N. 52 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 agosto 1997

                                 N. 52
  Ricorso  per  questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 13 agosto 1997 (del vice commissario dello  Stato  per
 la regione siciliana)
 Lavoro  (Tutela del) - Regione siciliana - Interventi per il sostegno
    e la promozione dell'occupazione -  Possibilita'  per  gli  uffici
    giudiziari  e  le  prefetture  di  presentare progetti di utilita'
    collettiva,  di  cui  alla  legge  regionale  n.  85  del  1995  -
    Utilizzabilita'  del  personale  impegnato  nei lavori socialmente
    utili anche per supporre le  attivita'  istituzionali  degli  Enti
    pubblici - Autorizzazione a favore dell'assessore regionale per il
    lavoro  a stipulare convenzioni con gli enti privati preposti alla
    formazione   professionale   nonche'   affidamento    ai    centri
    interaziendali  per  l'addestramento  professionale nell'industria
    (CIAPI)   di   funzioni   di   assistenza   tecnica   e   supporto
    amministrativo  a  favore  dell'assessorato  del lavoro e a favore
    dell'Agenzia  per  l'impiego  e  la  formazione  professionale   -
    Fissazione  con  decreto  dell'assessore  del  lavoro dei criteri,
    modalita' e procedure per  il  finanziamento  dei  progetti  volti
    all'inserimento  dei  giovani  disoccupati - Violazione dei limiti
    posti alla competenza regionale in materia di legislazione sociale
    e ordinamento degli uffici e del personale - Lesione del principio
    di buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  -  Incidenza
    sull'obbligo di copertura finanziaria per nuove e maggiori spese -
    Richiamo  alle  decisioni  della Corte costituzionale nn. 81/1983,
    407/1995, 271/1996 e 91/1997.
 (Legge regione Sicilia 28 luglio 1997, n. 381, artt. 19, comma 2, 22,
    23 e 27, comma 1 e 3).
 (Statuto Sicilia artt. 12, 14 e 17, lett. f); Cost., artt. 3, 51, 81,
    comma  quarto,  97  e  136, d.-l. 16 maggio 1994, n. 299, art. 14,
    convertito in legge 19 luglio 1994, n. 451; legge 24 giugno  1997,
    n.  196, artt. 20, 21 e 22; legge 23 ottobre 1992, n. 421, art. 2,
    lett. r)).
(GU n.41 del 8-10-1997 )
          COMMISSARIATO DELLO STATO PER LA REGIONE SICILIANA
   L'assemblea regionale siciliana nella seduta del 28 luglio 1997  ha
 approvato  il  disegno  di  legge  n.  381,  dal  titolo:  "Misure di
 politiche  attive  del  lavoro  in  Sicilia.  Modifiche  alla   legge
 regionale  21  dicembre  1995,  n.  85. Norme in materia di attivita'
 produttive e di sanita'.   Disposizioni varie",  pervenuto  a  questo
 Commissariato  dello  Stato,  ai sensi e per gli effetti dell'art. 28
 dello Statuto speciale, il 31 luglio 1997.
   Il provvedimento legislativo contiene  un  articolato  e  complesso
 insieme  di  interventi  pubblici  per  il  sostegno  e la promozione
 dell'occupazione, con cui il legislatore siciliano sfrutta appieno la
 competenza  concorrente  attribuitagli  dall'art.  17  dello  Statuto
 speciale in materia di legislazione sociale e del lavoro.
   L'assemblea regionale, consapevole della grave situazione economica
 in  cui  versa  da  tempo  la  regione, ha destinato cospicue risorse
 finanziarie per incentivare le iniziative dell'imprenditoria  privata
 per   le  auspicabili  ricadute  sui  livelli  occupazionali  nonche'
 specifiche misure finalizzate all'utilizzazione, seppure  temporanea,
 di personale presso le amministrazioni pubbliche.
   Nell'ambito  della  disciplina  preordinata al raggiungimento delle
 predette finalita' intese ad alleviare il dramma della disoccupazione
 nell'isola, sono presenti talune disposizioni che si ritiene di dover
 sottoporre al vaglio di codesta eccellentissima Corte.
   L'art. 22, che di seguito si tracrive da' infatti adito  a  censure
 di  costituzionalita',  sotto il profilo della violazione degli artt.
 14  e  17  dello  Statuto  speciale  nonche'   dell'art.   97   della
 Costituzione:
   "Art.  22:  progetti  di utilita' collettiva. Disposizioni speciali
 per gli uffici giudiziari e le prefetture.
