N. 432 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 maggio 1999
N. 432 Ordinanza emessa il 18 maggio 1999 dal giudice di pace di Otranto nel procedimento civile vertente tra Fiorentino Anna e Consorzio di Bonifica Ugento e Li Foggi Procedimento civile - Controversie in materia di contributi consortili di bonifica - Competenza a conoscerle del giudice di pace - Esclusione, attesa la natura tributaria di detti contributi, affermata dalle sezioni unite della Cassazione con sentenza n. 9493/1998 - Conseguente devoluzione delle cause di cui trattasi alla competenza per materia del tribunale - Irragionevolezza - Lesione del principio di eguaglianza - Violazione del diritto di azione e di difesa - Disparita' di trattamento impositivo - Contrasto con il principio di buon andamento della p.a. e con il diritto alla tutela giurisdizionale contro gli atti amministrativi - Riferimento alla sentenza n. 26/1998 della Corte costituzionale. (C.P.C., artt. 7 e 9, comma 2). (Cost., artt. 3, 24, 25, 53, 97 e 113).(GU n.37 del 15-9-1999 )
IL GIUDICE DI PACE Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 31/1997 r.g. e promossa da Fiorentino Anna con l'avv. Daria Giorentino, attrice; Contro il Consorzio di Bonifica Ugento e Li Foggi con l'avv. Carlo De Carlo, convenuto, ed avente per oggetto: azione di accertamento negativo dell'obbligo di contribuzione e ripetizione di somme versate a titolo di contributi. Il giudice sciogliendo la riserva formulata a verbale d'udienza che precede, Premesso e ritenuto in fatto 1. - Con atto di citazione notificato il 4 marzo 1998 Fiorentino Anna evocava in giudizio davanti a questo giudice il Consorzio di Bonifica Ugento e Li Foggi e, deducendo di essere proprietaria di un fondo sito in agro del comune di Cannole, che non ha mai goduto di beneficio alcuno dall'attivita' del Consorzio - peraltro mai svolta - chiedeva l'accertamento negativo dell'obbligo di contribuzione e di ottenere la restituzione delle somme da essa pagate dal 1992 al 1996 al predetto Consorzio a titolo di contributo di bonifica ed ammontanti fino ad allora a L. 195.004, oltre agli interessi gia' maturati dal di' del sorgere del credito. 2. - Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio il Consorzio convenuto e, facendo leva su pronunzie della Corte di cassazione, eccepiva, preliminarmente, il difetto di competenza per materia del giudice adito sia ai sensi dell'art. 9, comma 2, c.p.c. poiche', vertendosi nella presente controversia in materia di natura tributaria, la sua cognizione, esclusiva ed inderogabile, e' devoluta al tribunale ordinario territorialmente competente; sia anche ai sensi degli art. 9, comma 1, c.p.c. e del combinato disposto di cui agli articoli 7 e 8 c.p.c. poiche', essendo i contributi consortili oneri reali, il cui pagamento e' collegato al diritto di proprieta' dell'immobile ricompreso nel perimetro del comprensorio di bonifica, trattasi di controversia di natura immobiliare, regolata a seconda delle soglie di valore, sottratta comunque alla competenza del giudice di pace. Nel merito, poi, resisteva alla domanda, contestandone il fondamento. 3. - Questo giudice, con propria sentenza non definitiva dimessa in atti, risolveva preliminarmente l'eccezione di incompetenza sollevata dal convenuto Consorzio di bonifica. Indi procedeva all'istruzione probatoria della causa mediante espletamento di consulenza tecnica d'ufficio tendente ad accertare se il Consorzio convenuto avesse approntato opere o attivita' di bonifica nel comprensorio ove sono ricompresi gli immobili di parte attrice, che hanno apportato benefici diretti e specifici, conseguiti o conseguibili a causa della bonifica e tali da tradursi in un incremento di qualita' o di valore dei predetti immobili. Acquisita, poi, agli atti del giudizio tutta la documentazione singolarmente richiamata nei rispettivi scritti difensivi delle parti e rassegnate dalle stesse le conclusioni definitive, il giudice si riservava la decisione. Considera e rileva in diritto 1. - Anzitutto sara' opportuno chiarire che questo giudice, in passato, ha gia' avuto modo di occuparsi della trattazione di casi analoghi e si e' pronunziato affermando la propria competenza a conoscere della domanda, fondando tale convincimento sul presupposto che non si puo' inquadrare l'azione di parte attrice nel novero delle controversie di natura tributaria per svariate ragioni normative e giurisprudenziali, delle quali non possiamo che far cenno, nella consapevolezza che non e' affatto agevole ne' pacifica la individuazione della tipologia delle prestazioni monetarie imposte ai fini della loro riconducibilita' nell'ampia accezione di prestazioni di natura tributaria. 2. - Una di queste e' sicuramente il contributo consortile di bonifica, che ha dato origine a varie interpretazioni e le cui nozioni sono assai controverse, poiche' c'e' chi lo ha escluso e chi invece lo vorrebbe ricomprendere nella categoria di tributi, facendo cosi' tuttora permanere il disaccordo tra i fautori delle opposte teorie. a) il Consorzio ritiene che abbia natura tributaria, ma il predetto contributo, pur essendo strutturato giuridicamente come l'imposta, costituendo una forma di concorso pecuniario alle spese del Consorzio di bonifica quale corrispettivo dell'onerato per il vantaggio (tale qualificato proprio dal legislatore e, quindi, suscettibile di valutazione economica) da lui ricevuto a seguito della specifica attivita' che l'Ente effettua nell'interesse precipuo della collettivita', tuttavia differisce dall'imposta per la peculiarita' specifica del presupposto, atteso che acquista preminente rilevanza giuridica il collegamento tra la spesa fatta dall'Ente impositore ed il vantaggio che ne deriva all'obbligato dal compimento di attivita' da parte di quello (cfr. artt. 1, 5 e seguenti d.