N. 148 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 gennaio 2019
Ordinanza del 22 gennaio 2019 della Commissione tributaria provinciale di Genova sul ricorso proposto da Acquaefarina di Della Noce Massimo & C. sas, Cuzzi Marco e Della Noce Massio contro Agenzia delle enrate.. Imposte e tasse - Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) - Redditi di partecipazione a societa' semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice - Imputazione al socio "indipendentemente dalla percezione". - Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), art. 5.(GU n.40 del 2-10-2019 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI GENOVA Sezione 1ª runita con l'intervento dei signori: Delucchi Marcello, Presidente e relatore; Castelli Franco, Giudice; Morbelli Luca, Giudice; Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 93/2018 depositato il 17 gennaio 2018: avverso avviso di accertamento n. TL3022303439/2017 IVA-ALTRO 2011; avverso avviso di accertamento n. TL3022303439/2017 IRAP 2011; Contro: Agenzia delle entrate direzione provinciale Genova. Proposto dai ricorrenti: Cuzzi Marco - viale Monza, 191 - 20126 Milano (MI). Difeso da: Naio Francesco - piazza Duse, 2 - 20100 Milano (MI). Difeso da: Pacchiarotti Fabrizio Gaetano - Piazza Duse, 2 - 20145 Milano (MI). Terzi chiamati in causa: Acquaefarina Di Dellanoce Massimo & C. S.A.S via Garibaldi, 1 - 16035 Zoagli (GE). Dellanoce Massimo - via G. Matteotti, 23 - 20089 Rozzano (MI). Conclusioni Per il ricorrente: accogliere per la forma il presente ricorso e, del pari, accogliendone le motivazioni di rito e di merito, rejectis adversis: 1. - in via cautelare accogliere l'istanza di sospensione dell'avviso, anche ai sensi dell'art. 47, comma 3, del decreto legislativo n. 546/1992; 2. in via preliminare e assorbente, riconoscere e dichiarare, illegittimo, infondato, nullo o comunque annullare integralmente l'atto impugnato per vizi afferenti alla sottoscrizione (1° motivo); 3. in via principale, con riferimento ai rilievi in materia di IRAP e IVA, riconoscere e dichiarare illegittimo, infondato, nullo o comunque annullare l'avviso per difetto di legittimazione passiva del sig. Cuzzi, essendo debiti riferibili esclusivamente alla societa' e per i quali non sussiste alcuna responsabilita', neanche solidale, del Contribuente nella sua qualita' di socio accomandante (2° motivo), nonche' per mancata escussione preventiva del patrimonio della societa' (3° motivo); 4. in via principale, con riferimento all'accertamento del reddito ai fini IRPEF e relative addizionali, riconoscere e dichiarare illegittimo, infondato, nullo comunque annullare l'atto impugnato per assoluta carenza del presupposto impositivo in capo al sig. Cuzzi, nonche' per violazione del principio di capaci contributiva (4° motivo); 5. in subordine, e in ogni caso, riconoscere e dichiarare la non debenza di alcuna somma a titolo di sanzioni e di interessi in ragione della carenza di qualsiasi profilo di colpevolezza ascrivibile al sig. Cuzzi (5° motivo). Con vittoria di spese, diritti ed onorari di lite e con riserva di produrre in seguito noti memorie, richieste istruttorie e quant'altro ritenuto opportuno o necessario. Per l'Agenzia delle entrate: chiede che codesta onorevole commissione tributaria provinciale adita, contrariis rejectis: in via pregiudiziale, dichiari l'inammissibilita' dell'adverso ricorso per difetto di legittimazione attiva del ricorrente in relazione alla domanda di annullamento integrale dell'avviso di accertamento 7-27 cui vi e' causa, resosi peraltro definitivo per mancata impugnazione, stante la violazione dell'art. 18 decreto legislativo n. 546/92; in via principale, considerato che l'avviso di accertamento societario e' stato notificato al ricorrente soltanto per conoscenza e per trasparenza (in virtu' delle disposizioni contenute nell'art. 5 del T.U.I.R.) dichiari la cessazione della materia del contendere. Svolgimento del processo Con l'avviso di cui in epigrafe emesso in data 10 agosto 2017 l'Agenzia delle entrate di Genova accerto' nei confronti della societa' Acquaefarina di Dellanoce Massimo & C. s.a.s. nonche' dei soci Marco Cuzzi e Della Noce Massimo per il 2011 un reddito di impresa (ai fini delle II.DD.) ed un valore della produzione (ai fini IRAP) pari ad euro 79.908,00 nonche' l'avvenuta effettuazione di operazioni imponibili (ai fini IVA) pari ad euro 217.365,00. Liquido' le conseguenti maggiori imposte ed irrogo' una sanzione pecuniaria di euro 79.387,20. Considero' l'ufficio che la societa', esercente attivita' di ristorazione in Zoagli, pur risultando attiva dal marzo del 2006 non aveva presentato alcuna dichiarazione dei redditi