N. 11 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 settembre 2015
Ordinanza del 14 settembre 2015 del Tribunale di Messina nel procedimento civile promosso da Lo Monte Vincenzo contro Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Messina.. Elezioni - Elezioni del sindaco e dei componenti del Consiglio regionale - Sospensione degli eletti a seguito di sentenza di condanna penale - Applicabilita' anche in caso di condanna non definitiva e in relazione a reati commessi prima dell'entrata in vigore della norma. - Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilita' e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190), art. 11, comma 1, lett. a).(GU n.5 del 3-2-2016 )
TRIBUNALE DI MESSINA Sezione feriale Cosi' composto: dott.ssa Giuseppa D'Uva, Presidente; dott.ssa Viviana Cusolito, Giudice; dott. Daniele Carlo Madia, Giudice rel. Riunito in camera di consiglio e sciogliendo la riserva assunta in data 27 agosto 2015 nel procedimento portante n. 4068/2015 R.G. tra Lo Monte Vincenzo, nato a Graniti (ME), l'8 settembre 1947, LMNVCN47P08E142W, elettivamente domiciliato in Santa Teresa di Riva, via F. Crispi n. 131, presso lo studio dell'avv. Paolo Turiano che lo rappresenta e difende per procura in calce al ricorso introduttivo; ricorrente, e Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Messina, in persona del Prefetto pro tempore, c.f.: 80007950837, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura dello Stato di Messina, presso i cui uffici distrettuali di Messina, via dei Mille is. 221 e' domiciliata ope legis; Resistente, e con l'intervento del Pubblico Ministero; Ha emesso la seguente ordinanza: letti gli atti e verbali di causa, sentite le parti ed il P.M. all'udienza del 27 agosto 2015 e sciogliendo la riserva assunta in pari data, osserva quanto segue. Con ricorso depositato in data 24 luglio 2015, Lo Monte Vincenzo impugnava dinanzi a questo Tribunale: a) il provvedimento del Prefetto di Messina con cui veniva comunicata al Presidente del Consiglio comunale di Graniti la sospensione di diritto dalla carica pubblica di consigliere comunale del predetto ricorrente, ai sensi del primo comma lettera a) dell'art. 11 del decreto legislativo n. 235/2012; b) l'atto consequenziale del Consiglio Comunale di Graniti con cui era stata disposta la supplenza del Lo Monte con il primo dei non eletti della lista di cui quest'ultimo faceva parte. Parte ricorrente chiedeva, in via preliminare e cautelare, la sospensione dei provvedimenti sopra indicati e, nel merito, l'annullamento degli stessi. A fondamento dell'impugnazione il ricorrente rilevava che la disposizione di cui all'art. 11 del decreto legisaltivo n. 235/2012 era affetta da palesi violazioni del dettato costituzionale in relazione agli articoli 2, 4 secondo comma, 25 secondo comma, 51 primo comma, e 97 secondo comma della Costituzione, in quanto consentiva la sospensione dalla carica in relazione a reati consumati prima della sua entrata in vigore. Rilevava, altresi', l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11 citato per violazione dell'art. 76 Cost. (eccesso di delega), non essendo stata prevista nella legge delega (legge n. 6 novembre 2012 n. 190) alcuna ipotesi di sospensione per il caso di sentenze di condanna non definitive. Integrato il contraddittorio, si costituiva in giudizio la Prefettura - Ufficio Territoriale del Governo di Messina con il ministero dell'Avvocatura dello Stato, che chiedeva il rigetto del ricorso contestando le avverse difese e deducendo l'infondatezza di ciascuno dei profili di incostituzionalita' eccepiti. All'udienza del 27 agosto 2015 parte ricorrente insisteva nell'istanza di sospensione, il P.M. chiedeva il rigetto del ricorso e la causa veniva assunta in decisione. Va, innanzitutto, evidenziato che la cognizione della presente causa e' devoluta in via esclusiva alla cognizione del giudice ordinario, come e' prescritto dagli articoli 70 e segg. del decreto legislativo n. 267/2000 e 22 del decreto legislativo n. 150/2011. Va poi premesso che, quando nell'ambito di un giudizio venga sollevata eccezione di incostituzionalita' delle norme alla cui applicazione e' demandata la soluzione della controversia, il giudice puo' disattenderla solo se manifestamente infondata, quando cioe' appare all'evidenza la sua assoluta inconsistenza o la sua irrilevanza. Se invece tale evidenza non sussiste, in quanto il contrasto del precetto applicabile con qualsivoglia norma della Carta Costituzionale appare prospettato in modo plausibile, di modo che la sua