-l. 28 novembre 1938, n. 2.000 e 31, legge 5 marzo 1963, n. 246 e Cass. civ. a sez. un. 14 ottobre 1996, n. 8960). b) inoltre, se sotto l'aspetto strutturale il contributo consortile, che ha una causa sottostante, si puo' rapportare alla figura dell'imposta, che invece ne e' priva e quindi e' considerata acausale, tuttavia nella pratica legislativa bisogna procedere con cautela e porre alquanta attenzione per poter distinguere di volta in volta le varie ipotesi di contributi che rappresentano quote di concorso tributario e che rientrano, percio', nella categoria dei tributi veri e propri come sopra delineata ed i contributi che invece hanno differenti presupposti e fondamento, quantunque la loro natura sia di diritto pubblico, ma che in sostanza costituiscono delle vere e proprie prestazioni non tributarie, in quanto si inquadrano in un contesto obbligatorio intercorrente tra il singolo e l'Ente pubblico. c) giova a tal proposito evidenziare che il termine contributo col tempo si e' deteriorato, inflazionandosi, essendo, nella pratica, usato in diverse accezioni che a volte nulla hanno a che fare con i tributi; come nel caso di specie. Difatti per contributo puo' intendersi l'obolo volontario, o quello liberamente accettato a richiesta (si pensi al contributo di concorso al rimborso spese del piu' vario genere, quali: di spedizione, di laboratorio, di riscaldamento, ecc., o al contributo per l'iscrizione a comitati, circoli, associazioni e via dicendo) ovvero, infine, il contributo puo' essere adeguato alla spesa effettiva di prestazioni varie compiute dall'Ente in favore del singolo. Tutti questi tipi di contributo, ed in particolare quello riferito al puro rimborso delle spese, non possono mai configurarsi come tributo, in particolare quando tali spese siano riferibili e rapportabili ad un vantaggio per il soggetto che deve contribuirvi, anche se il contributo e' stato imposto prescindendo dalla sua volonta'. d) sarebbe lungo, comunque, analizzare tutti i tipi di contributo, ma e' sufficiente individuare le ipotesi che, per la loro peculiarita', non sono riconducibili, nemmeno in modo indiretto, agli schemi tributari. Tra questi vanno annoverati i contributi consortili di bonifica. Le differenze piu' rimarchevoli riguardano i contenuti normativi che li legittimano. Difatti, mentre e' difficile che veri e propri tributi siano imposti senza che la legge ne determini tutti gli elementi costitutivi, sono invece relativamente frequenti le prestazioni patrimoniali, rese generalmente obbligatorie, sia pure con una legge, sotto forma di contributi, ma che in definitiva si concretano con atti di organi o enti amministrativi a cui favore le obbligazioni sono disposte. E cosi', in definitiva, sono gli stessi Enti che, con provvedimenti puramente amministrativi, determinano, fissano ed impongono obbligazioni in favore di se stessi. Siffatte imposizioni non sono di certo riconducibili agli schemi tributari in senso stretto poiche' non sono predeterminate dalla legge impositiva che, avendo efficacia limitata, le lascia alla discrezionalita' dell'Ente pubblico il quale, in aperta violazione della norma costituzionale (art. 23 Cost.) e in difetto, sotto il profilo formale, delle fonti normative, le determina, le modifica, le sospende o le annulla a suo insindacabile giudizio o arbitrio, donde il proliferare delle liti ed il conseguente ricorso al giudice per la soluzione di volta in volta dei problemi connessi, poiche' il principio di legalita' dell'azione amministrativa dell'Ente in materia di contributi di bonifica non ha una enunciazione costituzionale espressa e non puo' percio' mai surrogarsi alla legge senza potersi, al contrario, escludere iniziative o risultati arbitrari. In questo regime operano in particolare i consorzi di bonifica, i quali, quantunque carenti di potere impositvo vero e proprio secondo i canoni normativi, attesa la natura non tributaria del contributo, ricorrono ad un potere di imposizione di natura amministrativa. Quindi, allorche' si parla di potere impositivo per questi Enti, dovra' intendersi e tenersi conto che trattasi di un potere improprio che riposa su atti amministrativi anzicche' su fonti normative. I contributi, in definitiva, sono delle prestazioni imposte particolari. In tal senso e' la giurisprudenza di questo ufficio (cfr. giudice di pace Otranto 27 gennaio l998, n. 2-12; giudice di pace, Maglie 14 marzo 1998, n. 41). Per cui oggi, questo giudice, di fronte alla posizione di netta chiusura assunta dalle sezioni unite della Suprema Corte di cassazione con la citata sentenza n. 9493/1998 che, mutando e sostanzialmente ampliando il principio espresso in precedenza, ed anche tutti quelli di segno opposto, riconosce natura giuridica tributaria piena ai contributi consorziali, si e' venuto a trovare - quantomeno - in una posizione di evidente confusione, oltre che di sconcerto, come sara' chiarito di seguito. 3. - Allo stato, non puo' intanto non osservare che, attagliandosi la fattispecie in esame, integralmente e senza sbavatura alcuna, al principio recentemente affermato dalla Corte di cassazione, anche al fine di scongiurare ulteriori ricorsi (per le pregresse decisioni non piu' eludibili e dall'esito gia' scontato, con conseguenti danni alla parte debole incisa dalla obbligazione contribuiva) alla stessa Corte in ordine alla competenza a conoscere della presente controversia, regola, logica e buon senso, da una parte, imporrebbero al giudicante il dovere di conformarsi all'insegnamento della Suprema Corte e, delibando, di spogliarsi della causa declinando la propria competenza in favore del tribunale di Lecce; d'altra parte, invece, poiche' contestualmente la decisione della Corte nell'enunciare il nuovo principio (se fosse stato vecchio non serviva ribadirlo, in quanto in precedenza si erano avute tutt'al piu' caute e vaghe aperture) non solo ha sovvertito le proprie convinzioni, apportandovi non poche perplessita', ma non ha tenuto in nessuna considerazione neanche il pensiero antiteticamente espresso, appena quattro mesi prima, dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 26/1998, travolgendolo e finendo, di fatto, con l'insinuarvi un nutrita serie di dubbi sulla legittimita' costituzionale dell'interpretazione data alla competenza per materia in tema di contributi consorziali, tali dubbi consigliano, per ora, remora all'eventuale declaratoria di spoglio, allo scopo di poter investire il giudice delle leggi sulle questioni di legittimita' costituzionale che si ha in animo di sollevare d'ufficio e che necessitano di adeguato e qualificato riscontro chiarificatore. 