N. 316 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 gennaio 1998- 14 maggio 1999

                                N. 316
  Ordinanza   emessa   il   29  gennaio  1998  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale  il  14  maggio  1999)  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  per  l'Emilia-Romagna  sul  ricorso proposto dal comune di
 Argelato contro il CO.RE.CO. dell'Emilia-Romagna ed altra.
 Circolazione  stradale  -  Sanzioni   amministrative   pecuniarie   -
    Destinazione di quota dei proventi alla previdenza integrativa del
    personale  di  polizia  (Polizia  di  Stato, Arma dei carabinieri,
    Guardia  di  finanza),  ivi  compresa   la   Polizia   municipale,
    competente  all'irrogazione  delle sanzioni stesse - Incidenza sul
    principio  di   imparzialita'   dell'azione   amministrativa   per
    l'incentivo   alla   funzione  di  accertamento  -  Disparita'  di
    trattamento, a parita' di qualifica funzionale, tra  il  personale
    delle  amministrazioni  in  questione, a seconda dello svolgimento
    delle funzioni di accertamento.
 (C.d.S., art. 208, comma 2, lettera a), e 4,  modificato  dal  d.lgs.
    10 settembre 1993, n. 360, art. 109).
 (Cost., artt. 3 e 97).
(GU n.23 del 9-6-1999 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso proposto dal
 comune  di  Argelato  rappresentato  e  difeso  dall'avv.   Gualtiero
 Pittalis  ed  elettivamente domiciliato, in Bologna, via Saragozza n.
 28;
   Contro la regione Emilia-Romagna (Comitato regionale di controllo),
 non costituita per l'annullamento  del  provvedimento  del  CO.RE.CO.
 dell'Emilia-Romagna  prot.  n. 96/034377, datato 18 novembre 1996 con
 cui e' stata annullata la  deliberazione  della  Giunta  comunale  di
 Argelato  n.  239 del 15 ottobre 1996 avente ad oggetto: "Bilancio di
 previsione esercizio 1996 - Assegnazione fondi  al  Comandante  della
 Polizia   municipale   -   Utilizzazione   proventi   delle  sanzioni
 amministrative per assistenza e previdenza  personale  della  polizia
 municipale";
   Udito  all'udienza  pubblica  del  29 gennaio 1998 l'avv. Gualtiero
 Pittalis per la parte ricorrente;
   Considerato quanto segue:
                               F a t t o
   Il  comune  ricorrente  fa  preliminarmente   presente   che   "con
 deliberazione  di  Giunta n. 537 del 12 dicembre 1994 (...) (esso) ha
 stabilito, in applicazione dell'art.  208  del  codice  della  strada
 (D.Lgs.  30  aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni) le varie
 destinazioni  dei  proventi  delle sanzioni amministrative pecuniarie
 per infrazioni stradali, decidendo in particolare di destinare il  7%
 di  tali  proventi  all'assistenza  e  previdenza del personale della
 Polizia municipale (...)".
   Si aggiunge che  "essendosi  quindi  proceduto  alla  scelta  della
 compagnia   cui  affidare  il  relativo  contratto  di  assicurazione
 (individuata nell' INA-Assitalia di Casalecchio di Reno),  il  comune
 di  Argelato  infine  ha  assunto la delibera di Giunta n. 239 del 15
 ottobre 1996 con cui ha messo a  disposizione  del  comandante  della
 Polizia municipale le necessarie disponibilita' finanziarie "e che su
 tal  mezzo"  e'  inopinatamente intervenuto il CO.RE.CO. annullandolo
 con il provvedimento prot. 96/034377 del  18  novembre  1996,  basato
 sulla  ritenuta  illegittima della destinazione di parte dei proventi
 delle sanzioni pecuniarie per infrazioni stradali al personale  della
 polizia municipale ai sensi dell'art. 208 C.d.S.".
    A sostegno del ricorso, sono presentate le censure di:
     1)  violazione  e  falsa applicazione dell'art. 5, legge 20 marzo
 1965, n. 2248, all. E. Eccesso di potere per falso supposto di  fatto
 e  di  diritto  e  per  manifesta  contraddittorieta' ed illogicita'.
