N. 14 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 aprile 1999
N. 14 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 9 aprile 1999 (della regione Lombardia) Zootecnia - Quote latte - Regolamentazione con decreto-legge - Difetto dei presupposti straordinari di necessita' e urgenza - Violazione del principio di leale collaborazione, per mancanza di previa intesa tra Stato e regioni. Zootecnia - Quote latte - Errori intervenuti nelle operazioni di riesame e relative correzioni - Obbligo delle regioni di darne comunicazione all'AIMA per il recepimento - Definizione con decreto ministeriale delle questioni irrisolte - Lesione delle competenze regionali - Irrazionalita' - Contrasto con i principi di buon andamento, decentramento e autonomia organizzativa. Zootecnia - Quote latte - Aggiornamento dei quantitativi individuali di riferimento per i periodi 1997/1998 e 1998/1999 - Competenza dell'AIMA - Violazione dei poteri programmatori regionali e del principio di razionalita'. Zootecnia - Quote latte - Modalita' procedurali per le determinazioni definitive, da parte delle regioni, e per la comunicazione ai produttori di dati relativi ai quantitativi individuali di riferimento - Lesione del principio di buon andamento e del riparto di competenze tra Stato e regioni. Zootecnia - Quote latte - Compensazioni per le annate 1995/1996, 1996/1997, 1997/1998 e 1998/1999 - Competenza dell'AIMA - Criteri di priorita' e modalita' da seguire - Lesione delle prerogative regionali e dei principi dettati in sede comunitaria - Discriminazione a vantaggio dei produttori delle regioni Marche e Umbria. Zootecnia - Quote latte - Debito residuo relativo al prelievo complessivamente dovuto per i periodi 1995/1996 e 1996/1997 - Riscossione coattiva demandata alle regioni - Mancata copertura del relativo onere di spesa - Lesione dell'autonomia organizzativa e finanziaria regionale, nonche' dei principi di razionalita' e buon andamento. Zootecnia - Quote latte - Contratti di affitto e vendita senza trasferimento di azienda - Fissazione retroattiva del termine per la stipula, a decorrere dal periodo 1996/1997 - Violazione delle competenze regionali, nonche' dei principi di buon andamento e di leale collaborazione tra Stato e regione. Zootecnia - Quote latte - Criteri di ripartizione della riserva nazionale tra le regioni e di assegnazione da parte di queste ai singoli produttori - Irragionevolezza - Limitazione dei poteri programmatori regionali. Zootecnia - Quote latte - Limitazione dell'efficacia dei provvedimenti giurisdizionali ai fini delle operazioni di compensazione - Lesione del diritto di difesa e di tutela giurisdizionale dei produttori - Violazione dei poteri programmatori regionali - Irragionevolezza e arbitrarieta'. Zootecnia - Quote latte - Procedimento di verifica e rettifica, da parte dell'AIMA, dei dati dichiarati nei modelli L1 per le annate 1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998 - Limitazione discriminatoria e irragionevole del diritto di difesa dei produttori che non hanno proposto ricorso di riesame - Vanificazione delle attribuzioni programmatorie e di controllo regionali. (D.-L. 1 marzo 1999, n. 43, art. 1, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20 e 21). (Cost., artt. 3, 5, 24, 77, 81, 97, 113, 115, 117, 118 e 119; d.lgs. 4 giugno 1997, n. 143, art. 2).(GU n.31 del 4-8-1999 )
Ricorso della Regione Lombardia, in persona del Presidente della Giunta regionale e legale rappresentante pro-tempore on. dott. Roberto Formigoni, rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto, e in virtu' di deliberazioni di autorizzazione a stare in giudizio del 19 marzo 1999 e 31 marzo 1999, dagli avv.ti proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, lungotevere delle Navi n. 30; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del d.-l. 1 marzo 1999, n. 43, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, Serie generale n. 50 del 2 marzo 1999, recante ad oggetto "Disposizioni urgenti per il settore lattiero-caseario", nella sua interezza ed in particolare, quanto all'art. 1, comma 1, nella parte in cui tale norma rimette all'AIMA l'effettuazione delle compensazioni nazionali per i periodi di produzione lattiera 1995-1996 e 1996-1997 e stabilisce, per entrambi i periodi considerati, che l'esubero complessivo nazionale, sul quale deve essere calcolato il prelievo da ripartire tra i produttori, sia costituito dalla differenza tra il quantitativo nazionale garantito ed il latte complessivamente prodotto e commercializzato; quanto all'art. 1, comma 2, nella parte in cui tale norma prevede il recepimento da parte dell'AIMA delle correzioni degli errori intervenuti nelle operazioni di riesame effettuati dalle regioni e province autonome e da queste motivatamente segnalati, sulla base delle risultanze della relazione finale della commissione di garanzia quote latte, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto ed attribuisce alle regioni e province autonome l'incombente della comunicazione delle suddette correzioni agli interessati; quanto all'art. 1, comma 3, lett. a) e b), nella parte in cui tali norme rimettono all'AIMA l'aggiornamento dei quantitativi individuali per il periodo 1997-1998 e la comunicazione individuale ai produttori dei suddetti quantitativi individuali di riferimento e delle produzioni commercializzate per il periodo 1997-1998 risultanti dai modelli L1 pervenuti all'AIMA e delle anomalie in essi riscontrate; quanto all'art. 1, comma 4, nella parte in cui esso rimette all'AIMA l'aggiornamento definitivo dei quantitativi individuali di riferimento per il periodo 1998-1999 e prevede la validita' di tale aggiornamento anche quale attribuzione provvisoria per il periodo 1999-2000; quanto all'art. 1, comma 5, nella parte in cui esso rimette a un successivo decreto del Ministro delle politiche agricole, seppure d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e Bolzano, la disciplina delle modalita' procedurali per addivenire alle determinazioni definitive da parte delle regioni e delle province autonome dei dati comunicati ai sensi dei precedenti commi 3 e 4 entro 60 giorni dalle comunicazioni stesse; quanto all'art. 1, comma 7, nella parte in cui tale norma rimette all'AIMA l'effettuazione della compensazione per il periodo 1997-1998 entro 30 giorni dalle determinazioni definitive di cui al comma 5; quanto all'art. 1, comma 8, lett. a), b), c), d) ed e), nella parte in cui tali norme individuano i seguenti criteri, e relativo ordine di priorita', ai fini dell'effettuazione della compensazione nazionale in riferimento a tutti i periodi 1995-1996, 1996-1997, 1997-1998 e 1998-1999: a) in favore dei produttori titolari di quota delle zone di montagna; b) in favore dei produttori titolari di quota A e di quota B nei confronti dei quali e' stata disposta la riduzione della quota B, nei limiti del quantitativo ridotto; c) in favore dei produttori titolari di quota ubicati in zone svantaggiate, di cui alla Direttiva 75/268/CEE del consiglio del 28 aprile 1975, e nelle zone di cui all'obiettivo 1 ai sensi del regolamento (CE) n. 2081/1993; d), in favore dei produttori titolari esclusivamente della quota A che hanno superato la propria quota, nei limiti del 5% della quota medesima; e) in favore di tutti gli altri produttori; quanto all'art. 1, comma 9, nella parte in cui tale norma prevede che, per i periodi 1997-1998 e 1998-1999, si applichi comunque priorita' di cui all'art. 13, comma 6-bis, del d.-l. 6/1998, convertita in legge 61/1998, ovvero la compensazione in via prioritaria a favore dei produttori delle regioni Marche ed Umbria; quanto all'art. 1, comma 10, nella parte in cui esso richiama le disposizioni contenute nell'art. 4, commi 2 e 4, del d.