N. 645 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 giugno 1997
N. 645 Ordinanza emessa il 12 giugno 1997 dal tribunale di Casale Monferrato nel procedimento penale a carico di Borrione Cesarina Armi e materie esplodenti - Detenzione illegale di armi, gia' denunciate da terzi, pervenute iure successionis o ad altro titolo - Sanzioni - Reclusione e pena pecuniaria - Lamentata eccessiva afflittivita' - Trattamento sanzionatorio differenziato nel minimo e nella specie - Mancata previsione - Irragionevolezza - Lesione del principio della finalita' rieducativa della pena - Violazione del principio di buon andamento dell'amministrazione della giustizia. (Legge 14 ottobre 1974, n. 497, artt. 10 e 14). (Cost., artt. 3, 27, comma terzo, e 97, comma primo).(GU n.41 del 8-10-1997 )
IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento n. 97/97 a carico di Borrione Cesarina, imputata del reato p. e p. dagli artt. 10 e 14 legge n. 497/74 per avere illegalmente detenuto nella propria abitazione un fucile monocanne marca Poli, cal. 24, matr. 9507, e una carabina ad aria compressa cal. 4,5, matr. 0103, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, osserva: Ritenuto in fatto Nel corso di periodici controlli nei confronti di detentori di armi denunciate presso la stazione dei C.C. di Gabiano, militari dell'Arma rinvenivano, in data 24 aprile 1997 presso l'abitazione di Borrione Cesarina, un fucile monocanne ed una carabina ad aria compressa. Nel consegnare le armi, la sig.ra Borrione dichiarava che le stesse erano appartenute al marito, deceduto il 10 aprile 1996 e di ignorare l'esistenza dell'obbligo di rinnovare la denuncia di possesso a nome del de cuius. Sequestrate le armi, la Borrione veniva tratta a giudizio per rispondere del reato di cui agli artt. 10 e 14 legge n. 497/1974. All'esito dell'istruttoria dibattimentale, il p.m. chiedeva la condanna dell'imputata per il reato a lei contestato, mentre la difesa ne chiedeva la declaratoria di non doversi procedere per oblazione, previa derubricazione di cui agli artt. 17 e 38 TULPS. Osserva in diritto Rilevanza. Per costante orientamento giurisprudenziale, la fattispecie in esame ricade nell'ambito di applicazione delle leggi nn. 895/1967 e 497/1974, atteso che la portata dell'art. 697 c.p. e' limitata alla detenzione delle armi proprie da punta e taglio e delle munizioni per armi comuni da sparo. Inoltre, e' irrilevante il titolo dell'acquisto, si che l'obbligo della denuncia incombe anche a carico di chi erediti un'arma gia' denunciata dal de cuius (Cass., sez. I, 17 gennaio 1984, n. 162574). Non manifesta infondatezza. Ritiene questo collegio non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 10 e 14 legge n. 497/1974, nella parte in cui prevedono la punibilita' anche di chi illegalmente detiene, nello stesso luogo, armi gia' denunciate da altri e a lui pervenute jure succesionis o ad altro titolo, sanzionando la condotta con pena detentiva e pecuniaria e configurando l'ipotesi stessa come delitto. Contrasto, a giudizio di questo collegio, riferibile agli artt. 3, 27, terzo comma e 97 Costituzione. Sotto il primo profilo, si ritiene che, come gia' affermato dallo stesso giudice delle leggi con sentenza n. 409/1989, "il principio di uguaglianza, di cui all'art. 3, primo comma Costituzione, esige che la pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso, in modo che il sistema sanzionatorio adempia nel contempo alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni individuali, (...) le valutazioni all'uopo necessarie rientrano nell'ambito del potere discrezionale del legislatore, il cui esercizio puo' essere censurato, sotto il profilo della legittimita' costituzionale, soltanto nei casi in cui non sia stato rispettato il limite della ragionevolezza (nello stesso senso, sentenza n. 343 e 422 del 1993)". Infatti piu' in generale "il principio di proporzionalita'... nel campo del diritto penale equivale a negare legittimita' alla incriminazione che, anche se presumibilmente idonea a raggiungere penalita' statuali di prevenzione, producano, attraverso la pena, danni all'individuo (ai suoi diritti fondamentali) ed alla societa' sproporzionatamente maggiori dei vantaggi ottenuti (o da ottenere) da quest'ultima con la tutela dei beni e valori offesi dalle predette incriminazioni" (sentenza n. 409 del 1989). Nel caso di specie il disvalore sociale della condotta e' minimo in relazione alla finalita' cui e' preordinata la norma incriminatrice, identificata dalla giurisprudenza nella possibilita' per l'autorita' di polizia di conoscere il luogo in cui le armi si trovano e le persone che ne hanno la disponibilita', in modo da rendere agevoli gli opportuni controlli e facilitare l'esecuzione di ordini di consegna per ragioni di sicurezza (Cass., sez. I, 17 gennaio 1984 - gia' citata). Infatti, allorche' l'arma continui a permanere nel luogo gia' indicato nella denuncia e nella disponibilita' di coabitanti del denunciante, la descritta esigenza appare comunque soddisfatta, come avvenuto nel caso di specie. Peraltro l'irragionevolezza della norma (quanto alla specie ed all'entita' della pena), appare in tutta la sua evidenza ove la si raffronti all'ipotesi della mancata ripetizione della denuncia in caso di trasferimento delle armi, gia' denunciate ai sensi dell'art. 38 TULPS, da una localita' all'altra del territorio dello Stato, ipotesi che non configura ne' il reato contravvenzionale di cui all'art. 697 c.p. ne' quella di cui agli artt. 10 e 14 legge n. 497/1974 ma solo la fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 58 del regolamento di attuazione del suddetto TULPS e dell'art. 221, terzo comma, stesso testo. (Cass. sez. I n. 00982 del 30 gennaio 1987 - conforme sez. I n. 01024 del 30 gennaio 1985). Sotto diverso profilo e cioe' in relazione all'art. 27, terzo comma della Costituzione, la norma denunciata appare illegittima, nei limiti di cui sopra perche', essendovi sproporzione fra l'entita' della sanzione penale in rapporto al disvalore dell'illecito commesso, la finalita' rieducativa della pena risulta vanificata, come osservato nella citata sentenza della Corte costituzionale n. 341/1994 e nella precedente n. 343/1993. Tale aspetto, inoltre, puo' costituire elemento idoneo ad ingenerare nel soggetto e nella collettivita' sentimenti di sfiducia nella legislazione ed ancor piu' nell'autorita' chiamata ad applicarla. Da ultimo, appaiono in contrasto con l'art. 97 della Costituzione il minimo a la specie dalla pena edittale comminata, che non consente l'applicazione di sanzioni sostitutive pecuniarie ed ostacola la definizione del procedimento in sede predibattimentale imponendo la celebrazione del processo con relativo esperimento di tutti i mezzi di prova e conseguenti costi per l'organizzazione della giustizia e per la stessa collettivita'. In conclusione ritiene il tribunale che gli artt. 10 e 14 della legge n. 497/1974 si pongano in contrasto con gli artt. 3, 27, terzo comma e 97, primo comma Cost. la' dove non prevedono un trattamento sanzionatorio differenziato, nel minimo e nella specie, per la fattispecie di detenzione illegale di armi nello stesso luogo gia' indicato nella denuncia fatta da terzi, ove il detentore sia coabitante, familiare o meno, dal dante causa.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953 sospende il procedimento dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la comunicazione ai Presidenti delle due camere del Parlamento. Casale Monferrato, addi' 12 giugno 1997 Il presidente: (firma illeggibile) 97C1077