N. 687 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 maggio 1990

                                 N. 687
   Ordinanza emessa il 21 maggio 1990 dalla Corte dei conti, sezione
  terza giurisdizionale sul ricorso proposto da Rossi Manlio ed altri
 Pensioni  -  Trattamento  pensionistico  dei  magistrati  e categorie
 assimilate - Mancata  previsione  di  un  meccanismo  di  adeguamento
 automatico e periodico quanto meno equivalente a quello stabilito per
 i trattamenti di attivita' - Ingiustificata disparita' di trattamento
 fra  i  magistrati  in servizio e quelli in quiescenza Violazione del
 principio della proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione.
 (Legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 2).
 (Cost., artt. 3, 36 e 38).
(GU n.45 del 14-11-1990 )
                           LA CORTE DEI CONTI
    Uditi  nella  pubblica  udienza  del  2 aprile 1990, i consiglieri
 relatori, Italico  Pederzoli,  Claudio  De  Rose,  Giulio  Lucente  e
 D'Antino Settevendemmie i difensori del ricorrente come da successivo
 elenco ed il pubblico  ministero  in  persona  del  vice  procuratore
 generale dott. Antonio Barrella;
    Visti i ricorsi:
      1)  n.  120073  prodotto  da Rossi Manlio rappresentato e difeso
 dall'avv. Michelangelo  Pascasio,  con  domicilio  eletto  presso  lo
 studio di questo ultimo in via Boncompagni n. 61, Roma;
      2)  n.  124349  prodotto  da  Cristallo  Aurelio rappresentato e
 difeso dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      3)  n.  123495  prodotto da Peronaci Aldo rappresentato e difeso
 dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      4)  n.  124501  prodotto  da  Simonetti Gustavo, rappr. e difeso
 dall'avv. Giorgio Natoli con domicilio eletto  presso  lo  studio  di
 quest'ultimo in via Cicerone n. 28, Roma;
      5)  n. 124502 prodotto da Pansini Giovannalfonso rappresentato e
 difeso dall'avv. G. Natoli (domicilio come sopra);
      6)  n.  125208  prodotto  da Bongioanni Vincenzo rappresentato e
 difeso dall'avv. G. Natoli (domicilio come sopra);
      7) n. 127962 prodotto da Schinzani Renato rappresentato e difeso
 dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      8)  n.  128211  prodotto  da  Grimaldi Salvatore rappresentato e
 difeso dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      9)  n.  128251  prodotto  da  Renda Dante rappresentato e difeso
 dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      10)  n. 128598 e 118828 prodotto da Felisio Amelia rappresentata
 e difesa dall'avv. M. Pascasio (domicilio come sopra);
      11)  n.  130594 prodotto da Cutrupia Aldo rappresentato e difeso
 dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      12)  n. 131335 prodotto da Amadio Eduardo rappresentato e difeso
 dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      13) n. 131336 prodotto da Trotta Giuseppe rappresentato e difeso
 dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      14)  n.  133012  prodotto  da  Caporicci Antonio rappresentato e
 difeso dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      15)  n.  133014  prodotto  da  Galletta Domenico rappresentato e
 difeso dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      16)  n.  133015  prodotto da Di Tommaso Giovanni rappresentato e
 difeso dall'avv. M. Pascasio (domicilio come sopra);
      17)  n.  133381  prodotto da Tartaglia Adalberto rappresentato e
 difeso dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      18)  n.  133759 prodotto da Caufin Mattia rappresentato e difeso
 dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      19) n. 133760 prodotto da Marinaro Nicola rappresentato e difeso
 dall'avv. M. Pascasio (domicilio c.s.);
      20)  n.  133762  prodotto  da Mirabelli Giuseppe rappresentato e
 difeso dall'avv. Pascasio (domicilio c.s.);
    Vista  la  decisione  parziale  in  pari  data  con  la quale, tra
 l'altro, e' stata preliminarmente disposta la  riunione  dei  giudizi
 sui ricorsi predetti;
    Visti gli atti e i documenti tutti;
                     CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO
    I ricorrenti, tutti magistrati, procuratori e avvocati dello Stato
 cessati dal servizio anteriormente al 1º  luglio  1983  (ovvero  loro
 aventi  causa),  invocano l'affermazione del loro diritto ad ottenere
 dalle amministrazioni competenti,  oltre  alla  riliquidazione  della
 pensione  sulla  base  degli incrementi del trattamento economico del
 corrispondente personale  in  servizio,  maturatisi  a  tutto  il  1º
 gennaio  1988  in applicazione degli artt. 3 e 4 della legge 6 agosto
 1984, n. 425 (aspetto questo definito positivamente con la  decisione
 parziale richiamata in epigrafe, alla luce della sentenza della Corte
 costituzionale  n.  501  del  21   aprile-5   maggio   1988),   anche
 l'adeguamento  automatico  della  pensione,  cosi'  riliquidata, alle
 successive variazioni in aumento del trattamento di attivita', che  i
 magistrati  in  servizio (e assimilati) hanno gia' ottenuto alle date
 del 1º gennaio 1989 e 1º gennaio 1990 ed otterranno  in  futuro,  per
 effetto  del  meccanismo  di  incremento  costante  per essi previsto
 dall'art. 2 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.