legittimita' costituzionale appare dubbia, la valutazione sul punto puo' essere effettuata solo dalla Corte costituzionale, cui gli atti devono essere necessariamente rimessi. Nel caso di specie e' poi evidente la rilevanza dell'eccezione, dovendo farsi applicazione nella presente controversia dell'art. 11 del decreto legislativo n. 235/2012, la cui legittimita' costituzionalita' e' stata revocata in dubbio. Ed invero, il giudizio in esame ha ad oggetto la richiesta di annullamento del provvedimento prefettizio con cui e' stata comunicata la sospensione di diritto del Lo Monte, quale consigliere comunale, ai sensi dell'art. 11, primo comma lett. a) del decreto legislativo n. 235/2012. Tanto premesso in merito alla rilevanza dell'eccezione, ritiene questo Tribunale che l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 11, primo comma lett. a) del decreto legislativo n. 235/2012 non e' manifestamente infondata in relazione ai profili ribaditi con l'atto di impugnazione. Tale disposizione, rubricata «Sospensione e decadenza di diritto degli amministratori locali in condizione di incandidabilita'», recita: «1. Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell'art. 10: a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all'art. 10, comma 1, lettera a), b) e c)...». Con riferimento all'asserita illegittimita' costituzionale dell'art. 11 del decreto legislativi n. 235/2012 nella parte in cui consente la sospensione dalla carica in relazione a reati consumati prima della sua entrata in vigore, quand'anche dovesse ritenersi che effettivamente la sospensione dalla carica costituisca un effetto di natura amministrativa della condanna penale ancorche' non passata in giudicato, e' indubbio che comunque si tratta di effetto afflittivo conseguito di diritto a condanna pronunciata per un reato consumato in data antecedente a quella dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 235/2012, che tale effetto ha statuito, di modo che non pare possa sostenersi ragionevolmente l'insussistenza della violazione degli articoli 25, comma 2, e 117 della Costituzione (quest'ultimo con riferimento all'art. 7 della CEDU). Ed invero, in base al comma 2 dell'art. 25 Cost. «Nessuno puo' essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso»; ed ancora in base all'art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo «Nessuno puo' essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui e' stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale». Va, inoltre, considerato che, sebbene lo scopo della disposizione di cui al citato art. 11 sia indubbiamente quello di allontanare all'amministrazione della cosa pubblica, anche in via cautelare, chi si sia reso moralmente indegno - e si tratta di scopo assolutamente condivisibile in quanto rispondente alla comune opinione dei consociati - la suddetta tutela collide con i diritti, di rango costituzionale, di accesso alle cariche elettive e di esercizio delle funzioni connesse alla carica conseguita in virtu' di libere, elezioni, diritti tutelati e garantiti dall'art. 51 della Carta Costituzionale («Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge»), che non possono essere in concreto garantiti se. non nell'ambito delle garanzie costituzionali tutte, di modo che e' insito in tale diritto il divieto di retroattivita' delle norme sanzionatorie, disciplinato dall'art. 11 delle preleggi. A tal riguardo, secondo il TAR Campania (ordinanza del 22 ottobre 2014) - che ha sollevato la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 11 citato con motivazione che questo Collegio condivide - «l'applicazione retroattiva di una norma sanzionatoria, anche di natura non penale ai sensi dell'art. 25, secondo comma, della Costituzione, urta con la pienezza ed il regime rafforzato dei diritti costituzionalmente garantiti, tinte le volle in citi la Carta rimette alla disciplina legislativa il regime ordinario di esercizio di quel diritto; pertanto ove vi sia riserva di legge per la disciplina dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta, assumono rango costituzionale anche i principi generali che disciplinano la fonte di produzione normativa primaria; di conseguenza, essendo il divieto di retroattivita' di cui all'art. 11 delle Disposizione sulla legge in Generale, uno dei principi su cui si fonda l'efficacia della legge nel tempo, la sua violazione e' anche violazione del diritto che la Costituzione espressamente la chiama a disciplinare e proteggere. In questo senso l'art. 51 della Costituzione nell'affidare alla legge l'individuazione