N. 14 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 aprile 1999

                                 N. 14
 Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
 cancelleria il 9 aprile 1999 (della regione Lombardia)
 Zootecnia  -  Quote  latte  -  Regolamentazione  con  decreto-legge -
 Difetto dei  presupposti  straordinari  di  necessita'  e  urgenza  -
 Violazione  del  principio  di  leale collaborazione, per mancanza di
 previa intesa tra Stato e regioni.
 Zootecnia - Quote latte -  Errori  intervenuti  nelle  operazioni  di
 riesame  e  relative  correzioni  -  Obbligo  delle  regioni di darne
 comunicazione all'AIMA per il recepimento - Definizione  con  decreto
 ministeriale  delle  questioni  irrisolte  - Lesione delle competenze
 regionali -  Irrazionalita'  -  Contrasto  con  i  principi  di  buon
 andamento, decentramento e autonomia organizzativa.
 Zootecnia  - Quote latte - Aggiornamento dei quantitativi individuali
 di riferimento per i periodi 1997/1998    e  1998/1999  -  Competenza
 dell'AIMA  -  Violazione  dei  poteri  programmatori  regionali e del
 principio di  razionalita'.
 Zootecnia - Quote latte - Modalita' procedurali per le determinazioni
 definitive, da  parte  delle  regioni,  e  per  la  comunicazione  ai
 produttori   di   dati   relativi   ai  quantitativi  individuali  di
 riferimento - Lesione del principio di buon andamento e  del  riparto
 di competenze tra Stato e regioni.
 Zootecnia  -  Quote  latte  -  Compensazioni per le annate 1995/1996,
 1996/1997, 1997/1998 e 1998/1999 - Competenza dell'AIMA - Criteri  di
 priorita'   e  modalita'  da  seguire  -  Lesione  delle  prerogative
 regionali  e   dei   principi   dettati   in   sede   comunitaria   -
 Discriminazione  a  vantaggio  dei  produttori delle regioni Marche e
 Umbria.
 Zootecnia -  Quote  latte  -  Debito  residuo  relativo  al  prelievo
 complessivamente  dovuto  per  i  periodi  1995/1996  e  1996/1997  -
 Riscossione coattiva demandata alle regioni - Mancata  copertura  del
 relativo  onere  di  spesa  -  Lesione dell'autonomia organizzativa e
 finanziaria regionale, nonche' dei principi di  razionalita'  e  buon
 andamento.
 Zootecnia  -  Quote  latte  -  Contratti  di  affitto e vendita senza
 trasferimento di azienda - Fissazione retroattiva del termine per  la
 stipula,  a  decorrere  dal  periodo  1996/1997  -  Violazione  delle
 competenze regionali, nonche' dei principi di  buon  andamento  e  di
 leale collaborazione tra Stato e regione.
 Zootecnia  -  Quote  latte  -  Criteri  di ripartizione della riserva
 nazionale tra le regioni e di assegnazione  da  parte  di  queste  ai
 singoli  produttori  -  Irragionevolezza  -  Limitazione  dei  poteri
 programmatori regionali.
 Zootecnia   -   Quote   latte   -   Limitazione   dell'efficacia  dei
 provvedimenti   giurisdizionali   ai   fini   delle   operazioni   di
 compensazione   -   Lesione   del  diritto  di  difesa  e  di  tutela
 giurisdizionale dei produttori - Violazione dei poteri  programmatori
 regionali - Irragionevolezza e arbitrarieta'.
 Zootecnia  -  Quote  latte - Procedimento di verifica e rettifica, da
 parte dell'AIMA, dei dati dichiarati nei modelli  L1  per  le  annate
 1995/1996,  1996/1997  e  1997/1998  -  Limitazione discriminatoria e
 irragionevole del diritto di difesa  dei  produttori  che  non  hanno
 proposto  ricorso  di  riesame  -  Vanificazione  delle  attribuzioni
 programmatorie e di controllo regionali.
 (D.-L. 1 marzo 1999, n. 43, art. 1, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10,
 11, 12, 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20 e 21).
 (Cost., artt. 3, 5, 24, 77, 81, 97, 113, 115, 117, 118 e 119;  d.lgs.
 4 giugno 1997, n. 143, art. 2).
(GU n.31 del 4-8-1999 )
   Ricorso  della  Regione  Lombardia, in persona del Presidente della
 Giunta  regionale  e  legale  rappresentante  pro-tempore  on.  dott.
 Roberto  Formigoni,  rappresentata e difesa, come da delega a margine
 del presente atto, e in virtu' di deliberazioni di  autorizzazione  a
 stare  in  giudizio  del 19 marzo 1999 e 31 marzo 1999, dagli  avv.ti
 proff.  Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani,  ed  elettivamente
 domiciliata  presso  lo  studio di quest'ultimo, in Roma, lungotevere
 delle Navi n. 30;
   Contro  il  Presidente  del  Consiglio   dei   Ministri,   per   la
 dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale del d.-l.   1 marzo
 1999, n. 43, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie generale  n.  50
 del  2  marzo  1999,  recante ad oggetto "Disposizioni urgenti per il
 settore lattiero-caseario", nella sua interezza  ed  in  particolare,
 quanto  all'art.  1,  comma  1, nella parte in cui tale norma rimette
 all'AIMA l'effettuazione delle compensazioni nazionali per i  periodi
 di  produzione  lattiera  1995-1996  e  1996-1997  e  stabilisce, per
 entrambi i periodi considerati, che l'esubero complessivo  nazionale,
 sul  quale  deve  essere  calcolato  il  prelievo  da ripartire tra i
 produttori, sia  costituito  dalla  differenza  tra  il  quantitativo
 nazionale   garantito   ed   il  latte  complessivamente  prodotto  e
 commercializzato;
     quanto all'art. 1, comma 2, nella parte in cui tale norma prevede
 il recepimento da  parte  dell'AIMA  delle  correzioni  degli  errori
 intervenuti  nelle  operazioni  di riesame effettuati dalle regioni e
 province autonome e da queste  motivatamente  segnalati,  sulla  base
 delle risultanze della relazione finale della commissione di garanzia
 quote  latte,  entro  30  giorni  dalla data di entrata in vigore del
 presente decreto ed attribuisce  alle  regioni  e  province  autonome
 l'incombente  della  comunicazione  delle  suddette  correzioni  agli
 interessati;
     quanto all'art. 1, comma 3, lett. a) e b),  nella  parte  in  cui
 tali   norme  rimettono  all'AIMA  l'aggiornamento  dei  quantitativi
 individuali per il periodo 1997-1998 e la  comunicazione  individuale
 ai  produttori dei suddetti quantitativi individuali di riferimento e
 delle produzioni commercializzate per il periodo 1997-1998 risultanti
 dai  modelli  L1  pervenuti  all'AIMA  e  delle  anomalie   in   essi
 riscontrate;
     quanto  all'art.  1,  comma  4,  nella  parte in cui esso rimette
 all'AIMA l'aggiornamento definitivo dei quantitativi  individuali  di
 riferimento  per  il periodo 1998-1999 e prevede la validita' di tale
 aggiornamento anche quale attribuzione  provvisoria  per  il  periodo
 1999-2000;
     quanto  all'art. 1, comma 5, nella parte in cui esso rimette a un
 successivo decreto del Ministro  delle  politiche  agricole,  seppure
 d'intesa  con  la  Conferenza  permanente  per  i rapporti tra Stato,
 regioni e province autonome di Trento e Bolzano, la disciplina  delle
 modalita'  procedurali  per addivenire alle determinazioni definitive
 da parte delle regioni e delle province autonome dei dati  comunicati
 ai   sensi  dei  precedenti  commi  3  e  4  entro  60  giorni  dalle
 comunicazioni stesse;
     quanto all'art. 1, comma 7, nella parte in cui tale norma rimette
 all'AIMA l'effettuazione della compensazione per il periodo 1997-1998
 entro 30 giorni dalle determinazioni definitive di cui al comma 5;
     quanto all'art. 1, comma 8, lett. a), b), c),  d)  ed  e),  nella
 parte  in  cui  tali norme individuano i seguenti criteri, e relativo
 ordine di priorita', ai fini dell'effettuazione  della  compensazione
 nazionale  in  riferimento  a  tutti  i periodi 1995-1996, 1996-1997,
 1997-1998 e 1998-1999: a) in favore dei produttori titolari di  quota
 delle zone di montagna; b) in favore dei produttori titolari di quota
 A e di quota B nei confronti dei quali e' stata disposta la riduzione
 della  quota B, nei limiti del quantitativo ridotto; c) in favore dei
 produttori titolari di quota ubicati in  zone  svantaggiate,  di  cui
 alla  Direttiva  75/268/CEE del consiglio del 28 aprile 1975, e nelle
 zone di  cui  all'obiettivo  1  ai  sensi  del  regolamento  (CE)  n.
 2081/1993; d), in favore dei produttori titolari esclusivamente della
 quota  A che hanno superato la propria quota, nei limiti del 5% della
 quota medesima; e) in favore di tutti gli altri  produttori;
     quanto all'art. 1, comma 9, nella parte in cui tale norma prevede
 che, per i  periodi  1997-1998  e  1998-1999,  si  applichi  comunque
 priorita'  di  cui  all'art.  13,  comma  6-bis,  del  d.-l.  6/1998,
 convertita  in  legge  61/1998,  ovvero  la  compensazione   in   via
 prioritaria a favore dei produttori delle regioni Marche ed Umbria;
     quanto  all'art. 1, comma 10, nella parte in cui esso richiama le
 disposizioni contenute nell'art.  4,  commi  2  e  4,  del  d.-l.  n.