-l. n. 411/1997, convertito in legge 5/1998, in riferimento alle dichiarazioni di consegna degli acquirenti e ai relativi modelli L1 per il periodo 1998-1999 e richiama il comma 5 del medesimo art. 1 del presente decreto in riferimento alla comunicazione individuale delle produzioni commercializzate per il periodo 1998-1999 risultanti dai modelli L1 pervenuti all'AIMA; quanto all'art. 1, comma 11, nella parte in cui esso prevede l'utilizzazione da parte dell'AIMA dei dati contenuti nei provvedimenti giurisdizionali, anche cautelari o non definitivi, notificati entro il trentesimo giorno precedente la scadenza del termine fissato per l'effettuazione della compensazione, ovvero, in mancanza di tali dati, quelli accertati dalle regioni e dalle province autonome; quanto all'art. 1, comma 12, nella parte in cui esso prevede che i risultati delle compensazioni nazionali effettuate ai sensi del presente decreto sono definitivi ai fini del pagamento del prelievo supplementare, dei relativi conguagli e della liberazione delle garanzie fidejussorie surrogatorie; quanto all'art. 1, comma 13, nella parte in cui esso prevede che le decisioni amministrative o giurisdizionali concernenti i ricorsi in materia, notificate oltre il trentesimo giorno precedente la scadenza del termine fissato per l'effettuazione delle compensazioni previste dallo stesso decreto, non producono effetti sui risultati complessivi delle compensazioni stesse, che restano fermi nei confronti dei produttori estranei ai procedimenti nei quali sono state emesse; quanto all'art. 1, comma 14, nella parte in cui esso prevede che ogni questione attinente alle operazioni di riesame effettuate dalle regioni e province autonome, non risolta ai sensi del comma 2 dello stesso art. 1 del presente decreto, sara' definita con uno o piu' decreti del Ministro delle politiche agricole, seppure d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e le province autonome di Tento e Bolzano, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto; quanto all'art. 1, comma 15, nella parte in cui esso rimette alle regioni e alle province autonome l'effettuazione, previa intimazione, della riscossione coattiva del debito residuo mediante ruolo nei casi in cui le somme gia' trattenute dall'acquirente non siano sufficienti a coprire il prelievo complessivamente dovuto dal produttore per i periodi 1995-1996 e 1996-1997; quanto all'art. 1, commi 17 e 18, nella parte in cui non vi si tengono in considerazione i casi in cui non e' intervenuto accertamento del quantitativo di latte commercializzato dal produttore e del quantitativo individuale di riferimento ai sensi del d.-l. n. 411/1997, convertito in legge 5/1998; quanto all'art. 1, comma 19, nella parte in cui esso richiama le operazioni di compensazione di cui al precedente comma 10 ai fini della determinazione del prelievo dovuto per il periodo 1998-1999 e del versamento del relativo importo da parte dell'acquirente entro 20 giorni dal ricevimento della comunicazione da parte dell'AIMA; quanto all'art. 1, comma 20, nella parte in cui tale norma prevede che, con effetto dal periodo 1996-1997, il termine per la stipula dei contratti di affitto e vendita di quota senza trasferimento di azienda e' fissato al 31 dicembre di ciascun anno e che tali atti hanno efficacia in riferimento al medesimo periodo 1996-1997 su concorde volonta' delle parti, comunicata successivamente all'AIMA; quanto all'art. 1, comma 21, nella parte in cui esso prevede la ripartizione della riserva nazionale tra le varie regioni province autonome in relazione alla produzione media regionale commercializzata accertata per i periodi 1995-1996 e 1996-1997, per essere poi assegnata secondo criteri oggettivi di priorita' deliberati dalle stesse, tenendo prioritariamente conto delle riduzioni effettuate ai sensi del d.-l. n. 727/1994, convertito in legge n. 46/1995. F a t t o 1. - Il regime delle quote latte, finalizzato al contenimento della produzione nel mercato europeo, e' stato introdotto con il Regolamento CEE del Consiglio n. 856 del 31 marzo 1984. In forza del predetto regolamento, la Comunita' europea ha attribuito un quantitativo massimo di produzione lattiera a ciascuno Stato membro - per l'Italia determinato in t. 9.212.000 - e sottoposto le eventuali eccedenze al pagamento di una penalita' ad esse proporzionale (c.d. prelievo). L'attuazione del predetto regime presupponeva il previo accertamento della produzione effettiva sul territorio nazionale e la successiva proporzionale attribuzione dei quantitativi in capo ai singoli produttori. In Italia, i relativi accertamenti furono inizialmente demandati all'Unalat e poi, in ragione dei dubbi sorti in ordine alla correttezza di tali rilevazioni, che si discostavano marcatamente dalle indicazioni comunitarie, al C.C.I.A. In conclusione, la produzione complessiva nazionale risultava superiore comunque di circa un milione di tonnellate rispetto al quantitativo attribuito. Nel frattempo veniva approvata la legge 26 novembre 1992, n. 468, recante attuazione del regime delle quote latte istituito a livello comunitario. Sulla base delle rilevazioni effettuate, veniva quindi diramato il bollettino per la campagna 1994/1995 contenente, nel rispetto del quantitativo complessivamente assegnato all'Italia, i limiti individuali di produzione. Ne discendeva un ampio contenzioso sui quantitativi assegnati, che risultavano di gran lunga inferiori allo stesso fabbisogno nazionale complessivo. 2. - Ai fini del contenimento della produzione interna complessiva entro il limite quantitativo imposto a livello comunitario (nel frattempo aumentato a 9.900.000 t.), il Governo per mezzo del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n. 46 del 1995, operava un generalizzato taglio della quota B (che, come noto, e' costituita dalla maggior produzione commercializzata dal singolo produttore nel periodo 1991/1992 rispetto al periodo 1988/1989). Gia' tali provvedimenti legislativi introducevano, in totale assenza di intesa o di qualsivoglia altra forma di coordinamento con le regioni criteri di riduzione delle quote chiaramente penalizzanti nei confronti delle regioni a piu' alta vocazione produttiva. Pertanto, veniva da molte regioni proposto ricorso in via principale per l'affermazione dell'illegittimita' costituzionale dei provvedimenti legislativi citati, in riferimento alla grave lesione delle prerogative regionali riconosciute dalla Costituzione dagli stessi perpetrata. Codesta ecc.ma Corte si e' sul punto pronunciata con sentenza n. 520 del 1995, dichiarando l'illegittimita' dell'art. 2, comma 1, della legge n. 46 "nella parte in cui non prevede il parere delle regioni interessate nel procedimento di riduzione delle quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino. 3. - Il Governo e' poi reiteratamente intervenuto con la decretazione d'urgenza per mezzo dei dd.-ll. nn. 124, 260, 353, 440, 463, 542 e 552 del 1996, nel dichiarato intento di operare un riordino del settore, ma di fatto aggravando la gia' confusa situazione esistente, con disposizioni contraddittorie e comunque sempre lesive delle prerogative regionali. In particolare, il sistema di compensazione a livello nazionale introdotto per mezzo delle citate disposizioni, sempre in assenza di qualsivoglia forma di coordinamento con le regioni, ha moltiplicato gli effetti distorsivi dei tagli di quota (peraltro confermati) a danno delle regioni del nord. I dd.-ll. nn. 542 e 552 del 1996 (reiterativi dei precedenti) sono poi stati rispettivamente convertiti in leggi nn. 642 e 649 del 1996, subito seguite dalla legge 662 del 1996, sostanzialmente ripetitiva delle medesime disposizioni in esse contenute. In ordine ai suddetti provvedimenti legislativi, codesta ecc.ma Corte, su ricorso presentato da numerose regioni - tra le quali la Lombardia ed il Veneto -, ha pronunciato la sentenza n. 398 del 1998, con la quale ha, da un lato, dichiarato la cessazione della materia del contendere in riferimento ad alcune delle disposizioni impugnate, in quanto sostituite nel contenuto dai successivi provvedimenti legislativi adottati in materia nel corso del 1997 (che piu' oltre ci si riserva di illustrare), e, dall'altro, dichiarato costituzionalmente illegittime quelle tra le disposizioni impugnate ancora in vigore. In particolare, codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto la fondatezza delle censure sollevate in riferimento ai criteri di compensazione inizialmente introdotti con il d.-l n. 124 del 1996 e poi da ultimo recepiti nell'art. 2, comma 168, della legge n. 662 del 1996 - specifico oggetto della pronuncia de qua -, e ha dunque dichiarato l'illegittimita' costituzionale della predetta disposizione nella parte in cui "stabilisce i criteri in base ai quali deve essere effettuata la compensazione nazionale senza che sia stato preventivamente acquisito il parere delle regioni e delle province autonome". Sono stati, inoltre, dichiarati costituzionalmente illegittimi i commi 4, e 5-bis dell'art. 3 del d.