   1. - Al fine  di  fare  fronte  alle  gravi  carenze  degli  uffici
 giudiziari   ordinari,  amministrativi  e  contabili,  nonche'  delle
 prefetture dell'isola e nelle more di un intervento organico da parte
 dello Stato, le amministrazioni da cui detti uffici dipendono possono
 presentare progetti di utilita' collettiva di cui agli artt. 11 e  12
 della legge regionale 21 dicembre 1995, n. 85 che prevedono l'impiego
 di  soggetti  beneficiari  di  cui  all'art. 1 della medesima legge e
 all'art. 1 della legge regionale 6 aprile 1996,  n.  24,  presso  gli
 uffici e le prefetture medesime.
   2.  -  I  progetti  dovranno  riguardare attivita' di integrazione,
 supporto e potenziamento dei servizi istituzionali  degli  uffici  di
 cui al comma 1.
   3.  -  I  progetti di cui al comma 1 saranno finanziati nell'ambito
 delle risorse ordinarie disponibili gia' destinate  al  finanziamento
 dei  progetti  di  cui agli articoli 11 e 12 della legge regionale 21
 dicembre 1995, n. 85".
   In  buona  sostanza il legislatore siciliano intenderebbe applicare
 agli uffici giudiziari ed alle prefetture le  particolari  previsioni
 di  cui  agli  artt.  11  e 12 della legge regionale n. 85/1995 con i
 quali e' stata prevista la utilizzazione di parte degli oltre  34.000
 soggetti   precedentemente   impegnati   nei   progetti  di  utilita'
 collettiva di cui all'art. 23 della legge n.  67/1988,  in  attivita'
 temporanea  presso  amministrazioni  della  regione e/o in enti dalla
 stessa dipendenti per aree di intervento ben disciplinate.
   L'attuale  iniziativa  prevede,  infatti,   l'utilizzazione   dello
 strumento  del  "progetto  di utilita' collettiva" quale disciplinato
 dal citato art. 12 della legge n. 85/1995 e dallo stesso  disegno  di
 legge  teste' approvato (art. 21, quinto comma, che lo modifica nella
 parte in cui eleva il contributo a carico della Regione previsto  dal
 sesto   comma  dello  stesso  art.  12),  per  finalita'  palesemente
 esorbitanti dalla competenza attribuita alla regione  siciliana,  sia
 in  materia di legislazione sociale che di ordinamento degli uffici e
 del proprio personale.
   Il  plausibile  intento  di  far  fronte   alle   "gravi   carenze"
 presupposte  e  nelle  "more  di un organico intervento statale", non
 puo' fare dimenticare l'inesistenza della potesta' legislativa  della
 Regione  in  materia di organizzazione degli uffici statali, quali in
 ispecie quelli giudiziari e delle prefetture.
   L'intervento regionale appare ancor piu' ultroneo ove si  consideri
 ad esempio che il Parlamento nazionale ha gia' approvato il 17 luglio
 1997  il  disegno  di  legge  n.  3179-1211-1606/A,  il  cui  art. 14
 espressamente dispone "al fine di assicurare effettiva  assistenza  e
 supporto  ai  magistrati"  l'aumento  delle dotazioni organiche degli
 uffici giudiziari ed il contestuale immediato avvio  delle  procedure
 concorsuali per il reclutamento del personale.
   E'  ben  vero  che  la  norma  prevede  che  le  amministrazioni in
 questione "possono" presentare i  progetti  di  utilita'  collettiva,
 tuttavia   anche   la   semplice   attribuzione   di   una   potesta'
 amministrativa in capo ad una amministrazione statale da parte  della
 Regione   configura   uno   straripamento   della  propria  sfera  di
 competenze, seppure  la  facolta'  attribuita  necessiti  per  essere
 attivata di una manifestazione di volonta' dell'ente statale.
   L'affermazione implicita nella norma de qua, di un potere di cui la
 Regione si riconosce titolare pur non essendone investita vale di per
 se'  a  determinare  l'immediata  lesione dell'ordinamento giuridico,
 giacche' altera  la  distribuzione  formale  delle  competenze  quale
 delineato dalla Costituzione e dallo Statuto speciale.
   Non  ininfluente,  altresi',  ai  fini della prospettata violazione
 dell'art.  97  della  Costituzione,   e'   la   conseguente   diversa
 destinazione  di  risorse regionali (fondi e personale) che invece di
 essere utilizzate per il raggiungimento dei fini istituzionali  della
 regione   stessa   vengono  messi  a  disposizione  dello  Stato  per
 l'espletamento di funzioni statali.