 Eccesso di potere per difetto  di  motivazione.  Violazione  e  falsa
 applicazione  dell'art. 46, legge 8 giugno 1990, n. 142 e degli artt.
 25 e 26,  legge  regionale  7  febbraio  1992,  n.  17  e  successive
 modificazioni.
   Si  osserva  che  "pur avendo presente la sentenza del Consiglio di
 Stato, sez. V, 22 giugno 1996, n. 786  (..)  in  primo  luogo,  detta
 sentenza,  laddove  ammette che l'organo di controllo possa annullare
 un  atto  per  illegittimita'   derivata   da   altro   provvedimento
 precedentemente     approvato,     si     riferisce    esclusivamente
 all'annullamento   per   illegittimita'   derivata,   mentre    nella
 fattispecie  il  CO.RE.CO.  ha  esaminato  la  delibera  comunale  n.
 239/1996 ex se, senza alcun riferimento alla precedente  delibera  n.
 537/1994  a  suo  tempo  approvata e della quale la prima costituisce
 attuazione;  ed  incorrendo,  anzi  anche  in   un   evidente   falso
 presupposto di diritto e di fatto laddove ha annullato la delibera n.
 239/1996  in quanto istitutiva della contestata destinazione di somme
 alla previdenza ed assistenza del personale della Polizia  municipale
 (mentre  la  delibera  istitutiva  e'  unicamente la n. 537/1994, del
 tutto ignorata).
   Cosi' facendo, il CO.RE.CO., ha eccepito, a carico  della  delibera
 n.    239/1996,    non    un'illegittimita'    derivata    (..),   ma
 un'illegittimita' propria, concettualmente inconfigurabile, pena  una
 evidente   contraddittorieta'   ed   illogicita',   a  carico  di  un
 provvedimento attuativo ove questo venga censurato unicamente per  il
 principio  espresso  nel provvedimento sottostante gia' approvato cui
 esso si limiti a dare attuazione".
   Si aggiunge che "per il combinato disposto dell'art. 208 C.d.S.   e
 dell'art.    393 del relativo regolamento di esecuzione approvato con
 D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 (e recentemente modificato con d.P.R.
 16 settembre 1996, n. 610  (...),  le  destinazioni  percentuali  dei
 proventi  (nell'ambito  di quelle previste dai commi secondo e quarto
 dell'art. 208) vengono effettuate attraverso le seguenti  fasi:    a)
 determinazioni  delle  quote da destinarsi a ciascuna delle finalita'
 indicate; b) iscrizione nel bilancio  dell'ente  locale  di  apposito
 capitolo di entrata e di uscita dei proventi.
   Tali  fasi,  che  esauriscono  l'an ed il quantum dell'applicazione
 dell'art.   208 C.d.S., sono  gia'  state  consumate  dal  Comune  di
 Argelato  con  la  delibera  n.  537  del  12  dicembre 1994 e con le
 successive delibere consiliari n. 46 e n.  47  del  30  maggio  1996,
 richiamate nella delibera n. 239/1996.
   La  odierna  delibera  di  Giunta n. 239 del 15 ottobre 1996 non ha
 piu' ad oggetto l'an ed il quantum  dell'applicazione  dell'art.  208
 C.d.S.,  ma  unicamente  l'adempimento  finanziario  (assegnazione di
 fondi al comandante della Polizia municipale) per la copertura  delle
 spese  del contratto di assicurazione con la compagnia gia' prescelta
 per l'effettuazione  delle  prestazioni  gia'  decise  con  gli  atti
 precedenti".
     2) violazione e falsa applicazione dell'art. 208 d.lgs. 30 aprile
 1992,  n. 285 e successive modificazioni. Eccesso di potere per falso
 supposto di diritto e per manifesta illogicita'. contraddittorieta' e
 disparita' di trattamento.
   Si rileva che "l'art. 208 C.d.S., dopo  avere  stabilito  al  primo
 comma  che  i  proventi  delle sanzioni amministrative pecuniarie per
 violazioni stradali sono devoluti allo  Stato  quando  le  violazioni
 siano  accertate  da  agenti  dello  Stato, ed ai comuni quando siano
 accertate  da  agenti  dei  comuni,  elenca  al  secondo   comma   le
 destinazioni dei suddetti proventi spettanti allo Stato al successivo
 quarto  comma  che  i proventi spettanti agli altri enti indicati nel
 comma 1 (fra i quali i comuni) sono anch'essi destinati alle medesime
 finalita' di cui al comma 2.