4. - Fatta questa considerazione di carattere generale e prima di affrontare ed enucleare ogni altra questione di diritto, non e' superfluo evidenziare che in tema di contributi dei Consorzi di bonifica, tutti quanti i giudici, a cominciare dal giudice di pace per salire fino alla Corte costituzionale, passando anche per i giudici tributari, sono stati chiamati a pronunziarsi. Segno evidente della - fino ad ora - regnante incertezza generalizzata e diffusa la cui soluzione e' stata, in mancanza di qualsivoglia normativa di riferimento, lasciata alla merce' della sensibilita' ed interpretazione soggettiva di ciascun giudicante, con la ovvia conseguenza di pronunzie antitetiche e contrastanti il che dimostra la assoluta mancanza di uniformita' di indirizzo. Tralasciando - allo stato - le innumerevoli e contraddittorie sentenze del giudice di merito, del resto impossibile da elencare o solo da menzionare, si desidera qui richiamare l'attenzione di chi legge, su quelle (non tutte) piu' significative pronunziate dalla Corte di cassazione in successione cronologica ed in un lungo lasso di tempo della durata di molti lustri, a partire dalla sent. n. 208/1953 per giungere all'ultima del 26 giugno-23 settembre 1998, n. 9493. 5. - Anche dalla lettura delle decisioni dei giudici di detta Corte si desume un lento ed incessante altalenare di giudizi contrastanti mediante i quali, a volte espressi con linguaggio piu' o meno chiaro ed altre vago, sottile e sfumato, si e' affermato la natura tributaria dei contributi (Cass. 5 luglio 1965, n. 1546) per poi - a sezioni unite - negarla (cfr. Cass. 5 luglio l975, n. 2621) per quindi reiteratamente riaffermarla (Cass. 29 aprile 1976, n. 1531, 25 marzo 1978, n. 1448 e 30 gennaio 1979, n. 662) e, quindi nuovamente negarla (Cass. 11 febbraio 1985, n. 1118) per poi ritornare, a sezioni unite, ad affermarla nuovamente (Cass. 18 giugno 1986, n. 4081; 27 giugno 1986, n. 4273 e 4274; 14 luglio 1986, n. 4542; 26 febbraio l987, n. 2050; 8 febbraio 1988, n. 1371) ed infine a ridimensionarla (cfr. Cass., sez. un. 15 maggio 1991, n. 5443, cui fa espresso riferimento la Corte costituzionale nella sua sentenza n. 26/1998) "assimilandola, ma non come assoluta, ma limitata piuttosto a taluni fondamentali aspetti..." per poi nuovamente riaffermarla (Cass., sez. un. 10 marzo 1992 e 4 febbraio 1993, n. 1396) e quindi di nuovo piu' volte escluderla (Cass. 5 febbraio 1997, n. 1094; 25 agosto 1997, n. 7954) per nuovamente riaffermarla, sostenendo la necessita' di un ripensamento ed ammettendo di "essere indotta a mutare orientamento" (Cass. 29 settembre 1997, n. 9534). Si e' ritenuto di far ricorso a tale iter giurisprudenziale, peraltro parziale e limitato al giudice di legittimita', al solo scopo di evidenziare alcune sue oscillazioni decisionali susseguitesi nel tempo in tema di contributi di bonifica, stante l'inerzia del legislatore in subiecta materia e per sottolineare che, in tema di contributi, non tutto era poi cosi' chiaro, persistendo tuttora un concentrato di problemi che si agitano. 6. - Accantoniamo ora il coacervo delle piu' o meno recenti pronunzie giurisprudenziali, sia di merito che di legittimita', per porre mente unicamente alle due recenti pronunzie delle Supreme Corti di giustizia sopra richiamate ed esaminarne - in consecutio temporum - determinati peculiari aspetti, ed a tal fine non ci si puo' esimere dal fare un cenno anche a taluni altri rilievi a suo tempo effettuati in materia dalla Corte costituzionale, con interpretazioni adeguatrici. a) anzitutto va sottolineato che codesta Corte, con interventi oculati e mirati nel tempo, anche recente, e con principio univoco ed ormai consolidato, ha inciso su alcune disposizione di legge, a partire dalle entrate di certi Enti pubblici che - a cagione di comprovati ed ingiustificati privilegi loro concessi dal legislatore in tema di riscossione - si presumeva poterle ricondurre nell'alveo della materia tributaria, bollando quale "discriminatoria ed arbitraria, sotto il profilo della violazione dei mezzi di difesa giurisdizionale, la disciplina mediante rinvio alle norme che regolano la procedura di riscossione delle imposte dirette, disposta nei confronti di entrate di natura non tributaria" (cfr. sent. 318/1995, 239/1997 e 372/1997) per giungere oggi - a seguito di nuova sollecitazione finalizzata a sciogliere dubbi sulle proposte censure di incostituzionalita' dell'art. 21 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215 - ad evidenziare che, proprio in tema di contributi di bonifica, "ai fini dell'applicabilita' di questo principio giurisprudenziale (quello teste' menzionato - n.d.r.) nella fattispecie in esame assume particolare rilievo la qualificazione dei contributi pretesi dagli Enti di bonifica, formulata dalle sezioni unite della Corte di cassazione che, confermando un precedente orientamento, hanno statuito che ''pur dovendosi collocare le prestazioni patrimoniali in questione nell'area applicativa dell'art. 23 della Costituzione, l'assimilazione dei contributi consortili ai tributi erariali non si profila come assoluta, ma limitata piuttosto a taluni fondamentali aspetti, tra cui quello dell'esazione'' (cfr. Cass. sez. unite, sent. 5443/1991)" per poi, in definitiva, chiarire, ampliare e rafforzare il concetto sulla qualificazione giuridica dei contributi sottilmente, sfumatamente e vagamente espresso dai giudici di legittimita', ribadendo con grande chiarezza che "i contributi in questione non sono configurabili, per caratteri ontologici, come prestazioni patrimoniali aventi l'identica natura giuridica dei tributi erariali e non rientrano quindi integralmente nel sistema disciplinare delle imposte dirette, cosicche' al massimo si puo' riscontrare - come gia' rilevato dalle sezioni unite della