 411/1997,   convertito   in   legge   5/1998,   in  riferimento  alle
 dichiarazioni di consegna degli acquirenti e ai relativi  modelli  L1
 per  il  periodo  1998-1999 e richiama il comma 5 del medesimo art. 1
 del presente decreto in riferimento  alla  comunicazione  individuale
 delle produzioni commercializzate per il periodo 1998-1999 risultanti
 dai modelli L1 pervenuti all'AIMA;
     quanto  all'art.  1,  comma  11,  nella parte in cui esso prevede
 l'utilizzazione  da  parte   dell'AIMA   dei   dati   contenuti   nei
 provvedimenti  giurisdizionali,  anche  cautelari  o  non definitivi,
 notificati entro il trentesimo  giorno  precedente  la  scadenza  del
 termine  fissato  per l'effettuazione della compensazione, ovvero, in
 mancanza di  tali  dati,  quelli  accertati  dalle  regioni  e  dalle
 province autonome;
     quanto  all'art. 1, comma 12, nella parte in cui esso prevede che
 i risultati delle compensazioni nazionali  effettuate  ai  sensi  del
 presente  decreto  sono definitivi ai fini del pagamento del prelievo
 supplementare, dei  relativi  conguagli  e  della  liberazione  delle
 garanzie fidejussorie surrogatorie;
     quanto  all'art. 1, comma 13, nella parte in cui esso prevede che
 le decisioni amministrative o giurisdizionali concernenti  i  ricorsi
 in  materia,  notificate  oltre  il  trentesimo  giorno precedente la
 scadenza del termine fissato per l'effettuazione delle  compensazioni
 previste  dallo  stesso  decreto, non producono effetti sui risultati
 complessivi  delle  compensazioni  stesse,  che  restano  fermi   nei
 confronti  dei  produttori  estranei  ai  procedimenti nei quali sono
 state emesse;
     quanto all'art. 1, comma 14, nella parte in cui esso prevede  che
 ogni  questione attinente alle operazioni di riesame effettuate dalle
 regioni e province autonome, non risolta ai sensi del comma  2  dello
 stesso  art.  1  del  presente decreto, sara' definita con uno o piu'
 decreti del Ministro delle politiche agricole, seppure  d'intesa  con
 la  Conferenza  permanente  per  i  rapporti  tra Stato, regioni e le
 province autonome di Tento e Bolzano, entro 60 giorni dall'entrata in
 vigore del presente decreto;
     quanto all'art. 1, comma 15, nella parte in cui esso rimette alle
 regioni e alle province autonome l'effettuazione, previa intimazione,
 della riscossione coattiva del debito residuo mediante ruolo nei casi
 in cui le somme gia' trattenute dall'acquirente non siano sufficienti
 a coprire il prelievo complessivamente dovuto dal  produttore  per  i
 periodi 1995-1996 e 1996-1997;
     quanto  all'art.  1,  commi 17 e 18, nella parte in cui non vi si
 tengono  in  considerazione  i  casi  in  cui  non   e'   intervenuto
 accertamento   del   quantitativo   di   latte  commercializzato  dal
 produttore e del quantitativo individuale di riferimento ai sensi del
 d.-l. n. 411/1997, convertito in legge 5/1998;
     quanto all'art. 1, comma 19, nella parte in cui esso richiama  le
 operazioni  di  compensazione  di  cui al precedente comma 10 ai fini
 della determinazione del prelievo dovuto per il periodo  1998-1999  e
 del versamento del relativo importo da parte dell'acquirente entro 20
 giorni dal ricevimento della comunicazione da parte dell'AIMA;
     quanto  all'art.  1,  comma  20,  nella  parte  in cui tale norma
 prevede che, con effetto dal periodo 1996-1997,  il  termine  per  la
 stipula   dei   contratti   di  affitto  e  vendita  di  quota  senza
 trasferimento di azienda e' fissato al 31 dicembre di ciascun anno  e
 che  tali  atti  hanno  efficacia  in riferimento al medesimo periodo
 1996-1997   su   concorde   volonta'    delle    parti,    comunicata
 successivamente all'AIMA;
     quanto  all'art.  1, comma 21, nella parte in cui esso prevede la
 ripartizione della riserva nazionale tra le  varie  regioni  province
 autonome    in    relazione    alla    produzione   media   regionale
 commercializzata accertata per i periodi 1995-1996 e  1996-1997,  per
 essere   poi   assegnata   secondo  criteri  oggettivi  di  priorita'
 deliberati  dalle  stesse,  tenendo  prioritariamente   conto   delle
 riduzioni  effettuate  ai sensi del d.-l.  n. 727/1994, convertito in
 legge  n. 46/1995.
                               F a t t o
   1. - Il regime delle quote latte, finalizzato al contenimento della
 produzione  nel  mercato  europeo,  e'  stato   introdotto   con   il
 Regolamento CEE del Consiglio n. 856 del 31 marzo 1984.
   In   forza  del  predetto  regolamento,  la  Comunita'  europea  ha
 attribuito un quantitativo massimo di produzione lattiera a  ciascuno
 Stato  membro  -  per  l'Italia  determinato  in  t.  9.212.000  -  e
 sottoposto le eventuali eccedenze al pagamento di  una  penalita'  ad
 esse  proporzionale  (c.d.    prelievo).    L'attuazione del predetto
 regime presupponeva il previo accertamento della produzione effettiva
 sul territorio nazionale e la successiva  proporzionale  attribuzione
 dei  quantitativi  in  capo  ai  singoli  produttori.    In Italia, i
 relativi accertamenti furono inizialmente demandati all'Unalat e poi,
 in ragione dei  dubbi  sorti  in  ordine  alla  correttezza  di  tali
 rilevazioni,  che  si  discostavano  marcatamente  dalle  indicazioni
 comunitarie, al C.C.I.A. In conclusione,  la  produzione  complessiva
 nazionale  risultava  superiore  comunque  di  circa  un  milione  di
 tonnellate rispetto al quantitativo attribuito.  Nel frattempo veniva
 approvata la legge 26 novembre 1992, n. 468, recante  attuazione  del
 regime delle quote latte istituito a livello comunitario.
   Sulla  base delle rilevazioni effettuate, veniva quindi diramato il
 bollettino per la campagna 1994/1995  contenente,  nel  rispetto  del
 quantitativo   complessivamente   assegnato   all'Italia,   i  limiti
 individuali di produzione.
   Ne discendeva un ampio contenzioso sui quantitativi assegnati,  che
 risultavano  di gran lunga inferiori allo stesso fabbisogno nazionale
 complessivo.
   2. - Ai fini del contenimento della produzione interna  complessiva
 entro  il  limite  quantitativo  imposto  a  livello comunitario (nel
 frattempo aumentato a 9.900.000 t.), il Governo per mezzo  del  d.-l.
 n.  727  del  1994,  convertito  in  legge n. 46 del 1995, operava un
 generalizzato taglio della quota B (che,  come  noto,  e'  costituita
 dalla  maggior produzione commercializzata dal singolo produttore nel
 periodo  1991/1992  rispetto  al  periodo  1988/1989).    Gia'   tali
 provvedimenti  legislativi introducevano, in totale assenza di intesa
 o di qualsivoglia altra forma di coordinamento con le regioni criteri
 di riduzione delle quote chiaramente penalizzanti nei confronti delle
 regioni a piu' alta vocazione produttiva. Pertanto, veniva  da  molte
 regioni   proposto  ricorso  in  via  principale  per  l'affermazione
 dell'illegittimita'  costituzionale  dei  provvedimenti   legislativi
 citati, in riferimento alla grave lesione delle prerogative regionali
 riconosciute  dalla  Costituzione  dagli  stessi  perpetrata. Codesta
 ecc.ma Corte si e' sul punto pronunciata  con  sentenza  n.  520  del
 1995,  dichiarando l'illegittimita' dell'art. 2, comma 1, della legge
 n. 46 "nella parte  in  cui  non  prevede  il  parere  delle  regioni
 interessate  nel  procedimento  di  riduzione delle quote individuali
 spettanti ai produttori di latte bovino.
   3.  -  Il  Governo  e'  poi  reiteratamente  intervenuto   con   la
 decretazione  d'urgenza per mezzo dei dd.-ll. nn. 124, 260, 353, 440,
 463, 542 e 552  del  1996,  nel  dichiarato  intento  di  operare  un
 riordino  del  settore,  ma  di  fatto  aggravando  la  gia'  confusa
 situazione esistente, con  disposizioni  contraddittorie  e  comunque
 sempre  lesive  delle  prerogative  regionali.    In  particolare, il
 sistema di compensazione a livello  nazionale  introdotto  per  mezzo
 delle citate disposizioni, sempre in assenza di qualsivoglia forma di
 coordinamento  con le regioni, ha moltiplicato gli effetti distorsivi
 dei tagli di quota (peraltro confermati) a danno  delle  regioni  del
 nord.   I dd.-ll. nn. 542 e 552 del 1996 (reiterativi dei precedenti)
 sono poi stati rispettivamente convertiti in leggi nn. 642 e 649  del
 1996,  subito  seguite  dalla  legge  662  del  1996, sostanzialmente
 ripetitiva delle medesime disposizioni in esse contenute.  In  ordine
 ai  suddetti  provvedimenti  legislativi,  codesta  ecc.ma  Corte, su
 ricorso presentato da numerose regioni - tra le quali la Lombardia ed
 il Veneto -, ha pronunciato la sentenza n. 398 del 1998, con la quale
 ha, da un lato, dichiarato la cessazione della materia del contendere
 in riferimento ad alcune  delle  disposizioni  impugnate,  in  quanto
 sostituite  nel  contenuto  dai  successivi provvedimenti legislativi
 adottati in materia nel corso del 1997 (che piu' oltre ci si  riserva
 di   illustrare),   e,   dall'altro,   dichiarato  costituzionalmente
 illegittime quelle tra le disposizioni impugnate ancora in vigore.