-l. n. 552 del 1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 642 del 1996, nella parte in cui prevedono "l'adozione di un piano di abbandono totale o parziale della produzione lattiera senza che su di esso sia stato previamente acquisito il parere delle regioni e delle province autonome", attribuiscono "all'AIMA anziche' alle regioni e alle province autonome il compito di provvedere alla riassegnazione, in ambito regionale e provinciale, delle quote latte abbandonate", stabiliscono "i criteri in base ai quali la riassegnazione di dette quote deve essere effettuata", ed infine prevedono "la riassegnazione su base nazionale delle quote abbandonate e non riassegnate in ambito regionale e provinciale, senza previa consultazione delle regioni e delle province autonome". Infine, del pari illegittima e' stata dichiarata la disposizione di cui all'art. 2, comma 173, della legge n. 662 del 1996, nella parte in cui essa "differisce i termini ivi previsti - ovvero, il termine di efficacia della vendita o dell'affitto di quote, spostato dal 30 novembre al 31 dicembre di ciascun anno - senza la previa acquisizione del parere delle regioni e delle province autonome". La summenzionata pronuncia ha peraltro in linea generale definitivamente chiarito che la produzione lattiera appartiene alla materia dell'agricoltura, di competenza delle regioni, e non della regolazione dei mercati, di competenza dello Stato e che "il nesso strumentale tra l'agricoltura, che e' l'oggetto specifico delle misure in questione, e la politica del mercato agricolo non puo' giustificare l'attrazione della prima nell'ambito della seconda, poiche' diversamente la competenza regionale verrebbe integralmente sacrificata in materia di agricoltura, posto che ogni attivita' agricola puo' sempre essere strumentale al mercato" (cfr. Corte cost., sent. n. 398 del 1998, punto 2 del Considerato in diritto). La regolamentazione della produzione lattiera rientra, dunque, senza dubbio alcuno, nel piu' ampio settore dell'agricoltura, di dichiarata competenza regionale. ai sensi dell'art. 117 Cost., come del resto e' confermato da ultimo dal d.lgs. n. 143 del 1997, recante "Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'Amministrazione centrale". Ne deriva che, nella determinazione degli indirizzi generali di politica agricola - sia pure rimessi all'elaborazione statale per garantirne la coerenza con i principi comunitari -, le regioni debbono essere necessariamente coinvolte, in quanto, appunto, titolari delle relative competenze; tale coinvolgimento richiede - in termini generali, ma ancor prima sulla base dell'espresso disposto dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 143 citato - il raggiungimento di una vera e propria intesa tra Stato e regioni in sede di Conferenza permanente ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 281 del 1997 e non certo la mera consultazione, sia essa preventiva o addirittura successiva, delle regioni, che non puo' garantire la reale partecipazione delle stesse al procedimento decisionale. 4. - All'inizio del 1997, il Governo e' nuovamente intervenuto nel settore de quo per mezzo del d.-l. n. 11 del 1997, poi convertito in legge n. 81 del 1997 (entrambi impugnati avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalle regioni Lombardia e Veneto con ricorsi nn.rr.gg. 25, 26, 36 e 37 del 1997). In sede di conversione, si riconoscevano finalmente in capo alle regioni competenze attuative della normativa comunitaria in materia di quote latte, ma cio' solo a decorrere dalla campagna 1997/1998, e comunque facendo salve - in attesa di una fantomatica riforma organica del settore - tutte le competenze dell'AIMA. Veniva inoltre istituita una Commissione governativa d'indagine, nell'ambito della quale non era peraltro contemplata la partecipazione di rappresentanti regionali e si prevedeva altresi' un regime di incentivi a fronte dell'abbandono della produzione lattiera. Successivamente, ancora ricorrendo alla decretazione d'urgenza, con d.-l. n. 118 del 1997 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso n.r.g. 41 del 1997), poi convertito in legge n. 204 dello stesso anno, si prevedeva la proroga dei lavori della Commissione governativa piu' sopra menzionata, nonche', sulla base delle risultanze dell'indagine condotta dalla Commissione stessa, l'aggiornamento da parte dell'AIMA degli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995/1996. In sede di conversione si aggiungeva, infine, la sospensione dei programmi di abbandono istituiti con il precedente d.-l. n. 11 dello stesso anno. Nel frattempo, in esito all'indagine effettuata, la Commissione governativa, nelle relazioni dell'aprile e dell'agosto dello stesso 1997, evidenziava, tra l'altro, il fenomeno dei cosiddetti "contratti anomali" e rendeva noti i risultati delle simulazioni di compensazione per l'annata 1995/1996 effettuate a livello sia di APL che nazionale. 5. - Malgrado l'invito della Commissione governativa a procedere ad una complessiva - nonche' definitiva - riforma del settore lattiero-caseario, il Governo e poi nuovamente intervenuto con la decretazione d'urgenza per mezzo del decreto-legge n. 411 del 1997 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalle regioni Veneto e Lombardia con ricorsi nn.rr.gg. 3 e 4 del 1998). In sintesi il decreto, nel testo coordinato con le modificazioni introdotte dalla legge di conversione n. 5 del 1998 (del pari impugnata dalle regioni Lombardia e Veneto con ricorsi nn.rr.gg. 18 e 19 del 1998), quanto al procedimento di accertamento della produzione lattiera, prevedeva: che l'AIMA accertasse la produzione effettiva per i periodi 1995/1996 e 1996/1997, avendo particolare riguardo: a) ai modelli L1 non firmati o con firme apocrife; b) ai modelli L1 privi dell'indicazione dei capi bovini; c) ai modelli L1 con quantita' di latte commercializzata incompatibile con la consistenza numerica del bestiame; d) ai contratti di circolazione di quote latte (quelli ritenuti atipici dalla Commissione) con durata inferiore ai 6 mesi; e) ai modelli L1 con codici fiscali errati o partite IVA errate o inesistenti, o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie dei premi accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2, comma 1); che i contratti di cui al precedente punto d) dovessero essere inviati all'AIMA a cura degli acquirenti entro 15 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge medesimo, pena la revoca del riconoscimento previsto dall'art. 23 del d.P.R. n. 569/1993 (art. 2, comma 2); che l'AIMA aggiornasse i quantitativi di riferimento dei singoli produttori per i periodi 1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998 tenendo conto: a) delle istanze di riesame presentate entro il 30 settembre 1997 dalle regioni e dalle province autonome; b) degli azzeramenti di doppie quote, delle revoche e riduzioni operate dalle regioni e province autonome, pervenute all'AIMA entro la data di entrata in vigore del decreto stesso; c) dei trasferimenti di quote e cambi di titolarita' per i periodi considerati, comunicati dalle regioni e province autonome e pervenuti entro il 15 novembre 1997, d) della correzione, in base alle risultanze del censimento 1993/1994, delle assegnazioni di quote a loro tempo effettuate (art. 2, comma 3); che l'AIMA, compiuto l'accertamento de quo nei modi sopradescritti, comunicasse ai produttori, entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del decreto medesimo, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, i quantitativi di riferimento individuali assegnati ed i quantitativi di latte commercializzato (art. 2, comma 5, prima parte); che i singoli interessati potessero presentare alla regione, a pena di decadenza, ricorso di riesame entro quindici giorni dalla data di ricezione della summenzionata comunicazione (art. 2, comma 5, seconda parte e comma 6); che le regioni dovessero decidere sui ricorsi de quibus entro sessanta giorni a decorrere dalla scadenza del termine per la presentazione ed entro lo stesso termine comunicare all'AIMA la relativa decisione, a pena di irricevibilita' e salva la responsabilita' civile, penale e disciplinare (art. 2, comma 8). Nelle more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto, il Governo disponeva poi in favore dei produttori - limitatamente al periodo 1996/1997 - la restituzione dell'80% degli importi trattenuti dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare e, quanto al periodo 1997/1998, la restituzione dell'intero importo trattenuto a titolo di prelievo supplementare relativo alla parte di quota B ridotta dall'art. 2 