N. 19 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 aprile 2014
Ordinanza del 28 aprile 2014 del Tribunale - Sezione specializzata in materia di impresa di Milano nel procedimento civile promosso da Milana Marco ed altri contro Banca d'Italia e Ministero dell'economia e delle finanze.. Moneta - Conversione in euro delle lire fuori corso legale - Previsione, introdotta dal decreto-legge n. 201 del 2011, che le banconote, i biglietti e le monete in lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell'Erario con decorrenza immediata e che il relativo controvalore e' versato all'entrata del bilancio dello Stato e riassegnato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato - Conseguente anticipazione al 6 dicembre 2011 (data di pubblicazione e di entrata in vigore del suddetto decreto-legge) del termine di prescrizione del 28 febbraio 2012, fissato dalla legge n. 289 del 2002 - Denunciata estinzione immediata del diritto dei possessori di lire fuori corso a convertirle in euro, riconosciuto dalle leggi precedenti - Violazione del principio di affidamento e di certezza del diritto - Irragionevolezza - Ingiustificato privilegio per una categoria di creditori dello Stato (possessori di titoli del debito pubblico) a discapito di un'altra (possessori di lire) - Espropriazione a beneficio dello Stato (e dei possessori di titoli di Stato) di un "bene" appartenente ai privati, costituito dal controvalore delle lire ancora in circolazione - Contrasto con il diritto al rispetto dei propri beni, sancito dal Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU), come interpretato dalla Corte di Strasburgo. - Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 26. - Costituzione, artt. 3, 42, comma terzo, 97 e 117, primo comma, in relazione all'art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU) [ratificata e resa esecutiva in Italia dalla legge 4 agosto 1955, n. 848].(GU n.9 del 4-3-2015 )
IL TRIBUNALE DI MILANO Sezione specializzata in materia di impresa Nella persona del giudice Guido Vannicelli ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile di I° grado iscritta al n. 18936/2012 R.g. promossa da Marco Milana (c.f.MLNMRC76A05F205B), Nunzio Antonio Mentino (c.f. MNTNZNC54C09I293K), Daniela Baldan (C.F. BLDDNL57L57L41L736), Maria Scipioni (C.F. SCPMRA55M60H501W), Domenico Canale (C.F. CNLDNC45S11B403N) e Giuseppe Viterale (C.F. VTRGPP61M11H485D), elettivamente domiciliati in Milano, via della Commenda 35, presso il procuratore e difensore avv. Marcello Pistilli attori; contro Banca d'Italia (C.F. 00997670583), rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Mancini, Adriana Pavesi e Giovanni Lupi ed elettivamente domiciliata presso la sede dell'Istituto in Milano, via Cordusio 5 convenuta; e nei confronti di Ministero dell'economia e delle finanze (C.F. 80207790587), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale di Stato di Milano, via Freguglia 1 terzo chiamato 1. Marco Milana, Nunzio Antonio Mentino, Daniela Baldan, Maria Scipioni, Domenico Canale, Giuseppe Viterale hanno convenuto in giudizio la Banca d'Italia per sentirla condannare al pagamento di € 27.543,67, quale controvalore delle banconote in lire presentate per la conversione in euro entro il termine del 28 febbraio 2012. A sostegno della propria domanda gli attori hanno allegato di essersi recati presso varie filiali della Banca d'Italia, obbligate ai sensi dell'art. 87 L. 289/2002 ad effettuare la conversione da lire in euro di tutte le banconote fuori corso legale presentate entro il termine del 28 febbraio 2012 ma di avere ottenuto un diniego, giustificato in base all'art. 26 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 121, pubblicato nella G.U. del 6 dicembre 2011 e convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 201, a tenore del quale "in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 3, commi 1 ed 1 bis, della legge 7 aprile 1997, n. 96, e all'articolo 52-ter, commi 1 ed 1 bis, del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, le banconote, i biglietti e le monete in lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell'Erario con decorrenza immediata ed il relativo controvalore e' versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato". 