N. 27 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 giugno 2007

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 6 giugno 2007 (della Regione Veneto)

Turismo  - Professioni - Guida turistica e accompagnatore turistico -
  Divieto di subordinazione ad autorizzazioni preventive, al rispetto
  di  parametri  numerici  e  di  requisiti  di  residenza  -  Libero
  esercizio  per  i  titolari  di  laurea in lettere con indirizzo in
  storia  dell'arte  o  in  archeologia  e per i titolari di laurea o
  diploma universitario in materia turistica - Obbligo per le Regioni
  di  promuovere  sistemi  di  accreditamento per le guide turistiche
  specializzate  in  particolari  siti, localita' e settori - Ricorso
  della   Regione   Veneto   -  Lamentata  violazione  dell'autonomia
  legislativa   e  amministrativa  regionale,  contrasto  con  quanto
  statuito   dalla   legge   regionale  e  assenza  della  necessaria
  concertazione  -  Denunciata  violazione della competenza regionale
  residuale nelle materie del turismo e della istruzione e formazione
  professionale, lesione del principio di leale collaborazione.
- Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni,
  nella legge 2 aprile 2007, n. 40, art. 10, comma 4.
- Costituzione, artt. 117 e 118.
Istruzione  -  Istruzione  tecnico  professionale  -  Inserimento nel
  secondo ciclo di istruzione degli istituti tecnici e degli istituti
  professionali  e abrogazione dei licei economici e tecnologici gia'
  previsti dal d. lgs. n. 226 del 2005 - Ricorso della Regione Veneto
  -  Lamentata violazione dell'autonomia legislativa e amministrativa
  regionale  e  assenza  della  necessaria concertazione - Denunciata
  violazione della competenza regionale residuale nella materia della
  istruzione  e  formazione  professionale,  lesione del principio di
  leale collaborazione.
- Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni,
  nella legge 2 aprile 2007, n. 40, art. 13, comma 1.
- Costituzione, artt. 117 e 118.
Istruzione  -  Istruzione  tecnico  professionale  -  Potenziamento e
  riordino  degli  istituti  tecnici  e  professionali  -  Ascrizione
  nell'unica  categoria di «istituti tecnici e professionali» ai fini
  del  conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore -
  Ricorso  della Regione Veneto - Lamentata violazione dell'autonomia
  legislativa  e  amministrativa regionale e assenza della necessaria
  concertazione  -  Denunciata  violazione della competenza regionale
  residuale    nella    materia   della   istruzione   e   formazione
  professionale, lesione del principio di leale collaborazione.
- Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni,
  nella legge 2 aprile 2007, n. 40, art. 13, comma 1-bis.
- Costituzione, artt. 117 e 118.
Istruzione   -  Istruzione  tecnico  professionale  -  Previsione  di
  regolamenti  ministeriali  per il riordino degli istituti tecnici e
  professionali,  disciplinanti  riduzione degli indirizzi, scansione
  dei percorsi, previsione di un monte ore delle lezioni sostenibile,
  riorganizzazione  delle  materie  di  insegnamento  - Ricorso della
  Regione  Veneto - Lamentata violazione dell'autonomia legislativa e
  amministrativa regionale e assenza della necessaria concertazione -
  Denunciata  violazione  della  competenza regionale residuale nella
  materia  della  istruzione  e formazione professionale, lesione del
  principio di leale collaborazione.
- Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni,
  nella legge 2 aprile 2007, n. 40, art. 13, comma 1-ter.
- Costituzione, artt. 117 e 118.
Istruzione - Istruzione tecnico professionale - Termine del 31 luglio
  2008  per  l'adozione dei regolamenti ministeriali di riordino, con
  differimento  di  un  anno  della  data di avvio dei nuovi percorsi
  liceali e degli istituti di istruzione e formazione - Ricorso della
  Regione  Veneto  -Lamentata violazione dell'autonomia legislativa e
  amministrativa regionale e assenza della necessaria concertazione -
  Denunciata  violazione  della  competenza regionale residuale nella
  materia  della  istruzione  e formazione professionale, lesione del
  principio di leale collaborazione.
- Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni,
  nella legge 2 aprile 2007, n. 40, art. 13, comma 1-quater.
- Costituzione, artt. 117 e 118.
Istruzione   -   Istruzione  tecnico  professionale  -  Soppressione,
  nell'intero  testo  del d.lgs. n. 226 del 2005, di ogni riferimento
  ai  licei  economici  e tecnologici e reintroduzione degli istituti
  tecnici  e  istituti  professionali  nell'ordinamento  quale  ciclo
  ordinario  di  studi  -  Ricorso  della  Regione Veneto - Lamentata
  violazione  dell'autonomia legislativa e amministrativa regionale e
  assenza  della  necessaria  concertazione  -  Denunciata violazione
  della competenza regionale residuale nella materia della istruzione
  e   formazione   professionale,  lesione  del  principio  di  leale
  collaborazione.
- Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni,
  nella legge 2 aprile 2007, n. 40, art. 13, commi 8-bis e 8-ter.
- Costituzione, artt. 117 e 118.
(GU n.24 del 20-6-2007 )
    Ricorso  della  Regione  Veneto,  in  persona  del presidente pro
tempore  della  giunta  regionale,  on. dott. Giancarlo Galan, a cio'
autorizzato con delibera della giunta regionale n. 1244 dell'8 maggio
2007,  rappresentata e difesa, come da mandato a margine del presente
atto,  dall'avv.  Ezio  Zanon  dell'Avvocatura  regionale e dall'avv.
Andrea  Manzi del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio
legale di quest'ultimo in Roma, via F. Confalonieri, 5;

    Contro  il Presidente del Consiglio dei ministri, pro tempore per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale, degli articoli 10,
comma  4,  e 13, commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater, 8-bis e 8-ter della
legge  2 aprile 2007, n. 40 «Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 recante misure urgenti per la
tutela  dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo
di  attivita'  economiche e la nascita di nuove imprese» - pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  del  2  aprile  2007, n. 77 - suppl. ord.
n. 91/L  -,  per  violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione
nonche' del principio di leale collaborazione.

                              F a t t o

    Con   legge  2  aprile  2007,  n. 40,  e'  stato  convertito  con
modificazioni  il decreto-legge n. 7 del 2007 recante «Misure urgenti
per  la  tutela  dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo
sviluppo di attivita' economiche e la nascita di nuove imprese» (c.d.