   In altre  parole,  l'art.  208  C.d.S  ha  istituito  una  perfetta
 corrispondenza fra le destinazioni dei proventi devoluti allo stato e
 le destinazioni dei proventi devoluti ai comuni.
   Fra  le  destinazioni  delle  somme devolute allo Stato, il secondo
 comma comprende l'assistenza e previdenza del personale della Polizia
 di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia  di  finanza;  il
 comune  di  Argelato, assumendo un indirizzo peraltro condiviso dalla
 regione Emilia-Romagna e dal Ministero degli interni, ha ritenuto che
 - in ossequio al cennato  principio  di  corrispondenza  fissato  dal
 quarto comma - analoga destinazione (assistenza e previdenza) possa e
 debba  essere disposta, per le somme devolute ai comuni, a favore del
 personale della Polizia municipale (nella quota del 7% del totale dei
 proventi).
   Il Co.Re.Co. contesta tale estensione eccependo che la destinazione
 in parola non e' espressamente prevista dall'art. 208 del C.d.S.    a
 favore  della  Polizia municipale e che gli agenti di questa non sono
 equiparati  da  alcuna  norma  dell'ordinamento  agli  agenti   della
 Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di finanza.
   In  contrario  si  osserva  anzitutto  che  (..)  il  quarto  comma
 dell'art.  208 richiama senza alcun distinguo od  eccezione,  per  le
 somme   devolute  ai  comuni,  tutte  le  destinazioni  previste  dal
 precedente secondo comma.
   In secondo luogo, la ratio della norma rende irrilevante, ai nostri
 fini, la circostanza  dell'omessa  menzione  espressa  della  Polizia
 municipale,  ove  si  consideri  che  quest'ultima  e'  espressamente
 contemplata dagli artt. 11 e 12 dello stesso C.d.S.  fra  i  titolari
 dei  servizi  di  polizia  stradale, che ricomprendono l'accertamento
 delle  violazioni  in  materia  di  circolazione  stradale,   accanto
 (appunto)  alla  Polizia  di  Stato, all'Arma dei Carabinieri ed alla
 Guardia di finanza.
   Non  solo,  il  combinato  disposto  degli  artt.  3  e   5   della
 legge-quadro  7  marzo  1986,  n.  65  sull'ordinamento della polizia
 municipale e l'art.  4 della legge regionale  dell'Emilia-Romagna  22
 gennaio    1988, n.   3 in materia di polizia locale indicano, fra le
 funzioni della Polizia municipale  la  vigilanza  sulla  circolazione
 stradale (oltreche', piu' in generale, la collaborazione con le forze
 della Polizia di Stato).
   Poiche'  la  ratio  dell'art.  208, secondo comma, e' evidentemente
 quella di costituire posizioni assicurative e previdenziali a  favore
 del  personale  dei corpi titolari dell'accertamento delle infrazioni
 stradali, la stessa ratio opera correttamente, tantopiu' in  presenza
 del  quarto  comma  che  richiama espressamente tutte le destinazioni
 previste  dal  secondo  comma,  a  favore  degli  agenti  di  Polizia
 municipale  ugualmente titolari della stessa funzione (dall'esercizio
 della quale derivano i proventi della cui destinazione si tratta).
   Non e', quindi, un problema di generale equiparazione della Polizia
 municipale agli altri Corpi statali (Polizia, Carabinieri, Guardia di
 finanza),  come  erroneamente   ritiene   il   Co.Re.Co.;   trattasi,
 piuttosto,  di  applicazione  logica  e  non discriminatoria, ai fini
 circoscritti, della speciale disposizione dell'art.  208  C.d.S.  nel
 rispetto della ratio (e della stessa lettera) di questa".
     3)  violazione  e  falsa  applicazione degli artt. 1, 12, 14 e 15
 preleggi. Violazione e falsa  applicazione  dell'art.  31  d.P.R.  25
 giugno  1983, n. 347. Eccesso di potere per falso supposto di diritto
 e per manifesta contraddittorieta' ed illogicita'. Eccesso di  potere
 per difetto di motivazione.