Cassazione - una loro ''assimilazione'' alle entrate tributarie, peraltro solo parziale e limitata, per quanto qui interessa, ai profili procedimentali della riscossione coattiva" (cfr. sent. 26/1998 della Corte costituzionale). b) ora, se le espressioni servono a manifestare un concetto e le parole hanno un senso, cerchiamo di coglierlo uscendo dal generico ed enucleandolo, se occorre, anche sotto l'aspetto semantico, dalla lettura e dal confronto delle sentenze n. 5443/1991 della Corte Suprema di cassazione e n. 26/1998 della Corte costituzionale, al fine di trarne elementi piu' marcati di chiarezza, oltre che di apprendimento. Ed invero, in ordine alla ricerca ed individuazione della natura giuridica dei contributi consortili ai fini di una esatta collocazione di questi nell'ambito dell'Ordinamento giuridico, le sezioni unite della Corte di cassazione - lo abbiamo gia' udito - hanno chiaramente parlato di una loro "assimilazione" ai tributi erariali; precisando altresi' che "l'assimilazione non si profila come assoluta, ma limitata piuttosto a taluni fondamentali aspetti...". Orbene, se "assimilare" nell'accezione comune del termine non v'e' dubbio che voglia dire "configurare" (cioe' dare ad una cosa la figura di un'altra cosa) e se poi, per di piu', questa assimilazione non si profila come assoluta, ma limitata piuttosto a taluni aspetti, par di cogliere, o e' come dire, che il paragone, l'accostamento tra il contributo ed il tributo non e' affatto netto, pieno, assoluto, ma appunto limitato a taluni aspetti. In altri termini ed a voler essere ancora piu' espliciti, si lascia chiaramente intendere che il contributo consortile di bonifica e' una figura spuria di tributo (esattamente come aveva sostenuto questo giudice in premessa), cui sicuramente difetta l'elemento essenziale caratterizzante l'imposta in genere. Come dire che il contributo potrebbe essere un tributo, ma anche non esserlo; anzi si dice chiaramente che somiglia poco ad un tributo e per di piu' limitatamente a taluni fondamentali aspetti. Ma v'e' di piu'| c) difatti, a questa timida e labile apertura, espressa dalla Corte di cassazione, e' stato in seguito tolto ogni residuale elemento di incertezza dall'intervento della Corte costituzionale del 23 febbraio 1998 con la sentenza n. 26/1998, mediante la quale, con linguaggio quanto mai significativo ed esplicito, riprendendo proprio il concetto espresso dalle sezioni unite sub parag. 6/a) illustrato; lo amplia e lo rafforza affermando con estrema chiarezza che "i contributi in questione non sono, configurabili per caratteri ontologici, come prestazioni patrimoniali aventi l'identica natura giuridica dei tributi erariali e non rientrano, quindi, integralmente nel sistema disciplinare delle imposte dirette, cosicche' al massimo si puo' riscontrare una loro assimilazione alle entrate tributarie peraltro solo parziale e limitata ai profili procedimentali della riscossione coattiva" (cfr. sent. n. 26/1998 della Corte costituzionale) per proseguire poi, con riferimento alla riserva, prevista dalla norma, del potere cautelare ad un organo amministrativo in tema di riscossione dei contributi consortili di bonifica, arrivando a qualificarla "incongrua e discriminatoria" (in precedenza l'aveva bollata anche come "arbitraria" cont. sent. n. 239/1997) sotto il profilo della limitazione degli strumenti di difesa giurisdizionale del debitore inciso dal contributo, imponendogli "un sacrificio assolutamente sproporzionato rispetto alle finalita' ed alla natura dell'Ente creditore" (cfr. sent. n. 239/1997) e facendo cosi' calare la scure bonificatrice sulla norma definita iniqua. d) il principio affermato dal giudice delle leggi e' essenziale per poter definire il caso di specie, poiche' chiarisce - una volta per tutte - che la natura della prestazione non possa essere ricercata ed individuata nel privilegio, (che e' poi l'unico elemento che in un certo senso ha fin qui indotto a ritenere che il contributo di bonifica avesse natura tributaria), conferitogli dalla legge per la sua esazione o, ancora e meglio, che la obbligatorieta' dei contributi consortili ed il fatto che questi siano "esigibili con le norme ed i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria" non gli conferiscono di diritto il crisma della natura tributaria, difettando nel patrimonio genetico di questi il DNA proprio dei tributi. Non si comprende, quindi, a quale titolo dovrebbero derogare dalla ordinaria competenza giurisdizionale e trasmigrare, sconfinando, in quella speciale per materia riservata al tribunale, senza che il legislatore gli abbia mai attribuito tale diritto di cittadinanza. e) l'indirizzo in precedenza espresso, e di cui e' cenno sub parag. 6/a, e' stato oggi ripudiato dalla stessa Cassazione a sezioni unite con la sentenza n. 9493/1998 del 26 giugno/23 settembre 1998, con la quale sembrerebbe ormai - si presume e si spera - definitivamente chiarito che "i contributi spettanti ai Consorzi di bonifica... rientrano nella categoria generale dei tributi, con la conseguenza che la competenza per materia a conoscere della domanda con la quale il contribuente chiede la restituzione delle somme versate... spetta al Tribunale ordinario, ai sensi dell'art. 9, comma 2, c.p.c.. Anzi il giudice di legittimita' non ha ritenuto di doverlo confermare, precisando che non possa invocarsi in contrario quanto affermato dalle sezioni unite il 15 maggio 1991 con la sentenza n. 5443, poiche' - chiarisce - le numerose pronunzie che avevano invece escluso il carattere tributario dell'obbligazione di pagamento di contributi consortili, avevano introdotto "una limitazione non prevista dalla legge, la quale e' attenta al contenuto della prestazione pretesa...". f) a questo punto lo sconcerto e' totale, avendo l'ultimo principio giurisprudenziale sopra citato minato alle fondamenta e fatto entrare in crisi oltre al convincimento soggettivo espresso con sentenza di questo giudice il 27 gennaio 1998, di cui sopra e' cenno schematico sub parag. 