Bersani 2). Il decreto convertito prevede una pletora di disposizioni
riferite  a  materie  diverse,  finalizzate,  come  dichiarato  nelle
premesse  dell'intervento  normativo  d'urgenza, a rimuovere ostacoli
allo  sviluppo  economico e ad adottare misure a garanzia dei diritti
dei  consumatori,  nonche'  a rendere piu' concorrenziali gli assetti
dei  mercato  e favorire la crescita della competitivita' del sistema
produttivo nazionale, in ossequio ai principi sanciti dalla normativa
comunitaria.
    In  dettaglio,  nell'ambito  del  Capo  II  concernente le misure
urgenti  per  lo  sviluppo  imprenditoriale  e  la  promozione  della
concorrenza,   l'art.   10,   rubricato   «Misure   urgenti   per  la
liberalizzazione   di   alcune   attivita'   economiche»,   raccoglie
specifiche  norme  volte a garantire la liberta' di concorrenza ed il
corretto ed uniforme funzionamento del mercato.
    Il  comma  4  del citato articolo disciplina l'attivita' di guida
turistica  e  accompagnatore turistico, disponendo che tali attivita'
non   possano   essere   subordinate  all'obbligo  di  autorizzazioni
preventive,  al  rispetto  dei  parametri numerici e dei requisiti di
residenza, fermo restando il possesso dei requisiti di qualificazione
professionale previsti dalle normative regionali. Inoltre, il secondo
periodo  del  medesimo  comma  dispone  che  ai titolari di laurea in
lettere  -  con  indirizzo  in  storia dell'arte o in archeologia - o
titolo    equipollente    non   debba   essere   negato   l'esercizio
dell'attivita'   di  guida  turistica,  neppure  subordinandolo  allo
svolgimento  dell'esame  abilitante o di altre prove selettive, fatta
salva   la  previa  verifica  delle  conoscenze  linguistiche  e  del
territorio di riferimento.
    Ancora,  il  quarto  periodo  dello  stesso  comma dispone che ai
titolari  di  laurea  o  diploma universitario in materia turistica o
titolo    equipollente    non   possa   essere   negato   l'esercizio
dell'attivita'  di  accompagnatore  turistico,  fatta salva la previa
verifica  delle  conoscenze specifiche quando non siano state oggetto
del corso di studi.
    Nel  proseguo  del testo normativo in esame si osserva che l'art.
13  reca  disposizioni  urgenti  in  materia  di  istruzione  tecnico
professionale   e   di   valorizzazione   dell'autonomia  scolastica,
introducendo,  al  comma  1, una modifica del d.lgs. 17 ottobre 2005,
n. 226   (c.d.  Riforma  Moratti),  finalizzata  all'inserimento  nel
secondo  ciclo  di istruzione degli istituti tecnici e degli istituti
professionali  di  cui all'art. 191, comma 2, del decreto legislativo
16   aprile   1994,   n. 297  «Approvazione  del  testo  unico  delle
disposizioni  legislative  vigenti in materia di istruzione, relative
alle  scuole  di ogni ordine e grado». Conseguentemente dal testo del
d.lgs. n. 226 del 2005 viene espunta, mediante l'abrogazione espressa
di   alcune   disposizioni,  la  previsione  dei  licei  economici  e
tecnologici  precedentemente  previsti  dalla  «Riforma  Moratti»  in
sostituzione degli istituti tecnici e degli istituti professionali.
    Il  comma  1-bis stabilisce il potenziamento ed il riordino degli
istituti tecnici e professionali di cui al decreto legislativo n. 297
del  1994,  destinati  ad essere ascritti, per effetto della novella,
nell'unica  categoria  di  «istituti tecnici e professionali» ai fini
del conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore.
    Il  comma  1-ter, inoltre, individua in uno o piu' regolamenti di
spettanza  del  Ministro competente lo strumento asprimento normativo
per il riordino sopra citato, con il quale disciplinare, tra l'altro,
la  riduzione  degli attuali indirizzi, la scansione dei percorsi, la
previsione   di   un   monte   ore   delle  lezioni  sostenibile,  la
riorganizzazione delle materie di insegnamento.
    Ed  ancora,  il comma 1-quater dell'articolo de quo nel fissare -
al  31 luglio 2008 - il termine, peraltro ordinatorio, entro il quale
i  regolamenti di riordino devono essere adottati, modifica il d.lgs.
n. 226  del  2005,  differendo  di  un  anno - dall'anno scolastico e
formativo 2008-2009 all'anno successivo 2009-2010 -, la data di avvio
dei   nuovi  percorsi  liceali  e  degli  istituti  di  istruzione  e
formazione.
    Infine,  i  commi 8-bis e 8-ter apportano ulteriori significative
modifiche   al   d.lgs.   n. 226  del  2005,  laddove  esplicitamente
sanciscono  la  soppressione,  nell'intero  testo  di  legge, di ogni
riferimento   ai   licei   economici   e  tecnologici  ed  escludono,
dall'ambito  applicativo  delle  abrogazioni espresse di cui all'art.
31,  comma  2  del d.lgs. n. 226 del 2005, gli istituti tecnici e gli
istituti  professionali, che, conseguentemente, sono cosi' nuovamente
introdotti nell'ordinamento quale ciclo ordinario di studi.
    L'assetto  normativo  che  scaturisce  dalle  disposizioni  sopra
indicate  lede  l'autonomia  legislativa  della regione con specifico
riferimento  alle  materie di competenza regionale costituzionalmente
garantite.  Inoltre  si  lamenta  la  lesione  del principio di leale
collaborazione  per l'assenza della ritenuta necessaria concertazione
con la regione.
    Attesa  la  non  completa  omogeneita'  delle  norme  oggetto  di
censura,   si  ritiene,  per  ragioni  di  chiarezza  espositiva,  di
analizzare  partitamente  ciascuno  delle  norme impugnate per meglio
illustrare i profili di illegittimita' costituzionale denunciati.

                            D i r i t t o

    1.  -  Art.  10, comma 4, per violazione degli articoli 117 e 118
della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione tra
Stato e regioni.