   Si rileva che "il Co.Re.Co. ha eccepito la violazione dell'art.  31
 d.P.R.   n.  347/1983  e  del  principio  di  omnicomprensivita'  del
 trattamento economico ivi contemplato.
   In contrario si osserva che l'art. 208 C.d.S. costituisce norma  di
 legge,  speciale  e successiva (rispetto al d.P.R. n. 347/1983 avente
 natura regolamentare), destinata quindi a prevalere  in  applicazione
 delle  norme  e principi di cui alle preleggi richiamate in epigrafe:
 gerarchia delle fonti che privilegia la legge sul  regolamento  (art.
 1),  prevalenza della legge speciale (artt. 12, 14, 15) rispetto alla
 disposizione generale e precedente".
   Si aggiunge che "il punto 56 delle linee interpretative  del  nuovo
 Contratto  di lavoro del 6 luglio 1995, formulate dall'ARAN - Agenzia
 per la Rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni -  il
 25    luglio    1996    afferma   che   sono   ammissibili   compensi
 extra-contrattuali quando sono  previsti  dalle  leggi  (come  accade
 nella  fattispecie  ad opera dell'art. 208 C.d.S.); mentre la regione
 Emilia-Romagna, nel proprio parere dell'11 marzo  1995  e  sempre  il
 sindaco  nella nota dell'11 marzo 1995 indirizzata al Co.Re.Co. e che
 aveva consentito l'approvazione della delibera  n.  537/1994  avevano
 sottolineato  come  l'art.  208 C.d.S. possa derogare all'art. 31 del
 D.P.R. n. 347/1983 e come l'ordinamento gia' conosca altre deroghe al
 principio di omnicomprensivita' (indennita' di vigilanza).
   Il   Co.Re.Co.   (..)   ha   richiamato   contradittoriamente    ed
 illogicamente  il punto 56 del documento ARAN del 25 luglio 1996 (che
 depone invece (..) per  la  legittimita'  dell'operato  del  comune).
 Inoltre,  non  ha  specificamente  motivato in ordine ai pareri della
 regione  Emilia-Romagna  del  15  maggio 1995 e del 22 agosto 1994 ed
 alla nota del Sindaco del 26 ottobre 1996, che  li  ha  espressamente
 richiamati.
   Tali   note   (..)   hanno   tutte   dettagliatamente  spiegato  la
 legittimita' dell'orientamento assunto  dal  comune  di  Argelato  in
 riferimento  sia  all'interpretazione  dell'art.  208 C.d.S. sia alla
 insussistenza di ragioni ostative derivabili dall'art. 31 del  d.P.R.
 n. 347/1983.
   In  ordine  a  tali  documenti  il  Co.Re.Co. non ha specificamente
 contraddetto, cosicche' si eccepisce anche l'eccesso  di  potere  per
 difetto  di  motivazione  e  la violazione dell'art. 3 della legge n.
 241/1990 e dell'art. 30,  secondo  comma,  della  legge  regionale  7
 febbraio  1992,  n.  7  e  successive  modificazioni che impongono la
 motivazione".
   La regione non ha ritenuto di costituirsi in  giudizio  a  sostegno
 dell'impugnato provvedimento del proprio organo di controllo.
   Infine,  il  procuratore del comune ricorrente non ha provveduto al
 deposito in giudizio della nota delle spese, competenze ed onorari di
 causa.
                             D i r i t t o
   1. - Il ricorso e' - ad avviso del Collegio - fondato.
