N. 181 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 ottobre 2014
Ordinanza del 14 ottobre 2013 emessa dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile promosso da Basile Anna Maria contro Ministero della giustizia . Procedimento civile - Equa riparazione per violazione della ragionevole durata del processo - Computo della "durata ragionevole" dei procedimenti di equa riparazione previsti dalla legge n. 89 del 2001 - Applicabilita' delle previsioni che considerano rispettato il termine ragionevole se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado e di un anno nel giudizio di legittimita' o se il giudizio viene comunque definito in modo irrevocabile in un tempo complessivo non superiore a sei anni - Irragionevolezza di tali previsioni in rapporto al procedimento per equa riparazione - Incongrua estensione ad esso dei termini di ragionevole durata stabiliti per procedimenti di natura diversa - Violazione del principio costituzionale di ragionevole durata del processo - Contrasto con il diritto all'equo processo come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo e conseguente inosservanza degli obblighi internazionali derivanti all'Italia dalla CEDU (Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo). - Legge 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, commi 2-bis e 2-ter, aggiunti dall'art. 55, comma 1, lett. a), n. 2), del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. - Costituzione, artt. 3, primo comma, 111, comma secondo, e 117, primo comma, in relazione all'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali.(GU n.45 del 29-10-2014 )
LA CORTE D'APPELLO DI FIRENZE Seconda Sezione Civile La Corte, composta dai magistrati: dott. Domenico Paparo, Presidente; dott. Marco Modena, Consigliere Relatore; dott.ssa Simonetta Afeltra, Consigliere. Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 176/2013 V.G. promossa da Basile Anna Maria rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate ricorrente contro Ministero della giustizia rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze resistente; Sciogliendo la riserva, Rilevato che: 1) Basile Anna Maria ha proposto opposizione, ai sensi dell'art. 5-ter della legge n. 89 del 2001, avverso il decreto di questa Corte, n. 673/13 Cron., nel proc. n. 99/2013 V.G., in data 27.3.2013, depositato il 2.4.2013, che ingiungeva al Ministero della giustizia il pagamento di € 1.500,00 oltre accessori a titolo di equa riparazione per il ritardo di una precedente procedura ex lege 89/2001, durata complessivamente 7 anni e 10 mesi; 2) il decreto impugnato ha fatto applicazione dell'art. 2, comma 2-ter, della citata legge n. 89 (introdotto dal d.l. 83/12 conv. in L. 134712), secondo cui si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni, e pertanto ha liquidato la somma a titolo di equa riparazione sulla base di un periodo di tempo eccedente il termine ragionevole di solo 1 anno e 10 mesi; 3) l'opponente contesta tale criterio, in quanto in contrasto con la giurisprudenza, della CEDU (in particolare la decisione in causa CE.DI.SA. Fortore s.n.c. Diagnostica Medica Chirurgica c. Italia 27.9.11) e della Corte di Cassazione (in particolare le sentenze nn. 4914/12 e 6824/12), formatasi anteriormente all'entrata in vigore del d.l. 83/12, che ravvisava in soli due anni il termine ragionevole per i procedimenti ex lege n. 89; 4) tale interpretazione, secondo l'opponente, dovrebbe sopravvivere alla "novella" del 2012, posto che ogni diversa interpretazione contrasterebbe (oltre che con la citata giurisprudenza di legittimita') con l'art. 111 Cost., e col principio del giusto processo ivi stabilito, per contrasto con l'art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ratificata ai sensi della legge n. 848 del 1955 (in seguito: "Convenzione"); 5) pertanto, pur scomputando, ai fini del calcolo della durata effettiva del processo, i termini per proporre l'impugnazione e la riassunzione dopo la cassazione con rinvio, la durata ragionevole del processo era superata, secondo l'opponente, nella misura di 3 anni e 11 mesi, e di conseguenza l'indennizzo doveva essere liquidato in € 3.166,66 anziche' nell'importo, liquidato col decreto opposto, di € 1.500,00; 6) l'eccezione d'inammissibilita' del ricorso in opposizione, proposta dall'Avvocatura dello Stato, non ha pregio, perche' la difesa erariale lamenta che l'opponente non abbia provveduto alla notifica alla controparte (cioe' alla stessa amministrazione resistente) del decreto opposto nei termini di cui all'art. 