N. 76 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 ottobre 1998

                                 N. 76
  Ordinanza  emessa  il  26  ottobre  1998  dal  Pretore  di Lecce nel
 procedimento penale a carico di De Giorgi Concetta ed altra
 Reato in genere - Prescrizione  -  Atti  interruttivi  -  Decreto  di
    citazione a giudizio nel procedimento davanti al pretore - Effetto
    interruttivo, nell'interpretazione delle Sezioni Unite della Corte
    di  cassazione,  decorrente  dalla  mera  emissione  del decreto -
    Irragionevole  disparita'  di  trattamento  rispetto  ai  soggetti
    destinatari   di   altri   atti   interruttivi   del  corso  della
    prescrizione - Compressione del diritto di difesa.
 (C.P.P., art. 160).
 (Cost., artt. 3 e 24, secondo comma).
(GU n.8 del 24-2-1999 )
                              IL PRETORE
   Rilevato che nel presente procedimento penale nei confronti  di  De
 Giorgi  Concetta  e  Ferriero  Anna,  imputate  del reato di cui agli
 articoli 110, 56 e 640 c.p., commesso il 15 ottobre 1990, il  decreto
 di  citazione a giudizio e' stato emesso, mediante sottoscrizione sia
 del pubblico ministero che dell'ausiliario che lo assiste, in data  3
 ottobre  1995,  e notificato alle imputate rispettivamente in data 28
 novembre 1995 e 24 novembre 1995;
     che nella fattispecie in esame mentre il decreto di  citazione  a
 giudizio   si  e'  perfezionato,  mediante  la  sottoscrizione  anche
 dell'ausiliario del  pubblico  ministero,  prima  dello  spirare  del
 termine   di   prescrizione   (in   data  3  ottobre  1995),  la  sua
 notificazione e' avvenuta dopo il decorso di tale termine;
     che la Corte di Cassazione, a  Sezioni  Unite,  con  sentenza  n.
 3760  del  31  marzo  1994  (ud.  16  marzo  1994)  ha  affermato che
 l'emissione del decreto  di  citazione  a  giudizio  e'  di  per  se'
 sufficiente  a  determinare  l'interruzione della prescrizione (cosi'
 componendo il precedente contrasto giurisprudenziale che aveva  visto
 opporsi  a  questa  tesi quella secondo cui l'effetto interruttivo si
 consegue solo con la notificazione dell'atto: in  questo  senso  vedi
 Cass.  2  aprile  1986  n. 4216 e, da ultimo, Cass. 29 luglio 1994 n.
 8470);
     che l'art. 160 c.p. (interruzione del corso  della  prescrizione)
 cosi'  interpretato  -  e  con  riferimento al decreto di citazione a
 giudizio emesso dal  pubblico  ministero  nel  giudizio  pretorile  -
 appare in contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione, anche
 tenendo  conto  di  quanto  precisato  dalla Corte costituzionale con
 l'ordinanza n. 155 del 1997, per i motivi di seguito  specificati,  e
 che la relativa questione di legittimita' costituzionale e' rilevante
 giacche'   dall'esito   della  stessa  dipende  quello  del  presente
 procedimento, che in caso positivo puo' concludersi con una  sentenza
 di proscioglimento ex
  art.  129  c.p.p.,  rilevato,  altresi',  che la stessa questione e'
 stata  gia'  sollevata  in  questo   stesso   processo   e   ritenuta
 manifestamente inammissibile dalla Corte costituzionale (ordinanza n.