2/d, anche quella confortante sicurezza che riposava sul pensiero oltre che sul ragionamento abbozzato dalla Corte costituzionale con la sua sentenza del 26 febbraio 1998, il quale fungeva ormai da armatura di supporto alla modesta opinione dello scrivente. Cosi' stando le cose, al fine di uscire dallo stadio di stordimento e di incertezza, si impone quindi un intervento chiarificatore definitivo da parte della Corte costituzionale, e cio' anche alla luce delle ulteriori considerazioni che si andra' ad esporre. Poiche', se e' ormai chiaro che i contributi consortili di bonifica non hanno natura fiscale tributaria e soprattutto udito ed appreso che essi non rientrano nel "sistema disciplinare delle imposte" e' assai arduo e difficile poter comprendere perche' mai dovrebbero essere sottoposti a competenza per materia esclusiva ed inderogabile del tribunale e non, invece, alla competenza della giurisdizione ordinaria, da individuarsi a seconda delle soglie di valore, e piu' difficile ancora adeguarvisi, atteso che la natura tributaria gli e' stata piu' volte e cosi' chiaramente ed autorevolmente negata. g) a proposito di quest'ultima precisazione fatta dalla Corte di cassazione, e cioe' "alla limitazione non prevista dalla legge ed alla sua particolare attenzione al contenuto della prestazione pretesa", ci sia consentito di osservare che neanche la sua estensione, tanto da farvi ricomprendere i contributi consortili nella categoria generale dei tributi, e' prevista dalla legge poiche' se cosi' fosse stato fin ab initio, e cioe' la normativa fosse stata chiara, i giudici di merito ed anche quelli di legittimita' non avrebbero certo tenuto un comportamento cosi' ondivago e per la durata di decenni in tema di contributi, alcuni uniformandosi adesivamente ai principi, di volta in volta, temporaneamente enunciati dalla Corte di cassazione ed altri disattendendoli con motivazioni talvolta generiche e superficiali e tal altra ponderate e profonde, segno evidente che non tutto era poi cosi' limpido e chiaro secondo le disposizioni di legge. h) sempre in ordine, poi, all'affermata "attenzione della legge al contenuto della prestazione pretesa", in tema di contributi al contrario e' proprio il legislatore che o non e' stato affatto attento, rimanendo per cosi' lungo tempo assente, oppure ha complicato vieppiu' la situazione. Difatti egli - pur avendo regolamentato i Consorzi di bonifica fin dall'anno 1933 - non solo si e' dimenticato di far rientrare esplicitamente le controversie sui contributi fra la competenza del tribunale ai sensi dell'art. 9 c.p.c. pur essendo - si badi bene - il nostro codice di rito successivo nel tempo alla legge istitutiva dei Consorzi di bonifica avvenuta con r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, poiche' il codice e' stato approvato il 28 ottobre 1940 con r.d. 1443, ma non lo e' mai stato neanche in seguito, ovvero non si e' mai curato di dire una parola di chiarimento successivamente e cioe' allorche' a tale codice ha apportato modifiche sostanziali finalizzate ad aggiornare il processo civile, fra le quali, quelle che piu' ci interessano da vicino, quelle apportate con le leggi 26 novembre 1990, n. 353 e successive modificazioni; 21 novembre 1991, n. 74 e successive modificazioni; d.-l. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1995, n. 534 tutte concernenti provvedimenti urgenti per il processo civile, e senza, tuttavia, mai incidere sull'art. 9 c.p.c. a cui oggi si e' dato da parte della Corte di cassazione interpretazione estensiva del concetto "imposte e tasse" facendovi rientrare i contributi consortili. Anzi e' lo stesso legislatore che li ha categoricamente esclusi dalla materia tributaria nella dettagliata e tassativa enunciazione effettuata nell'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 ne' - tanto meno - ha fatto rientrare tali contributi nella giurisdizione delle controversie tributarie di piu' recente istituzione (cfr. art. 19, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546). Segno evidente o che il legislatore non e' poi cosi' attento alle prestazioni pretese dal contribuente o, e meglio, che non ritiene che i contributi facciano parte della categoria tributaria. i) inoltre, se il contributo consortile fosse un tributo, sarebbe escluso l'onere in capo al Consorzio di dare la prova della esistenza e consistenza del beneficio fondiario conseguito dai fondi gravati del contributo. Questi, a molto voler, concedere e tenuto conto del limitato ambito di applicazione, circoscritto al bacino, di bonifica, tutt'al piu' andrebbero qualificati quali tributi locali, con l'ovvia conseguenza che la competenza a conoscere delle loro controversie dovrebbe essere per legge devoluta alle Commissioni tributarie e non al tribunale ordinario. 7. - E poiche' dalla lettura delle ultime pronunzie della Corte costituzionale prima e della Corte di cassazione poi emerge a chiare lettere, a modesto avviso dello scrivente, evidente dissonanza, se non addirittura discordanza di opinioni in ordine, alla tanto discussa natura del contributo consortile, sia consentita la sensazione dell'insinuazione di qualche sottile dubbio residuale sulla materia, posto che nel recente passato si e' gia' visto che codesta Corte ha gia' avuto occasione di intervenire, incidendo profondamente su diverse questioni di legittimita' costituzionale relative ai contributi consorziali, soprattutto per quanto attiene alla loro esazione, dichiarando incostituzionale l'iter di riscossione. a) ebbene la recente sentenza interpretativa della Corte costituzionale n. 26/1998, ha determinato un orientamento secondo il quale non e' piu' possibile attribuire alla natura dei contributi la portata esegetica ritenuta dalla Corte di cassazione. In altre parole, non e' piu' possibile non tener conto del ragionamento e delle opinioni della Corte costituzionale espressi nella citata sentenza interpretativa. E tuttavia, essendo tutto quanto chiarito dalla Corte, appunto, soltanto "Opinioni" le quali esprimono si un'interpretazione, certamente autorevolissima, sulla natura del contributo consorziale, ma non essendo assimilabili