N. 910 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 ottobre 1997
N. 910 Ordinanza emessa il 14 ottobre 1997 dal pretore di Bologna sui ricorsi riuniti proposti da Mossini Carla ed altri contro l'E.P.I. Poste e telecomunicazioni - Ente Poste italiane - Dipendenti assunti con contratto a tempo determinato - Trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato, cosi' come previsto dalla precedente disciplina - Esclusione - Irragionevolezza - Violazione del principio di eguaglianza sotto i profili della disparita' di trattamento dei lavoratori dell'Ente Poste italiane sia rispetto ai lavoratori del settore privato - Lesione del diritto al lavoro e della sua tutela in tutte le forme ed applicazioni. (Legge 26 novembre 1996, n. 608 (recte: 28 novembre 1996 n. 608) art. 9, comma 21). (Cost., artt. 3, 4 e 35).(GU n.3 del 21-1-1998 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza per la rimessione di questioni di legittimita' costituzionale alla Corte costituzionale. Nei procedimenti riuniti di cui ai n. 3812/96 e altri promossi da: Mossini Carla ed altri (con gli avv.ti Valerio Cerritelli e Giovanna Buttazzo, contro l'Ente Poste italiane (E.P.I.) (con gli avv.ti Ennio Baldi e Andrea Ambroz). Svolgimento del processo 1. - I ricorrenti hanno chiamato in giudizio l'Ente Poste italiane (E.P.I.) con distinti procedimenti successivamente riuniti ai sensi dell'art. 151 disp. att. c.p.c., in relazione alla sostanziale identita' delle questioni trattate. I ricorrenti hanno dedotto di essere stati assunti al lavoro dall'E.P.I. con contratti a tempo determinato, che contenevano la indicazione generica ed indifferenziata che il rapporto a termine era collegato a particolari esigenze stagionali dell'attivita' svolta dall'ente e alla sostituzione di lavoratori temporaneamente assenti dal lavoro per varie ragioni, quali le malattie, le ferie o altri titoli. In tutti i ricorsi e' stata affermata la tesi che la assunzione dei ricorrenti per lavorare a Bologna e in altre localita' della regione era invece collegata alla nota e strutturale carenza di personale necessario per le mansioni che venivano affidate a tali lavoratori precari, in particolari settori dell'attivita' dell'ente ed in specifiche zone e citta italiane del centro-nord. Il fatto era dimostrato, tra l'altro, dal fatto che da anni e tuttora persisteva in tali settori "un susseguirsi di personale assunto con contratti a termine", anche dopo l'avvenuta trasformazione della amministrazione statale delle Poste italiane in ente e dopo la modifica della regolamentazione del rapporto di lavoro con la introduzione delle norme del diritto privato, dal 1994 in poi. La difesa ha sostenuto ed argomentato che l'E.P.I. aveva fatto sistematico, abusivo ed illecito ricorso alle assunzioni di lavoratori con contratti di lavoro a termine, nel cui tenore e nelle cui applicazioni ravvisava violazioni dei precetti dell'art. 2, secondo comma della legge 18 aprile 1962 n. 230. Tali violazioni avrebbero prodotto la conseguenza della automatica trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato di quello instaurato a tempo determinato secondo le norme di tale legge. Il sistematico comportamento dell'E.P.I. aveva dato origine ad un notevole numero di procedimenti promossi di fronte ai pretori del lavoro anche di questa citta' per le ragioni dette; da essi erano scaturite anche numerose sentenze favorevoli ai lavoratori assunti come precari, che avrebbero dovuto essere riassunti e mantenuti al lavoro con rapporti di lavoro a tempo indeterminato. In presenza di questa situazione il Governo della Repubblica aveva emesso il d.-l. 2 agosto 1996 n. 404, il quale all'art. 1 comma 21, aveva stabilito che ai contratti di lavoro a tempo determinato conclusi dall'E.P.I. dalla data della sua costituzione come ente fino a quella della sua trasformazione in societa' per azioni avrebbero dovuto continuare "ad applicarsi l'art. 3 della legge 14 dicembre 1965 n. 1376 e le norme del d.P.R. del 31 marzo 1971 n. 296". Tali norme avevano disciplinato le "assunzioni a termine di lavoratori precari" nella amministrazione delle poste e in altre amministrazioni. Nei ricorsi che si esaminano e' stata affermata la illegittimita' costituzionale di tale disposizione del decreto-legge sotto vari profili ed e' stato chiesto dichiararsi la nullita' o la illegittimita' della apposizione del termine al rapporto di lavoro e la reintegrazione dei ricorrenti nel lavoro. In via strumentale rispetto alle domande di merito la difesa ha argomentato i vizi di legittimita' costituzionale ravvisabili nella disposizione del decreto-legge nel modo riassuntivo che si riporta: "Si chiede, in via subordinata, che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 comma 21 del d.