    L'art.  10  della  legge  2  aprile 2007, n. 40 nella volonta' di
dettare  «Misure  urgenti per la liberalizzazione di alcune attivita'
economiche»,  ha  previsto,  al  comma 4, che: «Le attivita' di guida
turistica  e  accompagnatore turistico, come disciplinate dalle legge
29 marzo 2001, n. 135, e successive modificazioni, non possono essere
subordinate  all'obbligo di autorizzazioni preventive, al rispetto di
parametri  numerici  e  a  requisiti  di residenza, fermo restando il
possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dalle
normative  regionali.  Ai  soggetti titolari di laurea in lettere con
indirizzo  in  storia  dell'arte  o  in  archeologia  o  altro titolo
equipollente,  l'esercizio dell'attivita' di guida turistica non puo'
essere negato, ne' subordinato allo svolgimento dell'esame abilitante
o di altre prove selettive, salva le previa verifica delle conoscenze
linguistiche  e  del territorio di riferimento. Al fine di migliorare
la  qualita'  dell'offerta  del  servizio  in  relazione  a specifici
territori  o  contesti  tematici,  le  regioni  promuovono sistemi di
accreditamento, non vincolanti, per le guide turistiche specializzate
in  particolari  siti,  localita'  e settori. Ai soggetti titolari di
laurea   o  diploma  universitario  in  materia  turistica  o  titolo
equipollente  non  puo'  essere  negato l'esercizio di accompagnatore
turistico,  fatta salva la previa verifica delle conoscenze specfiche
quando  non  siano  state  oggetto  del  corso  di  studi. I soggetti
abilitati   allo   svolgimento   dell'attivita'  di  guida  turistica
nell'ambito  dell'ordinamento  giuridico  del  Paese  comunitario  di
appartenenza  operano  in  regime  di  libera prestazione dei servizi
senza necessita' di alcuna autorizzazione, ne' abilitazione, sia essa
generale o specifica».
    La disciplina stabilita dal legislatore statale viola l'autonomia
legislativa  riconosciuta alla regione in materia di turismo, nel cui
ambito ricade la disciplina delle professioni turistiche.
    La  materia  «turismo»,  in  quanto non contemplata tra quelle di
competenza  esclusiva  dello  Stato,  o concorrente della regione, ai
sensi, rispettivamente, dei commi secondo e terzo dell'art. 117 della
Costituzione,   appartiene   sicuramente   all'ambito  di  competenza
legislativa residuale della regione, a termini del quarto comma dello
stesso articolo.
    Codesta ecc.ma Corte ha avuto modo di precisare che nella materia
del  turismo  le regioni ben possono esercitare tutte le attribuzioni
di  cui ritengano essere titolari, approvando una disciplina che puo'
anche  essere  sostitutiva  di  quella  statale  (sentenza n. 197 del
2003).
    E cosi', al pari della quasi totalita' delle regioni italiane, ha
fatto la regione Veneto, che, con la legge regionale 4 novembre 2002,
n. 33,  recante  «Testo  unico  delle  leggi  regionali in materia di
turismo»  ha  disciplinato  in maniera organica l'intero settore, ivi
comprese le professioni turistiche.
    In   particolare,   nell'ambito   del  Capo  IV,  la  regione  ha
individuato le figure professionali, ne ha disciplinato l'esercizio e
ne  ha  definito  le  competenze,  prevedendo,  per l'esercizio delle
stesse,  il  superamento di un esame di abilitazione, l'iscrizione ad
un  elenco  provinciale  e  il  rilascio  di una licenza da parte dei
comuni.
    Orbene,  il  comma  4  dell'art. 10 della legge n. 40 del 2007 si
pone  in  antitesi  rispetto  a  quanto statuito dalla regione Veneto
nella propria legge.
    La  legge  impugnata,  per  le  ragioni  che  di  seguito saranno
indicate,   e'   illegittima   per  violazione  dell'art.  117  della
Costituzione,  e  quindi  rappresenta  una lesione delle attribuzioni
costituzionalmente garantite alla regione.
    A   questo   proposito,   a  nulla  vale  invocare  il  principio
comunitario  di  libera concorrenza, richiamato dal comma 1 dell'art.
10  al  fine  di  superare  le  censure  prospettate  ed affermare la
competenza statale.
    Sull'argomento,  e'  bene  richiamare  quanto  da  codesto ill.mo
Collegio  e'  stato  piu'  volte affermato a proposito dei limiti che
incontra  lo  Stato  quando  legifera  nella  materia  «tutela  della
concorrenza»,  di  cui  al  secondo comma, lettera e), dell'art. 117,
evocata  nel comma 1 dell'art. 10, laddove e' richiamato il principio
comunitario di libera concorrenza.
    A  tale  materia,  al  pari di altre appartenenti alla competenza
esclusiva  dello  Stato, e' stato attribuita una portata trasversale,
avente carattere di funzione, esercitabile sui piu' diversi oggetti.
    Tuttavia,  proprio il carattere di trasversalita' attribuito alla
tutela   della   concorrenza,   rende   evidente   la  necessita'  di
determinarne  i  limiti, affinche' l'esercizio di essa non vanifichi,
in  definitiva,  «lo  schema di riparto dell'art. 117 Cost., che vede
attribuite  alla  potesta'  residuale  e  concorrente  delle  regioni
materie  la  cui  disciplina  incide  innegabilmente  sullo  sviluppo
economico». (Corte costituzionale, sentenza n. 14 del 2004).
    A  tale  proposito,  la  Corte  ha  avuto  modo  di osservare che
l'ambito   di   operativita'  della  competenza  legislativa  statale
attinente alla tutela della concorrenza viene delineato sulla base di
un   giudizio  di  proporzionalita'  ed  adeguatezza  dell'intervento
rispetto all'obiettivo perseguito (sentenza n. 272 del 2004).
    Alla luce di tale criterio, l'invocazione del principio di libera
concorrenza  non  e', nel caso specifico, sufficiente per superare le
censure  di  illegittima  compressione  dell'  autonomia regionale ed
affermare la competenza statale.
    Il  comma  4 dell'art. 10, nella sua interezza, appare inadeguato
rispetto  allo  scopo  di  aprire le professioni turistiche al libero
mercato.
    In   particolare,   e'   del  tutto  irrazionale  la  scelta  del
legislatore  statale  di  consentire  ai  soli  titolari di laurea in
lettere  con  indirizzo in storia dell'arte o in archeologia o titolo
equipollente  l'esercizio  dell'attivita'  di  guida  turistica senza
alcuna  previa  selezione,  e, in maniera analoga, consentire ai soli
titolari  di  laurea  o  diploma universitario in materia turistica o
titolo  equipollente  l'esercizio  dell'attivita'  di  accompagnatore
turistico senza ulteriore esame.