   In particolare, codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto la  fondatezza
 delle  censure  sollevate  in riferimento ai criteri di compensazione
 inizialmente introdotti con il d.-l n. 124 del 1996 e poi  da  ultimo
 recepiti  nell'art.  2,  comma  168,  della  legge  n. 662 del 1996 -
 specifico oggetto della pronuncia de qua -, e  ha  dunque  dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  della  predetta  disposizione nella
 parte in cui "stabilisce i criteri  in  base  ai  quali  deve  essere
 effettuata   la   compensazione   nazionale   senza   che  sia  stato
 preventivamente acquisito il parere delle regioni  e  delle  province
 autonome".     Sono  stati,  inoltre,  dichiarati  costituzionalmente
 illegittimi i commi 4, e 5-bis dell'art. 3 del d.-l. n. 552 del 1996,
 convertito, con modificazioni, dalla legge n.  642  del  1996,  nella
 parte  in cui prevedono "l'adozione di un piano di abbandono totale o
 parziale della produzione lattiera senza che su  di  esso  sia  stato
 previamente  acquisito  il  parere  delle  regioni  e  delle province
 autonome", attribuiscono  "all'AIMA  anziche'  alle  regioni  e  alle
 province  autonome  il  compito di provvedere alla riassegnazione, in
 ambito regionale  e  provinciale,  delle  quote  latte  abbandonate",
 stabiliscono  "i  criteri in base ai quali la riassegnazione di dette
 quote deve essere effettuata", ed infine prevedono "la riassegnazione
 su base nazionale delle quote abbandonate e non riassegnate in ambito
 regionale e provinciale, senza previa consultazione delle  regioni  e
 delle  province  autonome".    Infine,  del pari illegittima e' stata
 dichiarata la disposizione di cui all'art. 2, comma 173, della  legge
 n.  662  del  1996, nella parte in cui essa "differisce i termini ivi
 previsti  -  ovvero,  il  termine  di  efficacia  della   vendita   o
 dell'affitto  di  quote,  spostato  dal 30 novembre al 31 dicembre di
 ciascun anno - senza la previa acquisizione del parere delle  regioni
 e  delle province  autonome".  La summenzionata pronuncia ha peraltro
 in linea generale definitivamente chiarito che la produzione lattiera
 appartiene  alla  materia  dell'agricoltura,  di   competenza   delle
 regioni,  e  non  della  regolazione dei mercati, di competenza dello
 Stato e che "il nesso strumentale tra l'agricoltura, che e' l'oggetto
 specifico delle misure  in  questione,  e  la  politica  del  mercato
 agricolo  non  puo' giustificare l'attrazione della prima nell'ambito
 della seconda, poiche' diversamente la competenza regionale  verrebbe
 integralmente  sacrificata  in materia di agricoltura, posto che ogni
 attivita' agricola puo' sempre essere strumentale al  mercato"  (cfr.
 Corte  cost.,  sent.  n.  398  del  1998,  punto 2 del Considerato in
 diritto).   La regolamentazione della  produzione  lattiera  rientra,
 dunque, senza dubbio alcuno, nel piu' ampio settore dell'agricoltura,
 di  dichiarata  competenza  regionale.  ai sensi dell'art. 117 Cost.,
 come del resto e' confermato da ultimo dal d.lgs. n.  143  del  1997,
 recante  "Conferimento  alle regioni delle funzioni amministrative in
 materia    di    agricoltura    e    pesca     e     riorganizzazione
 dell'Amministrazione  centrale".  Ne deriva che, nella determinazione
 degli indirizzi generali di politica  agricola  -  sia  pure  rimessi
 all'elaborazione  statale  per  garantirne la coerenza con i principi
 comunitari -, le regioni debbono essere necessariamente coinvolte, in
 quanto,   appunto,   titolari   delle   relative   competenze;   tale
 coinvolgimento  richiede  - in termini generali, ma ancor prima sulla
 base dell'espresso disposto dell'art. 2, comma 1, del d.lgs.  n.  143
 citato  -  il raggiungimento di una vera e propria intesa tra Stato e
 regioni in sede di Conferenza permanente ai  sensi  dell'art.  3  del
 d.lgs.  n.  281  del 1997 e non certo la mera consultazione, sia essa
 preventiva o addirittura successiva,  delle  regioni,  che  non  puo'
 garantire  la  reale  partecipazione  delle  stesse  al  procedimento
 decisionale.
   4. - All'inizio del 1997, il Governo e' nuovamente intervenuto  nel
 settore  de quo per mezzo del d.-l. n. 11 del 1997, poi convertito in
 legge n. 81 del 1997 (entrambi impugnati avanti codesta ecc.ma Corte,
 tra le altre, dalle regioni Lombardia e Veneto con ricorsi  nn.rr.gg.
 25,  26,  36 e 37 del 1997). In sede di conversione, si riconoscevano
 finalmente in capo alle regioni competenze attuative della  normativa
 comunitaria in materia di quote latte, ma cio' solo a decorrere dalla
 campagna  1997/1998,  e  comunque  facendo  salve  - in attesa di una
 fantomatica riforma  organica  del  settore  -  tutte  le  competenze
 dell'AIMA.  Veniva  inoltre  istituita  una  Commissione  governativa
 d'indagine, nell'ambito della quale non era peraltro  contemplata  la
 partecipazione di rappresentanti regionali e si prevedeva altresi' un
 regime   di   incentivi  a  fronte  dell'abbandono  della  produzione
 lattiera.    Successivamente,  ancora  ricorrendo  alla  decretazione
 d'urgenza, con d.-l. n. 118 del 1997 (impugnato avanti codesta ecc.ma
 Corte,  tra  le altre, dalla regione Veneto con ricorso n.r.g. 41 del
 1997), poi convertito in legge n. 204 dello stesso anno, si prevedeva
 la proroga  dei  lavori  della  Commissione  governativa  piu'  sopra
 menzionata,   nonche',  sulla  base  delle  risultanze  dell'indagine
 condotta dalla Commissione stessa, l'aggiornamento da parte dell'AIMA
 degli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare  per
 il  periodo  1995/1996. In sede di conversione si aggiungeva, infine,
 la sospensione dei programmi di abbandono istituiti con il precedente
 d.-l. n. 11 dello stesso anno.  Nel frattempo, in esito  all'indagine
 effettuata, la Commissione governativa, nelle relazioni dell'aprile e
 dell'agosto  dello stesso 1997, evidenziava, tra l'altro, il fenomeno
 dei cosiddetti "contratti anomali" e rendeva noti i  risultati  delle
 simulazioni  di  compensazione  per  l'annata  1995/1996 effettuate a
 livello sia di APL che nazionale.
   5. - Malgrado l'invito della Commissione governativa a procedere ad
 una  complessiva  -  nonche'  definitiva  -   riforma   del   settore
 lattiero-caseario,  il  Governo  e  poi nuovamente intervenuto con la
 decretazione d'urgenza per mezzo del decreto-legge n.  411  del  1997
 (impugnato  avanti  codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalle regioni
 Veneto e Lombardia con ricorsi nn.rr.gg. 3 e 4 del 1998).  In sintesi
 il decreto, nel testo  coordinato  con  le  modificazioni  introdotte
 dalla  legge  di  conversione n. 5 del 1998 (del pari impugnata dalle
 regioni Lombardia e Veneto con ricorsi nn.rr.gg. 18 e 19  del  1998),
 quanto  al  procedimento  di  accertamento della produzione lattiera,
 prevedeva:   che l'AIMA accertasse  la  produzione  effettiva  per  i
 periodi  1995/1996  e  1996/1997,  avendo particolare riguardo: a) ai
 modelli  L1  non firmati o con firme apocrife; b) ai modelli L1 privi
 dell'indicazione dei capi bovini; c) ai modelli L1 con  quantita'  di
 latte  commercializzata incompatibile con la consistenza numerica del
 bestiame; d) ai contratti di  circolazione  di  quote  latte  (quelli
 ritenuti  atipici dalla Commissione) con durata inferiore ai  6 mesi;
 e) ai modelli L1 con codici fiscali errati o  partite  IVA  errate  o
 inesistenti,  o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie dei
 premi accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2,  comma
 1);  che  i  contratti di cui al precedente punto d) dovessero essere
 inviati all'AIMA a cura degli acquirenti entro 15 giorni dall'entrata
 in  vigore  del  decreto-legge   medesimo,   pena   la   revoca   del
 riconoscimento  previsto dall'art. 23 del d.P.R. n. 569/1993 (art. 2,
 comma 2); che l'AIMA aggiornasse i quantitativi  di  riferimento  dei
 singoli  produttori  per  i  periodi 1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998
 tenendo conto: a) delle istanze di riesame  presentate  entro  il  30
 settembre  1997  dalle  regioni  e  dalle province autonome; b) degli
 azzeramenti di doppie quote, delle revoche e riduzioni operate  dalle
 regioni  e  province  autonome,  pervenute  all'AIMA entro la data di
 entrata in vigore del decreto stesso; c) dei trasferimenti di quote e
 cambi di titolarita' per  i  periodi  considerati,  comunicati  dalle
 regioni e province autonome e pervenuti entro il 15 novembre 1997, d)
 della  correzione,  in base alle risultanze del censimento 1993/1994,
 delle assegnazioni di quote a loro tempo effettuate  (art.  2,  comma
 3);   che   l'AIMA,   compiuto   l'accertamento   de   quo  nei  modi
 sopradescritti, comunicasse  ai  produttori,  entro  sessanta  giorni
 dalla  entrata  in  vigore  del  decreto  medesimo,  mediante lettera
 raccomandata con ricevuta di ritorno, i quantitativi  di  riferimento
 individuali  assegnati  ed  i  quantitativi di latte commercializzato
 (art. 2, comma 5, prima parte); che i singoli  interessati  potessero
 presentare  alla  regione,  a  pena  di decadenza, ricorso di riesame
 entro quindici giorni dalla data  di  ricezione  della  summenzionata
 comunicazione  (art.  2,  comma  5,  seconda parte e comma 6); che le
 regioni dovessero decidere  sui  ricorsi  de  quibus  entro  sessanta
 giorni a decorrere dalla scadenza del termine per la presentazione ed
 entro  lo stesso termine comunicare all'AIMA la relativa decisione, a
 pena di irricevibilita' e salva la responsabilita' civile,  penale  e
 disciplinare (art. 2, comma 8).