del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n. 46 del 1995, nonche' dell'importo relativo agli esuberi conseguiti da produttori titolari esclusivamente di quota A nei limiti del 10% della medesima (art. 1). Inoltre, l'art. 3 disponeva che l'AIMA provvedesse alla rettifica della compensazione nazionale per i periodi 1995/1996 e 1996/1997 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata in vigore del decreto, nonche' degli accertamenti compiuti e delle decisioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2. Si prevedeva, poi, che, limitatamente al periodo 1995/1996, l'AIMA - previo raffronto tra i dati della compensazione nazionale e quelli derivanti dall'applicazione delle regole di compensazione precedentemente in vigore - applicasse in via perequativa l'importo del prelievo supplementare che risultasse meno oneroso per il produttore. L'art. 4, quanto alla campagna 1997/1998, disponeva che l'AIMA procedesse all'aggiornamento dell'elenco dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti con la comunicazione di cui al comma 5 dell'art. 2. Tali aggiornamenti erano destinati a sostituire ad ogni effetto i bollettini pubblicati precedentemente. Ai fini delle trattenute e del versamento del prelievo supplementare - come espressamente recitava il medesimo articolo 4 - gli acquirenti sarebbero stati tenuti a considerare esclusivamente le quote risultanti dal suddetto elenco. L'art. 4-bis istituiva una Commissione di garanzia - nell'ambito della quale non era prevista la partecipazione di alcun membro di provenienza regionale - con il compito di verificare la conformita' alla vigente legislazione delle procedure e delle operazioni effettuate per la determinazione della quantita' di latte prodotta e commercializzata e per l'aggiornamento dei quantitativi di riferimento spettanti ai produttori per periodi 1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998. Quanto alla campagna 1998/1999, l'art. 5, in espressa deroga all'art. 01 del d.-.l n. 11 del 1997, convertito in legge n. 81 del 1997, attribuiva nuovamente all'AIMA la competenza in ordine alla redazione degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999. 6. - Il 17 febbraio 1998 il Ministero per le politiche agricole emanava un decreto (impugnato per conflitto di attribuzione dalla regione Veneto con ricorso pendente avanti codesta ecc.ma Corte) disciplinante, oltre che le modalita' per l'istruttoria dei ricorsi di riesame, anche le altre modalita' di applicazione del decreto-legge n. 411, cosi' come convertito dalla legge n. 5, in tal modo aggravando ulteriormente, a discapito dell'autonomia organizzativa delle regioni, la gia' manifesta illegittimita' costituzionale delle disposizioni legislative che pretendeva di attuare. Successivamente, con d.-l. n. 187 del 1998, convertito, con modificazioni, in legge n. 276 del 1998 (impugnata avanti codesta ecc.ma Corte dalla regione Veneto con ricorso n.r.g. 38 del 1998), veniva prorogato il termine per la decisione da parte delle regioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2, comma 5, del d.-l. n. 411 avverso le determinazioni AIMA e si confermavano in capo alla stessa AIMA le attribuzioni in ordine all'aggiornamento degli elenchi dei titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999. Da ultimo, il Governo ha adottato, ancora in evidente spregio dei presupposti di necessita' ed urgenza, nonche' delle prerogative costituzionalmente garantite alle regioni, il decreto-legge n. 43 del 10 marzo 1999 - il cui contenuto verra' piu' oltre dettagliatamente esposto -, che con il presente atto si impugna per i seguenti motivi: D i r i t t o 1. - Quanto al decreto nella sua interezza, violazione degli artt. 3, 5, 77, 97, 115, 117 e 118 Cost., anche in riferimento al principio di leale collaborazione tra Stato e regioni e all'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997. 1.1. - Come e' noto, il ricorso alla decretazione d'urgenza e' ammesso nei soli casi "straordinari di necessita' ed urgenza". Non si nega che - come codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di chiarire nella recente sentenza n. 398 del 1998 - la valutazione in ordine alla sussistenza dei suddetti presupposti possa essere compiuta in termini, non di certezza, ma di mera "plausibilita'" (cfr. Corte cost., sent. n. 398 del 1998, punto 3 del "Considerato in diritto"); tuttavia, nella fattispecie, emerge con tutta evidenza come il decreto impugnato costituisca un semplice espediente, resosi "necessario" unicamente per superare la forte e generalizzata opposizione mossa dalle regioni nei confronti del disegno di legge approvato nella seduta del Consiglio dei Ministri del 12 febbraio 1999 e sottoposto all'attenzione dei rappresentanti regionali in sede di Conferenza permanente del 24 febbraio 1999 (cfr. all. 2, verbale della seduta della Conferenza permanente per i rapporti Stato regioni del 24 febbraio 1999). Dopo anni di gestione operata in via straordinaria, e percio' sommaria, la definitiva riorganizzazione del settore lattiero-caseario si rendeva - e si rende tuttora - tanto piu' necessaria in esito alle verifiche compiute dalla Commissione governativa di indagine e dalla Corte dei conti. Dalle relazioni redatte sul punto dagli Organi citati emerge, infatti, la necessita' di approntare un valido e definitivo sistema di gestione alternativo a quello che si e' venuto formando sotto l'assillo di fatti contingenti e per cio' stesso privo di qualsiasi disegno programmatico e di adeguata stabilita'. In particolare, si sottolineava come tale sistema alternativo dovesse essere attuato mediante una reale decentralizzazione regionale in materia di agricoltura. Di conseguenza, il Governo, nella consapevolezza dell'inidoneita' dello strumento del decreto-legge ai fini di cui sopra, aveva finalmente predisposto un disegno di legge preordinato alla definitiva regolamentazione del settore. Senonche', le regioni, in quanto prive delle necessarie informazioni (benche' espressamente richieste sia al Ministero che all'AIMA) per poter valutare l'efficacia delle misure di proposta governativa, e comunque contrarie nel merito al testo ad esse sottoposto, hanno opposto un generalizzato parere negativo su disegno di legge. Cio' ha indotto il Governo a trasfondere parte del testo del disegno di legge originario nel decreto impugnato, sia pure in totale assenza di una reale - o plausibile - situazione di straordinaria necessita' od urgenza e dunque in evidente violazione dell'art. 77 Cost. Infatti, il decreto impugnato si limita a dettare disposizioni che in parte non innovano la sostanza e in parte sono peggiorative rispetto alla legge n. 5 del 1998, e dunque di per se' non sono necessarie ne' urgenti, bensi' sostanzialmente ripetitive. L'urgenza e' del resto smentita gia' dal solo fatto che le previsioni dettate dal d.-l. impugnato riguardano anche campagne lattiere gia' concluse. In realta', qui ci troviamo di fronte all'ennesimo episodio di illegittimo esercizio di un potere che la Costituzione ha concepito come eccezionale ("straordinario"), e che invece viene impiegato come strumento "ordinario" di produzione normativa primaria. E' concordemente ritenuto in dottrina che la necessita' contemplata dall'art. 77 della Costituzione non puo' che consistere nella inevitabilita' dell'uso del decreto-legge per il raggiungimento di determinati fini. Viceversa, rispetto ai fini dichiarati nel preambolo del decreto n. 43 - ovvero, la chiusura dei periodi di produzione lattiera 1995-1999 e l'adeguamento ai dettami di cui alla pronuncia di codesta ecc.ma Corte n. 398 del 1998 -, il decreto impugnato non presenta affatto caratteri di inevitabilita', poiche' esso si inscrive in un contesto normativo (quello delineato da ultimo dalla legge n. 5 del 1998 citata) che gia' consentiva la definitiva chiusura dei periodi di produzione lattiera 1995-1999, ed in ogni caso non assicura l'adeguamento ai principi espressi in materia dalla piu' sopra citata sentenza n. 398. Va qui precisato che la regione ricorrente non lamenta la pura e semplice violazione dell'art. 77 Cost., bensi' anche e soprattutto la lesione delle competenze costituzionali che ad essa sono riconosciute ai sensi degli artt. 117 e 118 Cost.. E' infatti anche attraverso l'illegittimo utilizzo dello strumento del decreto-legge che tale lesione si e' consumata, poiche' il Governo ha cosi' finito per sottrarre alle regioni il potere di regolare un settore, quale quello della produzione lattiera, che la Costituzione, in una con la normativa ordinaria di trasferimento delle funzioni, sine dubio affida loro nell'ambito della materia "agricoltura". 