-l. n. 404 del 2 agosto 1996 sia dichiarata non manifestamente infondata per violazione degli artt. 3, 4, 35, 39, primo comma e 77 della Costituzione e gli atti siano rimessi alla Corte costituzionale. Dell'art. 3 per la violazione del principio di ragionevolezza in relazione alla retroattivita' della normativa e di quello di uguaglianza e parita' di trattamento. Degli artt. 4 e 35 per la lesione del diritto al lavoro che la normativa de quo comporta. Dell'art. 39 primo comma, per la violazione del principio di liberta' sindacale, comportando la normativa impugnata una abrogazione del C.C.N.L. Dell'art. 77 per la carenza dei requisiti di necessita' ed urgenza che consentono l'emanazione di decreti legge". 2. - L'E.P.I. ha affermato nei vari processi la legittimita' del proprio operato nella assunzione dei ricorrenti con contratti a termine, che erano stati redatti in conformita' - tra l'altro - a specifiche pattuizioni sindacali, anche per il loro contenuto, per i rinnovi e per i prolungamenti della durata dei rapporti a termine. In via ulteriore l'E.P.I. ha eccepito che l'art. 9 comma 21 del d.-l. 1 ottobre 1996 n. 510 - che aveva sostituito la norma citata del decreto-legge n. 404/1996 - aveva disposto che "le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato effettuate dall'ente "Poste italiane" a decorrere dalla data della sua costituzione e comunque non oltre il 30 giugno 1997, non possono dar luogo a rapporti di lavoro a tempo indeterminato e decadono alla scadenza del termine finale di ciascun contratto". 3. - Nella prosecuzione del processo la difesa delle Poste italiane ha ricordato che la norma citata del decreto-legge 1 ottobre 1996 n. 510 era stata convertita ad opera della legge 28 novembre 1996 n. 608. 4. - La difesa dei ricorrenti ha insistito nelle conclusioni e nelle argomentazioni perche' venissero rimesse alla Corte costituzionale le eccezioni di legittimita' costituzionale proposte, con esclusione di quella che si riferisce all'art. 77 della Costituzione. Motivi della decisione La rilevanza delle eccezioni 5. - Le eccezioni sollevate sono rilevanti ai fini della decisione delle controversie all'esame del giudice. La influenza delle questioni della legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 21, secondo periodo, della legge 28 novembre 1996 n. 608 e' gia' stata esaminata e risolta positivamente da altri pretori del lavoro in controversie dal contenuto identico o analogo a quello di questo processo, come risulta dalle ordinanze di rimessione alla Corte costituzionale di eccezioni in tutto o in parte analoghe a quelle sollevate in questo giudizio. In tali ordinanze e' stato ritenuto che la norma citata preclude l'accoglimento delle domande volte ad ottenere la declaratoria della nullita' o della illegittimita' della apposizione della clausola di durata nei contratti di assunzione al lavoro da parte dell'E.P.I. e preclude la conseguente affermazione della esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In effetti domande analoghe a quelle di questo giudizio sono state presentate in vari altri procedimenti, decisi con la sentenza n. 291 pronunciata il 18 marzo 1997 da un altro pretore del lavoro di Bologna, il quale ha ritenuto manifestamente infondate le analoghe eccezioni di legittimita' costituzionale sollevate in controversie simili. Appare pertanto dimostrata, anche molto concretamente, la rilevanza delle eccezioni. Sul merito La delibazione dele questioni 6.1. - Si e' detto che le eccezioni di illegittimita' costituzionale sollevate in questo processo - che ha per oggetto ricorsi promossi e depositati nel mese di settembre 1996 - dapprima nei confronti dell'art. 1, comma 21 del d.