    Cio'  in quanto manca di reale consequenzialita' logica la scelta
di esentare dall'esame di abilitazione, peraltro previsto dalla legge
regionale  n. 33 del 2002 proprio al fine di tutelare la qualita' del
servizio offerto ai «consumatori», solamente i titolari dei titoli di
studio  sopra specificati, sulla base di una aprioristica valutazione
di  sufficienza di quei titoli rispetto all'esercizio delle attivita'
di guida turistica o di accompagnatore turistico.
    Inoltre  la  norma,  irragionevolmente,  reintroduce  di fatto la
necessita'  di  una  prova  abilitante,  allorche',  nel  seguito del
secondo  periodo  del  comma  4, richiede per le guide turistiche «la
previa  verifica  delle  conoscenze  linguistiche e del territorio di
riferimento»,   e,  per  gli  accompagnatori  turistici,  «la  previa
verifica  delle  conoscenze specifiche quando non siano state oggetto
del corso di studi».
    L'estrema contraddittorieta' della disposizione impugnata, con le
prevedibili  difficolta'  applicative  che  comportera',  conferma il
fatto  che  essa  supera  certamente  i  limiti  della  tutela  della
concorrenza nell'ambito delle professioni turistiche.
    Ne',  sotto altro profilo - al quale si accenna per mero scrupolo
difensivo - il titolo di legittimazione dell'intervento statale nella
materia  de  qua  puo'  rinvenirsi  ipotizzando  che  le  professioni
turistiche   siano,   per   cosi'   dire,  «attratte»  nella  materia
concorrente  delle «professioni» (articolo 117, terzo comma, Cost.) a
discapito  della  materia esclusiva del «turismo», della quale, anche
nel  vigore  del  precedente  regime  costituzionale di riparto delle
competenze,  le  professioni  turistiche  erano,  senza alcun dubbio,
parte integrante (Corte costituzionale, sentenza n. 459 del 2005).
    A   tacere   del   fatto  che  nessun  riferimento  alla  materia
«professioni»  risulta  dal  testo dell'articolo in esame, traendo le
mosse   da   un   simile  assunto  si  giungerebbe  alla  paradossale
conclusione  che,  transitando  la  materia  «turismo»  da competenza
concorrente  a  competenza esclusiva (come riconosciuto, si ripete, a
piu'   riprese,   da  codesta  ecc.ma  Corte),  sull'argomento  delle
professioni  collegate al turismo le regioni incontrerebbero maggiori
limitazioni   di   quando  in  materia  di  professioni  non  avevano
competenza alcuna.
    Non  puo'  essere, infatti, accettata una lettura del nuovo testo
costituzionale  - e, quindi, della sottesa attribuzione di competenza
-   tanto   restrittiva   dell'autonomia   regionale  da  privare  di
significato il quarto comma dell'articolo 117 e ridurre, di fatto, la
potesta' legislativa regionale alla sola potesta' concorrente, magari
concepita  in  modo  piu'  restrittivo  rispetto  al  passato assetto
istituzionale.
    Si  aggiunga che la competenza legislativa regionale sul punto e'
riconosciuta,   sia   pure   per   implicito   e  non  poteva  essere
diversamente,  proprio  dalla  norma  in esame, nella parte in cui, a
seguito  delle  modifiche  introdotte  in  sede  di  conversione,  fa
riferimento  ai  «(...)  requisiti  di  qualificazione  professionale
previsti  dalle normative regionali», eliminando il precedente rinvio
alla legge 29 marzo 2001, n. 135, giudicato, anche dal Servizio studi
della  Camera  dei  deputati come «incongruo (...) in quanto trattasi
(...) di materie (rectius: requisiti) non disciplinate dalla suddetta
legge  (cioe'  la  richiamata  legge n. 135 del 2001) bensi' da leggi
delle  singole regioni» (cosi', testualmente, Camera dei deputati, XV
Legislatura,  Servizio  studi,  Progetti  di legge, «Promozione della
concorrenza  e  tutela dei consumatori», d.l. 31 gennaio 2007, n. 7 -
A.C. 2201, Dossier n. 96 del 6 febbraio 2007, pag. 1 e ss.)
    In  ogni  caso,  nella  denegata  ipotesi  in cui si considerasse
legittimo  l'intervento dello Stato, esso risulta comunque lesivo del
principio di leale collaborazione.
    Codesta  ecc.ma  Corte, affrontando la questione degli interventi
finanziari  dello  Stato  in  materie  di  competenza  regionale,  ha
affermato   che  «la  necessita'  di  assicurare  il  rispetto  delle
attribuzioni  costituzionalmente  garantite  alle  regioni, impone di
prevedere  che  queste ultime siano pienamente coinvolte nei processi
decisionali    concernenti   il   riparto   dei   fondi»,   ritenendo
«costituzionalmente   necessario,  al  fine  di  assicurare  in  modo
adeguato   la   leale   collaborazione   tra  istituzioni  statali  e
regionali»,  l'adozione  dello strumento dell'intesa (sentenza n. 222
del 2005).
    Tale  decisione attribuisce al principio di leale collaborazione,
proprio  per  la  genericita'  di  tale  parametro,  il  carattere di
strumento  idoneo  a regolare in modo dinamico i rapporti tra Stato e
regioni,  e  consente  di  sostenere,  in  via  generale,  che quando
l'intervento  dello  Stato  si  interseca  con  ambiti  di competenza
concorrente  o  residuale  delle  stesse, queste ultime devono essere
pienamente   coinvolte   nei   processi   decisionali   che   portano
all'adozione dell'atto.
    A tale scopo, si rende necessaria l'adozione di uno strumento che
consenta una paritaria codeterminazione del contenuto dello stesso, e
la  stessa  Corte ha piu' volte indicato l'intesa tra Stato e regioni
come  una delle possibili forme di attuazione del principio (sentenza
n. 27 del 2004).
    Infine,  non  rispettosa della competenza regionale in materia di
formazione  professionale  risulta  la  disposizione  impugnata nella
parte  in cui impone «.... le Regioni promuovono ...» alle regioni di
promuovere   sistemi   di  accreditamento  per  le  guide  turistiche
specializzate in particolari siti, localita' e settori.