per l'anno in esame; ne' aveva fornito risposta alcuna alla richiesta di chiariti-lenti rivoltale nella fase preaccertativa; ne' alcuno dei di lei esponenti si era presentato per attivare un contraddittorio. E rilevo' che la stessa: continuava a svolgere attivita' imprenditoriale (come comprovato dalla presenza di una posizione contributiva INPS, da utenze per forniture idrica, telefonica ed elettrica e dai dati dello spesometro); nel maggio del 2010 aveva ceduto a terzi un ramo di azienda conseguendo una plusvalenza di euro 22.998,00; nel modello 730 aveva dichiarato la presenza di quattro dipendenti ai quali erano state corrisposte retribuzioni per complessivi euro 65.123; dalla comunicazione annuale dei dati IVA presentata dal depositario delle scritture contabili si evinceva l'esistenza di operazioni attive per euro 217.365 ed operazioni passive per 146.057; nell'aprile del 2011 aveva stipulato un contratto di affitto di azienda del canone annuo di euro 12.000. Sulla scorta di tali premesse - che tutte militavano in favore di una attivita' economica in regolare svolgimento - l'ufficio determino' in via induttiva il reddito di impresa e le operazioni societarie fiscalmente rilevanti, accertando l'imponibile per trasparenza anche nei confronti dei soci, pervenendo alle risultanze di cui innanzi. Avverso tale avviso propose ricorso in questa sede Marco Cuzzi, socio accomandante, eccependone preliminarmente la nullita' sul rilievo che il documento non risultava sottoscritto dal capo dell'ufficio, come previsto dalla legge, bensi' dalla dott.ssa Silvana Trematerra; funzionario delegato dei cui poteri nulla era dato conoscere. Nel merito - e con riferimento all'irap ed all'iva - eccepi' il proprio difetto di legittimazione passiva nella considerazione che detti tributi, costituendo un debito proprio della societa', erano estranei alla propria qualita' di socio accomandante, responsabile tra l'altro nei limiti della quota conferita. In ogni caso - aggiunse - l'Ufficio avrebbe dovuto preventivamente escutere il patrimonio societario valendo, ai sensi degli artt. 2304 e 2315 c.c., il principio della responsabilita' dei soci solo in via sussidiaria; prova che l'agenzia non aveva fornito. Con riferimento, poi, al maggior reddito accertato ai fini irpef e relative addizionali, informo' che ben prima dell'annualita' in controversia egli era stato tenuto all'oscuro dell'andamento societario da parte del socio accomandatario che aveva sistematicamente omesso di fornirgli qualsiasi informazione in merito allo svolgimento degli affari sociali; e cio' nonostante egli avesse prestato garanzia fideiussoria e tentato a piu' riprese, anche mediante il ricorso ad un procedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c., di ottenere le dovute informazioni. Ne' egli era in possesso di alcuna notizia circa la regolarita' nella presentazione delle dichiarazioni annuali, nei versamenti, nelle esposizioni debitorie della societa' e nelle relative disponibilita', delle quali mai aveva beneficiato. Quanto innanzi - considero' - doveva essere tenuto in considerazione non solo con riguardo all'impossibilita' a difendersi e contestare nel merito la pretesa fiscale, ma anche con riguardo all'assenza di un presupposto impositivo riferibile alla sua persona; poiche' egli, non avendo avuto alcuna possibilita' di fruire dei redditi eventualmente prodotti, non aveva avuto alcuna capacita' di disporne e quindi di possederli cosi' come previsto dall'art. 1, con riferimento all'art. 5, TUIR. Le anzidette considerazioni - concluse - valevano anche ad escludere ogni profilo di colpevolezza (da attribuirsi semmai al socio accomandatario); onde illegittima si appalesava la propria condanna al pagamento di sanzioni ad essa correlate. L'ufficio, nel costituirsi, contesto' le opposte pretese delle quali chiese il rigetto denunciandone l'infondatezza. Premessa l'inammissibilita' del ricorso, proposto da un socio accomandante privo di ogni legittimazione attiva in relazione ad un avviso di accertamento societario, notificato al socio solo per trasparenza ai sensi dell'art. 5 TUIR, rilevo' che in base a tale disposizione i redditi societari erano imputati a ciascun socio «indipendentemente dalla percezione»; e quindi anche al ricorrente che rivestiva la qualita' di socio accomandante. Poiche' la notifica dell'avviso societario al Cuzzi, effettuata in applicazione di tale principio, aveva avuto l'unico fine di informare i soggetti rivestenti la qualita' di socio della pretesa tributaria attivata nei confronti della societa', doveva per cio' solo dichiararsi cessata la materia del contendere. Quanto, poi, alla sottoscrizione dell'avviso, il funzionario