   Ne consegue che risorse finanziarie, oltretutto in  un  momento  di
 gravi  difficolta'  economiche  per  la  regione  stessa,  verrebbero
 inevitabilmente distolte dal  soddisfacimento  di  esigenze  primarie
 rientranti nella specifica competenza dell'ente territoriale.
   L'art.  11  della  piu'  volte  citata  legge regionale n. 85/1995,
 infatti,  dispone,  che  i  progetti  di  utilita'  collettiva  siano
 proposti per la tutela dei beni culturali e naturali, per il sostegno
 dell'attivita' imprenditoriale, per l'assistenza sociale e scolastica
 e   la  promozione  turistica,  materie  rientranti  nella  sfera  di
 competenza regionale e che tuttora necessitano di iniziative volte  a
 soddisfare le relative necessita' oltre che a garantirne lo sviluppo.
   Dall'applicazione   della   censurata   norma   potrebbe   altresi'
 determinarsi l'avvio di un processo di ampliamento di  situazioni  di
 precariato presso strutture statali che, in atto sono destinatarie di
 una  normativa  particolarmente  rigorosa,  riguardo  non  solo  alle
 modalita' di accesso ma anche alla utilizzazione secondo  criteri  di
 razionalita',  efficienza  ed  economicita'  delle  risorse  umane  e
 finanziarie  disponibili,  potendosi   altresi'   creare   situazioni
 comportanti   disparita'   di   trattamento  con  soggetti  che  sono
 addivenuti ad un rapporto di lavoro, ancorche' precario, con lo Stato
 ma a seguito di procedure di reclutamento ispirate al rispetto  delle
 suddette modalita'.
   Analoghe     negative     conseguenze    potrebbero    determinarsi
 dall'applicazione dell'art. 23, che di seguito si riporta:
   "Art. 23: Lavori socialmente utili. Settori di impiego.
   1.  -  Al  fine  di  ottimizzare  l'erogazione  dei  servizi   resi
 all'utenza,  i  progetti  di  lavori socialmente utili possono essere
 rivolti  a  supporto  delle  attivita'   istituzionali   degli   enti
 attuatori".
   Il  legislatore siciliano, infatti, nel tentativo di stabilizzare i
 precari livelli occupazionali dei  soggetti  in  atto  impegnati  nei
 lavori socialmente utili ne amplia i settori di impiego modificandone
 in radice le finalita' e la natura stessa dell'ammortizzatore sociale
 in questione.
   Sebbene  codesta  Corte  abbia  riconosciuto  con  la  sentenza  n.
 271/1996 la potesta' della regione, nell'esercizio  della  competenza
 concorrente  attribuitale  dall'art.  17,  lett.  f),  dello  Statuto
 speciale  in  materia  di  legislazione  sociale,  di  modificare  ed
 ampliare  l'ambito  di  applicazione dei lavori socialmente utili "in
 attesa della  revisione"  dell'istituto  da  parte  dello  Stato,  si
 ritiene  che non possa ora, alla luce della sopravvenuta legislazione
 nazionale di riferimento, ritenersi ammissibile una disciplina che ne
 supera i canoni.
   L'art. 14 del decreto-legge n. 199/1994 convertito nella  legge  n.
 451/1994  gia'  prevedeva  la  possibilita'  del  ricorso  ai  lavori
 socialmente utili esclusivamente per il raggiungimento  di  obiettivi
 di  carattere  straordinario degli enti attuatori per ben individuati
 ambiti di intervento.
   Detto principio e' stato riconosciuto dalla recente  legge  n.  196
 del  24  giugno  1997,  che,  nel  rivedere agli artt. 20, 21 e 22 la
 disciplina dello ammortizzatore sociale in questione e nel dettare  i
 principi  cui  il  Governo dovra' attenersi nella predisposizione del
 decreto legislativo contenente la nuova normativa, esclude (art.  22)
 dalla elencazione dei settori ai quali rivolgere i progetti di lavori
 socialmente utili le attivita' di supporto al raggiungimento dei fini
 istituzionali degli enti proponenti.
   Tale   preclusione   e'  peraltro  giustificata  e  sorretta  dalla
 preesistente normativa statale  finalizzata,  come  prima  detto,  al
 riordino   delle   amministrazioni   pubbliche   secondo  criteri  di
 razionalita', efficienza ed economicita' (legge n. 421/1992).