    In  senso  favorevole  all'applicazione di questo meccanismo anche
 alle pensioni in esame si sono  pronunciate  le  sezioni  riunite  di
 questa  Corte,  con  la  decisione  di massima 76/C del 27 ottobre-14
 novembre 1988, questa stessa sezione e la sezione giurisdizionale per
 la  Sardegna,  con  decisioni emesse, rispettivamente, il 13-20 marzo
 1989 e il 23 febbraio 1990.
    Dette  pronunzie  si basano sul convincimento che la necessita' di
 rapportare costantemente i trattamenti pensionistici  dei  magistrati
 (ed  assimilati)  ai corrispondenti trattamenti di attivita' discenda
 direttamente  dalla  soprarichiamata  sentenza  n.  501  della  Corte
 costituzionale,  in  particolare  dall'assunto, ivi contenuto, che la
 pensione deve intendersi come retribuzione differita e pertanto, come
 quet'ultima,   deve   poter   assicurare   con   continuita'  al  suo
 beneficiario,  nel   rispetto   dell'art.   36   della   Costituzione
 "un'esistenza  libera  e  dignitosa" per se' e per la sua famiglia in
 proporzione alla qualita' e alla durata del lavoro prestato.
    Nessun  dubbio,  in  linea  di  principio,  sulla  validita' degli
 enunciati che precedono ma si impone  la  riflessione  che  essi  non
 trovano riscontro in alcuna norma di legge, per cui c'e' da chiedersi
 se  si  possa  sopperire  a  tale  vuoto  legislativo   semplicemente
 estendendo alle pensioni delle categorie magistratuali un meccanismo,
 quale quello di cui all'art. 2 della legge n. 27/1981,  appositamente
 previsto per i trattamenti di servizio.
    Ed  invero,  siffatta  possibilita'  sembra  essere  esclusa dalla
 stessa sentenza n. 501 della Corte costituzionale, posto che in  essa
 l'esigenza perequativa dei trattamenti pensionistici viene ricondotta
 alla sfera  potestativa  del  legislatore  attraverso  l'affermazione
 dell'obbligo per quest'ultimo di provvedere (con scelta discrezionale
 dei mezzi) ogniqualvolta si delimiti, nei  riguardi  dei  trattamenti
 pensionistici,  una  situazione sperequata rispetto al trattamento di
 servizio.
    Cosi'cche'  non  sembra  che  la  sentenza n. 501 lasci spazio per
 colmare le lacune ordinamentali in  materia  attraverso  le  tecniche
 dell'interpretazione estensiva o dell'applicazione analogica di norme
 dettate per altre finalita'. La sentenza, invece, indica la strada da
 seguire quando si e' in presenza di una situazione di stallo da parte
 del legislatore e cioe'  quella  di  adire  la  Corte  costituzionale
 perche'  valuti  se  si  verte in ipotesi di violazione del dovere di
 provvedere  integri,  in  caso   positivo,   la   lacunosa   volonta'
 legislativa  (cosi'  come  ha fatto, appunto, con la sentenza n. 501,
 nei riguardi della legge 17 aprile 1985, n. 141 per la parte  in  cui
 aveva  omesso  di  disporre  la  riliquidazione delle pensioni di cui
 trattasi alla stregua della ristrutturazione stipendiale ex legge  n.
 425/1984).
    Nella   specie  si  profila  una  situazione  del  genere  perche'
 l'esistenza stessa di  una  norma  quale  l'art.  2  della  legge  n.
 27/1981,  che  consente  l'adeguamento  continuo  degli  stipendi  di
 attivita' dei magistrati (e assimilati alla  media  degli  incrementi
 stipendiali  via  via  realizzati  nell'arco  di un triennio da altri
 settori, comporta una progressiva divaricazione tra il trattamento di
 attivita' e quello pensionistico, a danno di quest'ultimo.
    Di  qui,  dunque, il dubbio che all'atto stesso dell'emanazione di
 quella norma sia divenuto operativo per il legislatore  l'obbligo  di
 provvedere  nel  senso indicato dalla Corte costituzionale e cioe' di
 integrare la norma  medesima  con  l'estensione  del  suo  meccanismo
 automatico   ai  trattamenti  pensionistici  o,  quantomeno,  con  la
 previsione, per gli stessi, di un meccanismo di adeguamento periodico
 equivalente a quello statuito per i trattamenti di attivita'.