   Nelle more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto, il
 Governo  disponeva  poi  in  favore dei produttori - limitatamente al
 periodo 1996/1997 - la restituzione dell'80% degli importi trattenuti
 dagli acquirenti a titolo di  prelievo  supplementare  e,  quanto  al
 periodo  1997/1998,  la restituzione dell'intero importo trattenuto a
 titolo di prelievo supplementare  relativo  alla  parte  di  quota  B
 ridotta dall'art. 2 del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n.
 46 del 1995, nonche' dell'importo relativo agli esuberi conseguiti da
 produttori  titolari  esclusivamente  di  quota  A nei limiti del 10%
 della medesima (art. 1).
   Inoltre, l'art. 3 disponeva che l'AIMA provvedesse  alla  rettifica
 della  compensazione  nazionale  per  i periodi 1995/1996 e 1996/1997
 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di  entrata  in  vigore
 del  decreto,  nonche'  degli accertamenti compiuti e delle decisioni
 dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2.  Si  prevedeva,  poi,  che,
 limitatamente  al  periodo 1995/1996, l'AIMA - previo raffronto tra i
 dati   della   compensazione    nazionale    e    quelli    derivanti
 dall'applicazione  delle  regole  di compensazione precedentemente in
 vigore  -  applicasse  in  via  perequativa  l'importo  del  prelievo
 supplementare che risultasse meno oneroso per il produttore.
   L'art.  4,  quanto  alla  campagna  1997/1998, disponeva che l'AIMA
 procedesse all'aggiornamento dell'elenco dei produttori  titolari  di
 quota  e  dei  quantitativi ad essi spettanti con la comunicazione di
 cui al comma 5 dell'art. 2.  Tali  aggiornamenti  erano  destinati  a
 sostituire  ad  ogni effetto i bollettini pubblicati precedentemente.
 Ai fini delle trattenute e del versamento del prelievo  supplementare
 - come espressamente recitava il medesimo articolo 4 - gli acquirenti
 sarebbero   stati   tenuti  a  considerare  esclusivamente  le  quote
 risultanti dal suddetto elenco.
   L'art. 4-bis istituiva una Commissione di  garanzia  -  nell'ambito
 della  quale  non  era  prevista la partecipazione di alcun membro di
 provenienza regionale - con il compito di verificare  la  conformita'
 alla   vigente   legislazione  delle  procedure  e  delle  operazioni
 effettuate per la determinazione della quantita' di latte prodotta  e
 commercializzata   e   per   l'aggiornamento   dei   quantitativi  di
 riferimento spettanti ai produttori per periodi 1995/1996,  1996/1997
 e 1997/1998.
   Quanto  alla  campagna  1998/1999,  l'art.  5,  in  espressa deroga
 all'art.  01 del d.-.l n. 11 del 1997, convertito in legge n. 81  del
 1997,  attribuiva  nuovamente  all'AIMA  la competenza in ordine alla
 redazione degli elenchi  dei  produttori  titolari  di  quota  e  dei
 quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999.
   6.  -  Il  17  febbraio 1998 il Ministero per le politiche agricole
 emanava un decreto (impugnato per  conflitto  di  attribuzione  dalla
 regione  Veneto  con  ricorso  pendente  avanti codesta ecc.ma Corte)
 disciplinante, oltre che le modalita' per l'istruttoria  dei  ricorsi
 di   riesame,   anche   le   altre   modalita'  di  applicazione  del
 decreto-legge n. 411, cosi' come convertito dalla legge n. 5, in  tal
 modo    aggravando    ulteriormente,   a   discapito   dell'autonomia
 organizzativa  delle  regioni,  la  gia'   manifesta   illegittimita'
 costituzionale  delle  disposizioni  legislative  che  pretendeva  di
 attuare.
    Successivamente, con  d.-l.  n.  187  del  1998,  convertito,  con
 modificazioni,  in  legge  n.  276 del 1998 (impugnata avanti codesta
 ecc.ma Corte dalla regione Veneto con ricorso n.r.g.  38  del  1998),
 veniva  prorogato  il termine per la decisione da parte delle regioni
 dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2, comma 5, del d.-l.  n.  411
 avverso  le determinazioni AIMA e si confermavano in capo alla stessa
 AIMA le attribuzioni in ordine all'aggiornamento  degli  elenchi  dei
 titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo
 1998/1999.
   Da  ultimo,  il Governo ha adottato, ancora in evidente spregio dei
 presupposti di  necessita'  ed  urgenza,  nonche'  delle  prerogative
 costituzionalmente garantite alle regioni, il decreto-legge n. 43 del
 10  marzo  1999 - il cui contenuto verra' piu' oltre dettagliatamente
 esposto -, che con il presente atto si impugna per i seguenti motivi:
                             D i r i t t o
   1. - Quanto al decreto nella sua interezza, violazione degli  artt.
 3, 5, 77, 97, 115, 117 e 118 Cost., anche in riferimento al principio
 di  leale  collaborazione tra Stato e regioni e all'art. 2 del d.lgs.
 n. 143 del 1997.
   1.1.  -  Come  e'  noto,  il ricorso alla decretazione d'urgenza e'
 ammesso nei soli casi "straordinari di necessita' ed urgenza".
   Non si nega che - come  codesta  ecc.ma  Corte  ha  avuto  modo  di
 chiarire  nella  recente sentenza n. 398 del 1998 - la valutazione in
 ordine  alla  sussistenza  dei  suddetti  presupposti  possa   essere
 compiuta  in  termini,  non  di  certezza, ma di mera "plausibilita'"
 (cfr. Corte
  cost., sent. n. 398 del 1998, punto 3 del "Considerato in diritto");
 tuttavia, nella  fattispecie,  emerge  con  tutta  evidenza  come  il
 decreto   impugnato   costituisca   un  semplice  espediente,  resosi
 "necessario"  unicamente  per  superare  la  forte  e   generalizzata
 opposizione  mossa  dalle  regioni nei confronti del disegno di legge
 approvato nella seduta del Consiglio dei  Ministri  del  12  febbraio
 1999 e sottoposto all'attenzione dei rappresentanti regionali in sede
 di  Conferenza  permanente del 24 febbraio 1999 (cfr. all. 2, verbale
 della seduta della Conferenza permanente per i rapporti Stato regioni
 del 24 febbraio 1999).
   Dopo anni di gestione  operata  in  via  straordinaria,  e  percio'
 sommaria,     la     definitiva    riorganizzazione    del    settore
 lattiero-caseario si rendeva -  e  si  rende  tuttora  -  tanto  piu'
 necessaria   in  esito  alle  verifiche  compiute  dalla  Commissione
 governativa di indagine e dalla  Corte  dei  conti.  Dalle  relazioni
 redatte  sul punto dagli Organi citati emerge, infatti, la necessita'
 di approntare un valido e definitivo sistema di gestione  alternativo
 a  quello  che  si  e'  venuto  formando  sotto  l'assillo  di  fatti
 contingenti  e  per  cio'   stesso   privo   di   qualsiasi   disegno
 programmatico   e   di   adeguata   stabilita'.  In  particolare,  si
 sottolineava come tale sistema  alternativo  dovesse  essere  attuato
 mediante   una  reale  decentralizzazione  regionale  in  materia  di
 agricoltura.    Di  conseguenza,  il  Governo,  nella  consapevolezza
 dell'inidoneita'  dello  strumento  del  decreto-legge ai fini di cui
 sopra, aveva finalmente predisposto un disegno di  legge  preordinato
 alla  definitiva regolamentazione del settore. Senonche', le regioni,
 in quanto prive delle necessarie informazioni (benche'  espressamente
 richieste   sia   al  Ministero  che  all'AIMA)  per  poter  valutare
 l'efficacia  delle  misure  di  proposta  governativa,   e   comunque
 contrarie  nel  merito  al testo ad esse sottoposto, hanno opposto un
 generalizzato parere negativo su disegno di legge.   Cio' ha  indotto
 il  Governo  a  trasfondere  parte  del  testo  del  disegno di legge
 originario nel decreto impugnato, sia pure in totale assenza  di  una
 reale  -  o  plausibile  -  situazione di straordinaria necessita' od
 urgenza e dunque in evidente violazione dell'art. 77 Cost.   Infatti,
 il  decreto  impugnato  si limita a dettare disposizioni che in parte
 non innovano la sostanza e in parte sono peggiorative  rispetto  alla
 legge  n.  5  del  1998,  e dunque di per se' non sono necessarie ne'
 urgenti, bensi' sostanzialmente ripetitive. L'urgenza  e'  del  resto
 smentita  gia'  dal  solo  fatto  che le previsioni dettate dal d.-l.
 impugnato riguardano anche  campagne  lattiere  gia'  concluse.    In
 realta',   qui   ci  troviamo  di  fronte  all'ennesimo  episodio  di
 illegittimo esercizio di un potere che la Costituzione  ha  concepito
 come eccezionale ("straordinario"), e che invece viene impiegato come
 strumento   "ordinario"   di   produzione  normativa  primaria.    E'
 concordemente ritenuto in  dottrina  che  la  necessita'  contemplata
 dall'art.  77  della  Costituzione  non  puo'  che  consistere  nella
 inevitabilita' dell'uso del decreto-legge per  il  raggiungimento  di
 determinati  fini.    Viceversa,  rispetto  ai  fini  dichiarati  nel
 preambolo del decreto n. 43 - ovvero,  la  chiusura  dei  periodi  di
 produzione  lattiera 1995-1999 e l'adeguamento ai dettami di cui alla
 pronuncia di codesta ecc.ma Corte n.  398  del  1998  -,  il  decreto
 impugnato  non  presenta affatto caratteri di inevitabilita', poiche'
 esso si inscrive in un contesto normativo (quello delineato da ultimo
 dalla legge n. 5 del 1998 citata) che gia' consentiva  la  definitiva
 chiusura  dei  periodi  di  produzione lattiera 1995-1999, ed in ogni
 caso non assicura l'adeguamento ai principi espressi in materia dalla
 piu' sopra citata sentenza n.  398.  Va qui precisato che la  regione
 ricorrente  non  lamenta  la  pura e semplice violazione dell'art. 77
 Cost.,  bensi'  anche  e  soprattutto  la  lesione  delle  competenze
 costituzionali che ad essa sono riconosciute ai sensi degli artt. 117
 e 118 Cost.. E' infatti anche attraverso l'illegittimo utilizzo dello
 strumento del decreto-legge che tale lesione si e' consumata, poiche'
 il  Governo  ha  cosi' finito per sottrarre alle regioni il potere di
 regolare un settore, quale quello della produzione lattiera,  che  la
 Costituzione,  in  una  con  la  normativa ordinaria di trasferimento
 delle funzioni, sine dubio  affida  loro  nell'ambito  della  materia
 "agricoltura".
