalizzazione, ha utilizzato
 un rimedio, quale e' quello della limitazione del potere dell'assemblea
 di  ripartire  utili  ai  soci,  che,  a  scopi  diversi,  altra  volta
 l'ordinamento giuridico ha predisposto, senza che mai si sia ricondotto
 all'istituto  della  espropriazione,  o piu' genericamente a quello del
 trasferimento  coattivo;  e  che,  nemmeno  nell'applicazione   fattane
 mediante la norma denunciata, ha assunto carattere ablativo.  Il limite
 corrisponde  per altro ad una media corrente, e segue l'indirizzo della
 legge speciale, rapportandosi a quel 5,50 per cento che l'E.N.EL., deve
 corrispondere come interessi sull'indennizzo a decorrere dal 1  gennaio
 1963, data di inizio della sua gestione.
     La  limitazione  di cui si discute si inserisce, se mai, fra quelle
 che la legge puo' apportare  ai  diritti  individuali  per  assicurarne
 l'esercizio secondo una funzione sociale; funzione che - nella specie -
 si  realizza  in  quei  fini  di  utilita'  generale che la legge si e'
 proposta di raggiungere.
     6. - Dimostrato che la gestione dell'esercizio 1962 si caratterizza
 come  gestione  transitoria  fra  quella  propriamente  privata   delle
 societa'  e  quella  pubblica  dell'E.N.EL.,  la  Corte  rileva che nel
 determinare la particolare necessaria disciplina nei modi e nelle forme
 che sono stati ricordati  e  per  i  fini  che  sono  rilevabili  dalla
 medesima   legge   di  nazionalizzazione,  il  legislatore  ha  operato
 nell'esercizio di una non  arbitraria  discrezionalita',  senza  urtare
 alcun principio costituzionale, e senza violare alcuno dei precetti che
 la  Costituzione  pone  a tutela della proprieta' privata, della libera
 iniziativa economica  e  del  risparmio  individuale.    Discutendo  di
 dividendi, di espropriazione senza indennizzo, e di eccedenze di utili,
 le   parti  hanno  invece  modificato  i  termini  della  controversia,
 omettendo di  tenere  conto  della  singolarita'  dell'esercizio  delle
 imprese  elettriche  per  l'anno  1962, e della conseguente specialita'
 della disciplina normativa.
     7.  -  Anche  in  riferimento  all'art.  3  della  Costituzione  la
 questione e' infondata.
     Come  bene  osserva  l'Avvocatura  dello  Stato,  il  quarto  comma
 dell'art. 6 pone il divieto di attribuire utili superiori al  5,50  per
 cento per tutte le societa' indicate nel n. 1 dell'art. 4, con "imprese
 assoggettate   a  trasferimento  che  esercitano  in  via  esclusiva  o
 principale attivita' elettriche" senza distinguere affatto fra societa'
 per azioni quotate in borsa o non quotate.   Poiche' il  richiamo  alle
 societa'  quotate  in borsa e' fatto soltanto in riferimento al calcolo
 della percentuale del 5,50, la norma e' stata interpretata ed applicata
 nel  senso  che  il  divieto  si  riferisce  a tutte indistintamente le
 societa' per azioni.   Dal che deriva che  non  sussiste  di  fatto  un
 diverso  trattamento  fra  le due forme di societa'.  Ma, in ogni caso,
 tenendo conto del differente modo  di  calcolare  l'indennizzo  fra  le
 imprese indicate nel n.  1 e quelle indicate nel n. 2 dell'art. 5 della
 legge  di  nazionalizzazione, il diverso trattamento sarebbe pur sempre
 giustificato.
     Per questo stesso motivo, non e' di certo violato il  principio  di
 eguaglianza,  rispetto alle societa' miste per le quali l'indennizzo e'
 determinato mediante stima diretta dei beni con le modalita'  stabilite
 dal  decreto  di  esproprio.    Infatti,  la  stima diretta dei beni al
 momento del trasferimento esclude la necessita' di qualsiasi intervento
 dell'E.N.EL., e quindi di qualsiasi limitazione  nelle  gestioni  degli
 anni precedenti.
                            PER QUESTI MOTIVI
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
     dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 6, quarto  comma,  della  legge  6  dicembre  1962,  n.  1643
 (istituzione    dell'Ente   nazionale   per   l'energia   elettrica   e
 trasferimento ad esso delle imprese  esercenti  industrie  elettriche),
 nella  parte  in cui esso pone il divieto di distribuzione di dividendi
 superiori al 5,50 per cento per l'esercizio  1962  delle  societa'  per
 azioni   quotate  in  borsa;  questione  sollevata  con  ordinanza  del
 Tribunale di Parma del 3 febbraio 1965 in riferimento  agli  artt.  42,
 43,  47  e 3 della Costituzione e con ordinanze del Tribunale di Genova
 dell'8 febbraio 1965 in riferimento all'art. 42 della Costituzione.
     Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 giugno 1966.
                                   GASPARE  AMBROSINI  - NICOLA JAEGER -
                                   GIOVANNI    CASSANDRO    -     BIAGIO
                                   PETROCELLI  -  ANTONIO  MANCA  - ALDO
                                   SANDULLI - GIUSEPPE BRANCA -  MICHELE
                                   FRAGALI   -   COSTANTINO   MORTATI  -
                                   GIUSEPPE CHIARELLI - GIUSEPPE  VERZI'
                                   -   GIOVANNI   BATTISTA  BENEDETTI  -
                                   FRANCESCO PAOLO BONIFACIO.