-l. 2 agosto 1996 n. 404, e successivamente nei confronti dell'art. 9 comma 21 del d.-l. 1 ottobre 1996 n. 510 e della stessa norma della legge 28 novembre 1996 n. 608, sono state ritenute non manifestamente infondate da altri pretori del lavoro e sono state rimesse per il giudizio spettante alla Corte costituzionale con riferimento alle norme degli artt. 3, 4, 35, 39, 41, 101, 102 e 104 della Costituzione, con diverse prospettive, quali risultano dalle ordinanze pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. Tale fatto potrebbe essere ritenuto sufficiente ad evitare un'ulteriore delibazione della condizione necessaria perche' una eccezione venga rimessa al giudizio della Corte costituzionale. L'art. 23 della legge 11 marzo 1953 richiede al giudice una delibazione limitata alla manifesta infondatezza della eccezione, cosi' da consentire nel modo piu' ampio possibile alle parti e ai loro difensori di far valere le ragioni dell'asserita illegittimita' costituzionale di una norma di fronte alla Corte, in ogni caso in cui appaia una seria controvertibilita' della compatibilita' tra la legge ordinaria e le norme e i principi costituzionali. Tuttavia rimane doveroso per il giudice dar conto delle ragioni della decisione presa, nel compiere l'opera di filtro e di tramite tra le istanze delle parti e la Corte costituzionale; cio' anche se nel caso la pluralita' delle ordinanze pronunciate per la rimessione delle eccezioni e la relativa omogeneita' delle ragioni addotte per ritenerle non manifestamente infondate potrebbero ridurre al minimo questa motivazione. 6.3. - Il pretore ritiene di dover esporre alcune considerazioni per sottolineare particolari aspetti del problema della sospettata illegittimita' della norma. In particolare ritiene utile richiamare quanto esposto nella ordinanza pronunciata dal pretore di Milano con l'ordinanza del 3 febbraio 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 2 aprile 1997 n. 14 serie speciale. Nella motivazione di tale decisione, anche se agli effetti della valutazione di rilevanza delle eccezioni sollevate, il pretore nel procedere alla analisi del contenuto della disposizione dell'art. 9, comma 21 seconda parte, della legge n. 608/1996, ha individuato l'effetto sostanziale della nomina in "una modifica a posteriori delle regole preventivamente date", corrispondente all'"intento del legislatore ... di congelare l'automatismo previsto dal primo comma dell'art. 1 della legge n. 230/1962, per un periodo di oltre tre anni e con specifico riferimento ai contratti a termine "irregolari" stipulati dall'E.P.I. gia' conclusi o ancora in corso, ovvero stipulandi fino alla fine del giugno '97"; cio' "alla luce della stessa lettera della norma, tenuto conto della esplicita retrodatazione dei suoi effetti alla data di costituzione dell'ente". E' stato affermato che il legislatore aveva voluto rafforzare la liberta' di azione dell'ente nella assunzione di personale precario, "consentendogli di continuare a stipulare contratti a termine atipici, senza costi in termine di stabilita' dei relativi rapporti". Nella decisione richiamata, si aggiunge: "Di quali siano state le ragioni, coerentemente tradotte nella formulazione della norma, che hanno spinto prima il Governo e poi il Parlamento ad imboccare tale via, da' - d'altra parte - una chiara testimonianza il dibattito che ha preceduto la sua conversione in legge e la stessa accettazione, come da verbali della seduta della Camera dei deputati del 27 novembre 1996, da parte del Governo dell'ordine del giorno Boghetta e Strambi n. 9/2698/1 (non sottoposto per tale ragione a votazione) e - quindi - dell 'impegno "a garantire comunque l'assunzione di quanti hanno proposto e vinto ricorso in prima istanza o inoltrato ricorso prima dell'emanazione del decreto n. 404 del 1966". Appare percio' opportuno riportare il testo di tale ordine del giorno: "La Camera, considerato che l'Ente Poste italiane continua erroneamente ad utilizzare, in misura abnorme, personale a tempo determinato, anche dopo la modifica della natura contrattuale del rapporto di lavoro, da pubblico a privatistico, conseguentemente al mutamento della struttura giuridica dell'ente; considerato che, in base a questa situazione, tutti i lavoratori precari dell'Ente Poste italiane hanno maturato il diritto all'assunzione; considerato che il Governo, con l'art. 9, comma 21, interviene retroattivamente onde impedire l'assunzione di personale superiore alle effettive esigenze dell'Ente, al fine di evitare ulteriori ingiustizie; impegna il Governo: a garantire comunque l'assunzione di quanti hanno proposto e vinto ricorso in prima istanza o inoltrato ricorso prima dell'emanazione del decreto n. 404 del 1966". 