   1.2.  -  Inoltre, ancora con riguardo all'intero decreto impugnato,
 va  altresi'  rilevata  la  violazione   del   principio   di   leale
 collaborazione  tra  Stato e regioni, anche in riferimento all'art. 2
 del d.lgs. n.  143 del 1997.  Come e' noto, infatti, la  disposizione
 citata,  nel  conferire alle regioni tutte le funzioni amministrative
 in materia di agricoltura, prescrive che i compiti di elaborazione  e
 coordinamento  delle  linee  di  politica agricola in coerenza con la
 politica comunitaria debbano essere esercitati dal Ministero  per  le
 politiche agricole (istituito con il medesimo d.lgs.) d'intesa con la
 Conferenza  permanente  per i rapporti tra Stato e regioni.  L'intesa
 costituisce una delle forme normativamente tipizzate di raccordo  tra
 Stato  e  regioni previste dal d.lgs. n. 281 del 1997.  Quest'ultimo,
 infatti, nel disciplinare le attribuzioni della Conferenza permanente
 nelle materie di interesse regionale, contempla, accanto ad una forma
 di  collaborazione  meno  "intensa"  quale  la  mera   consultazione,
 l'intesa,  che  si  perfeziona con l'assenso del Governo e di tutti i
 Presidenti delle regioni e province autonome (cfr. art. 3 del  d.lgs.
 citato).    E'  indubbio, infatti - come ha statuito di recente anche
 codesta ecc.ma Corte -, che  il  settore  lattiero  caseario  rientra
 nelle  materie  di  competenza  regionale,  e  comunque, in quanto la
 regolamentazione del sistema delle quote latte necessita di indirizzi
 generali ed uniformi - nonche'  conformi  ai  principi  comunitari  -
 dettati  per  tutto  il  territorio  nazionale, il principio di leale
 collaborazione impone il raccordo tra Stato  e  regioni  nelle  forme
 dell'intesa, cosi' da assicurare la maggiore partecipazione possibile
 di queste ultime nell'elaborazione delle stesse linee guida.
   A  conferma,  preme altresi' sottolineare che codesta eccc.ma Corte
 ha di recente - per mezzo della piu' volte citata sentenza n.  398  -
 stabilito  che  l'intesa  tra  Stato  e regioni di cui all'art. 3 del
 d.lgs.  n.  281  del  1997  possa  essere   sostituita   dalla   mera
 consultazione  solo  nel caso in cui non si tratti di elaborare linee
 generali di politica agricola, bensi' di opporsi  all'adempimento  di
 precisi  obblighi  che  gli  organi  comunitari  abbiano impartito in
 ragione della non corretta attuazione di un  dettame  precedentemente
 imposto  in  via  generale.  In  quel  caso  si trattava, infatti, di
 decidere  in  ordine  all'eventuale  opposizione  all'"invito"  della
 comunita'  ad  adeguarsi  al  sistema  di  compensazione previsto dai
 regolamenti CEE e non certo in ordine all'elaborazione  di  linee  di
 politica generale.
   Viceversa,  il  decreto  qui  impugnato e' nato come stralcio di un
 piu' ampio disegno di legge, in ordine al quale, invocando l'art.  2,
 comma 5, d.lgs. n. 281 del  1997  -  che  consente,  in  presenza  di
 ragioni  d'urgenza,  l'acquisizione  di un parere successivo da parte
 della Conferenza permanente, che sara' poi tenuto  in  considerazione
 in  sede  di esame parlamentare dei disegni di legge o delle leggi di
 conversione dei decreti-legge -, il Governo ha attivato un meccanismo
 di consultazione  successiva  delle  regioni.  Senonche',  di  fronte
 all'opposizione  della  maggioranza  dei  rappresentanti regionali in
 sede di  Conferenza  permanente  del  24  febbraio  1999,  ed  ancora
 ignorando  totalmente  il disposto di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs.
 n. 143 del 1997, che prescrive il raggiungimento di un'intesa; per di
 piu' necessariamente preventiva, tra Stato e regioni, il  Governo  ha
 abbandonato  l'iniziale  intento,  e  ha  trasfuso  parte  del  testo
 originario nel decreto-legge che qui si impugna, a  cio'  ritenendosi
 legittimato  in  forza  di  un  presunto  parere favorevole, comunque
 successivo, espresso dalla Conferenza  nella  stessa  seduta  del  24
 febbraio  1999.  In  realta', l'assenso, manifestato dalle regioni in
 tale  sede  riguardava  esclusivamente  l'operazione  di  trasfusione
 dell'art.  1  dell'originario disegno di legge in un decreto-legge, e
 non certo i contenuti dello stesso, rispetto ai quali rimaneva  ferma
 l'opposizione  manifestata  dai  rappresentanti  regionali  al  testo
 originariamente sottoposto.
   Le regioni non sono state quindi attivamente coinvolte a  priori  e
 nelle  forme  adeguate  nel  procedimento di elaborazione della nuova
 disciplina, come richiederebbe i principi costituzionali prima ancora
 che le disposizioni di legge vigenti, in  quanto  il  Governo  si  e'
 preoccupato  di sollecitare l'intervento regionale solo in un momento
 successivo e solo a livello di consultazione (cfr. ancora all. 2).
   2.  -  Quanto  all'art.  1,  commi  2  e  14,  violazione  e  falsa
 applicazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 Cost.
   Il  comma  2  dell'art. 1, impone alle regioni e province autonome,
 entro il brevissimo termine di 30 giorni dalla  data  di  entrata  in
 vigore  del  decreto,  di  comunicare  all'AIMA  i  "motivati" errori
 intervenuti nelle operazioni di riesame di cui al d.-l.  n.  411  del
 1997  e  le  relative  correzioni,  sulla base delle risultanze della
 relazione  finale  della  Commissione  di   garanzia   quote   latte.
 Contestualmente   viene  pero'  attribuito  all'AIMA  il  compito  di
 recepire tali correzioni, che debbono poi comunque essere  comunicate
 agli  interessati,  cosi' come recepite dall'AIMA, dalle regioni.  Il
 successivo comma 14 dispone che  ogni  ulteriore  questione  relativa
 alle  operazioni  di  riesame non risolta ai sensi del citato comma 2
 sara' definita, entro 60 giorni dalla data di entrata in  vigore  del
 decreto,  con  uno  o  piu'  decreti  del  Ministro  delle  politiche
 agricole, seppure adottati d'intesa con la Conferenza permanente  per
 i  rapporti  Stato  regioni.    E' di tutta evidenza come le suddette
 disposizioni ancora si limitino ad attribuire  alle  regioni  compiti
 meramente  esecutivi, nell'espletamento dei quali, peraltro, esse non
 possono  agire  autonomamente,  ma  sulla  scorta  di   attivita'   e
 indicazioni  di organi di derivazione statale.  Come e' noto, i commi
 sopracitati si inseriscono in un contesto normativo in cui le regioni
 gia' erano state onerate  di  complesse  attribuzioni  parimenti  non
 esercitabili autonomamente, ed il cui esito era comunque condizionato
 al  formale  recepimento da parte dell'AIMA.  Il presente decreto non
 fa dunque che confermare ancora una volta la  logica  governativa  di
 sovrapposizione delle competenze statali a quelle regionali, con cio'
 non  solo  frustrando  le prerogative costituzionalmente garantite in
 capo alle regioni, ma anche impedendo la realizzazione  dei  principi
 costituzionali  di  buon  andamento  nella  gestione  complessiva del
 sistema. Risultano pertanto violati l'art. 97 Cost., nonche', finendo
 tale violazione a  sua  volta  per  ridondare  in  incapacita'  delle
 regioni  di  governare  un settore di loro indubbia competenza, quale
 quello della produzione lattiera, gli artt. 117 e 118 Cost.  Infatti,
 il decreto impugnato, cosi' come i precedenti provvedimenti, da' vita
 ad una sorta di circolo vizioso, ove  si  inseguono  e  sovrappongono
 continue  correzioni, rettifiche e prese d'atto reciproche di diversi
 organi sia statali che regionali, senza che nessuno di  questi  possa
 mai  dirsi realmente competente ad assumere decisioni definitive, sia
 pure in  ordine  ad  una  frazione  del  procedimento.  La  censurata
 normativa appare pertanto viziata anche di interna irrazionalita', in
 violazione  dell'art.  3  Cost.,  e con riferimento all'art. 5 Cost.,
 atteso  che  tale  irrazionalita'  ancora  una  volta   finisce   per
 ostacolare il doveroso decentramento delle competenze.  Si consideri,
 inoltre,  che  le prescrizioni da ultimo impartite con il comma 2 non
 chiariscono neppure se il potere di "recepimento" da parte  dell'AIMA
 degli  errori  e  delle  relative correzioni effettuate dalle regioni
 includa  la  possibilita'  per   l'Azienda   di   discostarsi   dalle
 segnalazioni  regionali,  e  dunque  di provvedere autonomamente alla
 correzione di ulteriori dati.   L'onerosita' degli  incombenti  cosi'
 attribuiti  alle  regioni  e'  poi  in  tutta  evidenza ulteriormente
 aggravata dalla ristrettezza dei termini perentori ad  esse  imposti.
 Inoltre, il comma 14, con disposizione peraltro poco chiara, che apre
 un  possibile scenario di totale rivisitazione delle risultanze delle
 operazioni di riesame, demanda al Ministro per le politiche  agricole
 la  definizione  di  ogni questione afferente le operazioni de quibus
 non risolta ai sensi di cui al precedente comma 2. Tale  prescrizione
 risulta  dunque apertamente in contrasto, oltre che con gli artt. 117
 e 118 Cost., con i principi  di  decentramento  amministrativo  e  di
 autonomia  organizzativa  delle  regioni  di cui rispettivamente agli
 artt. 5 e 115 Cost.