1).1 Gli attori hanno preliminarmente lamentato l'illegittimita' costituzionale del citato art. 26 del. D.L. 201/2011, sostenendo che tale disposizione viola il principio del legittimo affidamento e il principio di certezza giuridica desumibili dagli artt. 3 e 24 Cost., laddove introduce - in contrasto con essi e sostituendo il termine prescrizionale del 28 febbraio 2012 originariamente previsto dall'art. 87 della L. 289/2002 (1) - l'immediata estinzione del diritto dei detentori di banconote e monete in Lire di convertire presso le filiali della Banca d'Italia la valuta ormai fuori corso. 1).2 In tesi attorea, Part. 26 del D.L. 201/2011 violerebbe anche gli artt. 2, 24 e 117, comma 1 Cost., con riferimento agli artt. 17, 36, 38 e 54, nonche' l'art. 1 del Protocollo n. 1 CEDU, cosi' come. interpretato dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. In particolare, l'art. 1 del Protocollo addizionale CEDU contempla un equo contemperamento fra le esigenze di tutela dell'interesse pubblico e le istanze di protezione dei diritti individuali fondamentali; tale per cui, a parere della Corte EDU, ciascuno Stato aderente gode si' di un certo margine di discrezionalita' nella scelta degli strumenti di attuazione dei provvedimenti ma l'interesse pubblico, che costituisce lo scopo ultimo del legislatore, non puo' essere perseguito in base a scelte prive di ragionevole fondamento. 1).3 Da ultimo - secondo gli attori - si ravviserebbe anche la violazione degli artt. 3 e 97 Cost. nella parte in cui non e' stato previsto alcun termine di vacatio legis, ma la decorrenza dell'effetto legale estintivo del diritto alla conversione e' stata immediata ed istantanea. In via principale, parte attrice ha lamentato l'inadempimento dell'obbligazione ex lege da parte di Banca d'Italia che si era rifiutata di convertire le monete e le banconote in Lire, nonostante le richieste degli attori fossero intervenute entro il 28 febbraio 2012, termine previsto dall'art. 87 della L. 289/2002. Sulla base di tale inadempimento ha chiesto il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, oltre alla condanna della convenuta al pagamento di € 27.543,67 quale controvalore della valuta presentata per la conversione. 2. Ai fini della miglior comprensione dei termini della controversia e della rilevanza, per la sua risoluzione, del sindacato che si richiede a codesta Alta Corte in ordine alla legittimita' costituzionale dell'art. 26 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 121, si procede di seguito a ritrascrivere parzialmente la motivazione e - interamente - il dispositivo della sentenza emessa da questo Tribunale in data odierna: " (...) Gli attori hanno quindi lamentato, in via principale, l'inadempimento da parte della Banca d'Italia dell'obbligazione su di essa incombente ex lege di convertire in euro correnti le monete e le banconote in Lire ancora in circolazione, nonostante le richieste degli attori fossero intervenute entro il termine a tal fine previsto dall'art. 87 della L. 289/2002. Hanno percio' chiesto la condanna dell'Istituto di emissione sia al pagamento di € 27.543,67 quale controvalore della valuta presentata per la conversione, sia al risarcimento del danno - patrimoniale e non - arrecato loro da tale inadempimento. B. La Banca d'Italia ha eccepito in via pregiudiziale: a) la carenza di giurisdizione del giudice ordinario a favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; b) il proprio difetto di legittimazione passiva, dovendosi ritenere per contro legittimato il Ministero dell'economia e delle finanze. In subordine, ha contestato nel merito la fondatezza delle domande di parte attrice per essersi essa limitata ad adempiere ad obblighi impostile ex lege; onde ha concluso per il loro rigetto e chiesto la chiamata in causa del terzo Ministero dell'economia e delle finanze per essere da esso manlevato in caso di condanna. C. Il terzo chiamato s'e' costituito associandosi all'eccezione pregiudiziale di difetto di giurisdizione del giudice ordinario; e contestando nel merito la fondatezza sia delle domande attoree che della domanda di manleva svolta nei suoi confronti dalla convenuta. D. All'esito delle memorie ex art. 183 comma 6° c.p.c. il giudice istruttore ha ritenuto la causa matura per la decisione. All'udienza dei 28 febbraio 2014 le parti hanno precisato le conclusioni richiamando quelle articolate negli atti introduttivi e la causa, spirati il 22 aprile 2014 i termini ex art. 190 c.p.c., e' passata in decisione. E. La convenuta ha