5, comma 2, della legge n. 89, con la conseguente inefficacia del decreto, e che la successiva notifica (del ricorso in opposizione) sia nulla per mancata allegazione del ricorso (ossia del ricorso per equa riparazione) ai sensi dell'art. 5 comma 1, essendo evidente che la difesa del resistente confonde gli oneri che deve assolvere il ricorrente che, soddisfatto del provvedimento richiesto, intenda porlo in esecuzione (e che sarebbero, in astratto, quelli invocati dalla difesa erariale), con quelli che gravano invece sul ricorrente che, non appagato da detto provvedimento, intenda opporlo: in quest'ultimo caso, che e' quello di specie, l'opponente non deve affatto notificare alla controparte il decreto ottenuto, e neppure il ricorso iniziale, su cui tale decreto ha provveduto, perche' cosi' facendo, ai sensi dell'art. 5 comma 3 della legge n. 89, come modificata nel 2012, renderebbe improponibile l'opposizione, e presterebbe acquiescenza al decreto; 7) nella specie, l'opponente ha invece adempiuto ai soli oneri gravanti a suo carico, ossia quelli di depositare (come ha fatto il 26.4.13), entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento (avvenuta il 2.4.13), il ricorso in opposizione, e di notificare successivamente, nel termine (del 15.6.13) indicato dal Presidente col successivo decreto di fissazione di udienza in data 8.5.13, il ricorso in opposizione ed il pedissequo decreto (notifica che la stessa amministrazione resistente dichiara avvenuta il 14.6.13), di talche' l'opposizione deve dirsi ritualmente instaurata; 8) la legge da applicarsi non puo' essere interpretata come chiede l'opponente: il termine complessivo di durata ragionevole di cui al comma 2-ter dell'art. 2 della legge n. 89, il cui rispetto rende eventualmente irrilevante il superamento dei tempi di ciascuna singola fase (di cui all'art. 2, comma 2-bis), si applica ad ogni procedimento civile per cui non sia disposto diversamente, e non solo al giudizio ordinario di cognizione: tanto e' vero che, per alcune procedure speciali, come quella esecutiva, e quella concorsuale, la legge ha previsto termini diversi e specifici; l'intento del legislatore del 2012 di limitare la discrezionalita' del giudice, e rafforzare la certezza del diritto, fissando precisi termini di durata, risulterebbe frustrato se poi, in mancanza di qualsiasi spazio offerto dal testo legislativo, il giudice dovesse derogare a tali limiti solo perche' contrastanti con una giurisprudenza formatasi su una normativa previgente; ne' potrebbe soccorrere un'interpretazione sistematica, visto che il superamento del termine ordinatorio di quattro mesi - peraltro valevole solo per la fase dinanzi alla Corte d'Appello - di cui al previgente art. 3 comma 6 della legge 89, non e' stato ritenuto integrare anche la violazione della "ragionevole durata", ne' comportare, quindi, equa riparazione (se non da un isolato precedente - Cass. sent. 8287/2010 - smentito dalla giurisprudenza successiva, ossia dalle sentenze sopra richiamate, e indicate dalla stessa ricorrente); 9) risulta pertanto non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, gia' prospettata dalla ricorrente (in termini che questa Corte intende riformulare, avvalendosi dei suoi poteri d'ufficio) della normativa applicabile al caso di specie; l'individuazione del principio costituzionale della "ragionevole durata" di cui all'art. 111 secondo comma Cost. non puo' essere infatti avulsa dalla natura del procedimento stesso, e dalla sua "naturale" durata, che dipende in primo luogo dalla sua maggiore o minore complessita'; in questo quadro, il procedimento per equa riparazione. e' per sua natura destinato a durare assai meno di un giudizio ordinario di cognizione, data la semplicita' dei fatti che deve accertare (la durata di un procedimento, e le ragioni della sua protrazione, di regola evincibili dalla mera produzione degli atti processuali), e le finalita' cui tende (indennizzare la violazione di un diritto fondamentale leso proprio da una precedente eccessiva durata), oltre che per la mancanza di un doppio grado di merito; la previsione di una sua "ragionevole durata" pari a sei anni risulta pertanto incongrua, e lesiva del predetto art. 111 secondo comma Cost., oltre che dell'art. 117 primo comma, per violazione degli obblighi internazionali derivanti all'Italia dall'art. 6 della predetta Convenzione (la cui violazione comporta lesione dell'art. 117 primo comma Cost., come modificato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, secondo le sentenze