    Di  conseguenza, nei riguardi dell'art. 2 citato si profilano come
 non manifestamente infondata per la parte in cui  esso  non  provvede
 nei   termini   anzidetti  a  favore  dei  trattamenti  pensionistici
 magistratuali e assimilati, le  seguenti  questioni  di  legittimita'
 costituzionale:
      1) contrasto con gli artt. 36 e 38 della Costituzione poiche' il
 mancato intervento legislativo sembra costituire un grave vulnus alla
 piena  remunerativita'  della pensione la quale negli esposti termini
 di proporzionalita' rispetto  alla  quantita'  e  durata  del  lavoro
 prestato,  di garanzia per il titolare e la sua famiglia di mezzi per
 un'esistenza libera e dignitosa,  oltre  che  di  proporzionalita'  e
 adeguatezza  in  relazione  ai mutamenti del potere di acquisto della
 moneta, appare garantita solo dalla necessaria  costante  adeguazione
 del  trattamento  di  quescenza  alle retribuzioni del servizo attivo
 (Corte costituzionale  sentenze  nn.  26/1980,  173/1986  e  501/1988
 cit.);
      2)  contrasto  con l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo
 dell'ingiustificata disparita' di trattamento  nei  riguardi  di  due
 categorie di soggetti (magistrati e assimilati in servizio attivo, da
 un lato e magistrati e  assimilati  in  quiescenza,  dall'altro)  cui
 l'ordinamento   sembra   riconoscere  uguale  diritto  a  trattamenti
 economici costantemente adeguati, in virtu'  della  comune  finalita'
 retributiva,  agli indici di incremento del costo della vita e quindi
 uguale diritto a meccanismi  riequilibratori  come  quello  stabilito
 dall'art. 2 della legge n. 27/1981.
    Le questioni appaiono rilevanti ai fini della decisione nel merito
 dei ricorsi riuniti, perche' dall'esito delle stesse dipende  l'esito
 delle  pretese  dei  ricorrenti  sul punto dell'applicazione nei loro
 confronti degli incrementi tabellari ex art. 2 citato alle  date  del
 1º gennaio 1989, 1º gennaio 1990 ed oltre.
    La  rilevanza  non concerne invece le misure stipendiali ex art. 2
 maturatesi a tutto il  1º  gennaio  1988,  perche'  le  stesse,  come
 precisato  anche nella separata decisione parziale in pari data della
 presente ordinanza, concorrono, insieme con la  nuova  struttura  del
 trattamento  di  attivita'  prevista dagli artt. 3 e 4 della legge n.
 425/1984, alla corretta riliquidazione, con effetto da  quella  data,
 delle  pensioni  dei ricorrenti in applicazione della sentenza n. 501
 della Corte costituzionale, che ha integrato con la legge n.  425  la
 legge n. 141/1985.
    Di  conseguenza dette misure costituiscono, a differenza di quelle
 successive al 1º gennaio 1988, non un autonomo beneficio  aggiuntivo,
 allo  stato  inapplicabile  alle  pensioni nella rilevata e censurata
 assenza di una norma adeguatrice, bensi'  una  necessaria  componente
 economica  della  rivalutazione  pensionistica  a  quella data, quale
 risulta  voluta  dal  legislatore   per   effetto   della   pronunzia
 integrativa della Corte costituzionale.
                                P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Ordina che il giudizio sui ricorsi riuniti per la parte ancora non
 decisa con la pronunzia in pari data, sia sospesa e  gli  atti  siano
 trasmessi  alla  Corte  costituzionale  affinche'  siano  risolte  le
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della  legge  19
 febbraio  1981,  n.  27, per contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 della
 Costituzione nella parte in cui,  pur  prevedendo  un  meccanismo  di
 adeguamento  annuale  degli  stipendi  di  attivita' dei magistrati e
 categorie  assimilate,  non  dispone  l'estensione  dello  stesso  ai
 trattamenti  economici del corrispondente personale in quiescenza ne'
 comunque  prevede,  per   i   trattamenti   stessi,   un   meccanismo
 equivalente;
    Dispone  che  la  presente ordinanza sia notificata al procuratore
 generale di questa Corte ed al Presidente del Consiglio dei  Ministri
 nonche'  comunicata  al  Presidente  del  Senato  e  della Camera dei
 deputati.
    Cosi' pronunciato in Roma, nella camera di consiglio del 21 maggio
 1990.
                   Il presidente: (firma illeggibile)

 90C1333