 184  del 1998) per insufficiente motivazione sulla rilevanza ("... il
 giudice  a  quo  ha  omesso  di  precisare   se   la   sottoscrizione
 dell'ausiliario  sia  intervenuta prima o dopo lo spirare del termine
 di  prescrizione..."),  in  quanto  nella  precedente  ordinanza   di
 rimessione, tenendo peraltro conto di quanto affermato dalla medesima
 Corte nella ordinanza n.  155 del 1997, era stata indicata la data di
 emissione  del  decreto  di  citazione a giudizio senza uno specifico
 riferimento  (contenuto,  invece,  nell'ordinanza  di  rimessione  di
 questo  giudice  n.  618  del 21 marzo 1996 decisa dalla Corte con la
 citata ordinanza) alla data  di  sottoscrizione  dell'atto  da  parte
 dell'ausiliario  del  pubblico  ministero  (l'unica data rilevante ai
 fini della prescrizione);
     che, pertanto, precisata nei termini sopra esposti  la  rilevanza
 della  questione, la stessa deve essere riproposta in questo giudizio
 permanendone, come detto, sia la  rilevanza,  sia  la  non  manifesta
 infondatezza;
   Tanto  premesso,  solleva  d'ufficio  la  questione di legittimita'
 costituzionale suindicata per i seguenti motivi.
   1. - Per effetto della citata sentenza delle  Sezioni  Unite  della
 Corte di cassazione gli atti interruttivi della prescrizione indicati
 nell'art.  160 c.p. devono ritenersi idonei a manifestare la volonta'
 statuale di persecuzione del presunto responsabile  dell'illecito  e,
 dunque, a privare il decorso del tempo della sua efficacia estintiva,
 indipendentemente     dalla    conoscenza    immediata    da    parte
 dell'interessato della volonta' dello Stato di perseguire  il  reato,
 con   conseguenze  non  irrilevanti  in  relazione  alla  parita'  di
 trattamento dei cittadini ed al diritto di difesa.
   2. - E' indubbio che l'istituto  della  prescrizione  -  nato  come
 istituto  di  natura  processuale (la longi temporis praescriptio del
 diritto romano) che estingue l'azione (civile o penale) e  come  tale
 disciplinato  nel diritto penale sino al codice Zanardelli (artt.  91
 e 95) - risponde in primo luogo all'esigenza di garantire la certezza
 dei rapporti giuridici, esigenza  cui  e'  evidentemente  interessato
 soprattutto l'imputato (Cass., sez. 3 n. 8470 del 29 luglio 1994, ud.
 3 maggio 1994).
    Orbene,  agli  effetti  dell'interruzione  della  prescrizione, la
 persistenza dell'interesse dello  Stato  alla  punizione  dell'autore
 della  condotta illecita deve manifestarsi all'esterno (e, cioe', nei
 confronti principalmente dell'imputato) in modo certo,  assicurandone
 all'interessato  la  tempestiva  conoscenza  prima  del  decorso  del
 termine di prescrizione.
    Tale finalita' poteva ritenersi garantita - prima  dell'intervento
 delle  Sezioni  Unite  della  Cassazione - dalla natura processuale e
 recettizia degli atti previsti dall'art. 160 c.p. che  consentiva  di
 ricollegare  l'effetto  interruttivo  all'efficacia  processuale  dei
 predetti atti, facendo coincidere il momento  di  interruzione  della
 prescrizione  con  quello  della conoscenza dell'atto interruttivo da
 parte dell'interessato (cosi' come sostenuto da Cass. 2  aprile  1986
 n. 4216).
   Siffatto  indirizzo  giurisprudenziale  se da un lato si richiamava
 alle origini  processuali  della  prescrizione  (natura  processuale,
 peraltro,   riconosciuta   tuttora   nel   diritto  penale  in  altri
 ordinamenti giuridici, come quello francese  e  tedesco),  dall'altro
 attribuiva  rilevanza  alla manifestazione processuale della volonta'
 punitiva dello Stato ritenendo, evidentemente, che la stessa  dovesse
 essere espressa nei confronti di soggetti processuali (in primo luogo
 dell'imputato).
   Peraltro, la necessita' di ricollegare l'effetto interruttivo della
 prescrizione  ad  atti  aventi natura recettizia e' presente in altri
 rami del nostro ordinamento giuridico (sia nel  diritto  privato  che
 nel   diritto   amministrativo),   e   cio'   per  la  natura  stessa
 dell'istituto della prescrizione, in cui il decorso del tempo non  e'
 rilevante  di per se' - astrattamente considerato - ma nell'ambito di
 un  determinato  rapporto  giuridico  (che  implica,   evidentemente,
 l'esistenza  di  un  soggetto  "controinteressato", nei confronti del
 quale operera' l'eventuale estinzione del diritto o del reato).