firmatario dott.ssa Silvana Trematerra apparteneva alla terza area funzionale ed aveva sottoscritto l'atto per effetto della delega conferitale dal capo dell'ufficio: atto del quale provvide a depositare evidenza documentale. Sospesa l'esecutivita' dell'atto impugnato questa Commissione, con ordinanza del 6 giugno 2018, dispose l'integrazione del contraddittorio nei confronti del socio accomandatario Massimo Dellanoce e della societa' Acquaefarina di Dellanoce Massimo & C. s.a.s, sussistendo l'ipotesi di litisconsorzio necessario tra societa' e soci, mandando al ricorrente di provvedervi per l'udienza del 7 novembre 2018. Nessuna delle parti chiamate ritenne di costituirsi. Quindi, a seguito di rinvio chiesto dal ricorrente stante la pendenza presso questa Commissione di altro ricorso per l'anno 2012, da trattare congiuntamente con il presente, all'udienza odierna, uditi i rappresentanti delle parti, la presente vertenza e' stata trattenuta in decisione e definita come da dispositivo. Motivi della decisione 1. - La questione relativa alla sottoscrizione dell'avviso da parte di un soggetto diverso dal capo dell'ufficio impositore - cui nell'ordine logico delle questioni sottoposte all'esame del Collegio va concessa priorita' di esame - e' infondata atteso che risulta prodotta dalla resistente idonea documentazione (non contestata dal ricorrente) comprovante l'esistenza di una valida delega in favore del soggetto sottoscrittore. Dalla documentazione versata in atti (ordini di servizio; tabella allegata con indicazione dei tipi di atto e di competenza per valore e materia attribuiti ai capi dei vari team, con indicazione dei nominativi dei rispettivi esponenti) risulta che il direttore provinciale dell'epoca aveva delegato per una serie di atti aventi rilevanza esterna alcuni funzionari appositamente individuati ed altri individuabili in base alla funzione svolta ed alla importanza economica dell'atto; provvedendo inoltre ad esplicitare i nominativi dei rispettivi titolari (per quanto qui interessa la dott.ssa Silvana Trematerra, firmataria dell'avviso, risulta indicata quale funzionario responsabile dell'ufficio controlli). E la giurisprudenza della S.C. ha ritenuto valido un avviso di accertamento che rechi la sottoscrizione di altro impiegato della carriera direttiva delegato dal capo dell'ufficio, incombendo all'A.F. di dimostrare, in caso di contestazione, l'esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare; obbligo per quanto innanzi convenientemente assolto. 2. - E' principio reiterato e pacifico che, in Materia tributaria, l'unitarieta' dell'accertamento che e' alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle societa' di persone e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla societa' riguarda inscindibilmente sia la societa' che tutti i soci (salvo che si prospettino questioni personali), sicche' tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non puo' essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; e cio' in quanto la stessa non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del (o dei) ricorrenti, bensi' gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo Impugnato, con conseguente configurabilita' di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l'integrazione del contraddittorio ai sensi del decreto legislativo n. 546 del 1992, art. 14 ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari e' affetto da nullita' assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (cfr. SS.UU. n. 14815/2008; Cass. n. 25300/2014; Cassazione n. 23096/2012). Sulla scorta di tale giurisprudenza ed in base al principio dell'unitarieta' dell'accertamento e' vano eccepire il difetto di legittimazione attiva in capo al Cuzzi, socio accomandante della societa' attinta dall'avviso di accertamento e quindi legittimamente titolato (ed interessato) ad agire e contraddire sulla pretesa fiscale che lo riguarda, sia quale contribuente tout court sia uti socius. Parimenti infondata e' la pretesa dell'ufficio di ottenere una declaratoria di cessazione della materia del contendere come espressamente richiesto nelle conclusioni rassegnate nelle controdeduzioni. La cessazione, presupponendo l'esistenza di un sopravvenuto mutamento della situazione dedotta in giudizio di cui le parti dovrebbero darsi reciproco atto, tale da fa venir meno la ragion d'essere della lite, e' chiaramente esclusa dalla permanenza della volonta' del ricorrente di ottenere una pronuncia sulla propria domanda. 