    La  materia  «istruzione e formazione professionale», non inclusa
nell'elenco   delle   materie   attribuite  dal  secondo  comma  alla
legislazione  dello  Stato,  ed espressamente esclusa dal terzo comma
dell'articolo  117,  rientra  nella  competenza legislativa esclusiva
regionale  di  cui  al  comma  quarto  del  medesimo  articolo (Corte
costituzionale, sentenza n. 50 del 2005).
    Invero,  pare  indubitabile  che  le modalita' organizzative e la
disciplina  del concreto svolgimento dell'attivita' formativa esterna
sul  territorio  regionale rientrino tra le prerogative proprie delle
regioni  (Corte  costituzionale, sentenza n. 51 del 2005), e pertanto
costituisce  una  scelta  autonoma  di  ciascuna  di  esse  quella di
introdurre  o  meno particolari sistemi di accreditamento che abbiano
come scopo quello di elevare la qualita' dell'offerta del servizio di
guida turistica.
    Si  rivela  dunque illegittima, per violazione dell'articolo 117,
la scelta, operata dal legislatore statale, di introdurre nei singoli
sistemi  regionali di formazione della professione di guida turistica
l'accreditamento,  quale  fattore  di  specializzazione e, quindi, di
particolare qualificazione dell'offerta.
    2.  - Articolo 13, commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater, 8-bis e 8-ter
per  violazione  degli articoli 117 e 118 della Costituzione, nonche'
del principio di leale collaborazione.
    Come  gia'  osservato, l'articolo 13 del d.l. n. 7 del 2007, come
modificato  dalla  legge  di  conversione, nei primi commi disciplina
«l'istruzione   tecnico-professionale»   nonche'  la  «valorizzazione
dell'autonomia scolastica».
    Segnatamente,  al  comma  1  del  citato articolo, il legislatore
statale  modifica  surrettiziamente il decreto legislativo 17 ottobre
2005,  n. 226  recante  «Norme  generali  e  livelli essenziali delle
prestazioni  relativi  al  secondo  ciclo  del  sistema  educativo di
istruzione  e  formazione»  attraendo  nel  sistema  dell'istruzione,
accanto  ai  licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali
che   precedentemente   erano  stati  esclusi  dal  medesimo  decreto
legislativo.
    Correlativamente,  la  seconda  parte  del  comma  1  abroga  gli
articoli riferiti ai licei tecnologici ed economici.
    Inoltre,  la legge di conversione completa il quadro del riordino
laddove,  per  un  verso,  il  comma  8-bis,  attraverso una puntuale
operazione  di  drafting normativo sul decreto legislativo n. 226 del
2005, abroga ogni riferimento ai licei economici e tecnologici, e per
altro  verso,  il  comma  5-ter esclude dall'articolo 31, comma 2 del
decreto  legislativo  n. 226  del  2005,  concernente  le abrogazioni
espresse,  il  riferimento  agli  istituti  tecnici  e  agli istituti
professionali.
    Al   riguardo   per   comprendere   appieno   gli  effetti  e  le
ripercussioni   della   modifica   supra   delineata   nel   contesto
costituzionale,  si  reputa  necessario inquadrare la stessa nel piu'
generale ambito normativo in cui incide.
    Il  decreto  legislativo  n. 226  del  2005 emanato in attuazione
della  legge  delega  28  marzo 2003, n. 53, aveva definito «le norme
generali  in materia di istruzione» ai sensi dell'articolo 117, comma
secondo, lettera n) della Costituzione, nonche' «i livelli essenziali
delle  prestazioni concernenti i diritti civili», di cui all'articolo
117,   comma   secondo,   lettera  m)  della  Costituzione  medesima,
correlandoli  al  diritto-dovere di istruzione di cui all'articolo 34
della  Carta  fondamentale  della  Repubblica  italiana.  Il  decreto
citato,  pertanto,  aveva  appunto  stabilito  le norme generali ed i
livelli  essenziali  con  riferimento  al  secondo  ciclo del sistema
educativo di istruzione e formazione.
    Scopo  del nuovo sistema era dunque assicurare a tutti il diritto
alla istruzione e alla istruzione e formazione professionale, secondo
standard  uniformi stabiliti dal legislatore nazionale in accordo con
le  regioni.  La procedura concertativa introdotta risultava conforme
al dettato costituzionale, essendo indiscutibile l'incidenza prodotta
dalla  determinazione degli standard medesimi sull'esercizio concreto
delle   competenze  legislative  delle  regioni,  qualificabili  come
concorrenti  se  riferite  alla  materia  «istruzione» e residuali se
riferite alla materia «istruzione e formazione professionale».
    Come piu' volte affermato da codesta ecc.ma Corte, allorquando la
materia  di  competenza  statale  si  incroci  per taluni aspetti con
materie  di  competenza  regionale  concorrente  o  residuale,  nelle
ipotesi  in  cui  non  sia  possibile  utilizzare  il  criterio della
prevalenza  di  materia,  trova  applicazione il criterio della leale
collaborazione (ex plurimis: sentenza 8 giugno 2005, 219).
    In  perfetta aderenza con l'assunto anzidetto la legge delega del
2003  imponeva  l'obbligo  di procedere mediante decreti legislativi,
sentita  la  Conferenza  unificata, con la precisazione che ulteriori
disposizioni correttive ed integrative dei medesimi decreti potessero
essere  adottate  solo  attraverso le stesse procedure indicate nella
legge  delega.  Conseguentemente, il processo collaborativo era stato
esteso  all'intera  fase attuativa della legge delega de qua, incluse
le  modifiche successive al primo impianto normativo. Con la legge in
esame,   per   contro,  non  solo  le  disposizioni  modificative  ed
integrative  del  decreto  legislativo n. 226 del 2005 non sono state
preventivamente   sottoposte  alla  Conferenza  unificata,  ma  viene
rimossa   unilateralmente   ed   in   radice   la   stessa  procedura
concertativa.
    Inoltre,  nello  stesso  decreto legislativo n. 226 del 2005, nel
Capo   V   riferito  alle  norme  transitorie  e  finali,  era  stato
esplicitamente previsto che il primo avvio dei percorsi di istruzione
e   formazione   professionale   fosse   sottoposto  alla  preventiva
definizione  di  alcuni  specifici  aspetti  normativi  con  appositi
accordi  in Conferenza Stato-regioni, nonche' che, ogniqualvolta, con
decreto  del  Ministro  competente  in materia di istruzione, fossero
avviati  i  nuovi  percorsi  liceali,  dovesse essere preventivamente
sentita la Conferenza unificata.