   E cio', nella considerazione assorbente:
     a) che l'art. 208 d.lgs. 30 aprile 1992.  n.  285  (Codice  della
 Strada)  -  come  successivamente  modificato  in parte dall'art. 109
 d.lgs. 10 settembre 1993, n. 360, - prescrive che "i  proventi  delle
 sanzioni   amministrative  pecuniarie  per  violazioni  previste  dal
 presente codice sono devoluti allo Stato, quando le violazioni  siano
 accertate  da  funzionari,  ufficiali  ed  agenti dello Stato (..). I
 proventi stessi sono devoluti alle regioni, province e comuni, quando
 le violazioni siano accertate da  funzionari,  ufficiali  ed  agenti,
 rispettivamente,  delle  regioni, delle province e dei comuni" (primo
 comma), ponendo in tal  modo  una  piena  equiparazione  -  sotto  lo
 specifico  profilo  in  oggetto - tra l'amministrazione dello Stato e
 gli enti locali;
     b) che la  norma  dianzi  indicata  prescrive,  inoltre,  che  "i
 proventi  di cui al comma 1, spettanti allo Stato, sono destinati: a)
 al Ministero dei lavori pubblici (..) nella misura  dell'ottanta  per
 cento  del totale annuo (..) per studi, ricerche e propaganda ai fini
 della sicurezza stradale (..), per la redazione dei piani  urbani  di
 traffico,  per  finalita' di educazione stradale e per l'assistenza e
 previdenza del  personale  della  Polizia  di  Stato,  dell'Arma  dei
 Carabinieri  e  della Guardia di finanza"; b) alla Direzione generale
 della M.C.T.G.  nella misura del venti per  cento  del  totale  annuo
 (..)  per  studi  e  ricerche  sulla  sicurezza del veicolo" (secondo
 comma); che, infine, "i proventi spettanti agli altri  enti  indicati
 nel comma 1 (regioni, province e comuni) sono devoluti alle finalita'
 di  cui al comma 2, nonche' al miglioramento della circolazione sulle
 strade, al potenziamento e miglioramento della segnaletica stradale e
 alla redazione dei piani di cui all'art. 36, alla fornitura di  mezzi
 tenuti necessari per i servizi di polizia stradale di loro competenza
 (quarto comma);
     c)  che  dal  coacervo delle disposizioni dianzi delineate emerge
 come la complessiva ragione di essere  di  questa  normativa  sia  da
 rinvenirsi  -  ad  avviso  del  Collegio  -  anche  nella volonta' di
 assicurare  al  personale   dello   Stato   e   degli   enti   locali
 funzionalmente   competente   in  tema  di  irrogazione  di  sanzioni
 amministrative pecuniarie per violazioni previste  dal  Codice  della
 strada  una quota parte di tali proventi (da determinarsi annualmente
 da parte dell'ente, in relazione all'importo complessivo disponibile)
 per costituire a vantaggio di tale  personale  forme  integrative  di
 assistenza e previdenza;
     d)  che  il personale appartenente al Corpo di Polizia municipale
 rientra nella previsione normativa dianzi indicata, per la sua tipica
 competenza  funzionale   in   tema   di   irrogazione   di   sanzioni
 amministrative  pecuniarie  per  violazioni previste dal Codice della
 strada, onde non appare necessario - ai fini in esame -  che  vi  sia
 anche una equiparazione generale in via legislativa di tale personale
 al  personale  della  Polizia  di  Stato, dell'Arma dei Carabinieri e
 della Guardia di finanza;
     e) che il canone di onnicomprensivita' della retribuzione sancito
 dall'art. 31 d.P.R. 25 giugno 1983, n. 347  appare  inapplicabile  al
 caso in esame poiche' soccombente rispetto alla norma sopraindicata e
 successiva di cui all'art. 208 d.lgs. cit.
   2.   -  L'esegesi  della  normativa  predetta  dovrebbe,  pertanto,
 condurre all'accoglimento del presente ricorso.
   Ritiene, peraltro, il Collegio d'ufficio che l'art. 208 d.lgs.   30
 aprile  1992,  n. 285, nella sua attuale configurazione e nella parte
 specificamente in esame, ponga un profilo di eventuale illegittimita'
 costituzionale per violazione degli artt. 3  e  97  Cost.;  che  tale
 profilo  non sia, in questa fase, manifestamente infondato e che esso
 sia rilevante ai fini della definizione della presente controversia.
   Il Collegio dubita, invero, della legittimita' costituzionale della
 norma predetta (nella parte specificamente all'esame)  per  contrasto
 con  il principio di eguaglianza e con il principio di buon andamento
 ed imparzialita' della amministrazione posti dai  suddetti  parametri
 costituzionali  e ritiene che la questione si presenti come rilevante
 e non manifestamente infondata.