   L'utilizzazione  del  personale  impegnato  nei progetti dei lavori
 socialmente  utili,   confliggerebbe,   inoltre,   con   i   principi
 costituzionali  del  reclutamente  di  dipendenti pubblici rivolti ad
 assicurare   l'utilizzo   di   soggetti   di   cui   sia    possibile
 preventivamente  valutare i requisiti di professionalita' e capacita'
 in relazione alle attivita' da svolgere.
   Il ricorso ai lavori  socialmente  utili  anche  per  attivita'  di
 supporto  ai  fini  istituzionali  degli  enti  pubblici,  oltre  che
 snaturare  le  finalita'  proprie  dell'ammortizzatore   sociale   in
 questione,  e' antieconomico nei confronti del processo, gia' avviato
 a livello nazionale, di  riforma  della  burocrazia,  come  delineato
 dall'art. 2 legge n. 421/1992.
   Le  amministrazioni,  invero,  potrebbero essere indotte, piuttosto
 che ad avviare i procedimenti previsti dalla  legge  di  riforma,  ad
 avvalersi  di dipententi, che per le modalita' stesse dell'avviamento
 ai  lavori  socialmente  utili  non  sono   stati   sottoposti   alle
 indispensabili   verifiche   di   idoneita'  e  professionalita',  in
 relazione alle  esigenze  degli  enti  pubblici  alle  cui  attivita'
 istituzionali sarebbero destinati.
   Analoghi   motivi  di  ricorso,  con  l'aggiunta  della  violazione
 dell'art.   81 della Costituzione,  si  prospettano  in  merito  alla
 disposizione dell'art. 27, che di seguito si riporta:
   "Art.  27:  Supporto  agli  uffici  dell'Assessorato  regionale del
 lavoro e rilevazione di dati.
   1.  -  Centri  interaziendali  per  l'addestramento   professionale
 nell'industria  (CIAPI) svolgono anche funzioni di assistenza tecnica
 e  supporto  amministrativo  agli  uffici   centrali   e   periferici
 dell'Assessorato  regionale  del  lavoro,  della  previdenza sociale,
 della   formazione   professionale   e   dell'emigrazione,    nonche'
 dell'Agenzia regionale per l'impiego e la formazione professionale.
   2.  -  All'art.  4  della  legge  regionale  6  marzo  1976, n. 25,
 sostituire le parole "dei rappresentanti degli  altri  soci  previsti
 dallo  statuto dei centri" con le parole "dei rappresentanti dei soci
 previsti dallo statuto dei Centri in numero non superiore a tre".
   3. - Per la realizzazione delle finalita'  previste  dalla  lettera
 a),  comma  6,  dell'art.  2  e  del  comma 2 dell'art. 9 della legge
 regionale 21 settembre 1990, n.  36,  l'Assessore  regionale  per  il
 lavoro,   la   previdenza  sociale,  la  formazione  professionale  e
 l'emigrazione e' autorizzato ad avvalersi, attraverso la  stipula  di
 apposite  convenzioni,  degli  enti  di  cui  all'art.  4 della legge
 regionale 6 marzo 1976, n. 23".
   La norma prevede due distinte fattispecie, rispettivamente al primo
 comma ed al terzo, tuttavia riconducibili entrambe  allo  svolgimento
 di   funzioni   istituzionali  degli  uffici  centrali  e  periferici
 dell'Assessorato regionale del lavoro nonche' dell'Agenzia  regionale
 per  l'impiego da parte di strutture private e dal relativo personale
 mediante un sistema di convenzioni, peraltro non finanziate.
   Il  legislatore,  infatti,  senza  preventivamente  specificare   e
 verificare
  le  effettive  esigenze di servizio e le carenze nell'organico degli
 uffici  in  argomento,  autorizza  l'Assessore  preposto  al  ramo  a
 stipulare  delle  convenzioni  con  gli enti privati in atto preposti
 alla  formazione  professionale  escludendo   di   fatto   i   centri
 interaziendali (CIAPI) dall'esercizio delle funzioni prima attribuite
 a  questi  ultimi con sistema convenzionale dall'art. 9, terzo comma,
 legge regionale n.  36/1990.