6.4. - Nella ordinanza citata e' stato anche esaminato il comportamento dell'ente dalla sua costituzione per quanto attiene alla gestione del personale, che era stata favorita sul tema specifico dalla disposizione dell'art. 8 del C.C.N.L. del 26 novembre 1994 che prevede la possibilita' di estensione dei casi di lecito ricorso ai contratti di lavoro a termine. Tale comportamento dell'ente aveva condotto all'attuale situazione dell'ente, che e' messa in evidenza sia dalle persistenti inefficienze funzionali e operative, sia dalla protesta dei lavoratori, che si traduce in un contenzioso giudiziario sempre piu' diffuso, (ulteriore indice di scarsa capacita' gestionale) bloccato in questa materia dall'imperio della norma in esame. Nella ordinanza ricordata si aggiunge che "le violazioni riscontrate" (nei contratti a termine esaminati dallo stesso giudice) "non sempre o non necessariamente sottintendono la carenza dei presupposti sostanziali, che hanno a monte influenzato le deroghe introdotte in via legislativa o contrattuale alla regola della durata indeterminata dei rapporti di lavoro subordinati, ... senz'altro rivelano una diffusa noncuranza ... dei vincoli di forma, imposti al fine di darne una preventiva e puntuale attestazione". Le considerazioni riportate dal pretore di Milano potrebbero essere ripetute e documentate da questo giudice, che ha constatato - e non solo in questo genere di controversie - le sistematiche violazioni delle regole poste dalla legge per i rapporti di lavoro con il personale, compiute per scelta o per ignoranza o per noncuranza, come una diffusa illegalita' presente nella amministrazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti, una amministrazione dapprima di stretto contenuto e stile burocratico, tipico dei pubblico impiego, e divenuta poi privata e dall'apparenza di moderna managerialita', che sembra trovare soltanto in se' medesima, e nell'affermata esigenza della ristrutturazione con la riduzione del personale, i propri criteri e le uniche referenze di condotta, con la quasi totale noncuranza dei principi e delle norme che regolano il lavoro nel diritto privato. 7. - Il problema sollevato nei giudizi promossi riguarda l'annullamento e la rimozione per imperio di legge, con efficacia retroattiva, non solo delle aspettative di fatto legittimamente sorte nei lavoratori assunti con contratti a termine, ma dei veri e propri diritti acquisiti in base al contratto di lavoro in corso e alle norme che lo disciplinano. l lavoratori precari sono stati assunti e si sono presentati al lavoro nel presupposto di una determinata disciplina contrattuale e di legge, che e' stata invece modificata con efficacia retroattiva dalla norma in esame, per tentare cosi' di porre rimedio non solo alle incapacita' gestionali della direzione dell'ente, ma anche alla sistematica violazione della legalita' per quanto riguarda la assunzione e la utilizzazione del lavoro del personale precario destinato ad attivita' operative. Sotto un aspetto sostanziale la norma in esame viene a coprire con la sua efficacia vincolante gli effetti del comportamento di sistematica illegalita' voluta e perseguita per anni dall'ente, e di fatto autorizzata dalla norma per tutto il '96. La norma della cui legittimita' si discute segnala sotto un primo aspetto la rottura del principio di uguaglianza e del canone di razionalita', in quanto con essa si realizza non solo la cancellazione di diritti di lavoratori e la modificazione di regole valide per tutti i soggetti privati, imprenditori e lavoratori, e si stabilisce un vero e proprio privilegio e un diritto speciale a favore dell'ente che era stato responsabile delle illegalita' compiute. Tale disuguale trattamento disposto a favore dell'ente dalla norma - rispetto alle leggi applicabili per le altre imprese e per gli altri lavoratori dipendenti di enti sottoposti al regime privato - viene realizzato con il sacrificio del diritto acquisito dai lavoratori, in base a norme che hanno stabilito la tutela particolare del lavoro e dei lavoratori poste a fondamento della Repubblica, di cui agli artt. 4 e 35 della Costituzione. Si aggiungono alcuni ulteriori spunti che potranno essere usati nell'approfondimento da compiersi nel giudizio. Nel primo approccio al fenomeno del vasto e crescente contenzioso anche giudiziario determinato dal comportamento descritto dell'ente nella materia dei contratti a termine il Governo ritenne di adottare con il d.-l. 2 agosto 1996 n. 404, la via del richiamare in vita con efficacia retroattiva, le disposizioni che avevano regolato la assunzione ed il lavoro dei c.d. trimestrali nella amministrazione delle Poste italiane, prima della sua trasformazione in ente e prima della modifica del rapporto di lavoro dal regime del pubblico impiego a quello privatistico del rapporto di lavoro comune. La norma introdotta presento' - tra l'altro - il molto equivoco connotato di apparire una interpretazione legislativa con efficacia retroattiva, sovente adoperata in anni passati per risolvere e troncare con risolutezza decisionale problemi non semplici, sopratutto sotto il profilo economico-finanziario, per lo Stato e il parastato. Si potrebbe dire - figurativamente - che la citata norma del decreto-legge intendeva "riesumare", sotto l'aspetto non vero della continuita' ("continuano ad applicarsi"), le norme che regolavano la assunzione dei c.d. "trimestrali" nella amministrazione delle poste; norme abrogate dal d.-l. 1 dicembre 1993 n. 487, convertito nella legge 29 gennaio 1994 n. 71, istitutivo dell'E.P.I. E' vero, in fatto, che l'E.P.I., pur dopo la sua istituzione, aveva proseguito ad applicare le vecchie ed abrogate disposizioni, con una palese illegittimita' e con il criterio di autorefenzialita' di cui si e' detto e con il consenso di una parte delle organizzazioni sindacali di categoria. Nei confronti di tale genere di norme la Corte costituzionale negli anni passati in piu' di un'occasione ha dichiarato la illegittimita' costituzionale di tali interventi normativi; in alcuni casi ha riaffermato e ripristinato la legalita' costituzionale; in altri ha ritenuto che la discrezionalita' delle scelte del legislatore dovesse essere salvaguardata. Nella vicenda in esame, dopo le reazioni manifestatesi rispetto alla improvvida normativa di urgenza - di cui i ricorsi di questo giudice sono una espressione - il Governo ha adottato una diversa metodologia politica e di tecnica della legge rispetto alla scelta di cui al decreto-legge n. 404/1996. Infatti nella prima parte dell'articolo della norma in esame e' stata inserita una promessa: "I lavoratori che a decorrere dal 1 gennaio 1994 abbiano prestato attivita' lavorativa con contratto a tempo determinato alle dipendenze dell'ente "Poste italiane", hanno diritto di precedenza, nei termini e alle condizioni delle norme contrattuali e di apposito accordo con le organizzazioni sindacali, in caso di assunzioni a tempo indeteminato da parte dell'ente "Poste italiane" per la stessa qualifica e/o mansione fino alla data del 31 dicembre 1996; i lavoratori interessati debbono manifestare la volonta' di esercitare tale diritto entro il 30 novembre 1996". Tale disposizione non assume rilevanza nel presente giudizio, anche se sono stati mossi rilievi e sospetti di illegittimita' nella gia' citata ordinanza del pretore di Milano. Di fatto la disposizione configura "un diritto di precedenza" alla assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori trimestrali precari che hanno lavorato per l'E.P.I. tra il 1 dicembre 1994 e il 30 novembre 1996, che viene sottoposto al verificarsi di molte condizioni, tra l'altro in gran parte rimesse alle stesse determinazioni dell'E.P.I., quale possibile datore di lavoro. Non e' difficile ne' temerario aspettarsi che nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale sara' sostenuta dalle difese dell'ente e dal Governo la legittimita' costituzionale della norma per la quale e' questione, anche sotto il profilo che la