eccepito il difetto di giurisdizione a favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in base al combinato disposto degli artt. 133, lett. v) C.P.A. e 81 del D.P.R. n. 398/2003, in quanto i biglietti e le monete fuori corso legale non piu' convertibili - integrando un credito al portatore assimilabile al credito portato dai titoli del debito pubblico prescritti - rientrerebbero "tra le controversie sul debito pubblico". Ritiene in proposito il Tribunale di dover invece condividere la diversa qualificazione della fattispecie offerta dagli attori, allorche' hanno sottolineato come il "debito pubblico" sia costituito dalle passivita' delle amministrazioni pubbliche riconducibili (secondo la definizione rinvenibile nel SEC 95) a "biglietti, monete e depositi, titoli a breve termine nonche' altri crediti a medio e lungo termine"; mentre i biglietti e le monete fuori corso legale non costituiscono debito pubblico, in quanto inserite nel bilancio d'esercizio dell'anno 2003 della Banca d'Italia sotto la voce "altre passivita'" (2) . Ne consegue, coerentemente, l'esclusione dalle controversie in materia di "debito pubblico" devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo della fattispecie per cui e' causa. F. La Banca d'Italia ha altresi' eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto i fondi corrispondenti alle lire non convertite, stante l'anticipazione della prescrizione, sono confluiti nel Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato senza in alcun modo tramutarsi per esso in utili. Premesso che gli attori, richiamando tal quali le domande contenute in citazione, non hanno inteso estenderle all'amministrazione dello Stato terza chiamata, rileva il Tribunale che l'art. 87 L. 289/2002 ha conferito alla Banca d'Italia un vero e proprio mandato ex lege. Cio' ha comportato per la stessa, quale mandataria del Ministero dell'economia e delle finanze, la titolarita' sotto il lato passivo di un autonomo obbligo di effettuare la conversione in euro delle vecchie lire e trasferire ai terzi l'importo convertito; a nulla rilevando nel rapporto con i presentatori dei biglietti di banca fuori corso legale il fatto che il beneficiario delle Somme derivanti dalle monete non convertite fosse il M.E.F., atteso anche che il corrispondente valore nominale e' stato definitivamente collocato a garanzia del Fondo ammortamento dei titoli di Stato. G. Cio' precisato in via pregiudiziale, Ritiene questo Giudice che il merito della domanda non possa essere affrontato senza preliminarmente risolvere la questione di costituzionalita' sollevata dagli attori in relazione all'art. 26 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 121, pubblicato nella G. U. del 6 dicembre 2011 e' convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 201. Trattandosi, come si andra' ad esporre in separata ordinanza, di dubbio di legittimita' costituzionale non manifestamente infondato, il Tribunale non puo' esimersi dal sollevare la questione innanzi alla Corte Costituzionale, organo deputato in via esclusiva al sindacato di costituzionalita' delle leggi; sospendendo il giudizio in attesa del responso del Giudice delle Leggi. (1) Secondo cui, peraltro, «ove l'andamento delle conversioni eccedesse quello stimato, la Banca procedera' al regolamento del relativo importo con addebito nei confronti dell'erario.» (2) Doc. 10 parte attrice.
P. Q. M. Il Tribunale, non definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Marco Milana, Nunzio Antonio Mentino, Daniela Baldan, Maria Scipioni, Domenico Canale e Giuseppe Viterale nei confronti della Banca d'Italia con citazione notificata il 12 marzo 2012, nonche' sulla domanda proposta dall'istituto convenuto con atto di chiamata notificato al Ministero dell'economia e delle finanze in data 21 novembre 2012, cosi' dispone: 1. rigetta l'eccezione di carenza di giurisdizione del giudice ordinario proposta dalla Banca d'Italia e dal Ministero dell'Economia e delle Finanze; 2. rigetta altresi' l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dalla Banca d'Italia; 3. dispone con separata ordinanza la trasmissione degli atti alla cancelleria della Corte costituzionale e la sospensione del giudizio (...)". 