N. 32 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 aprile 1997
N. 32 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 aprile 1997 (del presidente della regione siciliana) Finanza pubblica allargata - Disposizioni a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997 - Riscossione dei tributi - Obbligo del commissario governativo, delegato provvisoriamente alla riscossione, di rispondere del non riscosso come riscosso - Potere del Ministro delle finanze di disporre l'esonero da tale obbligo - Lesione dell'autonomia finanziaria della regione Sicilia - Incidenza sul principio di leale collaborazione tra Stato e regioni. (D.-L. 31 dicembre 1996, n. 669, artt. 5, comma 1, lett. a), 7; convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 1997, n. 30). (Statuto regione Sicilia, art. 36).(GU n.23 del 4-6-1997 )
Ricorso del presidente della regione siciliana pro-tempore on.le prof. Giuseppe Provenzano, autorizzato a ricorrere con deliberazione della Giunta regionale n. 94 del 25 marzo 1997, rappresentato e difeso sia congiuntamente che disgiuntamente, dall'avv. Francesco Torre e dall'avv. Giovanni Lo Bue ed elettivamente domiciliato nell'ufficio della regione in Roma, via Marghera, 36, giusta procura a margine del presente atto contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, domiciliato per la carica a Roma, presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Palazzo Chigi e difeso per legge dell'Avvocatura dello Stato, per la dichiarazione di incostituzionalita' degli artt. 5, comma 1, lett. a) e 7, del d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669, recante "Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997", convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1 marzo 1997. 1.1. - L'art. 5 del d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669, come modificato dalla relativa legge di conversione n. 30 del 1997 recita testualmente: 1. - Al decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43, concernente il servizio di riscossione dei tributi, sono apportate le seguenti modificazioni: a) nell'art. 26, comma 1, primo periodo, concernente gli obblighi del commissario governativo, dopo le parole "come riscosso" sono inserite le seguenti: "salva la facolta' per il Ministro delle finanze, d'intesa con il Ministro del tesoro e sentita l'amministrazione regionale interessata, di stabilire, in situazioni particolari, l'esonero da tale obbligo;" ..... omissis ..... L'amministrazione regionale "interessata" alla disposizione sopra riportata, che attribuisce al Ministro per le finanze il potere di derogare in favore del commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione al principio del "non riscosso come riscosso", non puo' che essere quella della regione siciliana, la quale, a differenza delle altre regioni, anche ad autonomia speciale, e' dotata di competenza propria, sia pure concorrente, in materia di riscossione dei tributi alla stessa spettanti (Corte cost. sentenze nn. 162 del 1974; 428 e 959 del 1988; 105 e 367 del 1991). Ora, la regione siciliana ha istituito e disciplinato il servizio di riscossione per il proprio territorio con la legge 5 settembre 1990, n. 35, (secondo la previsione dell'art. 132 del d.lgs. 28 gennaio 1988, n. 43) piu' volte scrutinata positivamente da codesta Corte (sentenze nn. 105 e 367 del 1991; ordinanza n. 445/1991). Tale legge, al capo V, concernente il "Commissario governativo delegato provvisoriamente alle riscossione" attribuisce all'assessore regionale per il bilancio e le finanze il potere di nomina del commissario (art. 18), senza innovare, quanto agli obblighi di quest'ultimo, l'art. 26 d.P.R. n. 43/1988 cit., modificato con la norma impugnata. Onde dall'applicazione in Sicilia della stessa discende l'illogica conseguenza che l'eventuale esonero dall'obbligo del non riscosso come riscosso, anziche' essere inserito tra le clausole del provvedimento assessoriale di affidamento del servizio di riscossione al predetto gestore provvisorio verrebbe rimesso ad un provvedimento del Ministro pressoche' unilaterale, come si dira' infra, incidente sulle casse regionali. Non pare dubbio pertanto che la disposizione censurata confligga con il combinato-disposto dagli artt. 17 e 36 dello statuto siciliano e dell'art. 2 delle relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, limitatando arbitrariamente la potesta' di riscossione dei tributi della regione siciliana. 1.2. - In linea subordinata, si rileva altresi' la violazione del principio di leale collaborazione tra lo Stato e la regione. Anche a voler ammettere che le eventuali deroghe all'obbligo del non riscosso come riscosso - principio cardine dell'esazione dei tributi - non possano essere lasciate all'iniziativa unilaterale dell'"amministrazione regionale interessata", appare evidente come la previsione che quest'ultima venga semplicemente "sentita" dal Ministro per le finanze declassi la partecipazione al procedimento da parte della regione al rango di mera attivita' consultiva, non vincolante (Corte cost. sentenza n. 747 del 1988). Codesta Corte, sin dall'inizio della sua attivita' addito' nell'intesa lo strumento giuridico piu' idoneo a disciplinare i rapporti fra Stato e regioni in materie interferenti (sentenze nn. 23/1957; 5, 37, 82 del 1958; 174/1970; 35/1972; 203/1974). Tale strumento