   Ai  predetti  centri  verrebbero  in  compenso  affidati compiti di
 assistenza  tecnica  e  supporto  amministrativo  per  le   strutture
 pubbliche  regionali  operanti  nel  settore del lavoro nonche' della
 agenzia  regionale  per  l'impiego,  che  quindi  nei  fatti  sarebbe
 affiancata  nello  svolgimento  dei  suoi compiti istituzionali quali
 individuati  dal  secondo  comma  dell'art.  9  della  cennata  legge
 regionale n. 36/1990.
   In proposito, non sembra offerta alcuna sufficiente giustificazione
 sulle presunte disfunzioni e/o carenze delle strutture regionali, che
 nei  fatti risultano essere nel complesso sovradimenzionate e tuttora
 in attesa dell'avvio delle procedure previste dalla legge n. 421/1992
 e successive modifiche ed integrazioni,  della  quale  oltretutto  si
 attende ancora il recepimento dell'ordinamento regionale.
   Per  quanto  attiene  allo  svolgimento  dei  compiti  di  supporto
 amministrativo  agli  uffici  regionali  attribuiti  ope   legis   al
 personale   dei   CIAPI,   non  possono  che  svolgersi  le  medesime
 considerazioni sulla impossibilita' per le amministrazioni  pubbliche
 di  avvalersi  di  personale  di  cui  preventivamente  non sia stata
 valutata   con   criteri   di   imparzialita',   l'idoneita'   e   la
 professionalita'  (Sentenza C.C. n. 61/1983, ripetutamente confermata
 e da ultimo con la sentenza n. 191/1997).
   Sotto il profilo della prospettata violazione  dell'art.  97  della
 utilizzazione  di  risorse  umane  nella  forma  prima  descritta, il
 legislatore  non  contempla  l'ipotesi  della   quantomeno   parziale
 dismissione  del  personale  e dei mezzi propri della regione in atto
 assegnati all'agenzia regionale per l'impiego.
   Qualora  l'intento  fosse  stato  quello  del  potenziamento  delle
 strutture  preposte  alla promozione ed allo sviluppo del mercato del
 lavoro lo strumento da  prescegliere  avrebbe  dovuto  semmai  essere
 quello  del  ricorso  in  via  prioritaria all'utilizzo delle risorse
 umane e finanziarie gia' a disposizione dell'amministrazione pubblica
 mediante l'istituto generale della mobilita' del proprio personale  e
 la razionalizzazione e lo snellimento di procedure ed apparati.
   Ma anche a voler considerare indispensabile l'apporto di istituti e
 soggetti   esterni   all'amministrazione,   non   appare   congruo  e
 ragionevole   aprioristicamente   individuare   quali   interlocutori
 specifici  strutture  sinora  impegnate  in  funzioni  di  certo  non
 assimilabili a quelle  ora  previste,  in  quanto  consistenti  quasi
 esclusivamente nello svolgimento di attivita' didattica.
   Inoltre   la   molteplicita'  e  varieta'  dei  compiti  attribuiti
 all'Agenzia regionale per l'impiego dal piu' volte  cennato  art.  9,
 secondo comma della legge regionale n. 36/1990 ed ora devoluti con un
 sistema   convenzionale,   risulta   logicamente   incompatibile  con
 l'identificazione di un'unica categoria di enti operanti nel  settore
 della   formazione   professionale,   impedendo   all'amministrazione
 pubblica  l'esercizio  della  facolta'  di   scegliere   il   miglior
 contraente anche fra organizzazioni e soggetti specializzati operanti
 in settori diversi.
   Da   quanto   sopra  esposto,  potrebbe,  invero,  ipotizzarsi  che
 ulteriore non dichiarato fine perseguito dal legislatore con la norma
 de qua sia quello di garantire la prosecuzione  dell'attivita'  degli
 enti  gestori  dei corsi di formazione professionale finanziati dalla
 regione, ancor prima che sia posto in  essere,  in  attuazione  anche
 degli    artt.    17  e  19  della  legge n. 196/1997, il processo di
 riordino del settore che non si puo' escludere possa condurre  ad  un
 ridimensionamento   del  personale.  Sotto  quest'ultimo  profilo  la
 previsione del terzo comma dell'art. 27 appare censurabile anche  per
 violazione  dell'art.    136  della  Costituzione, atteso che codesta
 eccellentissima  Corte  con  sentenza  n.  407/1995   ha   dichiarato
 illegittima  la  disposizione  regionale che consentiva all'assessore
 regionale al lavoro di stipulare convenzioni per l'utilizzazione  del
 personale  degli  enti di cui all'art.  4 legge regionale  n. 24/1976
 rimasto senza incarico a seguito della  contrazione  delle  attivita'
 corsuali.