3. L'art. 26 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 121, pubblicato in G.U. il 6 dicembre 2011 e convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 201, prescrive che "in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 3, commi 1 ed 1 bis, della legge 7 aprile 1997, n. 96, e all'articolo 52-ter, commi 1 ed 1 bis, del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, le banconote, i biglietti e le monete in lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell'Erario con decorrenza immediata ed il relativo controvalore e' versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato". Tale norma ha quindi disposto, innovando in peius rispetto al termine prescrizionale decennale del 28 febbraio 2012 fissato con la L. 289/2002, non tanto un diverso termine prescrizionale "breve" quanto la vera e propria estinzione "con decorrenza immediata" del diritto di convertire in moneta corrente le banconote, i biglietti e le monete in lire in euro gia' riconosciuto ai loro possessori. L'applicazione di tale disposizione normativa di fonte primaria e' quindi il necessario presupposto per raccoglimento o il rigetto della domanda formulata dagli attori, che hanno pacificamente presentato per la conversione la quantita' di vecchie lire oggetto di domanda antecedentemente allo spirare del termine di prescrizione a tale fine originariamente previsto, ma successivamente all'entrata in vigore dell'art. 26 del decreto legge n. 121/2011; circostanza documentata dalle raccomandate a mano prodotte da parte attrice e dal verbale del Comando Carabinieri del Nucleo Banca d'Italia versati in atti dagli attori. Qualora la norma qui impugnata non fosse ritenuta incostituzionale la domanda di adempimento svolta dagli attori dovrebbe infatti essere rigettata, in quanto il rifiuto della convenuta sarebbe da ritenere legittimo; e per quanto riguarda la condanna risarcitoria contestualmente richiesta, dovrebbe ritenersi efficacemente offerta dall'Istituto di emissione la prova liberatoria richiesta dall'art. 1218 cod. civ. 4. Tanto premesso in punto rilevanza, questo giudice ritiene di dover formulare la questione di legittimita' costituzionale nei termini che seguono. A. Violazione degli artt. 3 e 97 Cost.: principio di affidamento e di certezza del diritto. La norma in parola cosi' come formulata crea un vulnus al legittimo affidamento maturato in capo ai possessori di lire che, circa due mesi prima della scadenza decennale del termine prescrizionale fissato ad hoc dal legislatore hanno visto frustrato il proprio diritto di credito nei confronti della Banca d'Italia. La stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale, ancorando il principio del legittimo affidamento all'art. 3 della Carta, ha affermato che il principio in parola, quale elemento essenziale dello Stato di diritto, deve essere ricondotto al principio di eguaglianza dinanzi alla legge, sub specie del rispetto del canone della ragionevolezza, di cui all'art. 3, comma primo, Cost. La Corte costituzionale ha, peraltro, affermato il principio secondo cui "l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica che, quale essenziale elemento dello Stato di diritto, non puo' essere leso da disposizioni retroattive, le quali trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti" (3) . Il medesimo principio puo' applicarsi mutatis mutandis anche al caso di specie, pur se la norma in questione non ha effetto retroattivo, ma incide sulle situazioni sostanziali basate su leggi precedenti "con effetto immediato". Ancora, la stessa Corte costituzionale ha affermato che "il legislatore, in materia di fissazione del termine prescrizionale gode di ampia discrezionalita', con l'unico limite dell'eventuale irragionevolezza qualora esso venga determinato in modo da non rendere effettiva la possibilita' di esercizio del diritto ci cui si riferisce, e di conseguenza, inoperante la tutela voluta accordare al cittadino leso" (4) . Pare al Tribunale che nel caso di specie, la discrezionalita' di cui gode il legislatore sia stata esercitata in modo irragionevole e arbitrario. L'irragionevolezza si evidenzia particolarmente laddove la norma dispone che "il relativo controvalore e' versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato". In tal modo il legislatore ha inteso garantire i possessori di titoli di Stato consolidando il relativo Fondo Ammortamento, a discapito dei possessori di lire, operando una scelta priva di fondamento logico e ragionevole. Il privilegio di una categoria di creditori dello Stato rispetto ad un'altra non trova