dei requisiti per l'accesso alle cariche pubbliche, quindi la disciplina positiva per l'esercizio del diritto di elettorato passivo, cio' consente nei limiti fisiologici entro i quali alla legge stessa e' consentito operare, cioe' non retroattivamente. Si aggiunge che la forza di tale assunto s'intensifica, tenuto conto del primo dei citati postulati, ossia la natura sanzionatoria delle cause ostative di cui al decreto legislativo del 31 dicembre 2012 n. 235 - tra cui figura la sospensione della carica applicata al ricorrente - attesa l'inderogabilita' assoluta del principio di irretroattivita' nell'ambito di istituti e regimi in buona parte assimilabili alle sanzioni penali». Questo Collegio condivide le argomentazioni sopra esposte con particolare riferimento all'assimilabilita' ad una sanzione penale delle cause di sospensione dall'esercizio di una carica pubblica quale limite all'esplicazione del diritto di elettorato passivo di cui all'art. 51 colma primo della Costituzione. Il diritto di elettorato passivo si annovera, poi, tra i diritti inviolabili dell'uomo ai sensi dell'art. 2 della Carta ed e' posto a fondamento delle istituzioni democratiche repubblicane secondo quanto previsto dall'art. 97, comma secondo, Cost., oltre ad essere espressione di una libera scelta dei cittadini ai sensi dell'art. 4, comma secondo, Cost. Si ritiene, allora, che non sia manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, primo comma, lett. a) del decreto legislativo n. 235/12 in relazione all'art. 10 comma l del predetto decreto legislativo, perche' la sua applicazione retroattiva si pone in contrasto anche con gli articoli, 2, 4, comma secondo, 51, comma l, e 97, comma secondo, della Costituzione. Quanto all'eccepito eccesso di delega, basti osservare che il legislatore delegante aveva demandato espressamente al delegato il compito di «disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 63 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica» (art. 1, comma 64 lett. m, della legge 6 novembre 2012 n. 190). In altre parole, veniva demandato al legislatore il compito di disciplinare la sospensione di diritto solo in caso di sentenza definitiva di condanna. La portata della delega era pertanto chiara e manifesta, e non era consentito al legislatore delegato di regolare la fattispecie in modo inconfutabilmente creativo, secondo una logica diversa, certamente condivisibile e piu' aderente allo scopo generale che si intendeva perseguire, ma ben al di la' del mandato conferito dalla legge delega. Non e' pertanto manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale per eccesso di delega eccepita sul punto. In conclusione e' necessario sottopone al vaglio di legittimita' costituzionale: 1) il comma primo lett. a) dell'art. 11 del decreto legislativo, 3 dicembre 2012 n. 235, in quanto, in violazione del secondo comma dell'art. 25 e del primo comma dell'art. 117 (in relazione all'art. 7 della CEDU) della Costituzione, non prevede la sospensione solo per sentenze di condanna relative a reati consumati dopo la sua entrata in vigore; 2) il comma primo lett. a) dell'art. 11 del decreto legislativo 3 dicembre 2012 n. 235 in quanto la sua applicazione retroattiva si pone in contrasto con gli articoli 2, 4, comma secondo, 51, comma 1, e 97, comma secondo, della Costituzione; 3) il comma primo lettera a) dell'art. 11 del decreto legislativo 3 dicembre 2012 n. 235 perche', in violazione degli articoli 76 e 77 della Carta Costituzionale, dispone la sospensione dalle cariche degli eletti al Consiglio Comunale (per quanto qui interessa) a seguito di condanna non definitiva, cosi' eccedendo i limiti della delega conferita dall'art. 1, comma 64 lettera m), della legge n. 190 del 6 novembre 2012. Ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della legge n. 87/53, il presente giudizio resta sospeso fino alla definizione del giudizio dinanzi alla Corte costituzionale. Resta da delibare l'istanza di sospensione dell'efficacia del provvedimento del Prefetto di Messina avente ad oggetto la sospensione di diritto alla carica pubblica nei confronti di Lo Monte Vincenzo, nella qualita' di Consigliere comunale. Osserva, in proposito, il Collegio che, ritenuta la non manifesta infondatezza delle eccezioni di incostituzionalita' prese in esame, puo' sospendersi l'efficacia del provvedimento prefettizio, atteso che ove la Corte costituzionale dovesse ritenere fondate le eccezioni di illegittimita' costituzionale, il diritto del Lo Monte, tutelato e garantito dall'art. 51 della Costituzione, resterebbe