N. 417 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 aprile 1999
N. 417 Ordinanza emessa il 2 aprile 1999 dal pretore di Catania, sezione distaccata di Acireale nel procedimento di esecuzione a carico di Faro Santo Esecuzione penale - Applicazione della disciplina del reato continuato da parte del giudice dell'esecuzione - Rideterminazione della pena - Criteri - Individuazione della violazione piu' grave in quella per la quale e' stata inflitta la pena piu' grave - Dedotta applicabilita' secondo l'interpretazione della Corte di cassazione, di tale criterio anche nel caso in cui "la pena sia frutto dell'applicazione dell'istituto della continuazione fra piu' reati" - Disparita' di trattamento tra fase del giudizio e fase dell'esecuzione. (C.P.P. 1988, disp. att., art. 187). (Cost., art. 3).(GU n.36 del 8-9-1999 )
IL PRETORE Con ordinanza del 6 maggio 1998 questo giudice dell'esecuzione penale, su richiesta dall'avv. De Luca Eugenio, difensore di Faro Santo, applicava la continuazione tra i reati di cui alle sentenze 152/96 e 370/96 contro lo stesso Faro, ritenendo piu' grave (in considerazione del maggiore importo dell'assegno) il reato giudicato colla sentenza 370/96 (emissione senza autorizzazione di assegno di L. 15.196.500) anziche' l'analogo reato di cui al capo B della sentenza 152/96 (emissione senza autorizzazione di assegno di L. 9.000.000); e cio' in applicazione dell'art. 187 disp. att. c.p.p. Il pubblico ministero presso la pretura di Catania ricorreva per Cassazione, lamentando la violazione di detta norma, perche' (a suo dire) questo giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto considerare come pena base i 5 mesi di reclusione inflitti colla sentenza 152/96 (anche se tale pena si riferiva a piu' reati uniti dal vincolo della continuazione). La Corte di cassazione con sentenza n. 5458 del 6 novembre 1998 accoglieva il ricorso, interpretando l'art. 187 disp. att. c.p.p. cosi' come il p.m. ricorrente, nel senso cioe' che "per reato piu' grave deve intendersi quello per il quale e' stata in concreto inflitta la pena piu' grave e quindi, nel caso in esame, quello di cui alla sentenza 23 febbraio 1996". Quindi, secondo la Corte di cassazione, il giudice dell'esecuzione deve applicare l'aumento per la continuazione sulla pena piu' grave inflitta con una delle sentenze, prescindendo dalla considerazione delle singole violazioni (cioe' dei singoli reati) che compongono (per cosi' dire) il paniere dell'imputazione. Quindi, nel caso in esame, senza tenere conto del fatto che la pena di 5 mesi di reclusione e' stata inflitta (con la sentenza 152/96) per diversi reati in continuazione tra loro (e non per un solo reato). Insomma, questo giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto applicare la continuazione su una pena che a sua volta era gia' frutto dell'applicazione della continuazione tra piu' reati: continuazione su ... continuazione| Ma se l'art. 187 disp. att. c.p.p. viene cosi' inteso, si verifica una disparita' di trattamento tra fase del giudizio e fase dell'esecuzione ai danni dell'imputato. In pratica si fa dipendere l'entita' della pena dal fatto (casuale) che l'imputato abbia avuto o non abbia avuto la ventura di essere giudicato contemporaneamente per tutti i reati uniti dall'identita' del disegno criminoso. Infatti: A) se viene giudicato contemporaneamente, il giudice considerera' come pena base quella relativa al singolo reato, ritenuto piu' grave tra quelli sottoposti al suo giudizio; B) se l'imputato viene giudicato in tempi successivi e condannato con piu' sentenze, allora il giudice dell'esecuzione non potra' prendere in considerazione i singoli reati per valutare qual'e' quello piu' grave, ma dovra' (secondo la Cassazione) partire (come pena base) da quella piu' grave inflitta con una delle sentenze, anche se tale pena si riferisce a piu' reati. Tale interpretazione finisce col danneggiare il condannato, perche' e' di tutta evidenza che, in tal caso, la pena base e' piu' elevata (esendo a sua volta frutto dell'applicazione della continuazione). Su questo argomento c'e' un illuminante nota di Giurisprudenza di Merito fasc. 6/1998. Nel caso in esame la differenza di risultato tra l'interpretazione dell'art. 187 disp. att. c.p.p. data dal sottoscritto e quella data dalla Cassazione sta in questi termini: A) secondo il sottoscritto, la pena base e' tre mesi di reclusione (pena inflitta colla sentenza 370/96, che e' uguale alla pena considerata base nella sentenza 152/96); B) secondo la Cassazione, la pena base e' di 5 mesi di reclusione, tale essendo la pena complessiva inflitta per i vari reati giudicati colla sentenza 152/96 in applicazione della continuazione. La disparita' di trattamento appare evidente ed e' priva a mio avviso di qualsiasi giustificazione, dipendendo dalla mancata riunione in fase di giudizio dei procedimenti, che a sua volta dipende dai piu' svariati fattori casuali. Tale disparita' di trattamento tra fase del giudizio (art. 81 c.p.) e fase dell'esecuzione (art. 187 disp. att. c.p.p. nella interpretazione data dalla Cassazione) confligge coll'esigenza di uguaglianza garantita dall'art. 3 della Costituzione. Ad avviso del sottoscritto, l'art. 187 disp. att. c.p.p. e' costituzionalmente illegittimo nella parte in cui dispone che per reato piu' grave deve intendersi quello per il quale e' stata in concreto inflitta la pena piu' grave, anche nel caso in cui tale pena e' frutto dlel'applicazione dell'istituto dlela continuazione fra piu' reati.
P. Q. M. Sospende il procedimento di esecuzione in corso; Dispone trasmettersi immediatamente gli atti alla Corte costituzionale, dopo che la cancelleria avra' provveduto a far notificare questa ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e a comunicarla ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Catania, addi' 2 aprile 1999. Il pretore: Sturiale 99C0808