alcun tipo di giustificazione. Il vaglio della Corte Costituzionale, come essa stessa ha insegnato, puo' e deve spingersi a valutare le scelte legislative nella misura in cui la discrezionalita' di cui gode il legislatore trova il limite invalicabile della non manifesta irragionevolezza; atteso che "uno scrutinio che direttamente investa il merito delle scelte del legislatore, e' possibile soltanto ove l'opzione normativa contrasti in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, vale a dire si appalesi, in concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalita', che raggiunga una soglia di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua di una figura, per cosi' dire, sintomatica di eccesso di potere e, dunque, di sviamento rispetto alle attribuzioni che l'ordinamento assegna alla funzione legislativa" (5) . B. Violazione degli artt. 42, comma 3, Cost. e 117, comma 1 Cost. in relazione all'art. 1 Protocollo Addizionale CEDU. Ma anche ove si volesse reputare che la discrezionalita' legislativa sia stata nella specie utilizzata in non modo non manifestamente irragionevole, essendosi voluto previlegiare una categoria di creditori dello Stato rispetto ad un'altra ovvero possessori di titoli di Stato rispetto a possessori di lire, non puo' mancare di rilevarsi come la scelta legislativa abbia violato altri ed ulteriori precetti costituzionali. L'intervento legislativo qui oggetto di censura ha nei fatti realizzato una sorta di "espropriazione" in quanto la mancata conversione non determina la perdita tout court del controvalore, ma semplicemente la conseguenza giuridica che di tale controvalore non possano piu' beneficiare i possessori delle banconote di vecchio conio. Ne beneficia, invece ed infatti, in primis lo Stato che, tramite il trasferimento del controvalore al Fondo Ammortamento dei Titoli di Stato, vede rafforzata la propria solvibilita' rispetto al credito vantato alla scadenza dai possessori dei titoli del debito pubblico. Ma ne beneficiano in ultima analisi anche i possessori dei titoli di Stato, che di contro vedono rafforzarsi la garanzia del proprio credito. Tali benefici, lo si ripete, vengono ottenuti tramite un'operazione che costituisce una vera e propria espropriazione di un bene con conseguente violazione dell'art. 42, comma 3, Cost., 117, primo comma, Cost. in relazione all'art. I Protocollo addizionale CEDU. Ai fini dell'applicazione dell'art. 1 del Protocollo addizionale, secondo cui "ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni" e "nessuno puo' essere privato della sua proprieta' se non per causa di utilita' pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale", e' considerato "bene" pure "[...] un profitto futuro... se il guadagno e' stato acquisito o e' stato oggetto d'un credito esigibile [...]" (6) . Ne consegue che l'eventuale interesse generale sotteso alla scelta legislativa non e' sufficiente ad operare l'espropriazione di un bene, secondo una definizione convenzionalmente orientata, che appartiene ai privati. P .T. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, Ritenutane la rilevanza e non manifesta infondatezza, 1) rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 121, pubblicato nella G.U. del 6 dicembre 2011 e convertito nella L. 22 dicembre 2011, n. 201, a norma del quale: "In deroga alle disposizioni di cui all'articolo 3, commi 1 ed 1 bis, della legge 7 aprile 1997, n. 96, e all'articolo 52-ter, commi 1 ed 1 bis, del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, le banconote, i biglietti e le monete in lire ancora in circolazione si prescrivono a favore dell'Erario con decorrenza immediata ed il relativo controvalore e' versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato", per violazione degli artt. 3, 97, 42, comma 3, Cost. e 117, comma 1, Cost. in relazione all'art. 1 Protocollo Addizionale CEDU; 2) sospende il giudizio a quo sino alla decisione della questione di cui al capo 1); 3) dispone l'immediata trasmissione degli atti alla cancelleria della Corte Costituzionale; 4) ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, Milano, 28 aprile 2014 Il giudice: Vannicelli (3) Cosi', in particolare, Corte Cost. sent. n. 416/99 (4) Cfr. Corte Cost. ord. n. 16/2006 (5) Cosi' Corte Cost. sent. n. 313/1995 (6) Cosi' la Cote EDU nella sentenza «Saggio contro Italia», sez. II, del 25 ottobre 2011, in ricorso n. 41879/1998