definitivamente ed irrimediabilmente vanificato, posto il limite temporale del mandato elettivo. Non sussistono, invece, i presupposti per raccoglimento dell'istanza cautelare in relazione alla chiesta sospensione della deliberazione del Consiglio Comunale di Graniti n. 31 del 21 luglio 2015, in quanto parte ricorrente non ha integrato il contraddittorio nei confronti del candidato subentrante Russo Antonio (v. delibera del Consiglio Comunale di Graniti del 21 luglio 2015), da ritenersi contraddittore necessario. Ed invero, per condivisibile orientamento giurisprudenziale, nelle cause elettorali promosse dall'amministratore dichiarato decaduto la (eventuale) notificazione del ricorso al Comune non ha la finzione di instaurare nei suoi confronti un rapporto processuale, ma solo di dargli notizia del procedimento, e di conseguenza non ne comporta l'attribuzione della qualita' di parte processuale, ponendosi l'ente in posizione neutra in quanto non e' titolare di alcun interesse in materia. In altri termini, l'ente pubblico e da ritenere estraneo al giudizio promosso da colui che sia stato dichiarato decaduto dalla carica elettorale o non eleggibile, anche quando il ricorso miri a ottenere la declaratoria di nullita' della relativa deliberazione, in quanto tale giudizio ha per oggetto non la legittimita' del provvedimento di dichiarazione di decadenza o di ineleggibilita', bensi' la sussistenza del diritto soggettivo alla permanenza nella carica (vedi Cass. nn. 25946/2007, 1020/1991, 13588/2000,16205/2000). Pertanto, si deve affermare che, nel giudizio promosso dall'eletto avverso la delibera municipale di nullita' della sua elezione, legittimo e necessario contraddittore e' il soggetto che a lui si sostituisce per legge nella carica in dipendenza della delibera stessa (Cass., Sez. 16 marzo 2004 n. 5323; Cass. n. 25946/2007). A lui soltanto deve essere notificato il ricorso da parte del candidato dichiarato decaduto per versare in una situazione di ineleggibilita' o incompatibilita'. Il principio e' imposto dal rilievo che il giudice ordinario, anche in detta controversia, non svolge un sindacato sulla legittimita' dell'atto consiliare, ne esercita giurisdizione di annullamento dell'atto stesso, ma deve statuire sulla spettanza della carica, definendo un conflitto su posizioni di diritto soggettivo, alle quali rimane estraneo l'ente territoriale. Il regolamento delle spese processuali sara' dettato a conclusione del giudizio, dopo l'esercizio (la parte della Corte costituzionale del sindacato di legittimita'.
P.Q.M. Il Tribunale di Messina, Sezione Feriale, in composizione collegiale, sentiti i procuratori delle parti, udite le conclusioni del P.M., disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, nella causa portante n. 4068/2015 RG, promossa da Lo Monte Vincenzo nei confronti della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo di Messina, cosi provvede: Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale: 1) del comma primo lett. a) dell'art. 11 del decreto legislativo 3 dicembre 2012 n. 235, in quanto, in violazione del secondo comma dell'art. 25 e del primo comma dell'art. 117 (in relazione all'art. 7 della CEDU) della Costituzione, non prevede la sospensione solo per sentenze di condanna relative a reati consumati dopo la sua entrata in vigore; 2) del comma primo lett. a) dell'art. 11 del decreto legislativo 3 dicembre 2012 n. 235, in quanto la sua applicazione retroattiva si pone in contrasto con gli articoli 2, 4, comma secondo, 51, comma 1, e 97, comma secondo, della Costituzione; 3) del comma primo lettera a) dell'art. 11 del decreto legislativo 3 dicembre 2012 n. 235, perche', in violazione degli articoli 76 e 77 della Carta Costituzionale, dispone la sospensione dalle cariche degli eletti al Consiglio Comunale (per quanto qui interessa) a seguito di condanna non definitiva, cosi eccedendo i limiti della delega conferita dall'art. 1, comma 64 lettera m), della legge n. 190 del 6 novembre 2013. In parziale accoglimento della domanda cautelare, sospende l'efficacia dell'impugnato provvedimento del Prefetto di Messina notificato al ricorrente in data 14 luglio 2015. Sospende il presente procedimento fino alla decisione della Corte costituzionale sulle eccezioni di incostituzionalita'. Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Spese alla definizione del merito. Si comunichi. Cosi' deciso in Messina, nella camera di consiglio della Sezione Feriale del 7 settembre 2015. Il Presidente: Giuseppa D'Uva Il Giudice est.: Daniele Carlo Madia