   3. - Quanto all'art. 1, commi 3 e 4, violazione degli artt.  3,  5,
 117 e 118 Cost.
   Il  comma  3 demanda all'AIMA - entro 30 giorni dal termine fissato
 al comma 1 ai fini della effettuazione  della  compensazione  per  le
 annate  1995/1996 e 1996/1997 (ovvero entro 90 giorni dall'entrata in
 vigore del decreto  impugnato)  -  l'aggiornamento  dei  quantitativi
 individuali  per  il  periodo  1997/1998, gia' accertati ai sensi del
 d.-l. n. 411,  sulla  base  dei  mutamenti  di  titolarita'  e  delle
 informazioni  relative  ai  contratti ed alle mobilita' fornite dalle
 regioni e province  autonome  (lett.  a),  nonche'  la  comunicazione
 individuale  ai  produttori dei quantitativi individuali sopra citati
 delle produzioni commercializzate per il periodo 1997/1998 risultanti
 dai   modelli  L1  pervenuti  all'AIMA,  e  delle  anomalie  in  essi
 riscontrate (lett. b).
   Il successivo comma 4 stabilisce che l'AIMA, per mezzo della stessa
 comunicazione  di  cui  al  predetto  comma  3,  lett.  b)   provveda
 all'aggiornamento  definitivo  dei  quantitativi  individuali  per il
 periodo 1998/1999, che costituiranno anche  attribuzione  provvisoria
 per il periodo 1999/2000.
   Le  predette  disposizioni  attribuiscono  dunque  ancora  in  capo
 all'AIMA i poteri di aggiornamento dei  quantitativi  individuali  di
 riferimento  in evidente spregio delle competenze regionali, peraltro
 gia' in piu' occasioni riconosciute anche da  codesta  ecc.ma  Corte.
 L'aggiornamento  de  quo comporta, inoltre, l'attribuzione in termini
 retroattivi dei quantitativi individuali  in  riferimento  ad  annate
 gia'  da  tempo  concluse  e  cio'  -  oltre  che a danno dei singoli
 produttori - in palese violazione dei poteri programmatori dei  quali
 le   regioni   dovrebbero  essere  titolari  in  settore  di  propria
 competenza.   Giova ricordare  che  la  precisa  scansione  temporale
 prevista  a  livello  comunitario  ai  fini  della  pubblicazione dei
 quantitativi di riferimento risponde all'esigenza  di  garantire  una
 gestione  corretta  e programmata della produzione lattiera, che deve
 essere calibrata su  una  certa  periodizzazione  delle  campagne  di
 produzione.  Sconvolgimenti a posteriori della disciplina di settore,
 come quello determinato dalle  disposizioni  impugnate,  sono  dunque
 radicalmente  contrari  -  oltre  che  alla  normativa  comunitaria -
 all'ordine costituzionale dei rapporti tra Stato  e  regioni.  Queste
 ultime  si  vedono  infatti  ancora  una volta totalmente spossessate
 delle loro  attribuzioni  programmatorie  dagli  effetti  retroattivi
 della  normativa  qui  impugnata, che determina conseguenze del tutto
 incontrollabili sia per i produttori,  che  per  l'ente  territoriale
 preposto  al  governo  del settore.   Preme inoltre sottolineare, con
 particolare riferimento al comma 3, che i dati per l'annata 1997/1998
 avrebbero dovuto essere gia' definiti in  esito  alle  operazioni  di
 riesame   di  cui  al  d.-l.  n.  411;  la  disposizione  in  oggetto
 costituisce dunque ulteriore  conferma  della  caoticita'  dell'agire
 governativo,  in  manifesta  violazione del principio di razionalita'
 interna delle leggi di cui all'art.   3 Cost.,  in  riferimento  agli
 artt. 5, 117 e 118 Cost.
   4.  -  Quanto  all'art. 1, commi 5, 10 e 19, violazione degli artt.
 3, 5, 97, 115, 117 e 118 Cost. sotto ulteriori  profili.  Il comma  5
 dell'art.  1  prevede  che,  sia  pure  d'intesa  con  la  Conferenza
 permanente Stato-regioni, sia di nuovo il Ministro per  le  politiche
 agricole, con proprio decreto, a dettare le modalita' procedurali per
 addivenire  alle determinazioni definitive dei dati di cui ai commi 3
 e 4 sopra citati da parte delle regioni  e  province  autonome.    Ai
 sensi  del successivo comma 10, con il medesimo decreto devono essere
 altresi'  dettate  le  disposizioni   relative   alla   comunicazione
 individuale  ai  produttori  dei  dati  afferenti anche alla campagna
 1998/1999. A seguito delle operazioni  di  compensazione  di  cui  al
 comma  10,  il  prelievo  dovuto per il periodo 1998/1999 deve essere
 versato dagli acquirenti, ai sensi del comma 19, entro il termine  di
 venti  giorni dal ricevimento della comunicazione da parte dell'AIMA.
 E' evidente l'incongruita' delle suddette disposizioni, che se da  un
 lato   vedono  le  regioni  investite  del  compito  di  pervenire  a
 determinazioni  di  carattere  presuntivamente definitivo, dall'altro
 negano loro il potere  di  stabilire  le  modalita'  procedurali  per
 addivenire  a tali determinazioni.  Ancora una volta, dunque, si crea
 un pericoloso sovrapporsi di attribuzioni  tra  centro  e  periferia,
 contrastante con i piu' elementari principi di buon andamento, in una
 con quelli che regolano il riparto costituzionale delle competenze.
   5.  -  Quanto  all'art.  1, commi 1, 7, 8, 9 e 12, violazione degli
 artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 Cost. sotto ulteriori profili.
   Il decreto-legge impugnato, per mezzo dei commi 1, 7, 8,  9  e  12,
 interviene   nuovamente,   ma   con  disposizioni  in  parte  affatto
 innovative ed in parte addirittura  peggiorative  rispetto  a  quelle
 rintracciabili  nella  normativa  precedente,  nella disciplina delle
 operazioni di compensazione.  I commi suddetti  attribuiscono  ancora
 all'AIMA le competenze in ordine all'effettuazione di tali operazioni
 - i cui risultati acquistano dichiarato carattere di definitivita' ai
 sensi  del  comma  12  -,  sia in riferimento alle annate 1995/1996 e
 1996/1997 (comma 1) che  con  riferimento  alle  annate  1997/1998  e
 1998/1999  (commi  7  e  9),  e  riproducono  gli  stessi  criteri di
 compensazione di cui al d.-l. n. 552 del 1996, e  relativa  legge  di
 conversione  ed  alla  legge  n. 662 del 1996, mantenendo il medesimo
 ordine di priorita' (comma 8), salvo che per le  annate  1997/1998  e
 1998/1999,  per  le quali in deroga ai suaccennati criteri ed al loro
 ordine si istituisce una priorita' assoluta in favore  delle  regioni
 Marche  ed  Umbria  (comma  9).   Essendo evidente l'incidenza che la
 determinazione   dei   suddetti   criteri   di   priorita'    finisce
 necessariamente per avere sullo sviluppo della produzione lattiera in
 zone  determinate del territorio a scapito di altre, le regioni hanno
 pieno  diritto  di  essere   coinvolte   nel   procedimento   diretto
 all'individuazione  degli  stessi.    Codesta ecc.ma Corte ha infatti
 avuto recentemente occasione di affermare con estrema chiarezza che i
 criteri di compensazione non possono "essere stabiliti  se  non  dopo
 aver  acquisito  in  maniera  formale il parere delle regioni e delle
 province autonome espresso nella sede appropriata" (cfr. Corte cost.,
 sent. n. 398 del  1998).  Viceversa,  nel  caso  de  quo,  come  gia'
 illustrato piu' sopra sub 1, le regioni sono state consultate solo in
 via successiva e comunque con modalita' non appropriate.  Inoltre, il
 Governo  conferma in capo all'AIMA la titolarita' delle competenze in
 ordine  alle  operazioni  di  compensazione,  che  dovrebbero  essere
 viceversa  sine  dubio  riconosciute  in capo alle regioni, e cio' in
 aperta violazione degli  artt.  117  e  118  Cost.    A  conferma  si
 consideri  che  codesta  ecc.ma  Corte,  con la piu' volte menzionata
 sentenza n. 398 del 1998, ha non solo riconosciuto  espressamente  le
 competenze  regionali  in  materia  di  determinazione dei criteri di
 compensazione,  ma  ha  altresi'  -  seppure  in  via   indiretta   -
 riconosciuto   che   la   stessa  effettuazione  delle  procedure  di
 compensazione  deve  prevedere  il  necessario  coinvolgimento  delle
 regioni.   Infatti,   nella   parte  in  cui  la  sentenza  statuisce
 l'illegittimita'  costituzionale  della  normativa   riguardante   la
 riassegnazione  delle  quote  confluite  nella  riserva nazionale, in
 quanto violativa delle  prerogative  regionali,  indirettamente  essa
 statuisce  il  necessario  coinvolgimento  regionale  nelle  suddette
 operazioni di compensazione, in quanto rispondenti alla stessa logica
 sottesa  alla  riassegnazione,  ovvero  l'equa  distribuzione  tra  i
 produttori  del  sacrificio  derivante  dall'imposizione di un limite
 quantitativo  nazionale  di  produzione.    La  caoticita' dell'agire
 governativo nel settore de quo  trova  poi  ulteriore  riscontro  nel
 comma  9,  ove si deroga a quanto prescritto nel comma immediatamente
 precedente, stabilendo in favore delle regioni Marche  ed  Umbria  un
 criterio   di   priorita'  per  le  operazioni  di  compensazione  in
 riferimento alle annate 1997/1998 e 1998/1999.  Tale disposizione, se
 risponde all'innegabile esigenza di  favorire  parti  del  territorio
 nazionale  colpite  da  eventi  calamitosi,  si  configura viziata da
 evidente illegittimita' nella parte in cui, introducendo un  criterio
 di  priorita'  discriminatorio  nei confronti di altre regioni in cui
 parimenti si siano verificate gravi calamita' naturali,  non  prevede
 analoghi  benefici  a  favore dei produttori ubicati in queste ultime
 (si consideri, a titolo meramente esemplificativo, l'alluvione che ha
 colpito la regione Lombardia con  effetti  obiettivamente  devastanti
 sull'agricoltura  e  sull'allevamento  del  bestiame).    Non  va poi
 dimenticato che il decreto impugnato stabilisce anche in  riferimento
 all'annata    1995/1996    l'effettuazione    delle   operazioni   di
 compensazione a livello nazionale, e cio' benche' il d.-l.  n.    411
 del 1997 e la relativa legge di conversione avessero invece stabilito
 -  anche  sulla  base  delle risultanze delle indagini compiute dalla
 Commissione governativa istituita con d.-l.  n.  11  del  1997  -  di
 applicare   le   modalita'  di  compensazione  meno  onerose  per  il
 produttore, fossero queste quelle introdotte nel 1996  ovvero  quelle
 precedentemente  in  vigore;  e cio' per le note ragioni di contrasto
 con il principio del legittimo affidamento - conosciuto ed  affermato
 anche   a   livello   comunitario   -  dell'applicazione  in  termini
 retroattivi del nuovo metodo di compensazione per l'annata 1995/1996.