    Orbene,   nel   sistema  educativo  di  istruzione  e  formazione
tracciato  dalla legge delega n. 53 del 2003 e dal successivo decreto
legislativo  n. 226  del  2005,  come  succintamente  ricostruito, il
legislatore statale aveva chiaramente delineato la distinzione tra il
sistema  «istruzione»,  costituito  dai  licei  e  assoggettato  alla
competenza   concorrente   regionale   e  il  sistema  «istruzione  e
formazione  professionale» costituito dalle istituzioni scolastiche e
formative   disciplinate   dalla  regione  in  quanto  di  competenza
esclusiva  regionale.  E  che  quest'ultima integrasse una competenza
esclusiva  regionale  era stato riconosciuto dallo stesso legislatore
statale  nell'articolo 15, comma 2 del decreto legislativo n. 226 del
2005.
    Ma vi e' di piu'.
    Nell'ambito  della disciplina concernente i licei, il legislatore
statale   aveva   distinto   varie   tipologie  di  istituti  liceali
introducendo   due   nuove   figure:  il  liceo  economico  e  quello
tecnologico. Per effetto dell'inserimento dei due nuovi istituti, con
il medesimo decreto legislativo n. 226 del 2005 erano stati abrogati,
ai  sensi dell'articolo 31, comma 2, gli istituti tecnici, sostituiti
dai  licei  tecnologici, e gli istituti professionali, sostituiti dai
licei  economici, gia' previsti all'articolo 191 del d.P.R. 16 aprile
1994,   n. 297  «Approvazione  del  testo  unico  delle  disposizioni
legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di
ogni ordine e grado».
    L'effetto  abrogativo,  peraltro,  era  stato  differito all'anno
scolastico  successivo  al  completo  esaurimento  delle  classi che,
quindi,  all'entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo di cui si
tratta, continuavano l'attivita' didattica.
    D'altro  canto  si  deve  rilevare  come  la  sostituzione  fosse
strettamente  connessa  alla  modifica dell'assetto costituzionale in
quanto   l'utilizzo   della   locuzione   «istruzione   e  formazione
professionale»   appare   espressione  semantica  della  volonta'  di
separare  «l'istruzione»,  costituita dalle strutture scolastiche che
impartiscono  le  discipline  culturali generali, dalla «istruzione e
formazione   professionale»   riferita   alle  strutture  scolastiche
dedicate all'insegnamento di discipline professionalizzanti.
    Pertanto,  in  armonia  con  il  nuovo  quadro  delle  competenze
costituzionali,  il  legislatore  statale  del  2003  aveva deciso di
includere  nel  sistema  dell'istruzione  solo i licei attribuendo ad
essi,   compresi   quelli   tecnologici  ed  economici,  percorsi  di
insegnamento  finalizzati  a  discipline  di  cultura generale e solo
limitatamente   a   discipline  professionalizzanti,  con  esclusione
appunto  degli  istituti  tecnici  e professionali. Tali istituti, ai
sensi  dell'articolo  191,  comma 3, del d.P.R. n. 297 del 1994, sono
caratterizzati  da tipologie di insegnamento strettamente connesse al
primo  inserimento  nel  mondo  del  lavoro,  come inequivocabilmente
specificato  nel  testo  della  disposizione richiamata. Detta norma,
infatti,  precisa  che  gli istituti tecnici «hanno per fine precipuo
quello   di   preparare   all'esercizio   di   funzioni  tecniche  od
amministrative,   nonche'   di   alcune   professioni,   nei  settori
commerciale  e  dei servizi, industriale, delle costruzioni, agrario,
nautico ed aeronautico», mentre gli istituti professionali «hanno per
fine   precipuo   quello   di   fornire   la  specifica  preparazione
tecnico-pratica  per  l'esercizio di mansioni qualificate nei settori
commerciale,  e  dei  servizi,  industriale  ed  artigiano, agrario e
nautico».
    Dalle  definizioni  sopra riportate emerge con evidente chiarezza
come   i   due  istituti  siano  molto  simili,  in  quanto  entrambi
finalizzati  al  conseguimento di un diploma di istruzione secondaria
superiore  quale  titolo  a carattere professionalizzante, attraverso
percorsi   privilegianti   modalita'   di   insegnamento  prettamente
tecnico-pratiche. La disciplina relativa ai titoli ed alle qualifiche
in   argomento,  infatti,  e'  attualmente  di  competenza  esclusiva
regionale  e  lo stesso decreto legislativo n. 226 del 2005, al comma
13  dell'articolo 1, aveva testualmente ribadito che: «Tutti i titoli
e  le  qualifiche  a carattere professionalizzante sono di competenza
delle regioni e province autonome e vengono rilasciati esclusivamente
dalle  istituzioni scolastiche e formative del sistema d'istruzione e
formazione professionale».
    La  ratio  della  non  annoverabilita'  dei  medesimi  all'ambito
dell'istruzione  e  la  conseguente  abrogazione normativa consentiva
alle  regioni  di  poter  costituire, in forza della propria potesta'
legislativa  residuale, istituzioni pubbliche con funzioni analoghe a
quelle degli istituti tecnici e professionali da inserire nel sistema
dell'istruzione e formazione professionale.
    Ed invero, codesta ecc.ma Corte nel definire l'ambito applicativo
della  materia  «istruzione  e formazione professionale» ha affermato
espressamente  che  detta competenza esclusiva delle regioni riguarda
la  istruzione  e  la  formazione professionale pubbliche che possono
essere  impartite sia negli istituti scolastici a cio' destinati, sia
mediante  strutture proprie che le singole regioni possano approntare
in relazione alla peculiarita' delle realta' locali, sia in organismi
privati  con  i  quali  vengano  stipulati  accordi (cfr. sentenza 28
gennaio 2005, n. 50).
    La   pronuncia,  oltre  a  stabilire  i  margini  della  potesta'
legislativa   regionale  in  subjecta  materia,  conferma,  altresi',
l'assetto  normativo ad ora delineato per quanto concerne la potesta'
amministrativa regionale.