1.2. - Inoltre, ancora con riguardo all'intero decreto impugnato, va altresi' rilevata la violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, anche in riferimento all'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997. Come e' noto, infatti, la disposizione citata, nel conferire alle regioni tutte le funzioni amministrative in materia di agricoltura, prescrive che i compiti di elaborazione e coordinamento delle linee di politica agricola in coerenza con la politica comunitaria debbano essere esercitati dal Ministero per le politiche agricole (istituito con il medesimo d.lgs.) d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e regioni. L'intesa costituisce una delle forme normativamente tipizzate di raccordo tra Stato e regioni previste dal d.lgs. n. 281 del 1997. Quest'ultimo, infatti, nel disciplinare le attribuzioni della Conferenza permanente nelle materie di interesse regionale, contempla, accanto ad una forma di collaborazione meno "intensa" quale la mera consultazione, l'intesa, che si perfeziona con l'assenso del Governo e di tutti i Presidenti delle regioni e province autonome (cfr. art. 3 del d.lgs. citato). E' indubbio, infatti - come ha statuito di recente anche codesta ecc.ma Corte -, che il settore lattiero caseario rientra nelle materie di competenza regionale, e comunque, in quanto la regolamentazione del sistema delle quote latte necessita di indirizzi generali ed uniformi - nonche' conformi ai principi comunitari - dettati per tutto il territorio nazionale, il principio di leale collaborazione impone il raccordo tra Stato e regioni nelle forme dell'intesa, cosi' da assicurare la maggiore partecipazione possibile di queste ultime nell'elaborazione delle stesse linee guida. A conferma, preme altresi' sottolineare che codesta eccc.ma Corte ha di recente - per mezzo della piu' volte citata sentenza n. 398 - stabilito che l'intesa tra Stato e regioni di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 281 del 1997 possa essere sostituita dalla mera consultazione solo nel caso in cui non si tratti di elaborare linee generali di politica agricola, bensi' di opporsi all'adempimento di precisi obblighi che gli organi comunitari abbiano impartito in ragione della non corretta attuazione di un dettame precedentemente imposto in via generale. In quel caso si trattava, infatti, di decidere in ordine all'eventuale opposizione all'"invito" della comunita' ad adeguarsi al sistema di compensazione previsto dai regolamenti CEE e non certo in ordine all'elaborazione di linee di politica generale. Viceversa, il decreto qui impugnato e' nato come stralcio di un piu' ampio disegno di legge, in ordine al quale, invocando l'art. 2, comma 5, d.lgs. n. 281 del 1997 - che consente, in presenza di ragioni d'urgenza, l'acquisizione di un parere successivo da parte della Conferenza permanente, che sara' poi tenuto in considerazione in sede di esame parlamentare dei disegni di legge o delle leggi di conversione dei decreti-legge -, il Governo ha attivato un meccanismo di consultazione successiva delle regioni. Senonche', di fronte all'opposizione della maggioranza dei rappresentanti regionali in sede di Conferenza permanente del 24 febbraio 1999, ed ancora ignorando totalmente il disposto di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 143 del 1997, che prescrive il raggiungimento di un'intesa; per di piu' necessariamente preventiva, tra Stato e regioni, il Governo ha abbandonato l'iniziale intento, e ha trasfuso parte del testo originario nel decreto-legge che qui si impugna, a cio' ritenendosi legittimato in forza di un presunto parere favorevole, comunque successivo, espresso dalla Conferenza nella stessa seduta del 24 febbraio 1999. In realta', l'assenso, manifestato dalle regioni in tale sede riguardava esclusivamente l'operazione di trasfusione dell'art. 1 dell'originario disegno di legge in un decreto-legge, e non certo i contenuti dello stesso, rispetto ai quali rimaneva ferma l'opposizione manifestata dai rappresentanti regionali al testo originariamente sottoposto. Le regioni non sono state quindi attivamente coinvolte a priori e nelle forme adeguate nel procedimento di elaborazione della nuova disciplina, come richiederebbe i principi costituzionali prima ancora che le disposizioni di legge vigenti, in quanto il Governo si e' preoccupato di sollecitare l'intervento regionale solo in un momento successivo e solo a livello di consultazione (cfr. ancora all. 2). 2. - Quanto all'art. 1, commi 2 e 14, violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 Cost. Il comma 2 dell'art. 1, impone alle regioni e province autonome, entro il brevissimo termine di 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, di comunicare all'AIMA i "motivati" errori intervenuti nelle operazioni di riesame di cui al d.-l. n. 411 del 1997 e le relative correzioni, sulla base delle risultanze della relazione finale della Commissione di garanzia quote latte. Contestualmente viene pero' attribuito all'AIMA il compito di recepire tali correzioni, che debbono poi comunque essere comunicate agli interessati, cosi' come recepite dall'AIMA, dalle regioni. Il successivo comma 14 dispone che ogni ulteriore questione relativa alle operazioni di riesame non risolta ai sensi del citato comma 2 sara' definita, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, con uno o piu' decreti del Ministro delle politiche agricole, seppure adottati d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti Stato regioni. E' di tutta evidenza come le suddette disposizioni ancora si limitino ad attribuire alle regioni compiti meramente esecutivi, nell'espletamento dei quali, peraltro, esse non possono agire autonomamente, ma sulla scorta di attivita' e indicazioni di organi di derivazione statale. Come e' noto, i commi sopracitati si inseriscono in un contesto normativo in cui le regioni gia' erano state onerate di complesse attribuzioni parimenti non esercitabili autonomamente, ed il cui esito era comunque condizionato al formale recepimento da parte dell'AIMA. Il presente decreto non fa dunque che confermare ancora una volta la logica governativa di sovrapposizione delle competenze statali a quelle regionali, con cio' non solo frustrando le prerogative costituzionalmente garantite in capo alle regioni, ma anche impedendo la realizzazione dei principi costituzionali di buon andamento nella gestione complessiva del sistema. Risultano pertanto violati l'art. 97 Cost., nonche', finendo tale violazione a sua volta per ridondare in incapacita' delle regioni di governare un settore di loro indubbia competenza, quale quello della produzione lattiera, gli artt. 117 e 118 Cost. Infatti, il decreto impugnato, cosi' come i precedenti provvedimenti, da' vita ad una sorta di circolo vizioso, ove si inseguono e sovrappongono continue correzioni, rettifiche e prese d'atto reciproche di diversi organi sia statali che regionali, senza che nessuno di questi possa mai dirsi realmente competente ad assumere decisioni definitive, sia pure in ordine ad una frazione del procedimento. La censurata normativa appare pertanto viziata anche di interna irrazionalita', in violazione dell'art. 3 Cost., e con riferimento all'art. 5 Cost., atteso che tale irrazionalita' ancora una volta finisce per ostacolare il doveroso decentramento delle competenze. Si consideri, inoltre, che le prescrizioni da ultimo impartite con il comma 2 non chiariscono neppure se il potere di "recepimento" da parte dell'AIMA degli errori e delle relative correzioni effettuate dalle regioni includa la possibilita' per l'Azienda di discostarsi dalle segnalazioni regionali, e dunque di provvedere autonomamente alla correzione di ulteriori dati. L'onerosita' degli incombenti cosi' attribuiti alle regioni e' poi in tutta evidenza ulteriormente aggravata dalla ristrettezza dei termini perentori ad esse imposti. Inoltre, il comma 14, con disposizione peraltro poco chiara, che apre un possibile scenario di totale rivisitazione delle risultanze delle operazioni di riesame, demanda al Ministro per le politiche agricole la definizione di ogni questione afferente le operazioni de quibus non risolta ai sensi di cui al precedente comma 2. Tale prescrizione risulta dunque apertamente in contrasto, oltre che con gli artt. 117 e 118 Cost., con i principi di decentramento amministrativo e di autonomia organizzativa delle regioni di cui rispettivamente agli artt. 5 e 115 Cost. 3. - Quanto all'art. 1, commi 3 e 4, violazione degli artt. 3, 5, 117 e 118 Cost. Il comma 3 demanda all'AIMA - entro 30 giorni dal termine fissato al comma 1 ai fini della effettuazione della compensazione per le annate 1995/1996 e 1996/1997 (ovvero entro 90 giorni dall'entrata in vigore del decreto impugnato) - l'aggiornamento dei quantitativi individuali per il periodo 1997/1998, gia' accertati ai sensi del d.