ad una interpretazione autentica e non assumendo, quindi, carattere vincolante per il giudice, soggetto, per dettato costituzionale, solo alla legge, nel conflitto fra le supreme magistrature si impone, ora, una piu' generale rivisitazione dell'intera problematica legata al contributo di bonifica onde avere un chiarimento esplicito, totale e definitivo in ordine alla sua natura al fine di potersi adeguare all'enunciando principio, per ora solo in nuce nella sentenza citata, ma che sarebbe quanto mai opportuno sviluppare e colmare ai fini della competenza. b) a tal proposito va considerato inoltre che, quantunque spetti al giudice esprimere il proprio parere sulla rilevanza e fondatezza delle questioni di costituzionalita' da rimettere all'esame della Consulta, tuttavia e' compito esclusivo solamente di quest'ultima esprimere il proprio giudizio definitivo. Ne consegue che il giudicante non condivide il giudizio di manifesta infondatezza, espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 9493/1998, in riferimento degli artt. 3 e 24 della Costituzione, della questione di legittimita' costituzionale della interpretazione che afferma la competenza per materia del tribunale in tema di contributi consortili, per il costo del giudizio sproporzionato rispetto ai vantaggi conseguibili. E cio' poiche' ad avviso del remittente, non si poteva categoricamente escludere fondamento alla questione di legittimita' costituzionale che fu prospettata alla Corte di cassazione dal controricorrente in ordine al principio giurisprudenziale poi enunciato, anzitutto per la sua indiscussa evidenza, ed in secondo luogo poiche' devesi rilevare che non spetta a tale organo stabilire quali norme siano o meno conformi al dettato costituzionale, essendo stato invece riservato dalla legge alla Consulta il compito definitivo di individuare le disposizioni sulle quali effettivamente convergono i dubbi di legittimita' costituzionale ed e' sempre tale Corte che deve valutare, in definitiva, la rilevanza e fondatezza delle questioni prospettate. c) in conclusione, in tema di contributi, la Corte costituzionale ha gia' chiarito che non si e' in presenza, quanto meno piena, di assimilazione dei contributi alle entrate tributarie. Se la questione fosse stata cosi' pacifica come sostiene la Corte di cassazione non ci sarebbe stato tutto un altalenare di interpretazioni, ne' - tanto meno - se tutto fosse stato chiaro si sarebbe discusso cosi' a lungo per giungere oggi ad una divergenza sostanziale fra giudice di legittimita' e quello delle leggi, tanto da legittimare fondati dubbi di legittimita' costituzionale del principio enunciato dalla Corte di cassazione. Principio giurisprudenziale e norme della cui costituzionalita' si dubita. 1. - La decisione della Corte di cassazione, con la conclusione ivi adottata in tema di contributi di bonifica e che incide profondamente anche sugli artt. 9, comma 2, c.p.c. e 7, comma 1, c.p.c., ove trovasse conferma, farebbe assurgere a dignita' di "diritto vivente" il principio di legittimita' oggi espresso. Tale soluzione, per converso, alla luce delle ragionate considerazioni che precedono, non solo lede i diritti fondamentali dei cittadini ed ingenera apprensione tra gli stessi operatori della giustizia, ma ha, altresi', procurato allarme sociale fra tutti i soggetti incisi dall'obbligazione di pagamento del contributo in favore dei Consorzi di bonifica, ivi compresi gli Enti locali il cui territorio si trova ricompreso nel perimetro di contribuenza, ponendosi cosi' in contrasto con i principi fondamentali della Carta costituzionale. Rilevanza della questione 1. - La rilevanza della questione consegue alla impossibilita' di esaminare nel merito la domanda proposta se, previamente, non viene delibata la questione di costituzionalita' delle norme sopra menzionate, dipendendo dalle stesse la decisione della causa: a) riepilogando, si e' gia' detto che se i contributi consorziali avessero natura tributaria il legislatore li avrebbe di certo elencati nel secondo comma dell'art. 9 c.p.c., insieme alle imposte e tasse, posto che il codice di procedura civile e' posteriore alla legge istitutiva dei Consorzi di bonifica. b) tuttavia, ammesso per un momento che possa essere sfuggito al legislatore di provvedere all'incombente di cui sub parag. 1/a, se li avesse effettivamente ritenuti dei tributi, li avrebbe di certo ricompresi nella previsione dell'art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 646 per farne oggetto della giurisdizione tributaria, quanto meno quali tributi a carattere locale. Ed invece li ha esclusi anche da questa normativa ancora una volta. 2. - Ma vi sono altre ragioni che militano in favore del dubbio di incostituzionalita' dell'art. 9 c.p.c. e lo corroborano ove lo stesso venga raffrontato con tutta una serie di norme sul processo che dovrebbero formare un quadro armonico senza ingenerare confusione anche fra gli operatori della giustizia, degli utenti della stessa e senza soprattutto creare disparita' di trattamento fra questi ultimi nell'accedervi. 3. - In definitiva, va evidenziato che, la questione della legittimita' costituzionale del precedente giurisprudenziale e delle norme del codice di rito che vi coinvolge col suo insegnamento, appare rilevante ai fini del decidere, poiche', qualora codesta Corte ne dichiarasse la legittimita', questo giudice dovrebbe spogliarsi della causa, mentre, al contrario, sarebbe tenuto a conoscere della controversia ove ne fosse dichiarata la illegittimita'. Non manifesta infondetezza 1. - La questione di legittimita' costituzionale di tale precedente e degli artt. 7 e 9, c.p.c. deve essere, poi, anche valutata come non manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3, 24, 25, 53, 97 e 113 della Costituzione. Il contrasto del principio enunciato per vulnus agli artt. 3 e 24 della Costituzione, per omogeneita' e connessione dei motivi fondanti, lo si prende in esame, congiuntamente e le osservazioni critiche si appuntano e conseguono all'avere la Corte di cassazione inteso ricondurre forzosamente i contributi consortili nell'alveo della materia tributaria pur in assenza degli elementi giuridici caratterizzanti tale loro natura ed in definitiva, quindi, in mancanza dei presupposti legittimanti la speciale competenza per materia tributaria, con evidente ed irrazionale disparita' di trattamento dei consorziati, davanti alla legge e cio' anche in ordine al loro diritto di tutela giudiziale. 