 Sebbene, infatti, il metodo  di  compensazione  a  livello  nazionale
 risponda  apparentemente  ai principi dettati in sede comunitaria, in
 realta' esso ingenera un meccanismo totalmente inaffidabile,  e  cio'
 non  solo  in  violazione delle prerogative regionali, ma altresi' in
 sostanziale spregio degli stessi principi comunitari.   Viceversa  la
 confermata soppressione del livello provinciale di compensazione, non
 sostituito  da  alcuna  istanza  regionale, non solo opera l'ennesimo
 by-pass del governo regionale, ma reca ancor piu'  grave  pregiudizio
 agli  interessi  degli agricoltori della regione ricorrente - piu' si
 innalza, infatti, il livello di compensazione, meno e' probabile  che
 le  eccedenze  locali  possano  trovare aggiustamento e compensazione
 senza danno per la produzione complessiva  a  livello  provinciale  e
 regionale  -  e,  in modo non indiretto ne' riflesso ma (come rilevo'
 gia' la sentenza n. 520 del  1995)  immediato,  all'interesse  stesso
 della   regione   ricorrente   ad   esercitare  le  proprie  potesta'
 programmatorie del settore.
   6. - Quanto all'art. 1, comma 15, violazione degli artt. 3, 81, 97,
 115, 117, 118 e 119 Cost.   Il comma 15 stabilisce  che,  qualora  le
 somme  trattenute  dall'acquirente a titolo di prelievo per i periodi
 1995/1996 e 1996/1997 non siano sufficienti  a  coprire  il  prelievo
 complessivamente    dovuto,   il   produttore   debba   corrispondere
 all'acquirente la differenza entro il quinto  giorno  antecedente  la
 scadenza  del  termine  per  il  versamento  degli importi trattenuti
 dall'acquirente stesso (pari a trenta giorni  dal  ricevimento  della
 comunicazione da parte dell'AIMA dei prelievi dovuti); in difetto, si
 prevede  che  le  regioni,  su comunicazione dell'acquirente e previa
 intimazione al pagamento,  effettuino  la  riscossione  coattiva  del
 debito   residuo   mediante   ruolo.   L'acquirente   e'   dichiarato
 responsabile in solido con il produttore per il prelievo non  versato
 qualora  non  provveda  alla suddetta comunicazione.   L'attribuzione
 alle regioni di tale competenza confligge, oltre che con i poteri  di
 autorganizzazione  ad  esse riconosciuti dall'art.  115 Cost., con il
 principio di  autonomia  finanziaria  di  cui  all'art.    119  della
 Costituzione  e  con  l'obbligo in capo allo Stato di copertura delle
 relative spese di cui all'art. 81 Cost.    Essendo  gli  introiti  de
 quibus  destinati  alle  casse  dello  Stato,  e'  poi  evidentemente
 illogico  ed  ingiustificato,  ed  indi  contrario  ai  principi   di
 ragionevolezza   e  di  buon  andamento  ed  economicita'  dell'agire
 amministrativo di cui agli artt. 3 e 97 Cost, anche  con  riferimento
 agli  artt.  117  e  118  Cost.,  attribuire  l'onere  della relativa
 riscossione ad enti autonomi, quali le regioni.  Si configura in tale
 modo un fenomeno di sostanziale avvalimento di  uffici  regionali  da
 parte  dello  Stato, che come e' noto e' legittimo solo nei limiti in
 cui garantisce il rispetto dell'autonomia delle regioni  anche  sotto
 il  profilo  della  provvista  dei  mezzi  finanziari  necessari  per
 fronteggiare gli oneri attribuiti (Corte cost., sent.    n.  408  del
 1998,  punto  10  del Considerato in diritto); viceversa, nel caso di
 specie l'attribuzione della suddetta "competenza" non  si  accompagna
 alla necessaria copertura finanziaria.
   7.  - Quanto all'art. 1, comma 20, violazione degli artt. 3, 5, 97,
 115, 117 e 118 della Costituzione sotto  ulteriori profili.  Il comma
 20, con effetto a decorrere dal periodo 1996/1997, fissa  il  termine
 per  la  stipula  dei  contratti  di affitto e vendita di quota senza
 trasferimento di azienda al 31 dicembre di ciascun anno, fatti  salvi
 gli  accertamenti  eseguiti  ai  sensi  del d.-l. n. 411 del 1997.  I
 contratti cosi' stipulati entro il  31  dicembre  1996  potranno  poi
 avere  effetti  in  riferimento  alla  stessa  annata  1996/1997,  su
 concorde volonta' delle parti comunicata all'AIMA.   L'illegittimita'
 della  disposizione de qua risiede nella retroattivita' degli effetti
 che essa produce, che vanno infatti a ripercuotersi immediatamente su
 annate gia' concluse. E' quindi ancora una volta necessario  rilevare
 la  evidente  violazione  dei  principi di buon andamento in tal modo
 perpetrata, nonche' l'indebita ingerenza dello Stato  in  materia  di
 indubbia  competenza regionale.   Preme sottolineare che gia' codesta
 ecc.ma Corte ha affrontato il tema della  vendita  ed  affitto  delle
 quote  latte  nella  piu'  volte menzionata sentenza n. 398 del 1998,
 statuendo che lo spostamento del termine di efficacia  dei  contratti
 de  quibus  non  possa  legittimamente  avvenire  senza  un  adeguato
 coinvolgimento delle  regioni,  pena  la  conclamata  violazione  del
 principio  di leale collaborazione tra Stato e regioni. Nonostante la
 chiara  enunciazione  di  tali  principi,  che   ha   condotto   alla
 declaratoria  di incostituzionalita' dell'art. 2, comma 173, legge n.
 662 del 1996, il Governo con il comma in oggetto ha reintrodotto,  in
 aperta  violazione  della  sentenza  summenzionata,  una disposizione
 sostanzialmente riproduttiva di quella dichiarata  costituzionalmente
 illegittima.
   8.  - Quanto all'art. 1, comma 21, violazione degli artt. 3, 5, 97,
 115, 117 e 118 della Costituzione sotto  ulteriori profili.  Il comma
 21 stabilisce che la ripartizione delle quote confluite nella riserva
 nazionale  avvenga  in  relazione  alla  produzione  media  regionale
 commercializzata  accertata  per i periodi 1995/1996 e 1996/1997.  Si
 prevede,  inoltre,  che l'assegnazione da parte delle singole regioni
 ai produttori segua criteri  di  priorita'  deliberati  dagli  stessi
 Enti,  ma  che comunque in primis avvenga a favore dei produttori che
 hanno subito le riduzioni di cui alla legge  n.  46  del  1995.    Il
 criterio  di  ripartizione  tra le regioni della riserva nazionale da
 parte dello Stato, di cui alla prima  parte  del  comma  considerato,
 risulta  irragionevole,  e  percio' viziato in riferimento agli artt.
 3, 97, 117 e 118 Cost., in quanto non tiene conto del  fatto  che  le
 regioni  a  maggiore  vocazione  produttiva  (e  tra di esse anche la
 ricorrente) hanno subito nelle  annate  considerate  -  ovvero  nelle
 annate  1995/1996  e  1996/1997, drastiche riduzioni di produzione in
 conseguenza  sia  dei  tagli  operati  a  partire  dal  1994,  e   in
 particolare  con riferimento alla campagna 1995/1996, sia dei criteri
 di priorita' seguiti nelle operazioni di compensazione.  Ne  consegue
 che  la  ripartizione  della  riserva  medesima avrebbe dovuto essere
 coerentemente operata a favore delle regioni  proporzionalmente  piu'
 colpite dai tagli di quota stessi.  Inoltre, quanto alla ripartizione
 interna  delle  quote  nell'ambito  di  ogni singola regione, codesta
 ecc.ma Corte si e'  recentemente  pronunciata  statuendo  l'esclusiva
 competenza   regionale   in   ordine   alla  scelta  dei  criteri  di
 assegnazione ai singoli produttori (cfr.  Corte cost., sent.  n.  398
 del  1998,  punto  15  del  Considerato  in diritto).   Viceversa, la
 disposizione  de  qua,  pur  rimettendo  in  via  di  principio  tale
 determinazione    all'autonomia   regionale,   impone   un   criterio
 prioritario, contravvenendo al  disposto  della  pronuncia  citata  e
 comunque     limitando     fortemente    i    poteri    programmatori
 costituzionalmente riconosciuti alle regioni.