-l. n. 411, sulla base dei mutamenti di titolarita' e delle informazioni relative ai contratti ed alle mobilita' fornite dalle regioni e province autonome (lett. a), nonche' la comunicazione individuale ai produttori dei quantitativi individuali sopra citati delle produzioni commercializzate per il periodo 1997/1998 risultanti dai modelli L1 pervenuti all'AIMA, e delle anomalie in essi riscontrate (lett. b). Il successivo comma 4 stabilisce che l'AIMA, per mezzo della stessa comunicazione di cui al predetto comma 3, lett. b) provveda all'aggiornamento definitivo dei quantitativi individuali per il periodo 1998/1999, che costituiranno anche attribuzione provvisoria per il periodo 1999/2000. Le predette disposizioni attribuiscono dunque ancora in capo all'AIMA i poteri di aggiornamento dei quantitativi individuali di riferimento in evidente spregio delle competenze regionali, peraltro gia' in piu' occasioni riconosciute anche da codesta ecc.ma Corte. L'aggiornamento de quo comporta, inoltre, l'attribuzione in termini retroattivi dei quantitativi individuali in riferimento ad annate gia' da tempo concluse e cio' - oltre che a danno dei singoli produttori - in palese violazione dei poteri programmatori dei quali le regioni dovrebbero essere titolari in settore di propria competenza. Giova ricordare che la precisa scansione temporale prevista a livello comunitario ai fini della pubblicazione dei quantitativi di riferimento risponde all'esigenza di garantire una gestione corretta e programmata della produzione lattiera, che deve essere calibrata su una certa periodizzazione delle campagne di produzione. Sconvolgimenti a posteriori della disciplina di settore, come quello determinato dalle disposizioni impugnate, sono dunque radicalmente contrari - oltre che alla normativa comunitaria - all'ordine costituzionale dei rapporti tra Stato e regioni. Queste ultime si vedono infatti ancora una volta totalmente spossessate delle loro attribuzioni programmatorie dagli effetti retroattivi della normativa qui impugnata, che determina conseguenze del tutto incontrollabili sia per i produttori, che per l'ente territoriale preposto al governo del settore. Preme inoltre sottolineare, con particolare riferimento al comma 3, che i dati per l'annata 1997/1998 avrebbero dovuto essere gia' definiti in esito alle operazioni di riesame di cui al d.-l. n. 411; la disposizione in oggetto costituisce dunque ulteriore conferma della caoticita' dell'agire governativo, in manifesta violazione del principio di razionalita' interna delle leggi di cui all'art. 3 Cost., in riferimento agli artt. 5, 117 e 118 Cost. 4. - Quanto all'art. 1, commi 5, 10 e 19, violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 Cost. sotto ulteriori profili. Il comma 5 dell'art. 1 prevede che, sia pure d'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni, sia di nuovo il Ministro per le politiche agricole, con proprio decreto, a dettare le modalita' procedurali per addivenire alle determinazioni definitive dei dati di cui ai commi 3 e 4 sopra citati da parte delle regioni e province autonome. Ai sensi del successivo comma 10, con il medesimo decreto devono essere altresi' dettate le disposizioni relative alla comunicazione individuale ai produttori dei dati afferenti anche alla campagna 1998/1999. A seguito delle operazioni di compensazione di cui al comma 10, il prelievo dovuto per il periodo 1998/1999 deve essere versato dagli acquirenti, ai sensi del comma 19, entro il termine di venti giorni dal ricevimento della comunicazione da parte dell'AIMA. E' evidente l'incongruita' delle suddette disposizioni, che se da un lato vedono le regioni investite del compito di pervenire a determinazioni di carattere presuntivamente definitivo, dall'altro negano loro il potere di stabilire le modalita' procedurali per addivenire a tali determinazioni. Ancora una volta, dunque, si crea un pericoloso sovrapporsi di attribuzioni tra centro e periferia, contrastante con i piu' elementari principi di buon andamento, in una con quelli che regolano il riparto costituzionale delle competenze. 5. - Quanto all'art. 1, commi 1, 7, 8, 9 e 12, violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 Cost. sotto ulteriori profili. Il decreto-legge impugnato, per mezzo dei commi 1, 7, 8, 9 e 12, interviene nuovamente, ma con disposizioni in parte affatto innovative ed in parte addirittura peggiorative rispetto a quelle rintracciabili nella normativa precedente, nella disciplina delle operazioni di compensazione. I commi suddetti attribuiscono ancora all'AIMA le competenze in ordine all'effettuazione di tali operazioni - i cui risultati acquistano dichiarato carattere di definitivita' ai sensi del comma 12 -, sia in riferimento alle annate 1995/1996 e 1996/1997 (comma 1) che con riferimento alle annate 1997/1998 e 1998/1999 (commi 7 e 9), e riproducono gli stessi criteri di compensazione di cui al d.-l. n. 552 del 1996, e relativa legge di conversione ed alla legge n. 662 del 1996, mantenendo il medesimo ordine di priorita' (comma 8), salvo che per le annate 1997/1998 e 1998/1999, per le quali in deroga ai suaccennati criteri ed al loro ordine si istituisce una priorita' assoluta in favore delle regioni Marche ed Umbria (comma 9). Essendo evidente l'incidenza che la determinazione dei suddetti criteri di priorita' finisce necessariamente per avere sullo sviluppo della produzione lattiera in zone determinate del territorio a scapito di altre, le regioni hanno pieno diritto di essere coinvolte nel procedimento diretto all'individuazione degli stessi. Codesta ecc.ma Corte ha infatti avuto recentemente occasione di affermare con estrema chiarezza che i criteri di compensazione non possono "essere stabiliti se non dopo aver acquisito in maniera formale il parere delle regioni e delle province autonome espresso nella sede appropriata" (cfr. Corte cost., sent. n. 398 del 1998). Viceversa, nel caso de quo, come gia' illustrato piu' sopra sub 1, le regioni sono state consultate solo in via successiva e comunque con modalita' non appropriate. Inoltre, il Governo conferma in capo all'AIMA la titolarita' delle competenze in ordine alle operazioni di compensazione, che dovrebbero essere viceversa sine dubio riconosciute in capo alle regioni, e cio' in aperta violazione degli artt. 117 e 118 Cost. A conferma si consideri che codesta ecc.ma Corte, con la piu' volte menzionata sentenza n. 398 del 1998, ha non solo riconosciuto espressamente le competenze regionali in materia di determinazione dei criteri di compensazione, ma ha altresi' - seppure in via indiretta - riconosciuto che la stessa effettuazione delle procedure di compensazione deve prevedere il necessario coinvolgimento delle regioni. Infatti, nella parte in cui la sentenza statuisce l'illegittimita' costituzionale della normativa riguardante la riassegnazione delle quote confluite nella riserva nazionale, in quanto violativa delle prerogative regionali, indirettamente essa statuisce il necessario coinvolgimento regionale nelle suddette operazioni di compensazione, in quanto rispondenti alla stessa logica sottesa alla riassegnazione, ovvero l'equa distribuzione tra i produttori del sacrificio derivante dall'imposizione di un limite quantitativo nazionale di produzione. La caoticita' dell'agire governativo nel settore de quo trova poi ulteriore riscontro nel comma 9, ove si deroga a quanto prescritto nel comma immediatamente precedente, stabilendo in favore delle regioni Marche ed Umbria un criterio di priorita' per le operazioni di compensazione in riferimento alle annate 1997/1998 e 1998/1999. Tale disposizione, se risponde all'innegabile esigenza di favorire parti del territorio nazionale colpite da eventi calamitosi, si configura viziata da evidente illegittimita' nella parte in cui, introducendo un criterio di priorita' discriminatorio nei confronti di altre regioni in cui parimenti si siano verificate gravi calamita' naturali, non prevede analoghi benefici a favore dei produttori ubicati in queste ultime (si consideri, a titolo meramente esemplificativo, l'alluvione che ha colpito la regione Lombardia con effetti obiettivamente devastanti sull'agricoltura e sull'allevamento del bestiame). Non va poi dimenticato che il decreto impugnato stabilisce anche in riferimento all'annata 1995/1996 l'effettuazione delle operazioni di compensazione a livello nazionale, e cio' benche' il d.