si sostanzia in una paritaria codeterminazione del contenuto dell'atto, da realizzare e ricercare, laddove occorra, attraverso reiterate trattative volte a superare le divergenze che ostacolino il raggiungimento dell'accordo (Corte cost. sentenze nn. 337/1989; 21 e 351 del 1991). Si puo' discutere sull'intensita' "debole" o "forte" dell'intesa secondo le varie ipotesi di concorrenza di poteri statali e regionali; e' certo, comunque, che all'ente interessato deve essere riconosciuto un potere di effettiva partecipazione all'esercizio della competenza di cui trattasi (cfr. Corte cost. sentenza n. 302 del 1994). Onde e' da ritenersi che la norma impugnata, nella parte in cui non attribuisce una partecipazione di maggior peso alla regione dotata di autonomia speciale, determini una illegittima compressione delle competenze statutarie regionali (cfr. Corte cost. sentenza n. 21 del 1991). 2. - Con l'art. 7 e' stata inserita anche nel testo legislativo impugnato la clausola devolutiva all'erario delle "entrate derivanti dal presente decreto" per finalita' di risanamento del bilancio statale (comma 1), con la previsione di un decreto del Ministro per le finanze volto a definire le relative modalita' di attuazione (comma 2). Ora il capo I del decreto-legge n. 669/1996, come modificato dalla legge n. 30/1997, contiene diverse norme in materia tributaria, che, seguendo un sistema di interventi gia' adottato con la legge 23 dicembre 1996, n. 662 (finanziaria 1997) danno luogo ad incrementi di entrata non conseguenti ad atti impositivi nuovi o ad aumenti di aliquota, bensi' a semplici rimodulazioni delle basi imponibili di tributi esistenti e costituenti proventi della finanza regionale. I predetti interventi sulla base imponibile di tributi esistenti pur essendo sostanzialmente rivolti a procurare, in forme trasversali, maggiori entrate, non costituiscono "nuove entrate tributarie", che e' la condizione precisa posta dall'art. 2 del d.P.R. n. 1074/1965 alla facolta' dello Stato di riservarsi le entrate spettanti alla regione. Invero, com'e' noto, secondo la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, la "novita' dell'entrata", che costituisce, appunto, "requisito indefettibile" per la devoluzione allo Stato delle entrate tributarie riscosse nell'ambito territoriale regionale, caratterizza "le imposte di nuova istituzione" o "le entrate derivanti da un incremento dell'importo delle aliquote di imposte presistenti" (sentenza n. 429/1996). Nel caso di specie, non trattandosi di nuovo tributo ne' di elevazione di aliquota di tributi esistenti, la devoluzione allo Stato dei maggiori proventi disposta dalle norme impugnate si appalesa illegittima. Come osserva la Corte nella sentenza n. 61 del 1987 l'apposizione di "cautele" da parte dell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074/1965 (in specie la "novita' dell'entrata") alla citata facolta' di riserva, del cui esercizio costituisce condizione, e' volta "a rendere possibile il controllo politico sull'esatto e corretto esercizio della deroga" contenuta nel richiamato art. 2 della normativa di attuazione. Detta cautela (novita' del provento) costituisce pertanto essenziale garanzia di legittimita' costituzionale della riserva operata dalle norme impugnate. Ma in queste ultime non v'e' indicazione alcuna dei criteri per la selezione del provento nuovo da quello che nuovo non e' di guisa che e' impedito alla regione e a codesta Corte in questa sede il controllo sull'esercizio della deroga. La norma impugnata invero si limita a rinviare ad un successivo decreto ministeriale quanto alle variazioni di bilancio occorrenti per l'attuazione del provvedimento legislativo, impedendo quel controllo sul corretto esercizio della deroga sul punto della novita' del provento che, come detto, codesta Corte ha qualificato siccome statutaria cautela della regione siciliana. Vien meno in tal modo la prevedibilita' delle decisioni che saranno adottate dagli organi ministeriali preposti all'applicazione delle norme impugnate con conseguente palese violazione del principio della certezza del diritto. Il grado di tutela dell'autonomia finanziaria di cui e' dotata statutariamente la regione siciliana risulta infatti direttamente proporzionale al grado di definizione della normativa. In altri termini, perche' si abbia effettivita' di tutela, occorre che le norme che afferiscono alla materia finanziaria siano sufficientemente precise e dettagliate, nonche' ancorate a precisi indicatori quantitativi. Anche tale norma viola quindi l'art. 36 st. si. e l'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1965 recante le relative norme di attuazione.
P. Q. M. Si chiede che l'ecc.ma Corte dichiari l'illegittimita' costituzionale delle norme impugnate per contrasto con l'art. 36 dello statuto siciliano e con le relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 nonche' con il principio costituzionale di leale collaborazione tra Stato e regione. Con riserva di ulteriori deduzioni. Si depositano con il presente atto: autorizzazione a ricorrere (delibera Giunta regionale n. 22 del 22 gennaio 1997); copia del d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669 nel testo coordinato con la legge di conversione 28 febbraio 1997, n. 30. Palermo, addi' 26 marzo 1997 Avv. Francesco Torre - avv. Giovanni Lo Bue 97C0330