   La  disposizione  e',  infine, censurabile per violazione dell'art.
 81, quarto comma, della Costituzione giacche' omette di indicare, non
 solo  il  limite  all'impegno  finanziario  che  la  regione  intende
 assumere  a proprio carico per la stipula della convenzione, ma anche
 le risorse con cui farvi fronte.
   Ultima disposizione che si sottopone al vaglio  di  codesta  Corte,
 per  violazione  dell'art.  12  dello  Statuto speciale e' l'art. 19,
 secondo comma, laddove  si  attribuisce  all'Assessore  regionale  al
 lavoro  il compito di dettare con proprio decreto, modalita', criteri
 di valutazione, procedure attuative per l'ammissione al finanziamento
 pubblico dei progetti per  l'inserimento  professionale  dei  giovani
 privi di occupazione.
   La  previsione,  cosi'  come formulata, conferisce all'Assessore al
 ramo la competenza ad  emanare  una  disciplina  di  dettaglio  della
 materia  che,  seppure  sia  previsto  che  assuma la forma dell'atto
 amministrativo "con proprio decreto"), contiene gli elementi  che  ne
 identificano i caratteri normativi.
   La  disciplina  che dovra' essere emanata ha la funzione di rendere
 possibile la concreta attuazione della  previsione  legislativa,  per
 sua  natura  generale ed astratta, e sotto tale profilo, non puo' che
 essere contenuta in un regolamento di esecuzione, cioe'  in  uno  dei
 regolamenti previsti dall'art. 17 della legge 23 agosto 1988 n. 400.
   Stante  la  suddetta  qualificazione  della  norma,  questa avrebbe
 dovuto pertanto essere emanata con atto del presidente della  regione
 su  deliberazione  del  Governo  regionale,  nel  rispetto del chiaro
 dettato dell'art. 12 dello Statuto.
   Anche a volre prescindere da  ogni  altra  considerazione  relativa
 alla  sovrapponibilita' o meno delle funzioni esercitate dai Ministri
 della Repubblica con quelle esercitate dagli Assessori regionali,  la
 predetta  disposizione statutaria preclude di per se' la possibilita'
 che venga considerato applicabile, per analogia, il comma 3 dell'art.
 17 della citata legge n. 400/800, che  disciplina  la  emanazione  di
 regolamenti ministeriali o interministeriali.
                                P. Q. M.
 e  con  riserva  di  presentare  memorie  illustrative nei termini di
 legge,  il  sottoscritto  prefetto  dott.  Francesco  Camerino,  vice
 commissario  dello  Stato per la regione siciliana, nella qualita' di
 Commissario dello Stato f.f., ai sensi  dell'art.  28  dello  Statuto
 speciale,  con  il presente atto impugna i sottoelencati articoli del
 disegno di legge n. 381 dal titolo: "Misure di politiche  attive  del
 lavoro  in  Sicilia. Modifiche alla legge regionale 21 dicembre 1995,
 n. 85.   Norme in materia  di  attivita'  produttive  e  di  Sanita'.
 Disposizioni  varie", approvato dall'Assemblea regionale siciliana il
 28 luglio 1997:
     art. 19, secondo comma, per violazione dell'art. 12 dello Statuto
 speciale;
     art.  22  per  violazione dell'art. 97 della Costituzione nonche'
 degli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale;
     art. 23 per violazione degli artt. 3, 51 e 97, dell'art.  14  del
 decreto-legge n. 299/1994 convertito con modificazioni nella legge n.
 451/1994  e  degli  artt.  20,  21  e  22  della legge n. 196/1997 in
 relazione ai limiti posti  dall'art.  17,  lett.  f),  dello  Statuto
 speciale nonche' dell'art. 2, lett. r) legge n. 421/1992 in relazione
 ai limiti posti dall'art. 14 dello Statuto speciale.
     art.  27, primo comma per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della
 Costituzione;
     art. 27, terzo comma per violazione degli artt. 3, 51, 81, quarto
 comma, 97 e 136 della Costituzione nonche'  dell'art.  2,  lett.  r),
 legge  n.  421/1992  in  relazione ai limiti posti dall'art. 14 dello
 Statuto speciale;
      Palermo, addi' 5 agosto 1997
 Il  vice  commissario  dello  Stato    per  la   regione   siciliana:
 commissario dello Stato f.f. prefetto Francesco Camerino
 97C1010