della Corte Costituzionale nn. 348 e 349 del 2007 e la successiva giurisprudenza ad esse conforme), che stabilisce l'analogo principio del "tempo ragionevole", e infine dell'art. 3 primo comma Cost. per uniforme trattamento di situazioni diverse; 10) a riprova di quanto sopra ipotizzato, si osserva che il "diritto vivente" (uniforme interpretazione di CEDU e Corte di Cassazione Italiana, come recentemente consolidatasi) alla vigilia del d.l. 83/12 affermava che la durata ragionevole di un procedimento ex lege 89 non doveva superare i due anni; e che tale interpretazione puo' trarre conforto dagli stessi, sopra ricordati, termini ordinatori piu' brevi indicati dalla legge per lo svolgimento della procedura (nel senso che, in presenza di tali, piu' ridotti termini, difficilmente sarebbe risultato giustificabile un termine ancora piu' ampio di quello ravvisato dalla giurisprudenza), che oggi, peraltro, proprio il d.l. 83/12 conv. nella l. 134, ha ribadito, fissando un termine ancora piu' breve (trenta giorni) per l'emissione del decreto nella fase "monitoria" (art. 3 c. 4 legge 89 come modificata), e mantenendo il termine di quattro mesi per la eventuale fase di opposizione (art. 5-ter comma 5); 11) ne' potrebbe dirsi irrilevante un'insufficiente riparazione ai sensi della legge 89/01, ai fini della lesione dei diritti costituzionalmente garantiti sopra richiamati, sol perche' esiste la possibilita' di ottenere una "equa soddisfazione" dalla CEDU, ai sensi dell'art. 41 della Convenzione citata, anche oltre i rimedi apprestati dall'ordinamento interno; e cio' in quanto da un lato la mancata sanzione (anche se solo sul piano dell'ordinamento interno) del superamento della ragionevole durata di determinati procedimenti, una volta che sia invece previsto, in via generale, uno strumento volto ad indennizzare tale superamento, indebolisce la tutela del diritto in relazione a quegli specifici procedimenti; e comunque perche' la necessita' di adire la CEDU rappresenta un onere ben maggiore di quello rappresentato dal ricorso al giudice nazionale, e pertanto la differente tutela (conseguente all'incongrua equiparazione delle "durate ragionevoli" di procedimenti diversi nella loro natura) integrerebbe comunque una disparita' di trattamento irragionevole; 12) in ordine alla rilevanza, si richiama quanto sopra esposto, ai punti da 2 a 5, e 8, da cui consegue che, ove si dovesse ritenere conforme a Costituzione, e conseguentemente applicare, la normativa vigente, l'opposizione andrebbe respinta, risultando congrua la somma liquidata col decreto opposto (tra l'altro, l'opponente dichiara espressamente di non contestare il criterio di liquidazione stabilito nel decreto opposto, ossia € 750,00 per i primi tre anni di durata "irragionevole", e 1.000,00 per i successivi: pag. 6 del ricorso in opposizione); mentre invece, ove fosse accolta la questione di legittimita' costituzionale, nei termini sopra prospettati e che si vanno a precisare ulteriormente, l'Opposizione dovrebbe essere accolta, e la misura della riparazione dovrebbe essere aumentata; 13) la questione deve investire l'art. 2 comma 2-ter della legge n. 89, nella parte in cui si applica anche ai procedimenti previsti dalla stessa legge n. 89, e dunque riguardare il termine sessennale complessivo del procedimento, di cui ha fatto applicazione questa Corte nel decreto opposto; ma va estesa anche ai termini di cui al comma 2-bis (tre anni per il primo grado, e un anno per il giudizio di legittimita': manca nella fattispecie un secondo grado di merito), che si renderebbero applicabili in mancanza del predetto termine complessivo; anche tali termini, che nel caso specifico sommano complessivamente a quattro anni, risulterebbero infatti notevolmente superiori al termine complessivo di due anni individuato dalla citata giurisprudenza come limite di ragionevole durata di un procedimento per equa riparazione;
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai fini del giudizio in corso, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della legge 24 marzo 2001 n. 89, come modificata dall'art. 55 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012 n. 134, nella parte in cui si applicano anche ai procedimenti di equa riparazione previsti dalla stessa legge n. 89 del 2001, per contrasto con gli artt. 111 secondo comma, 117 primo comma, e 3 primo comma Cost.; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri, e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Firenze, 1° ottobre 2013 Il Presidente: Paparo