3. - La giurisprudenza della S.C, ha da tempo chiarito che «il beneficio d'escussione previsto dall'art. 2304 codice civile, ha efficacia limitamente alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non puo' procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della societa'; ma non impedisce allo stesso creditore d'agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest'ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio, sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito» (cfr. Cassazione 16 giugno 2016, n. 12494; Cassazione 13183/1999; Cassazione 1040/2009; Cassazione 28146/2013). Nello specifico l'Agenzia si e' correttamente mossa nel perimetro di tale principio poiche', tramite l'avviso di accertamento, si e' limitata a rendere nota sia alla societa' che ai soci la propria intenzione di munirsi di un titolo - sempre che regga nel successivo contenzioso - tale da consentirle di agire in una fase successiva in executivis, laddove trovera' applicazione il principio in questa sede impropriamente invocato. 4. - Detto questo va affrontata la questione relativa alla imputazione per trasparenza al ricorrente dei redditi societari in applicazione dell'art. 5 del TUIR. In base a detta disposizione i redditi - tra l'altro - delle societa' in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio «indipendentemente dalla percezione proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili». Il ricorrente ha ricollegato tale disposizione al principio generale di cui all'art. 1 TUIR: in base al quale il presupposto dell'imposta sulle persone fisiche e' il possesso di redditi in danaro o in natura. La parola possesso dovrebbe essere intesa come materiale disponibilita' di fruirne (ovvero come capacita' di disporne); ed applicarsi anche ai redditi delle societa' in accomandita semplice i quali dovrebbero imputarsi al socio sempre che lo stesso abbia una effettiva possibilita' di utilizzarli. Nella fattispecie - ha obiettato - mai era stato posto a conoscenza dell'attivita' sociale di fatto svolta esclusivamente dal socio accomandatario Dellanoce. Piu' volte egli aveva tentato di ottenere informazioni sull'andamento sociale senza alcun risultato. Stante l'assoluta inerzia dell'accomandatario egli aveva adito anche le vie legali avviando un procedimento ex art. 700 codice di procedura civile nanti il Tribunale di Chiavari conclusosi con un ordine rivolto dal Tribunale al Dellanoce di esibire i libri contabili e la documentazione fiscale afferente i suoi rapporti con gli istituti di credito. Dal testo dell'ordinanza - ha aggiunto - emergeva, in particolare, la sussistenza di «elementi che avvalorano la tesi di una situazione debitoria non felice della societa'; situazione certo alquanto pericolosa per il socio accomandante e pure fideiussore per le obbligazioni sociali, posto nell'impossibilita' di ricostruire la situazione patrimoniale della compagine sociale». Neppure a detto provvedimento il socio accomandatario aveva ottemperato. Non essendo stato messo a parte della documentazione richiesta - conclude - egli continuava a restare del tutto all'oscuro della reale soluzione della societa' anche con riferimento alla regolarita' della presentazione delle dichiarazioni annuali della medesima e circa i relativi versamenti; e quindi era privo di qualsiasi informazione riguardo all'esposizione debitoria della societa' nei confronti dell'erario, ai redditi eventualmente prodotti e alle relative disponibilita' liquide, del tutto sconosciute delle quali mai aveva beneficiato. Della sussistenza di dette circostanze ostative alla fruizione del reddito societario ritiene la Commissione esser stata fornita dal ricorrente idonea prova. Poiche' l'impossibilita' di disporre di utilita' economiche costituisce un fatto negativo, il Cuzzi ha fornito tranquillante dimostrazione di fatti positivi atti a dimostrare la propria infruttuosa attivita' volta ad ottenerli tramite il ricorso all'A.G. in via di urgenza ed il testo del provvedimento del giudice della cautela, ricognitivo della indisponibilita' del socio accomandatario a fornire all'accomandante le notizie (e le utilita' economiche) che quest'ultimo avrebbe avuto pieno diritto di ottenere (e conseguire). Se quindi puo' ritenersi dimostrato che il ricorrente non solo non ha avuto notizia alcuna sull'andamento societario, ma neppure ha percepito - per lo meno allo stato - reddito, alcuno derivante dalla propria partecipazione societaria, deve riconoscersi che l'unico ostacolo all'accoglimento della domanda relativa all'imputazione per trasparenza ai fini delle II.DD. sia costituito dall'art. 5 anzidetto; che, invece, lo assoggetta a tributo sui redditi societari indipendentemente dalla percezione. Detta disposizione - e segnatamente detta espressione - a giudizio della Commissione presenta varie criticita' a livello costituzionale. In