   Inoltre,  in  seguito  alla   citata   pronuncia,   la   previsione
 legislativa  di  soli  atti  processualmente  rilevanti  e'  divenuta
 superflua e priva di significato.
   3. - Privati del requisito della notificazione, solo  alcuni  degli
 atti  previsti dall'art. 160 c.p. consentono all'interessato di avere
 conoscenza in modo certo e tempestivo della volonta'  punitiva  dello
 Stato.
   Tale    finalita'    viene,    infatti,   indubbiamente   raggiunta
 dall'interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o al  giudice,
 dalla  presentazione  per il giudizio direttissimo e, di norma, dalla
 ordinanza di convalida del fermo o dell'arresto e dalla  sentenza  di
 condanna.
   Per altri atti, invece, sarebbe sufficiente la semplice "emissione"
 da parte del pubblico ministero - anche se la notificazione (e quindi
 la  conoscenza da parte dell'interessato) fosse effettuata a notevole
 distanza di tempo (anche dopo diversi mesi) o  non  fosse  effettuata
 affatto - per conseguire l'effetto interruttivo.
   4.  -  Altrettanto rilevante - sempre in conseguenza della sentenza
 delle Sezioni Unite - e' la circostanza che mentre alcuni degli  atti
 previsti  dall'art.  160  c.p.  sono  emessi  dal giudice, altri sono
 emessi dal pubblico ministero.
   Il sistema del  nuovo  c.p.p.  ha  infatti  collocato  il  pubblico
 ministero   nel   ruolo  di  parte  -  prevedendone,  oltretutto,  la
 partecipazione su basi di parita' rispetto alla difesa, in ogni stato
 e grado del procedimento (art. 2,  primo  comma,  n.  3  della  legge
 delega  n.  81  del  1987) - sicche' non puo' essere indifferente che
 l'effetto interruttivo  consegua  ad  un  atto  di  parte  (sia  pure
 pubblica) o ad un atto emesso dal giudice.
   Cio',  evidentemente,  a  maggior  ragione  se  tale  effetto viene
 ricollegato alla pura e semplice  emissione  dell'atto,  prescindendo
 dalla sua conoscenza da parte dell'imputato (o indagato).
   Quest'ultimo, invero, viene a trovarsi in un'indubbia situazione di
 inferiorita'  processuale  rispetto al pubblico ministero, in quanto,
 apprendendo l'esistenza di un procedimento nei suoi confronti dopo il
 decorso  del   termine   di   prescrizione   (quando   ormai   poteva
 ragionevolmente ritenere estinto il reato eventualmente configurabile
 a  suo  carico),  incontra  senz'altro  maggiori  difficolta'  per la
 raccolta del materiale probatorio a sua difesa.
   Situazione  di  inferiorita'  processuale  ulteriormente  aggravata
 dalla  mancata  previsione  legislativa  di un termine entro il quale
 deve essere effettuata la notificazione del decreto  di  citazione  a
 giudizio  una  volta avvenuta la sua emissione (salvo il rispetto del
 termine a comparire, stabilito dal 3 comma dell'art.  555    c.p.p.),
 circostanza  questa  che consente al pubblico ministero di notificare
 il decreto di citazione anche dopo diversi mesi dall'emissione.
   5.   -   L'interpretazione  sostenuta  dalle  Sezioni  Unite  della
 Cassazione si pone, altresi', in contrasto - per i motivi suesposti -
 con le previsioni dell'art. 6 della "Convenzione europea dei  diritti
 dell'uomo",  ratificata  con  la  legge  4  agosto  1955  n. 848, che
 riconosce all'incolpato il diritto  ad  un'equa  e  pubblica  udienza
 entro  un  termine  ragionevole  (primo comma), nonche' il diritto ad
 essere informato nel  piu'  breve  tempo  del  contenuto  dell'accusa
 elevata   nei  suoi  confronti  ed  a  disporre  del  tempo  e  della
 possibilita' necessari a preparare la difesa (terzo comma, lett. a) e
 b), diritti che verrebbero senz'altro frustrati nell'ipotesi  di  una
 notificazione  di  un  atto  interruttivo  della prescrizione dopo il
 decorso del termine ordinario di prescrizione di cui  all'art.    157
 c.p.,  creando indubbiamente notevoli difficolta' per la preparazione
 della difesa da parte  di  un  imputato  che  poteva  ragionevolmente
 considerare estinto per prescrizione l'eventuale reato ipotizzabile a
 suo carico.