   Quanto  al  primo  profilo,  non  vi  e'  dubbio  che   l'eventuale
 caducazione  della  norma  predetta  a  seguito di un accertamento di
 incostituzionalita' della norma medesima comporterebbe la definizione
 della controversia in  senso  pregiudizievole  all'  interesse  fatto
 valere e'in giudizio dalla parte ricorrente.
   Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, essa emerge
 dalla  considerazione  che  la  norma  predetta - nel contemplare una
 forma di previdenza ed assistenza integrativa unicamente a favore del
 personale  competente  all'irrogazione  di  sanzioni   amministrative
 pecuniarie  per  violazione di precetti del Codice della strada e con
 l'uso a tale fine di una parte dei  relativi  proventi  proporzionale
 all'importo   complessivo   annuo   di  tale  massa  monetaria  e  da
 determinarsi con cadenza annua da parte dell'ente percettore - da  un
 lato  configura  una  situazione  differenziata  ed  una  conseguente
 disparita'  di  trattamento  sul  piano  dell'  assistenza  e   della
 previdenza   nei  confronti  della  platea  complessiva  degli  altri
 dipendenti dell'ente  in  genere  (e  di  quelli  di  pari  qualifica
 funzionale in particolare) che appare arbitraria in quanto diretta ad
 incidere  sui fondamenti stessi del rapporto d'impiego in presenza di
 una  mera  diversita' di mansioni all'interno di un quadro funzionale
 che  e',   invece,   complessivamente   unitario   in   vista   della
 realizzazione delle finalita' dell'ente.
   Dall'altro  essa  -  nel  dare ingresso ad una forma sostanziale (e
 tendenzialmente  crescente)  di  compartecipazione   da   parte   del
 personale  predetto alle utilita' derivanti dall'attivita' repressiva
 e sanzionatoria a cui esso e' preposto mediante una  integrazione  di
 fatto  del  trattamento  economico  - appare idonea a pregiudicare il
 carattere di imparzialita' che l'azione amministrativa deve avere non
 solo nel suo concreto atteggiarsi, ma anche  nell'immagine  che  essa
 offre  alla  platea  dei  cittadini. E, a tale riguardo, non puo' non
 rilevarsi  come  elemento  fondante  di  qualsivoglia  situazione  di
 imparzialita'   nell'azione  amministrativa  sia  che  il  dipendente
 funzionalmente competente non abbia nell'esercizio delle sue funzioni
 un  diretto   interesse   di   natura   retributiva   tendenzialmente
 proporzionale  - nel caso in esame - all'incremento del quantum delle
 sanzioni pecuniarie  che  egli  abbia  concorso  ad  irrogare.  Cio',
 infatti,  darebbe origine ad una situazione di accertato conflitto di
 interessi  ed  inoltre  -  pregiudicando  la   stessa   immagine   di
 imparzialita'   di   quello  -  inciderebbe  negativamente  sul  buon
 andamento  dell'   amministrazione,   alimentando   una   accresciuta
 conflittualita' sociale.
   Va, pertanto, sollevata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.   208, secondo e quarto comma d.lgs. cit. per contrasto con
 gli artt. 3 e 97 della Costituzione; conseguentemente va disposta  la
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, mentre il presente
 giudizio deve essere sospeso ai sensi dell'art. 23, legge n. 87/1953,
 fino  alla  pronuncia  sulla  legittimita' costituzionale della norma
 indicata.
                               P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 208, commi 2 e 4 d.lgs.
  30  aprile  1992,  n. 285 - come modificato dall'art. 109, d.lgs. 10
 settembre 1993, n. 360 -  in  relazione  agli  artt.  3  e  97  della
 Costituzione;
   Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Sospende  la trattazione del ricorso in esame ai sensi dell'art 23,
 legge 11 marzo 1953, n. 87;
   Ordina che a cura  della  segreteria,  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
 Ministri  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento.
     Cosi'  deciso in Bologna nella Camera di consiglio del 29 gennaio
 1998.
   La presente  decisione  e'  sottoscritta  ai  sensi  dell'art.  132
 c.p.c.,  in  consenguenza  della  morte  del  Pres.  Vincenzo Laurita
 sopravvenuta il 15 aprile 1998.
                        Il presidente: Laurita
                                  Il consigliere rel. est.: Mozzarelli
 99C0549