particolare l'art. 5, comma I, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 si pone in contrasto: a) con l'art. 3 Cost. per la disparita' di trattamento che si viene a determinare tra coloro che, in quanto soci di societa' di persone, pur non avendo conseguito alcun reddito, sono soggetti ad imposizione rispetto agli altri soggetti egualmente privi di reddito che ne sono invece esclusi: b) con l'art. 24 Cost., sotto il profilo del diritto alla prova in giudizio, per essere il socio delle societa' di persone impossibilitato a dimostrare di non aver conseguito alcun reddito; c) con l'art. 53 Cost. in quanto il contribuente non percettore di reddito viene sottoposto ad imposizione in aperta violazione del, principio di capacita' contributiva; d) con l'art. 113 Cost. in quanto per alcune categorie di atti fiscali (quelli aventi ad oggetto accertamenti nei confronti di societa' a base personale) verrebbe di fatto esclusa la tutela giurisdizionale ai soci che non avessero conseguito alcun reddito di partecipazione a differenza di altri soci i quali, parimenti non percettori ma relativamente ad altre categorie di atti (quelle aventi ad oggetto accertamenti nei confronti di societa' di capitali), tale esclusione non avrebbero. Ne' varrebbe addurre che il reddito, non conseguito nell'anno di imputazione, potrebbe essere dal socio percepito successivamente in dipendenza di azioni giudiziarie che lo stesso potesse intraprendere, poiche' siffatta interpretazione non solo altererebbe il regime impositivo dell'anno di riferimento portando a conseguenze incongrue (ad esempio il soddisfacimento del credito ottenuto molti anni dopo l'annualita' di competenza non potrebbe piu' incidere su un accertamento emesso anni innanzi per intervenuta decadenza), non solo potrebbe essere contraddetto da giudizi favorevoli al contribuente, peraltro non incidenti sull'accertamento (il socio, ad esempio, ottenuto un titolo ricognitivo del proprio credito, non potrebbe piu' recuperare fiscalmente quanto versato per effetto della decadenza nella ripetizione ex art. 21 del decreto legislativo n. 546/92) ma pure si tradurrebbe in un inammissibile solve et repete imponendo al socio di pagare sempre e comunque il tributo senza possibilita' di proporre difese, per poi consentirgli di recuperare - forse e comunque poi - quanto versato. Evidente e' la differenza di trattamento fra il contribuente che sia in grado di pagare immediatamente l'intero tributo ed il contribuente che non abbia mezzi sufficienti per effettuare il pagamento, ne' possa procurarseli agevolmente ricorrendo al credito, fra l'altro perche', anche in caso di vittoria in giudizio, non otterrebbe il rimborso delle somme versate se non con ritardo. Al primo sarebbe consentito, proprio in conseguenza delle sue condizioni economiche, di chiedere giustizia e di ottenerla ove possa provare nel tempo di aver avuto ragione; al secondo questa facolta' sarebbe resa difficile e talvolta impossibile, non solo di fatto, ma anche in base al diritto, in forza di un presupposto impositivo stabilito dalla legge e consistente nell'onere del versamento di una somma eventualmente assai ingente. Dette considerazioni, come e' noto, sono state poste a base del riconoscimento dell'incostituzionalita' dell'istituto del solve et repete (v. Corte costituzionale n. 21/1961). 5. - La questione - che riguarda solo le imposte dirette accertate nei confronti sia della societa' che del socio ricorrente; impregiudicata ogni questione per l'irap e l'iva - appare rilevante ai fini del decidere perche' il giudizio nei confronti del Cuzzi non potrebbe che concludersi negativamente a seguito della presunzione assoluta di attribuzione al socio dei redditi societari ancorche' non percepiti; ne' appare manifestamente infondata alla luce delle considerazioni sopra svolte. Ne' la norma puo' essere interpretata secundum constitutionem stante le inequivoche espressioni utilizzate dal legislatore, non spiegatili in altra maniera se non forzando al di la'. del lecito il dato testuale. Si impone quindi la rimessione degli atti alla Corte costituzionale con conseguente sospensione del presente procedimento sino all'esito del giudizio di costituzionalita'.
P.Q.M. La Commissione tributaria provinciale di Genova, visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione di costituzionalita' dell'art. 5 del TUIR approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 limitatamente alle parole «indipendentemente dalla percezione», per contrasto con gli arti. 3, 24, 53 e 113 Cost.; Sospende il giudizio in corso; Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Genova, addi' 16 gennaio 2019 Il Presidente estensore: Delucchi