   6.  -  Per  le  considerazioni che precedono si rilevano i seguenti
 profili di illegittimita' costituzionale dell'art.  160  c.p.,  cosi'
 come  interpretato  dalla  Corte  di  cassazione  a Sezioni Unite con
 sentenza n. 3760 del 31 marzo 1994.
   Innanzitutto, in relazione all'art. 3 della Costituzione, vi e'  un
 irragionevole  disuguaglianza  del  trattamento riservato ai soggetti
 destinatari degli atti di interruzione del corso della  prescrizione,
 essendo  consentito  ad  alcuni di essi di avere conoscenza immediata
 dell'atto interruttivo (come avviene per gli atti indicati  al  punto
 3),  invece  ad  altri,  come nell'ipotesi del decreto di citazione a
 giudizio davanti al Pretore, solo in  un  momento  successivo,  anche
 dopo  il  decorso  del  termine  ordinario  di  prescrizione previsto
 dall'art.   157 c.p.,  con  rilevanti  conseguenze  ai  fini  di  una
 tempestiva ed adeguata preparazione della difesa.
   L'art.  160  c.p. appare, poi, alla luce dell'interpretazione delle
 Sezioni Unite della Cassazione, in contrasto con l'art.  24,  secondo
 comma,  della Costituzione, in quanto se l'effetto interruttivo della
 prescrizione viene ricollegato alla semplice emissione del decreto di
 citazione a giudizio l'imputato non e' posto in condizione di  essere
 tempestivamente informato, prima del decorso del termine ordinario di
 prescrizione, dell'esistenza (e persistenza) di una volonta' statuale
 di perseguirlo e, dunque, di preparare tempestivamente la sua difesa,
 potendo  la  notificazione  di  tale  atto  essere effettuata dopo il
 decorso del predetto termine.
   Cio' tanto piu' ove si consideri che spesso il decreto di citazione
 a giudizio costituisce il primo atto  che  informa  l'imputato  dello
 svolgimento  di  indagini  nei  suoi  confronti  per  una determinata
 ipotesi di reato e che la sua emissione  puo'  avvenire,  come  nella
 fattispecie  in  esame,  proprio  nell'imminenza  della  scadenza del
 termine ordinario di prescrizione.
   Inoltre, seguendo la citata interpretazione, la mancata  previsione
 di  un  termine  per  la  notificazione  del  decreto  di citazione a
 giudizio dopo la sua emissione (salvo il solo rispetto del termine  a
 comparire,  previsto  dal 3 comma dell'art. 555 c.p.p.) costituirebbe
 un'ulteriore lesione del diritto di difesa  dell'imputato,  il  quale
 potrebbe  essere  informato dell'evento interruttivo anche a notevole
 distanza di tempo.
                               P. Q. M.
   Visti  gli  articoli  23  e  segg. della legge 11 marzo 1953 n. 87,
 dichiara rilevante e non manifestamente  infondata  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  160 c.p., nella parte in cui
 prevede che il corso della prescrizione e' interrotto  dall'emissione
 del decreto di citazione a giudizio, per contrasto con gli articoli 3
 e 24, secondo comma, della Costituzione;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale, con conseguente sospensione del processo;
   Ordina che la presente ordinanza  venga  comunicata  a  cura  della
 cancelleria  al pubblico ministero in sede e notificata alle imputate
 ed al Presidente del Consiglio dei Ministri,  nonche'  comunicata  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Lecce, addi' 26 ottobre 1998
                          Il pretore: Petrelli
 99C0114