2. - Il principio enunciato viola l'art. 3, commi 1 e 2, della Costituzione in quanto lede l'uguaglianza tra i cittadini davanti alla legge. In relazione a tale parametro costituzionale, reputa questo giudice che la denunciata violazione determini una grave disparita' che incide su situazioni giuridiche di fattispecie uguali e si riverbera anche sull'esercizio del diritto alla difesa costituzionalmente garantito, senza che tuttavia sussistano gravi motivi di pubblico interesse che la giustifichino. 3. - Contrasta, poi, col parametro rappresentato dall'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione in quanto, pur essendo la difesa nel processo qualificata come diritto inviolabile di tutti i soggetti, la sua concreta realizzazione viene invece svilita e compressa, essendo precluso, di fatto, alla parte di svolgere da se' davanti al tribunale quella forma di autotutela prevista da alcune norme giuridiche procedurali, come in appresso sara' illustrato con un'osservazione panoramica delle stesse: a) anzitutto e' in stridente contrasto l'art. 82 c.p.c. che al primo comma prevede solamente davanti al giudice di pace la possibilita' per le parti di stare in giudizio di persona nelle cause il cui valore non eccede il milione di lire ed al secondo comma conferisce solo a tale giudice il potere di autorizzare dette parti a stare in giudizio di persona in considerazione della natura ed entita' della causa, con cio' non ponendo il limite di un tetto. b) con l'art. 317 c.p.c. che contempla per entrambe le parti in causa di farsi rappresentare in giudizio davanti al giudice di pace, sempre previa autorizzazione alcuna, da qualsiasi persona munita di mandato, anche priva di cognizioni tecnico-giuridiche, mentre presso le altre curie giudiziarie occorre che la parte stia in giudizio col ministero di un procuratore legale esercente la professione e quindi sia iscritto nello speciale albo professionale. c) le limitazioni citate non possono trovare giustificazione in relazione alla competenza speciale della materia tributaria devoluta al tribunale perche' anche il pretore e' deputato a conoscere quale materia speciale delle complesse controversie di lavoro, eppure anche ivi l'art. 417 c.p.c. consente alla parte di stare in giudizio personalmente nelle controversie di lavoro quando il valore della causa non eccede L. 250.000. d) le considerazioni abbozzate sub parag. 2/a, b e c, non sono affatto di scarsa rilevanza ove, si ponga mente che i Consorzi di bonifica impongono i contributi ai fondi ricompresi nel loro bacino di bonifica, che al 95% dei casi sono contenuti entro le cinquantamila lire annue. Ne consegue che, le relative controversie, che pure proliferano, con l'interpretazione estensiva della norma datane dalla Corte di cassazione (art. 9 c.p.c.) debbono essere trattate dal tribunale ordinario, davanti al quale e' inibito di stare in giudizio di persona e soprattutto, oltre a doversi munire di difensore professionalmente qualificato, occorre anche far fronte al pagamento di rilevanti somme a titolo di imposte, tasse e diritti vari. Di tal che non vi e' chi non veda la convenienza dei contribuenti alla rinunzia all'azione, dissuasi sia dalla difficolta' di accesso alla tutela giudiziale, che dai costi conseguenti, perpetuandosi, in tal guisa, situazioni di obiettiva incertezza - se non di vera ingiustizia - che penalizzano il contribuente. In definitiva la mancata previsione di un tetto o di una soglia fissa di valore sia per l'autodifesa, che per la esenzione tributaria uguale per tutti i procedimenti, indipendentemente dalla competenza per materia (L. 2.000.000), comprime il diritto dell'utente alla difesa, e crea palese disparita' di trattamento con gli altri utenti che si rivolgono al giudice di pace in assenza di difensore ed in esenzione totale da imposte di bollo, tasse e diritti. e) in secondo luogo, se n'e' gia' fatto cenno, altra disparita' di trattamento, con conseguente sospetto di illegittimita' costituzionale, si profila in materia di costi del giudizio assolutamente sproporzionati ai vantaggi conseguibili ed in rapporto a quelli che possono essere condotti con la difesa in proprio. Difatti, il rendere difficile, macchinosa e soprattutto costosa la tutela giudiziale significa, in ultima analisi, dissuasione e rinuncia alla difesa dei piccoli onerati della contribuzione in relazione ai costi necessari per potervi accedere, a nulla rilevando, per contro, il ragionamento delle sezioni unite della Cassazione sul "calcolo della convenienza circa l'opportunita' del ricorso alla tutela giurisdizionale, che attiene della valutazione del singolo e non incide sulla costituzionalita' della interpretazione seguita" ove rapportato - oltre ai costi sproporzionati - anche a tutto ad un coacervo di problemi che lo ostacolano e di legittime ragioni che lo sconsigliano, privandolo, di fatto, del sacrosanto diritto di difesa. Ed invero davanti al giudice di pace e solo ivi, l'utente della giustizia oltre ad essere svincolato dall'obbligo della difesa tecnica, vi accede anche in esenzione, totale di imposte, tasse e diritti fino alla soglia di L. 2.000.000, a norma dell'art. 46 legge 21 novembre 1991, n. 374, in relazione alla legge 7 febbraio 1979, n. 59, come modificata dalle leggi 6 giugno 1984, n. 57 e 21 febbraio 1989, n. 99. f) cio' e' piu' iniquo ove si pensi che altri precetti normativi, tra cui alcuni gia' di rilevanza penale e comportanti irrogazione di pene pecuniarie regolate dalla legge, prevedono la possibilita' al cittadino di stare in giudizio di persona, come l'art. 