disposizione riportata realizza una forma di realizzazione, o come e' stato in altri casi affermato, di "soddisfazione" deI diritto al posto di lavoro che la norma di cui alla seconda parte cancella e sopprime nel caso concreto nel modo di cui si e' detto. La lettura della disposizione della prima parte dell'art. 1, comma 21, mostra invece, con ogni evidenza, come si tratti di una di quelle promesse politiche che sono state ripetutamente formulate negli ultimi anni rispetto al grave problema della disoccupazione giovanile, di cui questi processi sono una manifestazione. In questa situazione la promessa e' stata fatta propria dal legislatore, in modo tale da rappresentare la speranza e la lusinga che serva a far passare di fronte alla Corte costituzionale il dato negativo, costituito dalla non equivoca e discriminatoria soppressione dei diritti fondati su norme valide per tutti. In sostanza la promessa legislativa dovrebbe servire - tra l'altro - a superare la denunciata violazione del criterio di ragionevolezza legislativa, realizzata con la differenza di trattamento, che sembra fondato solo sulla necessta' di dare una qualche sistemazione all'illegittimo comportamento dell'E.P.I. nei confronti dei propri "trimestrali" e di contribuire in tal modo ad affrontare l'"immenso deficit di bilancio" dell'E.P.I., che e' "interamente a carico della collettivita' nazionale". Da qui le ragioni "di evidente ordine economico e finanziario sia di ordine etico (posto che si trattava di impedire che fosse portata a compimento quella specie di lotteria del posto fisso nella quale poteva essere inquadrata la vicenda)" come e' stato affermato in alcune decisioni pretorili che hanno giudicato manifestamente non fondate le eccezioni di legittimita' costituzionale, della "pur grave misura del mutamento retroattivo delle regole". Per quanto riguarda il profilo di fatto esposto la Corte costituzionale ha gli strumenti per verificare come sia stato in concreto realizzato l'impegno di cui alla norma citata, per poter valutare in concreto la portata delle disposizioni. 10. - Si ritiene utile riferire che per quanto si constata nella quotidiana attivita' giurisdizionale dal 1997 l'E.P.I. ha iniziato ad assumere dipendenti con contratti di formazione lavoro, per i quali si manifesta contenzioso anche in ordine alle proroghe della durata di tali contratti a termine. 11. - Appare superfluo richiamare in questa ordinanza le precedenti sentenze della Corte costituzionale, nelle quali e' stata valorizzata, sotto il profilo della ragionevolezza delle leggi, la esigenza della certezza giuridica nei rapporti giuridici preteriti, come un cardine della convivenza e della tranquillita' dei cittadini. In un periodo ed in una situazione come quelli attuali appare importante affermare in concreto il principio della affidabilita' dei cittadini, ed in particolare dei lavoratori, rispetto al sistema delle leggi; naturalmente a partire dai principi e dalle norme della Costituzione, tuttora vigenti e validi e percio' da rispettare, sotto il controllo della Corte costituzionale, cui sono rivolte le attese dei cittadini. 12. - Il Pretore individua le norme ed i principi costituzionali di riferimento per il giudizio sulla legittimita' costituzionale della norma esclusivamente in quelle citate nel dispositivo.
P. Q. M. Rimette alla Corte costituzionale la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 21, della legge 26 novembre 1996 n. 608, nella parte in cui dispone che "le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato effettuate dall'ente "Poste italiane", a decorrere dalla data della sua costituzione e comunque non oltre il 30 giugno 1997, non possono dar luogo a rapporti di lavoro a tempo indeterminato e decadono allo scadere del termine finale di ciascun contratto", per il contrasto con le norme e i principi degli artt. 3, 4 e 35 della Costituzione per le ragioni di cui alla motivazione; Dispone la notificazione della ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e la comunicazione di essa ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati; Sospende il processo e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Bologna, addi' 7 ottobre 1997 Il pretore: Governatori 98C0029