-l. n. 411 del 1997 e la relativa legge di conversione avessero invece stabilito - anche sulla base delle risultanze delle indagini compiute dalla Commissione governativa istituita con d.-l. n. 11 del 1997 - di applicare le modalita' di compensazione meno onerose per il produttore, fossero queste quelle introdotte nel 1996 ovvero quelle precedentemente in vigore; e cio' per le note ragioni di contrasto con il principio del legittimo affidamento - conosciuto ed affermato anche a livello comunitario - dell'applicazione in termini retroattivi del nuovo metodo di compensazione per l'annata 1995/1996. Sebbene, infatti, il metodo di compensazione a livello nazionale risponda apparentemente ai principi dettati in sede comunitaria, in realta' esso ingenera un meccanismo totalmente inaffidabile, e cio' non solo in violazione delle prerogative regionali, ma altresi' in sostanziale spregio degli stessi principi comunitari. Viceversa la confermata soppressione del livello provinciale di compensazione, non sostituito da alcuna istanza regionale, non solo opera l'ennesimo by-pass del governo regionale, ma reca ancor piu' grave pregiudizio agli interessi degli agricoltori della regione ricorrente - piu' si innalza, infatti, il livello di compensazione, meno e' probabile che le eccedenze locali possano trovare aggiustamento e compensazione senza danno per la produzione complessiva a livello provinciale e regionale - e, in modo non indiretto ne' riflesso ma (come rilevo' gia' la sentenza n. 520 del 1995) immediato, all'interesse stesso della regione ricorrente ad esercitare le proprie potesta' programmatorie del settore. 6. - Quanto all'art. 1, comma 15, violazione degli artt. 3, 81, 97, 115, 117, 118 e 119 Cost. Il comma 15 stabilisce che, qualora le somme trattenute dall'acquirente a titolo di prelievo per i periodi 1995/1996 e 1996/1997 non siano sufficienti a coprire il prelievo complessivamente dovuto, il produttore debba corrispondere all'acquirente la differenza entro il quinto giorno antecedente la scadenza del termine per il versamento degli importi trattenuti dall'acquirente stesso (pari a trenta giorni dal ricevimento della comunicazione da parte dell'AIMA dei prelievi dovuti); in difetto, si prevede che le regioni, su comunicazione dell'acquirente e previa intimazione al pagamento, effettuino la riscossione coattiva del debito residuo mediante ruolo. L'acquirente e' dichiarato responsabile in solido con il produttore per il prelievo non versato qualora non provveda alla suddetta comunicazione. L'attribuzione alle regioni di tale competenza confligge, oltre che con i poteri di autorganizzazione ad esse riconosciuti dall'art. 115 Cost., con il principio di autonomia finanziaria di cui all'art. 119 della Costituzione e con l'obbligo in capo allo Stato di copertura delle relative spese di cui all'art. 81 Cost. Essendo gli introiti de quibus destinati alle casse dello Stato, e' poi evidentemente illogico ed ingiustificato, ed indi contrario ai principi di ragionevolezza e di buon andamento ed economicita' dell'agire amministrativo di cui agli artt. 3 e 97 Cost, anche con riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., attribuire l'onere della relativa riscossione ad enti autonomi, quali le regioni. Si configura in tale modo un fenomeno di sostanziale avvalimento di uffici regionali da parte dello Stato, che come e' noto e' legittimo solo nei limiti in cui garantisce il rispetto dell'autonomia delle regioni anche sotto il profilo della provvista dei mezzi finanziari necessari per fronteggiare gli oneri attribuiti (Corte cost., sent. n. 408 del 1998, punto 10 del Considerato in diritto); viceversa, nel caso di specie l'attribuzione della suddetta "competenza" non si accompagna alla necessaria copertura finanziaria. 7. - Quanto all'art. 1, comma 20, violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione sotto ulteriori profili. Il comma 20, con effetto a decorrere dal periodo 1996/1997, fissa il termine per la stipula dei contratti di affitto e vendita di quota senza trasferimento di azienda al 31 dicembre di ciascun anno, fatti salvi gli accertamenti eseguiti ai sensi del d.-l. n. 411 del 1997. I contratti cosi' stipulati entro il 31 dicembre 1996 potranno poi avere effetti in riferimento alla stessa annata 1996/1997, su concorde volonta' delle parti comunicata all'AIMA. L'illegittimita' della disposizione de qua risiede nella retroattivita' degli effetti che essa produce, che vanno infatti a ripercuotersi immediatamente su annate gia' concluse. E' quindi ancora una volta necessario rilevare la evidente violazione dei principi di buon andamento in tal modo perpetrata, nonche' l'indebita ingerenza dello Stato in materia di indubbia competenza regionale. Preme sottolineare che gia' codesta ecc.ma Corte ha affrontato il tema della vendita ed affitto delle quote latte nella piu' volte menzionata sentenza n. 398 del 1998, statuendo che lo spostamento del termine di efficacia dei contratti de quibus non possa legittimamente avvenire senza un adeguato coinvolgimento delle regioni, pena la conclamata violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni. Nonostante la chiara enunciazione di tali principi, che ha condotto alla declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 2, comma 173, legge n. 662 del 1996, il Governo con il comma in oggetto ha reintrodotto, in aperta violazione della sentenza summenzionata, una disposizione sostanzialmente riproduttiva di quella dichiarata costituzionalmente illegittima. 8. - Quanto all'art. 1, comma 21, violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione sotto ulteriori profili. Il comma 21 stabilisce che la ripartizione delle quote confluite nella riserva nazionale avvenga in relazione alla produzione media regionale commercializzata accertata per i periodi 1995/1996 e 1996/1997. Si prevede, inoltre, che l'assegnazione da parte delle singole regioni ai produttori segua criteri di priorita' deliberati dagli stessi Enti, ma che comunque in primis avvenga a favore dei produttori che hanno subito le riduzioni di cui alla legge n. 46 del 1995. Il criterio di ripartizione tra le regioni della riserva nazionale da parte dello Stato, di cui alla prima parte del comma considerato, risulta irragionevole, e percio' viziato in riferimento agli artt. 3, 97, 117 e 118 Cost., in quanto non tiene conto del fatto che le regioni a maggiore vocazione produttiva (e tra di esse anche la ricorrente) hanno subito nelle annate considerate - ovvero nelle annate 1995/1996 e 1996/1997, drastiche riduzioni di produzione in conseguenza sia dei tagli operati a partire dal 1994, e in particolare con riferimento alla campagna 1995/1996, sia dei criteri di priorita' seguiti nelle operazioni di compensazione. Ne consegue che la ripartizione della riserva medesima avrebbe dovuto essere coerentemente operata a favore delle regioni proporzionalmente piu' colpite dai tagli di quota stessi. Inoltre, quanto alla ripartizione interna delle quote nell'ambito di ogni singola regione, codesta ecc.ma Corte si e' recentemente pronunciata statuendo l'esclusiva competenza regionale in ordine alla scelta dei criteri di assegnazione ai singoli produttori (cfr. Corte cost., sent. n. 398 del 1998, punto 15 del Considerato in diritto). Viceversa, la disposizione de qua, pur rimettendo in via di principio tale determinazione all'autonomia regionale, impone un criterio prioritario, contravvenendo al disposto della pronuncia citata e comunque limitando fortemente i poteri programmatori costituzionalmente riconosciuti alle regioni. 9. - Quanto all'art. 1, commi 11 e 13, violazione degli artt. 3, 5, 24, 97, 113, 117 e 118 Cost. Il comma 11 stabilisce che l'AIMA, ai fini dello svolgimento delle operazioni di compensazione contemplate dallo stesso decreto, prenda in considerazione esclusivamente i provvedimenti giurisdizionali, anche cautelari o non definitivi, contenenti dati quantitativi e notificati entro il trentesimo giorno antecedente la scadenza del termine per l'effettuazione delle compensazioni; in assenza delle predette indicazioni quantitative, viceversa, l'AIMA e' tenuta ad utilizzare i dati accertati dalle regioni e province autonome sulla base del d.