    Gia'  il  decreto  legislativo  31  marzo  1998,  n. 112  recante
«Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  e  agli  enti locali in attuazione del Capo I della legge 15
marzo 1997, n. 59», a Costituzione invariata, infatti, aveva definito
la  «formazione  professionale»  come  il  complesso degli interventi
destinati    al    primo    inserimento,    inclusa   la   formazione
tecnico-professionale  superiore,  nonche'  al  perfezionamento, alla
riqualificazione   e   all'orientamento  professionali,  con  valenza
prevalentemente  operativa,  per  qualsiasi attivita' di lavoro e per
qualsiasi  finalita'.  Tale  ambito,  quindi,  ricomprendeva anche la
formazione   impartita  dagli  istituti  professionali,  benche'  non
prevedenti   corsi   di   studio  di  durata  quinquennale  volti  al
conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore, nonche'
la  formazione continua, permanente e ricorrente e quella conseguente
a riconversione di attivita' produttiva.
    Inoltre  il  comma  3 dell'articolo 141 del summenzionato decreto
precisava  che  «l'istruzione artigiana e professionale» coincide con
la «formazione professionale».
    Se,   pertanto,   la   formazione   professionale   viene   cosi'
identificata  dalla  legge,  il  quadro  normativo  supra  richiamato
risultava  tutt'altro  che  in conflitto con la materia «istruzione e
formazione  professionale»  di  cui  all'attuale  articolo 117, comma
terzo,  della Costituzione, risultandone, al contrario, arricchito in
termini  di offerta formativa per quanto particolarmente attiene agli
istituti  pubblici  finalizzati all'insegnamento professionalizzante,
senza  alcuna  compromissione  delle  potesta'  garantite dalla Carta
fondamentale.
    Coerentemente  a  tale  contesto, infatti, l'articolo 28, comma 4
del d.lgs. n. 226 del 2005 aveva previsto il trasferimento aggiuntivo
di  beni,  risorse  finanziarie,  umane  e  strumentali necessari per
l'esercizio delle ulteriori funzioni e compiti conferiti alle regioni
e  agli  enti  locali in conformita' a quanto previsto dagli articoli
117   e  118  della  Costituzione  ed  in  stretta  correlazione  con
l'attuazione  delle  disposizioni  del Capo III riferito appunto alla
«istruzione e formazione professionale».
    Il  legislatore  statale,  invece, con il comma 1 ed i successivi
commi  8-bis  e  8-ter  della  legge di conversione in esame modifica
completamente  quanto  concordato  in  sede  di  Conferenza unificata
relativamente  al  decreto  legislativo n. 226 del 2005 e stabilisce,
senza  alcun  coinvolgimento  regionale, non solo di reintrodurre gli
istituti  tecnici  e  gli  istituti  professionali,  inserendoli  nel
sistema   dell'istruzione   secondaria   superiore,   ma   anche   di
disciplinarli unilateralmente senza la previsione di alcun modello di
concertazione   con   le   regioni,   incurante   delle   prerogative
costituzionali  garantite  alle  medesime  e in palese violazione del
riparto  delle  competenze  legislative  disegnato  dall'articolo 117
della Costituzione ut supra argomentato.
    Ed  invero  la  violazione  delle  prerogative  regionali risulta
palese  sia che si valuti il conflitto emerso tra l'inserimento degli
istituti  nel sistema dell'istruzione e la ratio legislativa del 2003
che  aveva considerato gli istituti medesimi rientranti nella materia
«istruzione   e   formazione   professionale»,   sia  che  si  assuma
l'appartenenza   degli   istituti  di  cui  si  tratta  alla  materia
«istruzione» di competenza concorrente di cui all'articolo 117, comma
terzo della Costituzione.
    In  punto, anche qualora si giungesse alla dubbia conclusione che
la  disposizione  contenuta  nel comma 1, ovvero la determinazione di
attrarre  gli  istituti  tecnici  e  gli  istituti  professionali nel
sistema dell'istruzione, integri un principio fondamentale in materia
di istruzione, l'assunto fondante la pretesa legittimita' della norma
statale  circa la statuizione di un principio in materia concorrente,
non  e'  sicuramente  sostenibile  in riferimento ai successivi comme
1-bis, 1-ter e 1-quater.
    Infatti,  con  il  comma  1-bis  il  legislatore statale, laddove
prevede  i  riordino ed il potenziamento, sempre di fonte statale, da
attuarsi  mediante  le  disposizioni di rango regolamentare di cui al
successivo   comma  1-ter,  in  sostanza  si  arroga  una  competenza
disciplinatoria   di   dettagli  incompatibile  con  il  comma  terzo
dell'articolo 117 della Costituzione.
    Pertanto, anche a voler attribuire all'inserimento degli istituti
tecnici  e  degli  istituti professionali nel sistema dell'istruzione
secondaria  superiore  valenza  di  principio  generale in materia di
istruzione, posizione assolutamente non condivisibile dallo scrivente
patrocinio   in   base   alle  argomentazioni  proposte,  proprio  la
previsione  del  rinvio  ad una successiva disciplina pare confermare
come  solo  al  comma  1  sia  eventualmente  riconoscibile natura di
principio fondamentale.
    In  effetti,  al  riguardo,  codesta  ecc. ma Corte ha ampiamente
chiarito  che  in  materia  di  istruzione  le  norme che integrano i
principi  fondamentali  sono solo quelle che pur sorrette da esigenze
unitarie,  non  esauriscono  in  se'  stesse la loro operativita', ma
informano altre norme piu' o meno numerose.
    Ebbene,  le  ulteriori norme alle quali codesta ecc.ma Consulta s
riferisce     non    possono    che    essere    necessariamente    e
incontrovertibilmente  regionali  attesi  i tratti caratterizzanti le
materie  a potesta' normativa concorrente ed il nesso sussistente tra
disposizioni  di  principio  e  norme  di  dettaglio,  di  tal che la
definizione  delle seconde e' rimessa all'autonomia regionale al fine
di rendere operativi i principi fissati dalle prime.
    Qualora,   per   converso,   si   accedesse  all'ipotesi  che  il
legislatore  statale abbia limitato il proprio intervento al comma 1,
dell'articolo  13 nell'ambito della competenza concorrente in materia
di  istruzione,  conseguentemente  illegittima  sarebbe  altresi'  la
disposizione  contenuta  nel  comma 1-ter che attribuisce al Ministro
competente  il  potere  regolamentare  in  ordine  alla disciplina di
dettaglio,  in palese violazione dell'articolo 117, comma sesto della
Costituzione.