   9. - Quanto all'art. 1, commi 11 e 13, violazione degli artt. 3, 5,
 24, 97, 113, 117 e 118 Cost.  Il comma 11 stabilisce che  l'AIMA,  ai
 fini  dello svolgimento delle operazioni di compensazione contemplate
 dallo stesso  decreto,  prenda  in  considerazione  esclusivamente  i
 provvedimenti  giurisdizionali,  anche  cautelari  o  non definitivi,
 contenenti dati quantitativi e notificati entro il trentesimo  giorno
 antecedente   la  scadenza  del  termine  per  l'effettuazione  delle
 compensazioni; in assenza delle  predette  indicazioni  quantitative,
 viceversa,  l'AIMA  e'  tenuta  ad  utilizzare i dati accertati dalle
 regioni e province autonome sulla base del d.-l. n. 411 del 1997.  Il
 comma 13  stabilisce,  invece,  che  le  decisioni  amministrative  o
 giurisdizionali  notificate  oltre  il termine di cui al comma 11 non
 producono effetto sui risultati complessivi delle compensazioni,  che
 restano  fermi  nei confronti dei produttori estranei ai procedimenti
 nei quali le decisioni sono state emesse.  Il dianzi menzionato comma
 11 introduce una penalizzante e comunque  ingiustificata  limitazione
 degli   effetti   dei   provvedimenti  giurisdizionali  ottenuti  dai
 produttori dopo anni di contenzioso in ordine alla consistenza  della
 quota  individuale  di  riferimento.  La  limitazione de qua, oltre a
 confliggere in via  indiretta  con  il  diritto  di  difesa,  di  cui
 all'art.    24  Cost.,  e  con il divieto di esclusione o limitazione
 della tutela giurisdizionale  di  cui  all'art.  113  Cost.,  finisce
 dunque per vanificare gli effetti di pronunce giurisdizionali che, in
 accoglimento    dei    ricorsi   dei   produttori,   contenevano   il
 riconoscimento, seppure implicito -  del  quantitativo  dagli  stessi
 producibile;  riconoscimento, che a sua volta presupponeva in capo ai
 produttori medesimi una certa capacita' produttiva e  legittimava  il
 mantenimento,  se  non  l'accrescimento  del  livello  produttivo. Il
 prevedere ora "l'inefficacia"  delle  suddette  pronunce  equivale  a
 disconoscere  le  aspettative  ormai  consolidate al raggiungimento o
 mantenimento di quei livelli produttivi e di conseguenza mina al  suo
 interno   qualsivoglia   iniziativa  programmatoria  del  settore  di
 competenza regionale, in viotazione degli artt. 117 e 118 Cost.    La
 limitazione  de  qua e' dunque del tutto irragionevole ed arbitraria,
 in violazione dell'art. 3 Cost., in quanto la mancata indicazione  di
 dati   quantitativi   assolutamente  non  esclude  il  riconoscimento
 giurisdizionale del diritto alla produzione, ne' la  possibilita'  di
 quantificarne l'oggetto.  Come e' noto, infatti, la maggior parte del
 contenzioso  aveva  - ed ha - ad oggetto la richiesta di annullamento
 dei bollettini via via succedutisi nel  tempo  ed  il  conseguente  e
 necessario  -  seppure non espresso - riconoscimento del quantitativo
 "storico"  (ovvero  del  quantitativo  assegnato  per   la   campagna
 1993/1994,  prima  dei  tagli illegittimamente operati ex legge n. 46
 del 1995). Altro filone del contenzioso era invece  costituito  dalla
 contestazione  degli  elenchi  dei  produttori  sottoposti a prelievo
 supplementare; i provvedimenti giurisdizionali in tale caso,  pur  se
 rivolti  alla inibizione dell'effettuazione delle trattenute da parte
 degli  acquirenti,  presupponevano  anch'essi  l'illegittimita'   dei
 quantitativi assunti a fondamento delle procedure di compensazione, e
 dunque   l'illegittimita'   degli  stessi  bollettini  e  l'implicito
 riconoscimento della quota "storica".  Non puo' dunque dirsi  che  un
 provvedimento  giurisdizionale  emesso  in materia di quote latte non
 riconosca il diritto ad una certa produzione, poiche', pur in assenza
 di indicazione espressa dei dati quantitativi, la pronuncia in merito
 alla illegittimita' di dato bollettino o prelievo presuppone sempre e
 comunque  l'accertamento  -  seppure  implicito  -  del  quantitativo
 producibile.  E' poi di tutta evidenza come tale illogica limitazione
 degli  effetti dei provvedimenti giurisdizionali ottenuti dai singoli
 produttori ai fini delle operazioni di compensazione contemplate  nel
 decreto  impugnato  stravolga  gli  accertamenti che le regioni hanno
 precedentemente svolto anche sulla base dei provvedimenti medesimi, a
 grave  ulteriore  danno  dei  poteri  programmatori  e  di  controllo
 costituzionalmente  garantiti  in  capo alle stesse dagli artt. 117 e
 118 Cost.  Quanto al comma 13, la formulazione dello stesso  e'  tale
 da  ingenerare forti dubbi in ordine al reale ambito di efficacia dei
 provvedimenti amministrativi e giurisdizionali  notificati  oltre  il
 termine  di  cui  al  comma  11  (ovvero  oltre  il trentesimo giorno
 antecedente  la  scadenza  del  termine  per  l'effettuazione   delle
 operazioni  di  compensazione).    Infatti,  ivi  si prevede che tali
 decisioni, non potendo essere considerate ai fini delle operazioni di
 compensazione, non impediscono il versamento del prelievo  accertato,
 ma consentono l'eventuale restituzione della parte di prelievo che da
 esse  risulti  non dovuta in favore dei produttori "il cui ricorso e'
 stato accolto"; viceversa, i risultati delle compensazioni sono dalla
 stessa  disposizione  tenuti  fermi  nei  confronti  dei  "produttori
 estranei  ai  procedimenti  nei quali sono state emesse" le decisioni
 medesime.  Non si capisce, dunque, che cosa si intenda per produttori
 "estranei";  infatti,  dato  che  le   decisioni   amministrative   e
 giurisdizionali  possono avere effetto solo nei confronti delle parti
 in causa, e dunque non nei confronti degli estranei - o terzi che dir
 si voglia -, non si vede l'utilita' della summenzionata precisazione.
 Forse  si tenta nuovamente, cosi' come per il comma 11, di introdurre
 surrettizie  limitazioni  agli  effetti  delle  decisioni  emesse  in
 materia di quote latte - questa volta con riferimento alla natura del
 soggetto  ricorrente  -,  implicitamente  escludendo la efficacia dei
 provvedimenti  non  "nominali",  perche'  emessi,  per  esempio,  nei
 confronti dell'associazione di categoria e non dei singoli associati,
 ancora  in violazione dei principi di autonomia organizzativa e della
 potesta' programmatoria delle regioni di cui agli  artt.  117  e  118
 Cost.
   10.  - Quanto all'art. 1, commi 17 e 18, violazione degli artt.  3,
 24, 117 e 118 Cost.
   I commi 17 e 18 prevedono,  rispettivamente  con  riferimento  alle
 annate  1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998, un procedimento di verifica
 rivolto alla comparazione dei dati  dichiarati  nei  modelli  L1  con
 quelli  risultanti  dagli  accertamenti effettuati ai sensi del d.-l.
 n. 411 ed  alla  eventuale  rettifica  dei  primi  sulla  scorta  dei
 secondi.  Tale rettifica determina la non applicazione delle sanzioni
 amministrative  di  cui  all'art. 11 della legge n. 468 del 1992 e la
 non  punibilita'  degli  eventuali  reati  di  falso  commessi  nella
 dichiarazione  di  commercializzazione che risulti difforme da quella
 accertata, nonche' dei connessi reati di cui agli artt. 640-bis  c.p.
 e 2621 c.c. commessi ai fini di cui all'art. 61, n. 2, c.p.
   Le  disposizioni in oggetto, in evidente violazione dell'art. 3 e -
 seppure in via indiretta - dell'art. 24 Cost., ignorano totalmente la
 posizione dei produttori che non hanno proposto ricorso  di  riesame,
 ovvero  hanno proposto ricorsi irricevibili, con cio' escludendoli in
 toto dalla possibilita' di "sanare" eventuali pregresse irregolarita'
 delle dichiarazioni di commercializzazione  e  dunque  imponendo  una
 limitazione discriminatoria ed irragionevole al diritto di difesa.
   I  procedimenti  di  sanatoria  vengono  dunque condotti dall'AIMA,
 sulla scorta dei  dati  risultanti  da  accertamenti  compiuti  dalle
 regioni.    Le  regioni  subiscono cosi' una illogica e generalizzata
 spoliazione delle attribuzioni costituzionali  ad  esse  riconosciute
 sia a livello programmatorio che di controllo; esse si vedono infatti
 costrette  a  prendere atto di "sanatorie" compiute a livello statale
 dall'AIMA, che impediscono l'accertamento effettivo delle  produzioni
 commercializzate  ed indi fanno venir meno gli stessi presupposti per
 l'attuazione  di  una  seria  politica   programmatoria   a   livello
 regionale.
   Risultano  pertanto  violati  gli artt. 117 e 118 Cost., in ragione
 dell'illegittima  vanificazione  delle   prerogative   regionali   in
 materia.
   Il  procedimento  delineato  dai commi considerati introduce dunque
 una sanatoria  generalizzata,  operata  secondo  criteri  illogici  e
 giustificata  unicamente  dalla  incapacita' di approntare un sistema
 effettivamente valido e coerente con i piu'  elementari  principi  di
 certezza,  che  finisce per semplicemente aggirare, ma non risolvere,
 le disfunzioni conseguenti alla inesattezza dei  dati  contenuti  nei
 modelli L1.
                               P. Q. M.
   Voglia  codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso,
 pronunciare l'illegittimita' costituzionale del d.-l. 1  marzo  1999,
 n.  43, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 50 del 2
 marzo 1999, nella sua interezza e con particolare riguardo  ai  commi
 1,  2,  3, 4, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20 e 21
 dell'art. 1.
     Milano-Roma, addi' 31 marzo 1999.
       Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - avv. prof. Massimo Luciani
 99C0386