-l. n. 411 del 1997. Il comma 13 stabilisce, invece, che le decisioni amministrative o giurisdizionali notificate oltre il termine di cui al comma 11 non producono effetto sui risultati complessivi delle compensazioni, che restano fermi nei confronti dei produttori estranei ai procedimenti nei quali le decisioni sono state emesse. Il dianzi menzionato comma 11 introduce una penalizzante e comunque ingiustificata limitazione degli effetti dei provvedimenti giurisdizionali ottenuti dai produttori dopo anni di contenzioso in ordine alla consistenza della quota individuale di riferimento. La limitazione de qua, oltre a confliggere in via indiretta con il diritto di difesa, di cui all'art. 24 Cost., e con il divieto di esclusione o limitazione della tutela giurisdizionale di cui all'art. 113 Cost., finisce dunque per vanificare gli effetti di pronunce giurisdizionali che, in accoglimento dei ricorsi dei produttori, contenevano il riconoscimento, seppure implicito - del quantitativo dagli stessi producibile; riconoscimento, che a sua volta presupponeva in capo ai produttori medesimi una certa capacita' produttiva e legittimava il mantenimento, se non l'accrescimento del livello produttivo. Il prevedere ora "l'inefficacia" delle suddette pronunce equivale a disconoscere le aspettative ormai consolidate al raggiungimento o mantenimento di quei livelli produttivi e di conseguenza mina al suo interno qualsivoglia iniziativa programmatoria del settore di competenza regionale, in viotazione degli artt. 117 e 118 Cost. La limitazione de qua e' dunque del tutto irragionevole ed arbitraria, in violazione dell'art. 3 Cost., in quanto la mancata indicazione di dati quantitativi assolutamente non esclude il riconoscimento giurisdizionale del diritto alla produzione, ne' la possibilita' di quantificarne l'oggetto. Come e' noto, infatti, la maggior parte del contenzioso aveva - ed ha - ad oggetto la richiesta di annullamento dei bollettini via via succedutisi nel tempo ed il conseguente e necessario - seppure non espresso - riconoscimento del quantitativo "storico" (ovvero del quantitativo assegnato per la campagna 1993/1994, prima dei tagli illegittimamente operati ex legge n. 46 del 1995). Altro filone del contenzioso era invece costituito dalla contestazione degli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare; i provvedimenti giurisdizionali in tale caso, pur se rivolti alla inibizione dell'effettuazione delle trattenute da parte degli acquirenti, presupponevano anch'essi l'illegittimita' dei quantitativi assunti a fondamento delle procedure di compensazione, e dunque l'illegittimita' degli stessi bollettini e l'implicito riconoscimento della quota "storica". Non puo' dunque dirsi che un provvedimento giurisdizionale emesso in materia di quote latte non riconosca il diritto ad una certa produzione, poiche', pur in assenza di indicazione espressa dei dati quantitativi, la pronuncia in merito alla illegittimita' di dato bollettino o prelievo presuppone sempre e comunque l'accertamento - seppure implicito - del quantitativo producibile. E' poi di tutta evidenza come tale illogica limitazione degli effetti dei provvedimenti giurisdizionali ottenuti dai singoli produttori ai fini delle operazioni di compensazione contemplate nel decreto impugnato stravolga gli accertamenti che le regioni hanno precedentemente svolto anche sulla base dei provvedimenti medesimi, a grave ulteriore danno dei poteri programmatori e di controllo costituzionalmente garantiti in capo alle stesse dagli artt. 117 e 118 Cost. Quanto al comma 13, la formulazione dello stesso e' tale da ingenerare forti dubbi in ordine al reale ambito di efficacia dei provvedimenti amministrativi e giurisdizionali notificati oltre il termine di cui al comma 11 (ovvero oltre il trentesimo giorno antecedente la scadenza del termine per l'effettuazione delle operazioni di compensazione). Infatti, ivi si prevede che tali decisioni, non potendo essere considerate ai fini delle operazioni di compensazione, non impediscono il versamento del prelievo accertato, ma consentono l'eventuale restituzione della parte di prelievo che da esse risulti non dovuta in favore dei produttori "il cui ricorso e' stato accolto"; viceversa, i risultati delle compensazioni sono dalla stessa disposizione tenuti fermi nei confronti dei "produttori estranei ai procedimenti nei quali sono state emesse" le decisioni medesime. Non si capisce, dunque, che cosa si intenda per produttori "estranei"; infatti, dato che le decisioni amministrative e giurisdizionali possono avere effetto solo nei confronti delle parti in causa, e dunque non nei confronti degli estranei - o terzi che dir si voglia -, non si vede l'utilita' della summenzionata precisazione. Forse si tenta nuovamente, cosi' come per il comma 11, di introdurre surrettizie limitazioni agli effetti delle decisioni emesse in materia di quote latte - questa volta con riferimento alla natura del soggetto ricorrente -, implicitamente escludendo la efficacia dei provvedimenti non "nominali", perche' emessi, per esempio, nei confronti dell'associazione di categoria e non dei singoli associati, ancora in violazione dei principi di autonomia organizzativa e della potesta' programmatoria delle regioni di cui agli artt. 117 e 118 Cost. 10. - Quanto all'art. 1, commi 17 e 18, violazione degli artt. 3, 24, 117 e 118 Cost. I commi 17 e 18 prevedono, rispettivamente con riferimento alle annate 1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998, un procedimento di verifica rivolto alla comparazione dei dati dichiarati nei modelli L1 con quelli risultanti dagli accertamenti effettuati ai sensi del d.-l. n. 411 ed alla eventuale rettifica dei primi sulla scorta dei secondi. Tale rettifica determina la non applicazione delle sanzioni amministrative di cui all'art. 11 della legge n. 468 del 1992 e la non punibilita' degli eventuali reati di falso commessi nella dichiarazione di commercializzazione che risulti difforme da quella accertata, nonche' dei connessi reati di cui agli artt. 640-bis c.p. e 2621 c.c. commessi ai fini di cui all'art. 61, n. 2, c.p. Le disposizioni in oggetto, in evidente violazione dell'art. 3 e - seppure in via indiretta - dell'art. 24 Cost., ignorano totalmente la posizione dei produttori che non hanno proposto ricorso di riesame, ovvero hanno proposto ricorsi irricevibili, con cio' escludendoli in toto dalla possibilita' di "sanare" eventuali pregresse irregolarita' delle dichiarazioni di commercializzazione e dunque imponendo una limitazione discriminatoria ed irragionevole al diritto di difesa. I procedimenti di sanatoria vengono dunque condotti dall'AIMA, sulla scorta dei dati risultanti da accertamenti compiuti dalle regioni. Le regioni subiscono cosi' una illogica e generalizzata spoliazione delle attribuzioni costituzionali ad esse riconosciute sia a livello programmatorio che di controllo; esse si vedono infatti costrette a prendere atto di "sanatorie" compiute a livello statale dall'AIMA, che impediscono l'accertamento effettivo delle produzioni commercializzate ed indi fanno venir meno gli stessi presupposti per l'attuazione di una seria politica programmatoria a livello regionale. Risultano pertanto violati gli artt. 117 e 118 Cost., in ragione dell'illegittima vanificazione delle prerogative regionali in materia. Il procedimento delineato dai commi considerati introduce dunque una sanatoria generalizzata, operata secondo criteri illogici e giustificata unicamente dalla incapacita' di approntare un sistema effettivamente valido e coerente con i piu' elementari principi di certezza, che finisce per semplicemente aggirare, ma non risolvere, le disfunzioni conseguenti alla inesattezza dei dati contenuti nei modelli L1.
P. Q. M. Voglia codesta ecc.ma Corte, in accoglimento del presente ricorso, pronunciare l'illegittimita' costituzionale del d.-l. 1 marzo 1999, n. 43, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 50 del 2 marzo 1999, nella sua interezza e con particolare riguardo ai commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20 e 21 dell'art. 1. Milano-Roma, addi' 31 marzo 1999. Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - avv. prof. Massimo Luciani 99C0386