    Benche'  sia  incontrovertibile la disposizione che consente allo
Stato di emanare regolamenti solo in materie di competenza esclusiva,
giusta quanto espressamente affermato nel testo costituzionale, viene
comunque  richiamata, per mera completezza espositiva, una delle piu'
recenti   decisioni   di   codesta   ecc.ma   Corte,   ove  e'  stato
inequivocabilmente  ribadito,  in  un  giudizio  vertente  su  di  un
conflitto  di  attribuzioni,  che non spetta allo Stato stabilire con
norme  regolamentari  i requisiti delle societa' scientifiche e delle
associazioni   tecnico-scientifiche   delle   professioni  sanitarie,
trattandosi    di    provvedimento    incidente    sulle   competenze
costituzionali residuali e concorrenti regionali (sentenza 13 ottobre
2006, n. 328).
    In proposito, si evidenzia che oggetto dei regolamenti e' proprio
la  programmazione  della  rete  scolastica, ma tale funzione e' gia'
stata  delegata  alle  regioni  sin  dal d.lgs. n. 112 del 1998 . Sul
punto  specifico  si  osserva  che  la funzione in argomento prevista
all'articolo  138,  comma  1,  lettera  b) del decreto teste' citato,
risulta  inscindibile  dalla  funzione di programmazione dell'offerta
formativa  integrata tra istruzione e formazione professionale di cui
alla lettera a), stesso comma, del medesimo articolo.
    D'altro  canto  l'articolo 7, comma 6, della legge 5 giugno 2003,
n. 131   «Disposizioni   per   l'adeguamento  dell'ordinamento  della
Repubblica  alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» (c.d. La
Loggia)  prevede  espressamente  che,  fino  alla  data di entrata in
vigore  dei  provvedimenti attuativi del novellato articolo 118 della
Costituzione,   le   funzioni  amministrative  continuano  ad  essere
esercitate  secondo  le  attribuzioni  stabilite  dalle  disposizioni
vigenti,  fatti  salvi  gli effetti di eventuali pronunce della Corte
costituzionale.
    Pertanto, secondo l'orientamento di codesta ecc.ma Consulta - che
considera implausibile che il legislatore costituzionale abbia voluto
spogliare  le  regioni  di  una funzione gia' ad esse conferita nella
forma  della competenza delegata dall'articolo 138, del d.lgs. n. 112
del  1998  - nella materia de qua non si puo' rinvenire alcuno spazio
di  intervento per il legislatore statale, (sentenza 13 gennaio 2004,
n. 13).
    Strettamente  connesso  ai  commi 1-bis e 1-ter e', poi, il comma
1-quater  che  stabilisce  il  termine  entro  il  quale  i  predetti
regolamenti dovrebbero essere adottati.
    Infine,    per    completezza   di   trattazione,   ribadita   la
prospettazione  proposta,  in  ogni  caso,  l'apodittica  pretesa  di
ascrivere  le  disposizioni in argomento ad una materia di competenza
esclusiva  statale  non basterebbe a scongiurare la censura afferente
la violazione del principio di leale collaborazione.
    Come  codesta  ecc.ma  Corte ha gia' avuto occasione di affermare
anche   nell'ambito  delle  potesta'  esclusive  statali  si  possono
intrecciare  profili  di competenza regionale concorrente e residuale
(cfr. sentenza 16 giugno 2005, n. 231).
    Nel  quadro  normativo in esame l'interconnessione e' innegabile,
in  quanto il sistema dell'istruzione secondaria deve necessariamente
coordinarsi   con   il   sistema   dell'   istruzione   e  formazione
professionale  ed  infatti,  il  comma 1-quinquies in realta' prevede
l'adozione  di  apposite  linee  guida  d'intesa  con  la  Conferenza
unificata per raccordare detti sistemi. Tuttavia, la collocazione del
momento  concertativo  in  un contesto che ha ormai pregiudicato ogni
possibilita'   di   intervento  regionale,  sostanzialmente  vanifica
l'intesa,  laddove  la  legge  in  esame  ha  gia'  unilateralmente e
compiutamente  definito  la disciplina concernente anche gli istituti
tecnici e professionali.
    D'altro  canto,  codesta  ecc.ma  Corte ha ripetutamente rilevato
come  questioni  di  legittimita' costituzionale possano scaturire da
interferenze tra norme ascrivibili a materie di competenza esclusiva,
spettanti  allo  Stato  ed  altre,  come  appunto  l'istruzione  e la
formazione  professionale  di  competenza residuale, alle regioni. In
tali   ipotesi   si   verterebbe,  piu'  correttamente,  in  tema  di
concorrenza   di   competenze   e   non  di  competenza  ripartita  o
concorrente.  La  Costituzione  non  prevede criteri specifici per la
composizione di siffatti conflitti ed e' quindi necessario il ricorso
a principi generali, quale e' quello di leale collaborazione, che per
la  sua elasticita' consente di aver riguardo alle peculiarita' delle
singole situazioni (sentenza n. 50 del 2005).
    Nei  commi  1,  8-bis  e  8-ter il legislatore, dunque, ha deciso
inopinatamente  e  senza  alcun  raccordo con la Regione, non essendo
previsto  alcun  momento  di concertazione da formalizzare nelle sedi
istituzionali  proprie,  di  modificare  unilateralmente  il  decreto
legislativo  n. 226  del  2005 sconvolgendo quanto precedentemente ed
espressamente  concordato  con  le  regioni;  per  di piu', nei commi
successivi  1-bis,  1-ter e 1-quater, laddove stabilisce la procedura
per   l'adozione   dei  regolamenti  statali,  ha  de  facto  escluso
illegittimamente  qualsiasi  possibilita'  di  intervento normativo o
istituzionale da parte delle regioni.
                              P. Q. M.
    Si  chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale, in accoglimento del
presente  ricorso,  voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale
degli  articoli  10,  comma 4, e 13, commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater,
8-bis   e   8-ter,   nonche'   ogni   altra   disposizione   ad  essi
consequenziale,  della  legge  2  aprile  2007, n. 40 «Conversione in
legge,  con  modificazioni,  del  decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7
recante  misure  urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione
della  concorrenza,  lo sviluppo di attivita' economiche e la nascita
di' nuove imprese» - pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 2 aprile
2007,  n. 77  suppl.  ord. n. 91/L - per violazione degli artt. 117 e
118 della Costituzione nonche' del principio di leale collaborazione.
        Venezia-Roma, data 24 maggio 2007
                 Avv. Ezio Zanon - Avv. Andrea Manzi
07C0792