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 di depenalizzazione e di modifica al sistema penale, che consente sia all'opponente, che all'autorita' che ha emesso l'ingiunzione di stare personalmente davanti al pretore nel giudizio di opposizione avverso il provvedimento di condanna e senza limiti di soglia alcuna. g) quanto al parametro costituzionale rappresentato dall'art. 25 della Costituzione appare evidente che il contribuente, in forza del principio denunciato, verrebbe irrazionalmente distolto dal suo giudice naturale. h) contrasta, inoltre, col parametro rappresentato dall'art. 53 della Costituzione, poiche', con l'attribuire natura tributaria ai contributi di bonifica si crea di fatto disparita' di trattamento impositivo, effettuato attraverso aspetti incoerenti, illogici ed irrazionali, non tutti i terreni ricompresi nel perimetro comprensoriale essendo oggetto di contribuzione, ne', tanto meno, tutti quelli gravati da contributo godono di beneficio diretto e specifico dall'attivita' consortile. i) la violazione dell'art. 97 della Costituzione balza evidente ed appare collegata al sovvertimento, a causa del principio enunciato, dell'organizzazione degli uffici per il buon andamento dell'amministrazione della giustizia violando, altresi', la sfera di competenza predeterminata dalla legge. Per non parlare del contrasto con le finalita' di buon andamento cui l'amministrazione deve adeguarsi nell'operare, atteso che lo spostamento della competenza al tribunale in tema di contributi di bonifica, oltre a tutti quanti gli altri innumerevoli inconvenienti sopra denunciati, non farebbe altro - ove l'azione venisse esercitata dal contribuente, del che e' lecito dubitare - che intasare le cancellerie dei tribunali, allungando a dismisura i tempi di attesa delle decisioni e tutto cio' in aperto contrasto con lo spirito della novella del 1995 dettato, al contrario, a scopo deflattivo del carico di quegli uffici ed improntato, invece, ad agilita', snellezza e celerita' dei procedimenti, svincolandoli, in particolare quelli di scarsa importanza, dalle pastoie procedurali onde avviarli alla tempestivita' della decisione. 1. - Contrasta, infine, anche col parametro costituzionale di cui all'art. 113, primo e secondo comma della costituzione in relazione all'art. 3 della costituzione, in quanto la tutela giurisdizionale, quantunque costituzionalmente garantita contro gli atti della pubblica amministrazione, viene di fatto deviata dall'orientamento giurisprudenziale in contestazione. 4. - Or dunque, se magistrati professionali hanno meditato cosi' tanto e cosi' a lungo sulla materia contributiva per giungere a conclusioni diverse, se non puo', di conseguenza, negarsi l'evidenza del lungo travaglio decisionale fin qui prospettato, sia consentito anche a questo giudice di nutrire seri dubbi di legittimita' costituzionale sul principio giurisprudenziale espresso per ultimo dalla Corte suprema di cassazione, per contrasto con la Carta costituzionale per tutte le ragioni che si sono sopra evidenziate, mediante le quali si e' dimostrato ingiusto ed iniquo il trattamento riservato ai soli cittadini incisi dai contributi di bonifica fondiaria, per lesione del diritto della pari uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e per grave lesione del diritto alla difesa, in particolare ove tali diritti vengano rapportato a tutta quella serie di norme di legge sopra citate che, quantunque dettate per la garanzia di tutti di fatto ne privano i contribuenti per la bonifica. Ed invero, tale disparita' di trattamento fa si che solamente i grandi proprietari terrieri ed i latifondisti, oltre ai pochi Enti pubblici che hanno terreni ricompresi nel perimetro del comprensorio di bonifica dei Consorzi, hanno oggi convenienza ad adire l'autorita' giudiziaria. 5. - In tali premesse e nell'attuale persistente situazione di disparita' di trattamento, rilevanti, fondati e decisivi si appalesano i dubbi di legittimita' costituzionale, dell'interpretazione estensiva data dalle sezioni unite della Corte di cassazione con la piu' volte citata sentenza n. 9394/1998 alla natura dei contributi consorziali di bonifica, dubbi che sono fortemente radicati nella coscienza di questo giudice, e che, in rispettoso dissenso dall'insegnamento della Corte di cassazione, legittimano il sollecito della pronunzia di una parola definitiva da parte di codesta Corte sulla conformita' ai principi della nostra Carta costituzionale di tale principio di legittimita', e, conseguentemente, delle norme connesse sopra citate, nella parte in cui non prevedono o escludono la competenza del giudice di pace a conoscere in materia dei predetti contributi, principio e norme necessarie ed indispensabili alla decisione della controversia indicata in epigrafe ed in corso presso questo ufficio.
P. Q. M. Letti ed applicati gli artt. 134 della Costituzione, 1, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, 23 e segg. della legge ordinaria 11 marzo 1953, n. 87; Ritenutane la rilevanza e non manifesta infondatezza, solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale del principio giurisprudenziale enunciato dalle sezioni unite della cassazione con la sentenza n. 9493/98, nonche' delle norme di rito connesse a tale precedente di legittimita' ed, in particolare, degli artt. 7 c.p.c. nella parte in cui non prevede, ovvero esclude, la competenza del giudice di pace a conoscere in materia dei contributi consortili di bonifica, e 9, secondo comma, c.p.c. relativamente all'interpretazione estensiva data dalla Corte suprema, di cassazione all'espressione "imposte e tasse", facendovi cosi' ricomprendere anche i contributi di bonifica, che si dubita contrastino con gli indicati parametri della Costituzione; Sospende la presente fase di giudizio e si riserva ogni altra pronunzia in rito, in merito ed in ordine alle spese; Dispone la immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata ai procuratori delle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia, altresi', comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera deputati. Cosi' deciso in Otranto, addi' 18 maggio 1999. Il giudice di pace coord.: Nachira 99C0861